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diretto da Romano Luperini

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Non esistono scorciatoie tecnologiche per l’istruzione di buon livello

traduzione di Valentina Celona

Non esistono scorciatoie tecnologiche per l’istruzione di buon livello

Non esistono scorciatoie tecnologiche per l’istruzione di buon livello. Per le scuole elementari che presentano livelli bassi o hanno risorse limitate, gli sforzi per migliorare l’istruzione dovrebbero focalizzarsi quasi esclusivamente su insegnanti migliori e gestioni economiche più efficaci. L’informatica, se proprio deve essere usata, dovrebbe essere limitata a casi specifici o a scuole ben fornite di fondi, le cui basi siano ben solide.

(Caveat: poiché quest’articolo è stato scritto per un pubblico più interessato all’istruzione primaria o secondaria finanziata dal governo in paesi in via di sviluppo, parole come “ricco”, “medio” e “tipico” dovrebbero essere lette con quel contesto in mente, ma le conclusioni sono rilevanti ed applicabili anche ad un’ampia gamma di scuole primarie e secondarie dei paesi sviluppati).

Per sostenere queste affermazioni mi avvarrò di quattro diverse evidenze .

1. La storia delle tecnologie elettroniche a scuola è piena di fallimenti.

2. I computer non fanno eccezione e studi rigorosi mostrano che è incredibilmente difficile avere un impatto educativo positivo tramite computer. La tecnologia, al suo meglio, riesce solo ad amplificare la capacità pedagogica dei sistemi educativi. Rende migliori le scuole di qualità, ma peggiora quelle di bassa qualità.

3. La tecnologia ha un costo enorme se paragonato alla maggiore efficacia degli interventi non tecnologici.

4. Molti validi sistemi scolastici eccellono senza bisogno di ricorrere ad un grande uso della tecnologia.

La conclusione inevitabile è che investimenti significativi in computer, telefonini ed altre apparecchiature elettroniche nel campo dell’educazione non sono necessari né giustificati per la maggior parte dei sistemi scolastici. In particolare il tentativo di usare la tecnologia per migliorare le prestazioni di classi con livelli bassi o addirittura inesistenti è inutile. Ed eccetto le scuole ben dirette e con ampi mezzi economici a disposizione i programmi informatici uno a uno (un computer/un allievo) sono in coscienza da non raccomandare.

Le evidenze si sostengono da sole ma le formalizzerò in un’unica teoria che spiega perché la tecnologia sia incapace di sostituire l’istruzione di livello: l’istruzione primaria e secondaria di qualità richiedono un impegno continuativo e pluriennale che deve passare necessariamente dalla motivazione (adeguatamente supportata) dello studente fino a fargli raggiungere vette intellettuali alte quanto l’Everest. Sebbene i bambini siano naturalmente curiosi, tuttavia essi richiedono una guida durante il percorso scolastico e l’incoraggiamento a perseverare nell’ascesa. Una supervisione attenta da parte di insegnanti, genitori o mentori è l’unico modo per generare la motivazione, da un solo giorno di scuola fino a dodici anni di percorso scolastico.

Mentre i computer sembrano impegnare gli studenti (il che li rende assolutamente affascinanti), l’impegno stesso oscilla tra fugace ed inutile nella migliore delle ipotesi, ad oggetto di dipendenza e distrazione nel peggiore dei casi. Nessun apparecchio tecnologico oggi o in un prevedibile futuro può dare agli studenti quell’attenzione, quell’incoraggiamento, quell’ispirazione su misura o persino l’occasionale rimprovero che degli adulti appassionati possono dare e quindi, i tentativi di usare la tecnologia come sostituti di un’istruzione efficace, sono destinati a fallire.

Per quanto riguarda la motivazione indotta da sostenitori adulti, persino il più rigoroso dei sergenti istruttori fissato con la ripetizione mnemonica è superiore a qualsiasi carnevale multimediale. Ma mentre BonTempo ha suggerito che dovremmo cercare tecnologie che motivino tanto gli insegnanti quanto gli studenti, io credo che la tecnologia odierna non sia all’altezza del compito. (Nota: l’autore ritratta quest’affermazione e concorda con BonTempo poiché i suoi articoli in realtà suggeriscono che neanche ciò è possibile se né insegnanti né studenti sono motivati).

Il ciclo chiuso della tecnologia

A chiunque si occupi di tecnologia nelle scuole è richiesta la lettura di due libri di storia della tecnologia e dell’istruzione. Il primo è di Larry Cuban Insegnanti e macchine: l’uso in classe della tecnologia a partire dal 1920 che ripercorre la storia di film, radio, televisione e computer nel sistema educativo americano fino ai primi anni ’80. Il secondo è di Todd Oppenheimer: La mente fluttuante: come salvare l’istruzione dalle false promesse della tecnologia. Oppenheimer focalizza l’attenzione primariamente sull’istruzione negli Stati Uniti ma arriva ad appoggiare le conclusioni di Cuban sui computer nelle scuole fino ai primi anni 2000.

Entrambi gli autori tengono conto delle testimonianze della tecnologia a scuola e le trovano carenti. Essi rivelano che, mentre le tecnologie possono avere un impatto educativo positivo in pochi casi, globalmente i fallimenti sopravanzano i successi. Non conoscendo la storia passata, sembriamo condannati a ripeterla all’infinito. Un punto che entrambi gli autori evidenziano è che esiste un ciclo chiuso della tecnologia nel campo dell’istruzione che passa attraverso pubblicità martellanti, investimenti, scarsa integrazione e mancanza di risultati educativi. Il ciclo continua a ripetersi solo perché ogni strumento tecnologico lo rimette in moto. Nel 1922 Thomas Edison affermava che i film avrebbero rivoluzionato il nostro sistema educativo. Nel 1949 William Levenson, direttore di una emittente radiofonica del Cleveland, suggerì di introdurre le radio portatili nelle aule accanto alle lavagne, per integrarle nella vita scolastica. Negli anni ’60 i governi di John F. Kennedy e Lyndon Johnson investirono sulla televisione in classe. In un impeto irrazionale, che è sintomatico della tecnologia nell’istruzione, Johnson passò da una valida lamentela : “Sfortunatamente il mondo ha solo una piccola parte degli insegnanti di cui ha bisogno” ad una non soluzione, al fine di rispondere alla sfida della televisione educativa.

L’arroganza e i fallimenti dei progetti tecnologici sono illustrati da Cuban e Oppenheimer, ma con il senno del poi sappiamo che nessuno di questi progetti ha mantenuto le promesse. Se non altro siamo diventati prudenti davanti al loro potere educativo.

Per esempio, da un lato la televisione eccelle come mezzo per trasmettere informazioni. Sedotto da questa capacità nel 1964 Wilbur Schramm, il padre degli studi sulla comunicazione, chiese: “Che cosa accadrebbe se il grande potere e il fascino dell’insegnamento televisivo fossero usati per aiutare le scuole a sviluppare un nuovo modello educativo nazionale?”. Stava pensando, in particolare, al potenziale dei media di trasformare l’istruzione per i paesi in via di sviluppo. La trasformazione non venne mai attuata, probabilmente perché per quanto la televisione possa essere allettante, manca sempre della capacità di generare la motivazione richiesta per l’istruzione di successo. Per ogni persona che viene attirata dall’ultima pubblicità della Madison Avenue, centinaia di altre la ignorano o cambiano canale – se ciò è vero per le più persuasive pubblicità commerciali, perché dovremmo aspettarci che la televisione sia capace di sostenere la motivazione (e non solo l’attenzione) di bambini facilmente distraibili e di far in modo che raggiungano le mete cognitive che l’istruzione richiede?

Nel frattempo, molti di noi hanno avvertito i pericoli della televisione. I genitori istruiti limitano il tempo che i loro figli passano davanti alla TV e in molte case la televisione è bandita. Al suo meglio la televisione è considerata una baby sitter economica per tenere l’attenzione di un bambino quando un adulto non può dedicargliene; al suo peggio la televisione nutre i nostri impulsi peggiori, rende allettante il materialismo, ci rende insensibili alla violenza e ci culla in uno stato da simil – zombie. Di conseguenza la maggior parte della gente oggi deriderebbe un sistema scolastico basato sulla visione di programmi televisivi, anche se educativi. Eppure questa è stata esattamente l’idea che stava dietro ad un esperimento nelle Isole Samoa durante la metà degli anni ’60, dove l’istruzione dell’80% degli studenti si basava sul guardare trasmissioni educative. Il programma fu abbandonato parecchi anni dopo perché insegnanti, amministratori, genitori e persino studenti manifestarono insoddisfazione rispetto ai risultati accademici.

I computer: l’ultimo ciclo tecnologico

Oggi i computer e i telefonini sono le nuove scintillanti tecnologie ed offrono una promessa ancor più seducente. Si è discusso sul fatto che il vero problema fosse insito nella passività delle vecchie tecnologie e che le attuali tecnologie digitali interattive siano la soluzione perfetta.

Patrick Suppes, pioniere dell’apprendimento mediato dal computer nel 1966 suggerì che i computer possono “ adattare le tecniche d’insegnamento routinarie ai bisogni ed alle prestazioni di ogni studente”. Ma né l’interattività né la capacità di adattarsi sono sufficienti – la sfida chiave dell’istruzione rimane a lungo termine ed è la motivazione guidata dello studente – qualcosa che nessuna tecnologia oggi può fornire da sola, ma che i buoni insegnanti forniscono regolarmente.

Naturalmente i computer sono diversi dalla radio o dalla televisione, quindi se sono capaci di dimostrarsi utili nel campo dell’istruzione, dovremmo usarli. Ahimè, la ricerca sull’uso dei computer in campo educativo arriva sempre alla stessa conclusione, che nelle più ottimistica delle versioni si può sintetizzare così:

i computer possono aiutare le buone scuole a far meglio, ma non hanno alcun effetto sulle scuole dalle basse prestazioni. Ciò significa che gli sforzi di migliorare le prestazioni di scuole scadenti con la tecnologia o di utilizzarla al posto degli insegnanti che mancano, sicuramente saranno un fallimento.

Mark Warschauer, la più alta autorità in tecnologia applicata alle scuole americane ha speso tempi lunghissimi a studiare i progetti fatti con l’ausilio del computer. Scrive così delle scuole dalle basse prestazioni : “mettere i computer in scuole con scarsi mezzi economici, di per sé non agisce a favore delle serie sfide educative affrontate da queste scuole. A tal punto che l’enfasi su tale approvvigionamento distoglie l’attenzione da altri interventi importanti e può addirittura diventare controproducente.”

E per ciò che riguarda la capacità della tecnologia di pareggiare le diseguaglianze in campo educativo dice: “l’introduzione delle TIC nelle scuole serve ad amplificare forme già esistenti di diseguaglianza”. Questo è un esempio specifico di una tesi più ampia che ho trattato di recente, sul ruolo della tecnologia come amplificatore delle forze istituzionali esistenti.

Su scala internazionale ed usando la metodologia sperimentale gli economisti confermano queste affermazioni. In studi su larga scala effettuati sia in India che in Colombia, Leigh Linden dell’Università della Columbia ha scoperto che mentre i PC possono integrare una buona istruzione, non possono sostituire il tempo passato con gli insegnanti. Inoltre, studi su larga scala in questi paesi non hanno mostrato risultati educativi significativi se paragonati a quelli di studenti che non avevano computer. Si suggerisce che è un problema il fatto che gli insegnanti non inseriscano con successo l’uso del computer nei loro curricoli (né sono da biasimare i docenti – i programmi tecnologici falliscono sistematicamente nel rispondere alle esigenze degli insegnanti).

Ana Santiago e i suoi colleghi della Banca di Sviluppo Interamericana hanno trovato una storia simile per il programma peruviano “Un portatile a bambino”. Tre mesi dopo il lancio su larga scala e nonostante l’eccitazione di insegnanti, genitori e studenti, non si sono avuti risultati sul rendimento scolastico. Santiago nota anche che persino nei tre mesi iniziali, il fattore novità del portatile ha cominciato rapidamente a svanire, provocando un uso sempre più limitato delle apparecchiature col passare delle settimane.

Nessuno di questi risultati contraddice le poche ricerche che dimostrano che i computer possono essere di beneficio all’istruzione in modo limitato. Ma tutti gli esempi positivi di computer a scuola sono costruiti su forti fondamenta istituzionali che sono esattamente ciò che manca laddove ci si aspetta che la tecnologia agisca. Senza le basi istituzionali, l’impatto tecnologico è zero o negativo. Ciò dovrebbe servire ad eliminare la convinzione che la tecnologia sia la soluzione ai problemi di classi con basse performance.

Come Vayan Vota nota in un articolo dell’ETD (Sviluppo del tirocinio e dell’istruzione) del maggio 2009, a meno che le fondamenta istituzionali di insegnanti e amministratori non siano costruite e ben consolidate, la tecnologia è inutile. Guardando la questione attraverso la lente della motivazione è facile intuire perché. Le scuole mediocri non sanno guidare la motivazione dello studente verso mete educative. Poiché la tecnologia stessa richiede di motivazione per accrescere i propri benefici, ogni scuola incapace di creare e mantenere la motivazione dei propri studenti, non ne sarà capace nemmeno facendo uso della tecnologia o, che è peggio, permetterà alla tecnologia di distrarre gli studenti.

Le implicazioni in termini di costi degli investimenti tecnologici

Gli educatori spesso ripetono che “la tecnologia non è una panacea” il che significa

1 – o che la tecnologia non cura tutti i problemi educativi;

2 – oppure che la tecnologia da sola non è soluzione sufficiente.

Sebbene queste affermazioni manifestino tutt’altro che una cieca fede nella tecnologia, pur nondimeno esprimono in modo indiretto alcune ingiustificate aspettative sulla tecnologia. La prima interpretazione suggerisce che la tecnologia curi alcune malattie dell’istruzione. Ma ciò è quello che non accade – le evidenze prevalenti dimostrano che la tecnologia non cura i sistemi educativi che non sono in salute; essa aumenta soltanto lo stato di salute dei sistemi educativi sani. La seconda affermazione è più pericolosa perché è corretta nella forma ma fuorviante: implica che la tecnologia può essere una buona soluzione se vengono fatti altri investimenti; ciò che trascura è che se questi investimenti aggiuntivi fossero fatti direttamente a sostegno dell’istruzione (e non indirettamente per sostenere la tecnologia), i risultati educativi potrebbero essere molto migliori.

Le materie del dibattere sono l’efficacia e l’opportunità in termini di costi. Naturalmente se l’impatto di una soluzione tecnologica è zero o addirittura negativo, è inutile implementarlo per quanto bassa sia la spesa. Ma poiché molti educatori sono tentati dalla presunta abilità della tecnologia di abbassare i costi vale la pena di considerarne i costi reali.

L’errore più comune sta nel considerare hardware e software le spese più ingenti della tecnologia. In realtà il costo totale dei diritti di proprietà è di molto maggiore del costo dell’hardware. Inoltre i costi includono anche la distribuzione, la manutenzione, le infrastrutture, il tirocinio degli insegnanti e l’integrazione nel curricolo (Sam Carlson, che diversamente da me crede nell’uso della tecnologia per l’istruzione, sottolinea che peso debba avere l’addestramento degli insegnanti in tale processo). Costi aggiuntivi sono la connettività, gli aggiornamenti del software, la produzione ed i costi di smaltimento.

Un’analisi della Vital Wave Consulting mostra che per le scuole dei paesi in via di sviluppo il costo totale di un PC va da 2 mila a 3 mila dollari. Un’analisi simile da parte dell’OLPC (One Laptop Per Child) suggerisce una spesa di 972 dollari in cinque anni e di 753 dollari per l’implementazione del programma OLPC in Nepal. Queste cifre sono riferite al costo unitario, cioè per singolo computer.

Sebbene cifre come queste dimostrino il contrario, i fornitori di tecnologia alimentano idee errate sul costo della tecnologia; per esempio Nikolas Negroponte, fondatore dell’OLPC, ha recentemente sponsorizzato la spesa di un dollaro a settimana per i suoi portatili. Ma un dollaro a settimana non riesce a ripagare l’apparecchio in tre anni. Persino a un dollaro a settimana il prezzo è sproporzionato per molti paesi in via di sviluppo. Il governo indiano, per esempio, spende non più di 200 dollari a studente all’anno e la maggior parte della spesa è impiegata per i salari degli insegnanti.

E sebbene i tassi di alfabetizzazione in India stanno aumentando, essi rimangono ancora intorno al 60%. Molti altri paesi in via di sviluppo spendono anche meno, con risultati ancora peggiori. Ha senso impiegare un quarto o anche più del budget di sistemi scolastici in difficoltà in tecnologie che non hanno ancora dimostrato la propria efficacia? Quanto ai costi bisogna tenere in mente i costi della tecnologia in termini di opportunità. Per esempio gli economisti Ted Miguel, Michael Kremer ed altri hanno dimostrato il grande valore delle pillole anti-parassitarie al costo di 50 centesimi. Queste pillole liberano i bambini dai parassiti ed eliminano così una delle ragioni dominanti dell’assenteismo degli studenti nei paesi in via di sviluppo. Al costo di solo 3,50 dollari a studente i paesi con alta incidenza di parassiti possono effettivamente raggiungere lo scopo di avere gli studenti in classe per l’equivalente di un anno in più di scuola. Simili risultati si possono avere dalla distribuzione gratis di pasti, di supplementi di ferro e da sostegno agli insegnanti, il tutto ad un costo molto più basso della tecnologia informatica.

Per ciò che riguarda un insegnamento di qualità migliore, il docente Doug Lemov enumera una serie di tecniche nel suo libro Insegna come un campione.

Le tecniche furono individuate da Lemov dopo aver studiato per ore video di insegnanti che sistematicamente avevano prestazioni migliori dei loro colleghi. La maggior parte delle tecniche sono concettualmente semplici ma hanno un impatto notevole sull’effetto della didattica in classe. Per esempio facendo una domanda Lemov raccomanda di porla alla classe intera, di dare un po’ di tempo per pensare e poi chiamare a caso uno studente. Questa tecnica motiva tutti gli studenti a pensare, poiché ognuno di loro può essere chiamato a rispondere. Di contro, chiamare soltanto gli studenti che alzano la mano o chiamare uno studente prima di porre la domanda permette agli altri studenti di ignorarla completamente. Queste tecniche non richiedono tecnologie aggiuntive e possono facilmente essere incorporate nei normali programmi di tirocinio degli insegnanti ad un costo veramente irrisorio.

Parlando degli insegnanti dovrebbe essere sottolineato continuamente che sono loro gli agenti primari di una buona istruzione formale. Senza insegnanti di qualità l’istruzione è carente; con buoni insegnanti l’istruzione ha successo. Rispetto a queste asserzioni la tecnologia è assolutamente irrilevante. Come prova dobbiamo semplicemente considerare i sistemi scolastici mondiali che producono in serie studenti dalle alte prestazioni. Il Programma Internazionale per la Misurazione delle performance degli Studenti (PISA) è l’ultimo strumento dell’OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) per stimare le prestazioni degli studenti in vari paesi. I quindicenni vengono testati sulle abilità di lettura, matematiche e scientifiche e i tentativi non sono quelli di misurare l’apprendimento mnemonico, bensì di arrivare persino a stimare le abilità di comprensione dettagliata e il pensiero critico.

La Finlandia è ai primi posti del PISA ed è conosciuta per il suo approccio a bassa tecnologia che enfatizza le basi dell’istruzione e che si avvale di poche ore di scuola e di compiti. Ci sono anche sistemi scolastici come quelli della Corea del Sud che usano molta tecnologia e hanno risultati positivi, ma l’analisi non mostra alcuna correlazione significativa tra l’uso della tecnologia e le performance dello studente. Piuttosto i documenti di sintesi del PISA sottolineano che le nazioni dalle migliori prestazioni investono molto a livello governativo sull’istruzione, sugli alti standard da raggiungere e su dirigenti e insegnanti qualificati. Non vi è alcuna menzione della tecnologia come elemento critico di un buon sistema educativo, sebbene la ricerca del PISA utilizzi computer e altri strumenti tecnologici.

Tutto ciò non dovrebbe essere sorprendente. Era stato ampiamente dimostrato, prima dell’invenzione del PC, che la buona istruzione è possibile anche senza informatica. La maggior parte delle persone nate negli anni ’70 non avevano computer nelle aule e sarebbe difficile sostenere che ne abbiano sofferto. Molti oggi ricoprono ruoli di prestigio nei rispettivi ambiti. O dovremmo ritenere che i Premi Nobel di oggi, i Capi di Stato e l’élite della finanza abbiano ricevuto un’istruzione di livello inferiore perché non erano in uso i computer?

Quando e’ giustificabile l’uso della tecnologia

Al fine di evitare fraintendimenti devo chiarire che alcuni usi dei computer possono essere giustificati, sempre tenendo conto che la tecnologia può migliorare le scuole di qualità ma danneggiare le scuole con bassi risultati.

1° caso: laddove la motivazione dello studente è assicurata la tecnologia può alleggerire il peso dell’insegnamento.

2° caso: l’uso dei computer a scuola per usi specifici, per esempio come supporto all’alfabetizzazione informatica, alla programmazione dei computer, alla produzione di video, purché sia solo una piccola parte di un curricolo ben strutturato.

3° caso: la tecnologia può essere d’aiuto nell’amministrazione delle scuole (archiviazione, monitoraggio e valutazione), purché il sistema scolastico riesca a supportare la tecnologia.

4° caso: in ambienti più ricchi dove il costo dell’istruzione è relativamente più alto, l’uso attento di software può avere un valore fondamentale nell’istruzione, particolarmente per scopi correttivi o di approfondimento. In questa categoria ricadono le soluzioni offerte dalla Carnegie Learning.

5° caso: sempre in contesti ricchi, dove le basi dell’istruzione sono garantite, gli insegnanti sono a loro agio con i computer, i budget non sono limitati, un ampio uso della tecnologia, persino nella forma uno a uno, può essere di beneficio per gli studenti. Warschauer ritiene che certi usi del computer enfatizzino le abilità di scrittura, ma questi esiti sono limitati a scuole ricche e ben dirette; sono notoriamente assenti nelle scuole dai risultati scarsi persino negli Stati Uniti.

Sottolineo nuovamente che gli ultimi due casi sono applicabili solo a sistemi scolastici ben diretti e molto ricchi (è improbabile che si abbiano risultati positivi in scuole che impiegano meno di 8000 dollari l’anno a studente) e che nessuno dei precedenti esempi positivi è quindi applicabile a scuole i cui allievi abbiano basse performance o laddove si voglia implementare la diffusione tecnologica.

Le 9 tesi a favore della tecnologia

Ho finora affermato che storicamente i risultati dell’uso della tecnologia nel campo educativo sono scarsi; che di solito l’impatto dei computer nelle scuole non è positivo (con le rare eccezioni delle scuole “buone” e “ricche”); che l’informatica non è mai all’altezza del suo costo e che l’istruzione di qualità non richiede la tecnologia informatica.

Sebbene abbia presentato solo una minima parte delle suddette evidenze, le conclusioni sono chiare. In breve, la raccomandazione forte è di focalizzare l’attenzione sul miglioramento della gestione della scuola e dell’insegnamento per le scuole dai rendimenti bassi, e di considerare l’opportunità di investimenti educativi alternativi per le scuole di buon livello.

Sfortunatamente tutte queste prove non riescono a confutare le tesi molto allettanti a favore della tecnologia.

Quindi, concluderò con la confutazione, punto per punto, delle tesi sulla tecnologia che circolano più frequentemente nelle scuole.

Tesi n° 1

Le abilità del XXI secolo richiedono tecnologie del XXI secolo. Il mondo moderno usa email, Power Point e sistemi di immagazzinamento dati via file. I computer le possono insegnare.

Antitesi

Quali sono esattamente le “abilità del XXI secolo” di cui i cittadini di successo abbisognano? Alcuni le definiscono le 3 R (leggere, scrivere e far di conto) e le 4 C (pensiero critico, comunicazione, collaborazione e creatività). Ma non sono le stesse abilità del XX secolo? Le abilità non sono mutate, solo la quantità di persone che le richiede. Naturalmente gli strumenti che le persone usano a lavoro e a casa sono cambiati ma l’uso di questi strumenti è facile da imparare se paragonato alle più complesse abilità di pensare e lavorare efficacemente. Per quanto ne sappia nei cinque secoli da quando Gutenberg ha inventato la stampa nessuno ha mai pensato che ogni scuola, o ogni studente, avesse bisogno di una piccola macchina per imparare a stampare.

Oggi chiunque può imparare a usare Twitter, ma per articolare una tesi complessa usando uno qualsiasi dei media – messaggi di testo, Power Point, email o altro – c’è bisogno di buone abilità di pensiero, scrittura e comunicazione che possono essere incanalate nella tecnologia, ma la cui acquisizione prescinde da essa. Allo stesso modo tutti possono imparare ad usare il computer ma pochi hanno la preparazione matematica richiesta per risolvere problemi di ingegneria o di finanza. Noi dobbiamo distinguere tra il bisogno di imparare ad usare gli strumenti della vita moderna (facili da usare e sempre più semplificati) e il bisogno di apprendere le abilità di pensiero critico che rendono una persona produttiva in qualsiasi contesto economico che si basi sull’informazione (difficile da imparare e che non viene semplificata dall’uso della tecnologia).

Tesi n° 2

La tecnologia permette un apprendimento interattivo adattivo, costruttivista e centrato sullo studente.

Antitesi

Tutto ciò può essere vero ma senza la motivazione dello studente controllata dall’insegnante, non avviene alcun apprendimento costante reale, con o senza l’ausilio della tecnologia. I buoni insegnanti sono interattivi, adattivi, costruttivisti e centrati sugli studenti, ma soprattutto sono capaci di qualcosa che nessuna tecnologia del futuro può fare: generare motivazione crescente negli studenti.

Tesi n° 3

E’ sempre più facile suscitare l’interesse usando la tecnologia che con l’uso dei libri di testo.

Antitesi

Forse un po’ all’inizio, ma il fattore novità della maggior parte delle tecnologie svanisce presto e tende a trasformare gli studenti in zombie. Inoltre quest’affermazione è un vero insulto a tutti i buoni insegnanti: sono loro quelli che impegnano gli studenti in modo creativo incuranti degli scarsi mezzi a loro disposizione.

Tesi n° 4

Gli insegnanti sono costosi. Proprio perché gli insegnanti sono assenti o poco preparati la tecnologia a basso costo è una buona alternativa.

Antitesi

Le tecnologie a basso costo non sono poi così economiche, se si tiene conto dei costi totali e dei bassi budget di alcune scuole. Inoltre la tecnologia non può riparare sistemi educativi danneggiati. Se gli insegnanti sono assenti o poco preparati l’unica alternativa è investire sugli insegnanti, sull’aggiornamento e sulla gestione della scuola al fine di migliorarli, anche se l’operazione può essere costosa.

Tesi n° 5

I libri di testo sono cari. Al prezzo di un paio di libri di testo, si potrebbe comprare un computer economico.

Antitesi

Chi dice questo, si riferisce solo al costo dei libri di testo negli Stati Uniti. In India il prezzo di un libro di testo varia da 7,5 a 25 rupie, cioè circa 15-50 cents. Per una spesa che va da uno a tre dollari si potrebbero comprare tutti i libri di testo di cui ha bisogno un bambino in un anno. Nei paesi in cui i costi di stampa sono più alti che in India, i prezzi possono variare ma sicuramente non superare il tetto di pochi dollari.

Tesi n° 6

Abbiamo provato a migliorare l’istruzione per molti anni senza esiti. Quindi è ora di provare qualcosa di nuovo: la tecnologia.

Antitesi

La tecnologia non ha mai aggiustato un sistema educativo danneggiato. Se questi sforzi non sono andati a buon fine forse il sistema scolastico ha bisogno di essere ricostruito dalle fondamenta, come ha fatto recentemente il Qatar con il suo Ministro dell’Istruzione. Ci sono molte nuove azioni da intraprendere che non richiedano per forza l’uso della tecnologia. Bisogna sempre sottolineare che gli sforzi per migliorare gli insegnanti e gli amministratori sono investimenti a lungo termine, pluriennali se non addirittura decennali. Ancora una volta non esistono scorciatoie.

Tesi n° 7

Alcuni studi dimostrano che la tecnologia è utile.

Antitesi

La tecnologia può essere d’aiuto ma bisogna sempre stare attenti a due cose: 1) Quali erano le condizioni del sistema educativo prima dell’uso della tecnologia? Se erano buone vuol dire che il merito non è dell’uso del computer. 2) Qual era il costo totale della tecnologia? Sicuramente 5-10 volte il costo del solo hardware.

Tesi n° 8

I videogiochi, le simulazioni ed altre tecnologie moderne stanno veramente cambiando le cose.

Antitesi

Quest’articolo è stato scritto avendo in mente le tecnologie correnti e a breve termine, possibilmente in futuro la tecnologia confuterà queste tesi. Certamente un robot umanoide non distinguibile da un buon insegnante potrebbe operare meraviglie! Più realisticamente è probabile che programmi sofisticati possano ampliare la gamma di ciò che può essere insegnato e si possa aumentare il grado di motivazione, ma tutto ciò dovrebbe passare attraverso una serie di test, prove di laboratorio, progetti pilota, esperimenti e analisi dell’efficacia prima di essere utilizzati ad ampio raggio.

Tesi n° 9

La tecnologia apporta trasformazioni, è rivoluzionaria ed altresì sorprendente: quindi deve andare bene anche per listruzione.

Antitesi

Quest’affermazione è molto diffusa perché crederci è molto facile e noi ne siamo convinti. Dopo tutto con i computer noi possiamo pubblicare le nostre newsletter, comprare regali comodamente da casa e trovare il miglior ristorante italiano in città e sarebbe bello se il nostro lavoro consistesse unicamente nel fare sedere un bambino davanti a un computer per sei ore al giorno e trasformarlo così in un cittadino retto e istruito. Ma perché ci crediamo? Non ha alcun senso. Non ci aspettiamo certo che usare un videogioco sul calcio trasformi un bambino in un atleta, non riteniamo che guardare YouTube trasformerà i nostri figli in piccoli Steven Spielberg. Non pensiamo che socializzare su Facebook trasformerà la gente in funzionari di governo. E se nessuna di queste affermazioni ha senso, perché dovremmo aspettarcelo per la storia, la scienza o la matematica?

Una buona istruzione è seconda solo all’educazione dei genitori nell’allevare individui retti e capaci. Non penseremmo mai di sostituire i genitori con la tecnologia (e quando lo facciamo lo facciamo con vergogna, e solo perché siamo troppo stanchi per occuparci dei figli, non perché gli aggeggi tecnologici siano superiori a noi). Perché continuiamo a cercare di sostituire gli insegnanti?

L’ammissione del fallimento della tecnologia

Come a sottolineare queste tesi, lo scorso mese, la Fondazione Azim Premji, una ricca società indiana senza scopo di lucro e probabilmente la più grande organizzazione del mondo che si occupa dell’uso dei computer nell’istruzione, ha fatto una confessione allarmante e coraggiosa allo stesso tempo. Avevano lavorato per parecchi anni con decine di migliaia di scuole, fornendo computer, addestrando gli insegnanti, progettando software di intere biblioteche in 18 lingue ed integrando i materiali nei curricoli statali. Alcuni aspetti dei loro programmi e dei software potrebbero essere criticati, ma i loro metodi erano meditati e sinceri come ogni altro sforzo tecnologico, con ricerche frequenti e valutazione degli esiti. La loro conclusione?

“Quando abbiamo fatto il bilancio globale, abbiamo compreso che gli sforzi profusi nell’insegnamento mediato dal computer sono stati un fallimento di qualità… Praticamente non c’è stato alcun impatto costante e sistemico sull’apprendimento.”

Anurag Behar, Co-Amministratore Delegato della Fondazione, ha detto parecchie volte che i problemi riguardo alle mancanze nell’amministrazione e nell’insegnamento non erano superati dalla tecnologia. Egli fa notare: “al suo meglio il fascino delle TIC distrae da problemi reali; al loro peggio le TIC sono usate per risolvere problemi reali. Per esempio si dice: “perché preoccuparsi degli insegnanti quando le TIC possono fare da insegnanti? “ Questa prospettiva è devastante. Conclude parafrasando ciò che ha imparato dai leader dell’educazione in Finlandia e in Canada (due paesi che hanno costantemente buoni risultati nel PISA): “Non investiremo un dollaro in TIC, ogni dollaro che abbiamo sarà impiegato per gli insegnanti e la formazione dei dirigenti”.

In breve, non ci sono scorciatoie tecnologiche per l’istruzione di buon livello.

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NOTA

Questo articolo è stato tradotto dall’inglese e approvato dall’autore. L’articolo originale (6 gennaio 2011) è qui.

Per ulteriori approfondimenti 10 Worst Practices in ICT for Education, di Michael Trucano, e i post sull’educazione dell’ ICT4D Jester.

BIBLIOGRAFIA

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3 Reasons Why Sloppy Thinking Leads to Careless Educational ICT »

Scritto da Kentaro Toyama il 6 Gennaio 2011 in” ICT in Schools”.

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