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diretto da Romano Luperini

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(Non) è la fine! Letteratura come ecologia ai tempi della crisi ambientale

Crisi ambientale, “svolta ecologica” e nascita dell’ecocritica

Letteratura e ecologia. Forme e temi di una relazione narrativa di Niccolò Scaffai (Carocci, 2017) si inserisce all’interno di quella “svolta ecologica” che da alcuni decenni coinvolge gli studi letterari in ambito anglosassone, e che è stata introdotta in Italia soprattutto dalle ricerche di Serenella Iovino. L’ecocriticism, affermatosi come corrente critica proprio alle soglie della prima Conferenza mondiale sul clima svoltasi a Rio de Janeiro nel 1992, da un lato nasce dall’esigenza di aprire la critica letteraria ad una prospettiva ecologica, attraverso un confronto vivace con le discipline volte allo studio dell’ambiente; dall’altro, sorge dall’urgenza concreta di recuperare, a fronte dei cambiamenti climatici e della crisi ambientale, un rapporto critico tra testo e referente, tra dimensione finzionale e contesto reale.

Il volume di Scaffai parte dunque dalla consapevolezza che la relazione tra uomo e ambiente fisico, oggi al centro di un dialogo interdisciplinare che coinvolge studi scientifici, filosofici, tecnologici e sociologici, è da sempre stata oggetto di riflessione da parte degli studi umanistici, ma soprattutto di narrazione da parte di molti autori protagonisti del canone letterario occidentale. Scaffai si inserisce così in un filone di studi che conosce oggi una rinnovata fortuna, anche in Italia: infatti, i temi della crisi ambientale, degli ecosistemi e dell’impatto che l’azione dell’uomo ha sulla violazione dei loro equilibri, hanno varcato le soglie della critica italiana, proponendo relazioni sempre più strette tra prospettiva ecologica e analisi letteraria, rintracciabili in alcuni recenti volumi, tra cui Ecocriticism and Italy: Ecology, Resistance, and Liberation (Bloomsbury Academic, 2016) di Serenella Iovino, Ecosistemi Letterari. Luoghi e Paesaggi nella Finzione Novecentesca (Firenze UP, 2016) a cura di Nicola Turi e Ecocritica. La letteratura e la crisi del pianeta (Donzelli Editore, 2013) a cura di Caterina Salabè, per citarne solo alcuni.

Letteratura e Umwelt: una prospettiva straniante

Prima di addentrarsi nell’analisi dei testi, volta all’individuazione delle forme ricorrenti del racconto ecologico, è necessario però per Scaffai, da un lato, tracciare alcune linee di confine che distinguano la “critica ecologica della letteratura” dalle altre linee di ricerca, come la geocritica, focalizzate sullo spazio e diffusesi negli ultimi decenni; dall’altro, definire in maniera chiara cosa si intende nel suo volume per ecologia e quali sono quindi gli obiettivi fondamentali dell’analisi testuale proposta in Letteratura e ecologia.

Scaffai introduce così, nella sua definizione di ecologia, una visione di compromesso tra un paradigma olistico confusivo, che nel tempo ha avuto l’abitudine di annullare le differenze tra umano e non umano, appiattendo la complessità, e un paradigma distintivo, che per secoli ha giustificato un rapporto sbilanciato di dominio dell’uomo sulla natura: il compromesso proposto dall’autore è, invece, un paradigma distintivo, che «trasforma la distanza tra l’io e il mondo in una risorsa cognitiva e artistica» (p. 17), che basa sull’effetto di straniamento la propria prospettiva sul reale e sulla letteratura, che gioca nei testi con un’inversione di ruoli e sguardi, e che scardina la visione antropocentrica attraverso un ribaltamento di piani tra umano e animale, tra naturale e artificiale, senza però proporre gerarchie.

L’oggetto su cui ci si focalizza qui non è allora il “paesaggio”, inteso come visione e rappresentazione culturale, mediata da uno sguardo soggettivo, dello spazio circostante; ma non è nemmeno la “natura”, intesa romanticamente come forza sublime esterna all’uomo, capace di cancellare l’impronta della cultura sullo spazio. Sin dal primo capitolo, Effetti di natura, l’autore propone così un terzo termine di confronto, quello di Umwelt, introdotto dai padri del pensiero ecologico dalla metà dell’Ottocento, con cui raccontare l’ambiente attraverso una visione ecosistemica del mondo, in cui abitanti umani e non umani sono al contempo soggetti e oggetti del racconto letterario.

Il concetto di Umwelt consente di abbracciare un paradigma distintivo, in grado di tenere insieme prospettive differenti sia all’interno del testo letterario, attraverso la tecnica dello straniamento, ma anche all’interno dell’analisi critico letteraria stessa, che diviene così vettore di una riflessione in grado di superare uno sguardo antropocentrico, o egocentrico, per una lettura multifocale del mondo. Questo approccio propone una rinnovata prospettiva sui testi, sulla storia della letteratura, sul mondo, che è capace non solo di tenere insieme soggetto, o meglio soggetti plurali, e contesto, ma anche di riportare il discorso letterario al centro del dibattito contemporaneo, proponendo la critica letteraria come uno sguardo straniante, distaccato ma al contempo consapevole, utile per comprendere alcuni processi ambientali centrali per la nostra epoca.

Per una critica ecologica della letteratura

Se – ci dice Scaffai nel secondo capitolo intitolato Per una critica ecologica della letteratura – l’ecologia è al contempo lo studio delle relazioni tra gli esseri viventi e il loro ambiente, il complesso delle attività con cui l’uomo modifica l’ambiente, ma anche, soprattutto oggi, l’insieme delle attività di tutela dell’ambiente stesso, queste tre definizioni introducono a loro volta altrettante traduzioni dell’ecologia in ambito letterario: l’indagine del critico ecologico si focalizzerà sulla relazione dei personaggi con l’ambiente in cui agiscono, sulla trasformazione dell’ambiente a partire dalle attività dell’uomo, e infine sul racconto dei rischi a cui l’ambiente va incontro, spesso sotto forma di “racconto della fine” (p. 43).

A partire da questi presupposti, una delle sfide di Letteratura e ecologia è quella di proporre un ipotetico canone ecologico-letterario che sia non soltanto nordamericano, ma anche europeo, italiano, aperto tanto ai grandi classici dell’alta letteratura mondiale, quanto ai best-seller della letteratura più popolare. Questo impone a Scaffai, in primo luogo, una presa di distanza da alcune istanze proprie della tradizione dell’ecocriticism di stampo nordamericano, la cui prospettiva critica è fortemente ancorata ad una tradizione ecologista tipica della cultura e della letteratura americana che, a partire dai testi di Whitman e Thoreau fino ad arrivare ai romanzi contemporanei di Franzen e DeLillo, si mantiene saldamente radicata ai concetti di natura e wilderness – due concetti se non estranei quantomeno distanti dagli scenari ambientali altamente storicizzati del continente europeo. Così, se alla tradizione dell’ecocritica nordamericana può essere rimproverata una scarsa attenzione alla dimensione storica dei testi a favore di un tempo lungo, “antistorico”, nel quale opere anche molto distanti tra loro nel tempo e nello spazio vengono affiancate in nome di un comune interesse per la natura, per Scaffai è invece necessario riportare la critica ecologica della letteratura ad una dimensione storica dello spazio: si presta attenzione alle stratificazioni temporali del contesto storico-sociale, ma anche economico e materiale nel quale i testi vengono prodotti, o nel quale si collocano le vicende narrate, come nel caso de Gli anelli di Saturno di Sebald.

Superando il rischio di una lettura troppo distante dei testi e di una perdita di contatto con l’analisi testuale in senso stretto, spesso tra le maggiori critiche mosse ai cultural studies e all’ecocriticism, la critica ecologica della letteratura di Scaffai esplora l’ecologia non soltanto come scenario, ma anche come “tema” narrativo, capace di interessare i contenuti così come di influenzare le forme del racconto. La critica ecologica proposta dall’autore, nel trarre spunto dalle correnti critico letterarie più recenti, del material ecocriticism di Serenella Iovino abbraccia l’interesse per i contesti ibridi, svincolandosi dalla wilderness come espressione di un ambiente puramente naturale, per abbracciare anche tutti quegli ambienti in cui naturale e artificiale si mescolano, come nel contesto urbano; della geocritica di Bertrand Westphal, poi, condivide la prospettiva multifocale sul referente, la propensione ad osservare uno stesso spazio da prospettive, soggetti e coordinate molteplici; dell’imagologia, infine, sottoscrive l’interesse per gli stereotipi – su cui spesso si fonda anche molta eco-fiction contemporanea –, così come degli studi postcoloniali condivide la volontà di superare una prospettiva euro- e americano-centrica, per andare oltre il cosiddetto «sguardo orientalista sulla natura» (p. 70) promosso da alcune prospettive ecocritiche.

Se l’Umwelt al centro dell’analisi di Scaffai è un contesto di incontro e di scontro, di confronto, anche violento, e di dialogo, anche il testo letterario stesso può essere inteso come un ecosistema, ci dice l’autore, come un «complesso di viventi relazioni» (p. 72) che vanno indagate. Interpretare la letteratura da una prospettiva ecologica diviene così, al contempo, un approccio per l’analisi testuale, ma anche l’esercizio di una prospettiva critica consapevole, uno strumento cognitivo attraverso cui recuperare la capacità di leggere la complessità del reale superando il proprio soggettivismo antropocentrico, per un’ottica plurale.

Temi e forme del racconto ecologico

Date queste premesse teorico-metodologiche, il terzo capitolo, Uomo e natura: le prospettive originarie, si propone come un attraversamento della storia della letteratura a partire dalla prospettiva ecologica per individuare, dal libro della Genesi alla Dialettica dell’illuminismo di Horkheimer e Adorno, da Lucrezio a Rousseau, da Virgilio ad Ariosto, da Leopardi a Tolkien, alcune costanti del racconto del rapporto tra uomo e natura: il mito del locus amoenus; il rapporto tra ambiente e etica, tra contesto politico-morale e ambientale; la tensione tra bello naturale e sublime; la dialettica inesausta tra la volontà di controllo sulla natura e il timore che essa suscita; fino alla fusione, come nell’immagine della tempesta della poesia di Montale, del tempo storico con quello universale.

Il quarto capitolo, Mondi sconosciuti: il tema apocalittico e le forme della narrazione, e il quinto, Entropia dei rifiuti: contenere l’incontenibile, affrontano invece l’archetipo del racconto della fine e il tema dei rifiuti come due costanti, formali e contenutistiche, del racconto ecologico: nel primo, la retorica della rivelazione, caratteristica propria del discorso ecologico e ambientalista poi mutuata dalla letteratura ecologica come struttura narrativa, e alla base non a caso di alcuni grandi successi recenti, come l’ecothriller e best-seller internazionale Stato di paura di Crichton (2004) o la ecofiction di Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella (1985); nel secondo, il tema dei rifiuti come base per contaminazioni e rovesciamenti tra mondo naturale e artificiale, tra spazio antropico e naturale, tra contesto urbano e non-urbano. Dalla Londra di Ian Sinclair in London Orbital (2002) alla Leonia delle Città invisibili di Italo Calvino (1972), il racconto ecologico si fa spesso racconto della crisi, delle città e dei loro confini, dell’ambiente e delle sue contaminazioni, ma anche delle strutture che regolano la convivenza dell’uomo e delle altre specie sulla Terra.

Raccogliendo le costanti del racconto ecologico individuate nei capitoli precedenti, il volume si chiude con una riflessione sulla letteratura nazionale: il sesto capitolo, Ecologia e modernità nel Novecento letterario italiano sottolinea la necessità di rispondere alla grande tradizione artistica e letteraria italiana, che ha contribuito a fare del paesaggio un bene culturale, con una consapevolezza nuova, che sia in grado di collegare quel paesaggio alla Storia, trasformandolo così in Umwelt, in un terreno di incontro storicamente determinato dall’interazione tra uomo e ambiente. Le opere di Zanzotto e Rigoni Stern, di Calvino e Volponi, ma anche di Caproni, Pasolini, Ortese – per citarne solo alcuni –, vengono rilette attraverso la prospettiva critica ecologica, nel tentativo di ricondurre il racconto letterario alla sua relazione con l’ambiente, con il contesto storico in cui veniva osservato e narrato, per rintracciare osservazioni ecologiche, racconti della fine e tensioni utopiche anche nella storia della letteratura italiana.

Letteratura come ecologia

Sfogliando le pagine di Letteratura e ecologia, il lettore si ritrova cullato dall’incontro con testi canonici, presenti nelle molte antologie che costruiscono il canone della letteratura occidentale, ma anche spesso stupito dal confronto con testi e generi popolari, come l’ecothriller: a tenere insieme le due anime la prospettiva critica coerente di Scaffai, che vuole costruire un canone tematico, piuttosto che un modello di letteratura. Se «tra le possibilità che la letteratura ha oggi c’è proprio quella di ricordarci come tutto è cominciato. Qui. Ora» (p. 218), portando in tensione tra loro le sei parole chiave che guidano l’analisi (paesaggio, ambiente, natura, ecologia, letteratura e storia) Scaffai riesce nell’ambizioso progetto di proporre non solo una lettura ecologica della letteratura, ma anche di interpretare la critica letteraria, e la letteratura stessa, come ecologia, ovvero come un discorso critico e uno strumento cognitivo per ritrovare una prospettiva plurale e consapevole sul nostro rapporto con l’ambiente. Gioverebbe, forse, alla pluralità di voci carezzata da Scaffai, un’apertura ulteriore ad altre prospettive non soltanto critico-letterarie, ma anche interdisciplinari, per un confronto aperto con quelle discipline volte tradizionalmente allo studio della natura, dell’ambiente, del paesaggio.

La letteratura ecologica contemporanea si muove spesso all’interno di scenari apocalittici, rinnovando però l’archetipo del racconto della fine rifiutandosi di raccontare le origini della catastrofe. Si rinuncia così alla consolatoria possibilità di individuare le cause della crisi, all’utopia di una soluzione: non c’è catarsi lungo La strada di McCarthy (2006), e il trauma non è più assente, bensì diffuso.

L’unica soluzione è uno sguardo ampio, ci dice Scaffai, capace di osservare gli iperoggetti oltre gli oggetti minuti, di cogliere l’ipercausalità, ovvero i processi ampi nel tempo e nello spazio, che dettano i ritmi del mondo ipermoderno, in grado di abbracciare, più semplicemente, uno sguardo ecologico sulla realtà, oltre che sulla letteratura.

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