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diretto da Romano Luperini

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Gli scrittori del Medio Oriente e dell’Africa Mediterranea/ Scrittori del mondo 2

Prosegue la programmazione estiva di LN attraverso la quale presentiamo ai nostri lettori una mappa degli scrittori attivi dopo il 2000, suddivisi per macroarea geografica e culturale. Oggi ci occupiamo degli scrittori del Medio Oriente e dell’Africa meridionale.

 

 

 

 

Abdolah KaderKader Abdolah

Abdolah (Arak, 1954), prima perseguitato dal regime dello scià e poi costretto da Khomeini ad abbandonare l’Iran, vive dal 1988 in Olanda e qui ha dato avvio alla sua carriera di romanziere, scrivendo in olandese in una prosa limpida, lineare, la cui nitidezza ha la potenza lirica ed epica di un’antica narrazione orale. I primi romanzi, tra cui ricordiamo Il viaggio delle bottiglie vuote (1997) e Scrittura cuneiforme (2000), sono caratterizzati dal continuo oscillare tra passato e presente, tra la modernità dell’Occidente e il fascino arcaico del Medio Oriente. Invece il romanzo La casa della moschea, uscito nel 2005, racconta la vicenda di una famiglia iraniana negli anni turbinosi che vanno dal 1969, quando è al potere lo scià Reza Pahlavi, alla morte di Kohmeini. Come in uno dei tappeti intrecciati nella casa del protagonista Aga Jan, in questo romanzo il narratore intesse un disegno sorvegliato e affascinante, tramato da una sorta di realismo magico, dove le atmosfere e i personaggi fiabeschi entrano in collisione con la drammaticità della storia, con la sua violenza che spezza ogni corrispondenza tra l’uomo e il paesaggio naturale. L’incalzare di una modernità già guasta travolge il mondo isolato e immobile di Aga Jan, governato per secoli dalle leggi dure e arcaiche della famiglia e della religione.

Adonis  foto di Alvise Nicoletti-IEDAdonis

Adonis, nato in Siria nel 1930 ma naturalizzato libanese, è considerato uno dei massimi poeti contemporanei in lingua araba. Tra i grandi temi della sua poesia c’è quello autobiografico dell’esilio. La sua scrittura si apre al tentativo di sublimare l’assenza e la lontananza, mentre, paradossalmente, l’esperienza autobiografica diventa narrabile solo a patto di essere trasposta in uno scenario cosmico e atemporale: «Diremo la verità: / noi siamo l’assenza / non ci ha generato un cielo né la polvere / siamo schiuma che evapora dal fiume delle parole / ruggine in cielo e le sue costellazioni / ruggine nell’esistenza!», recita una sua poesia inclusa nella raccolta Ecco il mio nome (Donzelli, 2009). La tensione esistenziale e metafisica convive nei suoi testi con l’utopia di un nuovo umanesimo, fondato sul dialogo e sull’incontro con gli altri. Adonis ha rinnovato profondamente la tradizione poetica araba con l’introduzione del verso libero, con l’alleggerimento della metrica e la semplificazione del linguaggio.

 

Jelloun Tahar BenTahar Ben Jelloun

Tahar Ben Jelloun (Fes, 1944) è uno scrittore marocchino in lingua francese che, dopo aver esordito come poeta, si è affermato anche come narratore e saggista. La sua scrittura polifonica combina i moduli letterari occidentali con gli echi dell’antica tradizione araba. La ragione di questa contaminazione tra Oriente e Occidente va ricercata nella sua formazione “plurale”, all’incrocio tra culture diverse, tra il Marocco e Parigi, dove ha conseguito il dottorato in psichiatria sociale con una tesi sulle condizioni di vita degli immigrati nordafricani in Francia. L’analisi attenta dei fenomeni sociali, la riflessione sul problema dell’emarginazione e sulla complessa questione dell’identità hanno una rilevanza centrale nei romanzi Creatura di sabbia (1985) e Notte fatale (1987), mentre l’impegno politico e civile prevale in altri libri di successo come Il razzismo spiegato a mia figlia del 1998 e L’ultimo amico del 2004.

Mahmoud Darwish

Darwish, è un poeta palestinese, nato in Galilea nel 1941 e morto in Texas nel 2008. Fin dall’infanzia trascorsa in un campo profughi libanese, la sua esperienza biografica è segnata dall’esilio e dalla fuga. Imprigionato più di una volta per la sua militanza nella resistenza palestinese e quindi costretto ad abbandonare Israele, ha vissuto prima in Egitto e poi a Beirut ed è stato membro del comitato esecutivo dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). La sua ricerca letteraria, sempre sorretta da una inesausta tensione civile, arriva ad un punto di svolta nel 1964 con la pubblicazione della raccolta Foglie d’ulivo, che segna il passaggio «dalla fase delle lacrime a quelle della rivolta e della sfida». A partire da questo momento la parola poetica si scarnifica e si contrae, caricandosi di risonanze simboliche, e la metrica si spezza, fino ad ospitare una parola per verso. Una misura più piana, narrativa e avvolgente caratterizza invece le poesie d’amore raccolte nei volumi Il letto della straniera e Come fiori di mandorlo o più lontano, pubblicati in traduzione italiana dopo la morte dell’autore.

Dejabar Assia foto di Ulla MontanAssia Djebar

Assia Djebar è lo pseudonimo di Fatima-Zhora Imalayen, una scrittrice e regista algerina nata nel 1939. Il tema centrale delle sue opere, tutte scritte in francese, è la condizione della donna nella società del Maghreb. Assia Djebar ha esordito giovanissima nel 1957, ma ha acquisito una notorietà internazionale solo nel 1980 con la pubblicazione di Donne d’Algeri nei loro appartamenti, una raccolta di racconti che mette in risalto il contributo delle donne alla lotta armata per l’indipendenza algerina e si confronta con i problemi legati alla costruzione dell’identità femminile all’interno del rigido sistema patriarcale musulmano. Fra il 1985 e il 1996 è apparsa la cosiddetta «Quadrilogia algerina»: il secondo romanzo di questo ciclo, Ombra sultana, analizza il conflitto tra tradizione e modernità nell’Algeria moderna dalla prospettiva privata di due donne che hanno sposato lo stesso uomo e dialogano insieme sul tema velo: una questione personale che però assume una rilevanza pubblica. La narrazione procede alternando la voce dell’una e dell’altra protagonista, con interruzioni e salti cronologici. L’impegno a ricostruire una memoria collettiva e a dare voce all’identità femminile offesa ritorna anche nel libro del 1997, Nel cuore della notte algerina, e nella sua produzione cinematografica.

Grossman David foto di Michael LionstarDavid Grossman

Grossman (Gerusalemme, 1954) è uno scrittore israeliano, diventato un caso letterario nel 1988 con Vedi alla voce: amore, un romanzo complesso e stratificato, che interroga la memoria terribile e minacciosa dell’Olocausto, cercando di dare voce ad un orrore indicibile. Noto per il suo impegno a favore di una risoluzione pacifica della questione palestinese, nei romanzi successivi Grossman ha trovato una misura più piana e comunicativa, che unisce l’intimismo e l’analisi delicata dei sentimenti alla riflessione problematica sulle contraddizioni dello Stato d’Israele. Un ruolo particolare spetta nei suoi romanzi ai bambini e agli adolescenti, dal piccolo Momik terrorizzato dalla “belva nazista” di Vedi alla voce: amore al timido Assaf, protagonista di Qualcuno con cui correre (2002): pedinando il punto di vista ingenuo del fanciullo e adottando la sua prospettiva straniante, Grossman trasforma una realtà dolorosa in un’avventura fiabesca, mescolando realismo e leggerezza fantastica e, insieme, contrapponendo all’innocenza dell’infanzia la corruzione degli adulti. Nei suoi libri il mondo degli adulti e quello dei bambini sono separati e incomunicabili: l’uno resta incomprensibile all’altro.

Khadra YasminaYasmina Khadra

Yasmina Khadra è lo pseudonimo femminile scelto dallo scrittore algerino Mohammed Moulessehoul per aggirare la censura. Nato nel 1955, Moulessehoul è un ex ufficiale superiore dell’esercito algerino che nel 2001 ha abbandonato la vita militare per dedicarsi completamente alla scrittura. Solo allora ha potuto svelare la sua vera identità. I suoi primi romanzi, Morituri e Doppio bianco, hanno la struttura di una detective story, ma nella compattezza della fiction poliziesca s’innesta sempre una componente tragica e perturbante. Così non soltanto l’autore fa vacillare le forme tradizionali del poliziesco, ma sposta sensibilmente l’asse del discorso, con il risultato di ridurre la centralità della trama investigativa: la storia dell’inchiesta risulta, in fin dei conti, parassitaria e marginale, mentre un rilievo preminente è assegnato all’indagine della società algerina. Le contraddizioni del Medio Oriente e il terrorismo sono i temi centrali dei romanzi più recenti, tra cui vanno ricordati Cosa sognavano i lupi?, Le rose di Kabul e L’attentatrice, dove la componente drammatica diventa predominante.

Khuri EliasElias Khuri

Elias Khuri (Beirut, 1948) è uno scrittore libanese cristiano ed è anche un intellettuale di fama internazionale, un uomo politico, un critico letterario, un giornalista. I suoi romanzi mescolano invenzione e autobiografia, realismo e liricità, ironia e impegno etico, fedeltà alla cronaca e scorrerie nel fantastico: questo intreccio di elementi diversi è tenuto insieme da un insistente malinconia e dal senso della perdita. La sua scrittura dà voce al dramma del nomadismo e alle catastrofi della storia. In particolare i grandi temi dei libri di Khuri sono la guerra e l’esilio, che assume un rilievo centrale in La porta del sole (1998), un romanzo epico e corale sul tragico esilio del popolo palestinese, e in Yalo del 2002 che, narrando le disavventure di un ragazzo, ripercorre la storia delle persecuzioni contro gli armeni e i siriaci.

Mahfuz NagibNagib Mahfuz

Nagib Mahfuz (1911-2006) è il più significativo scrittore di romanzi del mondo arabo, che con la sua opera ha influenzato tutta la narrativa successiva. La lunghissima carriera letteraria di Mafhuz è caratterizzata dall’attenzione per la società e per l’identità egiziane. Già nella Trilogia, apparsa tra il 1956 e il 1957, il Cairo è il vero protagonista di una narrazione sobria e asciutta che procede per scene staccate. Un altro libro importante come Il vicolo del mortaio è invece interamente ambientato in un solo quartiere della città, la Gamaliyia. Tuttavia Mafhuz è quanto di più lontano esista da uno scrittore locale. Al contrario i suoi numerosi libri si configurano come le singole tessere di una narrazione dell’Egitto che si fa, al tempo stesso, narrazione del mondo. Il Cairo è per lui un punto d’osservazione privilegiato per indagare le storture della storia e le eterne contraddizioni del vivere. Non a caso la critica ha parlato, soprattutto per le opere di Mafhuz successive agli anni Sessanta, di «realismo esistenziale».

Nafisi AzarAzar Nafisi

Azar Nafisi (Teheran, 1955), che per anni ha insegnato letteratura inglese presso l’Università di Teheran e oggi vive negli Stati Uniti, è autrice del bestseller Leggere Lolita a Teheran, pubblicato nel 2003. La narrazione, condotta sul filo della memoria individuale e collettiva, prende le mosse dal ricordo degli incontri seminariali che la Nafisi organizzava in casa, in forma assolutamente privata, per leggere e interpretare con le sue allieve i capolavori della letteratura occidentale, per poi passare a rievocare i momenti culminanti della sua esperienza biografica e della storia dell’Iran.

Oz Amos  foto di Jurgen BauerAmos Oz

Amos Oz (Gerusalemme, 1939) è uno scrittore israeliano che ha scritto libri per bambini, saggi e numerosi romanzi. L’opera più ambiziosa di Oz è il romanzo autobiografico Una storia di amore e di tenebra che rievoca in prima persona l’infanzia e l’adolescenza dell’io narrante e la storia della sua famiglia, proveniente dall’Europa orientale. Sullo sfondo di una Gerusalemme multietnica e contraddittoria la storia privata s’intreccia con quella pubblica: così l’autore, mentre disegna con umorismo e sorvegliata nostalgia il ritratto dei suoi familiari (tra cui spicca il personaggio del padre, un uomo debole in conflitto con l’io narrante), al tempo stesso ripercorre passo passo la storia dello Stato d’Israele dalla fine del protettorato britannico agli anni Cinquanta. Questo scavo nel passato di una famiglia e di un popolo è anche un modo per tentare di comprendere e narrare il terribile episodio autobiografico, che costituisce il nodo traumatico intorno al quale ruota l’intera produzione di Oz: il suicidio della madre, avvenuto nel 1952, quando il piccolo Amos aveva solo dodici anni.

Yehoshua Abraham foto di Leonardo CéndamoAbraham Yehoshua

Abraham Yehoshua è nato a Gerusalemme nel 1936. Nel saggio intitolato Elogio della normalità lo scrittore ha dichiarato che i suoi romanzi indagano i nodi problematici su cui si fonda l’identità ebraica: la difesa delle radici, la rielaborazione del passato individuale e collettivo e soprattutto il difficile rapporto con l’Altro, rappresentato in primo luogo dagli arabi palestinesi. Così nella società israeliana descritta da Yehoshua i retaggi della cultura occidentale s’incontrano e si scontrano con la ‘diversità’ di un Oriente perturbante, inaddomesticabile. I suoi romanzi più riusciti, da L’amante del 1977 a Il signor Mani del 1990, da La sposa liberata del 2001 a Il responsabile delle risorse umane del 2004, sono caratterizzati da alcuni elementi ricorrenti: hanno una dimensione picaresca, incentrata sul tema del viaggio e sull’attraversamento delle barriere reali e simboliche; portano avanti un’inchiesta e una ricerca sul senso da assegnare alla vita; danno voce a diversi punti di vista che s’intrecciano, restituendo al lettore immagini diverse ma complementari della realtà rappresentata e mescolando in un rete inestricabile tragedia e umorismo.

NOTA

Questi profili sono tratti da Scrittori del nuovo millennio: una canone da costruire insieme. Mappa del mondo Mappa europea, a cura di C. Carmina, Palumbo Editore. Le mappe sono in dotazione ai docenti che adottano i manuali di letteratura italiana della casa editrice Palumbo.

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