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diretto da Romano Luperini

La distruzione delle università di Gaza

Tra gli aspetti più rivelatori del genocidio in corso a Gaza c’è quello che l’ONU definisce scolasticidio e alcuni studiosi educidio: la distruzione sistematica di scuole e università.

Non è la prima volta. Come scrive Norman G. Finkelstein, nel 2008-2009 «nel corso dell’operazione Piombo Fuso Israele ha distrutto o danneggiato 58.000 abitazioni (6.300 sono state completamente distrutte o hanno subito gravi danni) e 280 tra scuole e asili»: tra questi ultimi «6 edifici universitari sono stati rasi al suolo». E Max Blumenthal ha descritto come, durante il «venerdì nero» del 2 agosto 2014, l’aviazione israeliana ha bombardato gli uffici amministrativi e il Dipartimento di Inglese dell’Università Islamica di Gaza.

Dal momento che Israele impedisce ai giornalisti l’accesso alla striscia di Gaza e uccide i giornalisti palestinesi che soli potrebbero documentare la distruzione, è difficile raccogliere informazioni precise su quanto è accaduto. Fin da ottobre, tuttavia, si potevano vedere sui social media le immagini del bombardamento dell’Università Islamica di Gaza e dell’Università Al-Azhar, e più tardi quelle dell’abbattimento dell’Università Al-Israa (a proposito del quale i giornalisti hanno chiesto al governo degli Stati Uniti una presa di posizione, mettendo in imbarazzo il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller). Da novembre, poi, sono apparse le prime denunce, su organi di stampa specialistici come «University World News» o generalisti come il «Guardian».

Solo il 20 gennaio 2024, però, dopo quattro mesi dall’inizio della campagna dell’IDF, un’organizzazione non governativa con sede a Ginevra, Euro-Mediterranean Human Rights Watch, ha pubblicato i risultati di un’indagine che consentiva di fare un primo un bilancio dell’entità della distruzione. Poiché per mesi la stampa internazionale, da «Al-Jazeera» al «manifesto», ha fatto riferimento a queste cifre, le uniche disponibili, vale la pena citare qualche brano del documento (le traduzioni, di questo e dei successivi brani, sono mie).

Nell’ambito della sua guerra genocida contro i palestinesi nella Striscia di Gaza, in corso dal 7 ottobre, l’esercito israeliano ha ucciso 94 professori universitari, centinaia di insegnanti di scuola e migliaia di studenti. L’IDF ha preso di mira personalità accademiche, scientifiche e intellettuali della Striscia con raid aerei deliberati e specifici sulle loro case senza preavviso. Le persone prese di mira sono morte schiacciate sotto le macerie insieme ai membri delle loro famiglie e ad altre famiglie sfollate. Pur nella difficoltà di reperire informazioni è stato possibile accertare che tra i docenti uccisi ci sono almeno 17 professori strutturati, 59 docenti in possesso di PhD e 18 in possesso di laurea magistrale.

Israele ha sistematicamente distrutto tutte le università della Striscia nel corso di un attacco in più fasi durato oltre 100 giorni. La prima fase ha visto il bombardamento dell’Università Islamica e dell’Università Al-Azhar. Le altre università hanno subito attacchi analoghi simili: alcune, come l’Università Al-Israa nel sud di Gaza, sono state completamente distrutte dopo essere state inizialmente utilizzate come accampamenti militari.

Secondo stime preliminari, gli attacchi israeliani hanno causato la morte di centinaia di studenti universitari. La distruzione delle università e l’uccisione di accademici e studenti renderà più difficile la ripresa della vita universitaria e accademica quando il genocidio finirà: potrebbero essere necessari anni per riprendere gli studi in un contesto che è stato completamente devastato.

Secondo il Ministero dell’Istruzione palestinese, gli studenti uccisi sono 4.327 e i feriti 7.819, gli insegnanti e gli amministrativi uccisi sono 231 e i feriti 756. 281 scuole statali e 65 scuole gestite dall’UNRWA sono state completamente o parzialmente distrutte.

La distruzione diffusa e intenzionale di beni storici e culturali palestinesi, tra cui università, scuole, biblioteche e archivi, dimostra l’evidente politica di Israele di rendere inabitabile la Striscia di Gaza. Gli attacchi stanno creando un ambiente privo di beni e servizi di prima necessità e potrebbero costringere la popolazione della Striscia a emigrare. Prendere di mira infrastrutture civili, in particolare beni storici o culturali protetti da leggi speciali, non è solo una grave violazione del diritto umanitario internazionale e un crimine di guerra ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, ma rientra nell’ambito del crimine di genocidio.

Solo nelle ultime settimane, tuttavia, sono state diffuse informazioni più precise su quante e quali siano le università distrutte e su chi siano i professori uccisi.

Il 5 maggio Al-Jazeera ha pubblicato un video in che compara le immagini delle principali università di Gaza prima e dopo la distruzione. E il 15 maggio la rivista «Middle East Eye» ha pubblicato l’articolo Which universities in Gaza has Israel destroyed?, corredandolo con immagini e un video. Trattandosi della fonte più accurata che abbiamo a disposizione al momento ne riporto il contenuto quasi integralmente.

Per i 90.000 studenti di Gaza il futuro è ora incerto. La devastazione del suo sistema educativo durerà per decenni. Queste sono le università colpite finora.

Università islamica di Gaza. L’Università Islamica, la più antica istituzione accademica di Gaza, è stata fondata nel 1978 e ha tenuto le sue prime lezioni in tende. Nel 2023 contava più di 17.000 studenti.Le forze israeliane hanno distrutto il campus nella notte del 10 ottobre dopo aver dichiarato che l’università produceva armi. Non è stata fornita alcuna prova delle accuse.Non è la prima volta che l’università viene colpita dalle forze israeliane: era stata danneggiata durante gli attacchi aerei del 2008-2009 e del 2014.

Università Al-Israa. La più giovane tra le università di Gaza, l’Università Al-Israa, è stata fondata nel 2014. Quest’anno avrebbe dovuto celebrare il suo 10° anniversario con l’apertura di un museo dedicato alla storia e alla cultura palestinese. L’edificio principale è stato occupato per 70 giorni dai soldati israeliani e poi distrutto con esplosivi il 17 gennaio.

Università Al-Quds. La Al-Quds Open University è stata fondata dall’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) nel 1991. Al suo apice contava 60.000 studenti, con 19 sedi fra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, che ne facevano la più grande università diffusa della Palestina. Le forze israeliane hanno fatto della sede di Gaza un accampamento militare, per poi bombardarla il 15 novembre.

Università Al-Azhar. L’Università Al-Azhar è stata fondata nel 1991 durante la Prima Intifada, in ottemperanza di un decreto del leader palestinese Yasser Arafat volto a istituire un’università nazionale palestinese. Al suo apice aveva 12 facoltà e 17.000 studenti. Il 6 novembre le forze aeree israeliane hanno bombardato il campus, che si trova a sud di Gaza City.

Politecnico della Palestina. Situato a Deir el-Balah, il Palestine Technical College è stato fondato nel 1993 e di norma accoglieva 1.800 studenti. Adesso è diventato un rifugio per i palestinesi costretti a lasciare le loro case.

Istituto Universitario di Scienze Applicate. L’University College of Applied Sciences (UCAS) è stato fondato nel 1998. Il suo campus principale si trova a Gaza City e nel 2023 contava 8.500 studenti. L’UCAS comprendeva un incubatore di start-up no-profit finanziato da donatori che sosteneva gli imprenditori della Striscia di Gaza. Il 22 gennaio le forze israeliane hanno bombardato il campus, che in quel momento ospitava famiglie palestinesi sfollate.

Università della Palestina. L’Università della Palestina è stata fondata nel 2005 ad al-Zahra, a sud di Gaza City, come istituzione privata per l’istruzione superiore. È stata utilizzata per ospitare le famiglie sfollate durante la guerra. Il 17 gennaio Israele ha fatto esplodere più di 300 mine sugli edifici dell’università.

Università Al-Aqsa. Nel 1955, quando Gaza era sotto amministrazione egiziana, fu fondato a Gaza City un istituto per la formazione degli insegnanti. Nel 1991 fu trasformato in Istituto Statale per la Formazione, prima di essere ribattezzato Università Al-Aqsa nel 2001. Nel 2022 aveva 32 laboratori e 26.000 iscritti. Il 22 gennaio le forze israeliane hanno bombardato la sede dell’università, che in quel momento era un rifugio per gli sfollati.

Università di Gaza. L’Università di Gaza è stata fondata nel 2006 a Gaza City e aveva 10 facoltà, tra cui giurisprudenza, scienze della formazione e scienze informatiche. È stata distrutta a dicembre da un attacco aereo israeliano.

Facoltà di Scienze Agrarie Hassan II. La Facoltà Hassan II di Scienze Agrarie e Ambientali è stata fondata nel 2015 a Beit Hanoun dal re Mohammed VI del Marocco con una donazione di 7,8 milioni di dollari. Faceva parte dell’Università Al-Azhar. È stata distrutta dalle forze israeliane a dicembre.

Università Dar al-Kalima. Il Centro di Formazione di Gaza dell’Università Dar al-Kalima è stata inaugurata nel marzo 2020 per offrire una formazione professionale ai potenziali artisti e opportunità ai giovani di talento. Ha ospitato laboratori e mostre di fotografia, videografia, pittura e scultura, oltre a concerti e trasmissioni radiofoniche di musica tradizionale e popolare palestinese. Dopo l’attacco di Israele a Gaza del maggio 2021 il Centro ha fornito terapia artistica ai bambini che avevano subito traumi. Nel marzo 2024, durante la settimana santa di Pasqua, le forze israeliane l’hanno distrutto.

In attesa che sia possibile verificare sul campo queste informazioni, gli indirizzi web delle università contenuti nell’articolo consentono, a chi volesse cimentarsi, di fare un tour spettrale in paesaggio universitario un tempo ricco e variegato, che ora non esiste più. Molte di queste università avevano programmi di scambio, come l’Erasmus+, con università italiane, dalla Sapienza a Ca’ Foscari. Vedere Gaza com’era prima, con le sue università, e confrontarla col paesaggio lunare a cui, come testimonia tra i molti la scrittrice Susan Abulhawa, è ridotta oggi, dà una stretta al cuore, e interpella la coscienza.

Il 16 maggio le autorità di Gaza hanno pubblicato un elenco di oltre 100 accademici e ricercatori che sarebbero stati uccisi dalle forze israeliane dall’inizio della guerra. L’elenco, divulgato in Europa dall’agenzia France Presse, è stato pubblicato dall’Association des Universitaires pour le Respect du Droit International en Palestine (AURDIP). Si tratta di un documento prezioso, al momento disponibile solo su pochissimi siti d’informazione, che consente di fare una prima stima dell’enorme distruzione di vite umane e di conoscenza che la guerra sta comportando. Riporto qui di seguito solo i primi trenta nomi.

1. Dr. Sufyan Tayeh – President of the Islamic University of Gaza

2. Dr. Saeed Al-Badda – President of the University College of Applied Sciences

3. Dr. Tayseer Ibrahim – Dean of the Faculty of Sharia and Law at the Islamic University

4. Dr. Ibrahim Al-Astal – Dean of the Faculty of Education at the Islamic University

5. Dr. Muhammad Eid Shabeer – former President of the Islamic University

6. Dr. Mahmoud Abu Duff – Professor of Fundamentals of Education at the Islamic University

7. Dr. Khitam Al-Wasifi – Professor of Physics at the Islamic University

8. Dr. Omar Farwana – Assistant Professor at the Faculty of Human Medicine at the Islamic University

9. Dr. Osama Al-Muzaini – former Palestinian Minister of Education

10. Dr. Ahmed Abu Absa – Dean of the College of Engineering at the University of Palestine

11. Dr. Ahmed Al-Dalu – Dean of the Faculty of Medicine and Health Sciences at the University of Palestine

12. Dr. Adham Hassouna – Lecturer at the Faculty of Mass Communication at Palestinian universities

13. Dr. Ahmed Al-Qara – Information Technology lecturer and university academic

14. Dr. Nesma Abu Shaira – Professor of Fine Arts at Al-Aqsa University

15. Dr. Abdel Nasser Al-Saqqa – Professor of Geography at Al-Aqsa University

16. Dr. Nidal Qaddoura – Professor of Biology at Al-Aqsa University

17. Dr. Wissam Issa – Professor of Geography at Al-Aqsa University

18. Dr. Fadl Abu Hin – Professor of Psychology at Al-Aqsa University

19. Dr. Jihad Al-Masry – Director of Al-Quds Open University in Khan Yunis

20. Dr. Nahed Al-Rafati – Professor of Hebrew Language at Al-Azhar University

21. Dr. Refaat Al-Arair – Professor of English Language at the Islamic University

22. Dr. Amin Al-Bahtiti – Professor of Dentistry at Al-Azhar University

23. Dr. Islam Haboush – Professor of Modern History at Palestinian universities

24. Dr. Medhat Saidam – Professor of Burn Medicine and one of the most prominent surgeons in Gaza

25. Dr. Naeem Baroud – Dean of the Faculty of Arts at the Islamic University

26. Dr. Izzo Afaneh – Deputy Dean of the Faculty of Education at the Islamic University

27. Dr. Salem Abu Makhada – Professor of Comparative Islamic Jurisprudence at the Islamic University

28. Dr. Muhammad Bakhit – Professor of Doctrine and Contemporary Doctrines at the Islamic University

29. Dr. Tariq Thabet – Professor of Information Technology at the University College

30. Dr. Shaher Youssef Yaghi – Professor of Psychology at the Islamic University

Gli altri nomi si possono leggere qui (o anche qui).

Diritto, fisica, medicina, arte, pedagogia, psicologia, biologia, economia, religione, geografia, scienze politiche, ingegneria, arabo, inglese, ebraico: ogni disciplina ha il suo lutto.

I media occidentali non hanno dato alcun rilievo alla notizia della morte di questi studiosi. Le sole eccezioni, anche queste assai parziali, riguardano il medico Adnan al-Barsh, il fisico Sufyan Tayeh e l’anglista e poeta Refaat Alareer.

Il nome di Adnan al-Barsh, primario di ortopedia all’ospedale Al-Shifa, ha fatto la sua comparsa sulla stampa quando alcune testate hanno riferito, riportando fonti dell’ONU, che sarebbe stato torturato e assassinato nelle carceri israeliane.

L’uccisione di Tayeh ha ricevuto scarsa attenzione dalla stampa ma ha suscitato – caso, a quanto mi risulta, unico – una reazione istituzionale da parte delle università italiane. La Rete delle Cattedre UNESCO italiane e lo Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP) hanno diffuso un comunicato per «esprimere il proprio cordoglio»:

Il Prof. Tayeh era titolare della Cattedra UNESCO per le Scienze Fisiche, Astrofisiche e Spaziali in Palestina ed era stato Rettore dell’Università Islamica di Gaza. Era nato nel campo profughi di Jabalia nel 1971. Aveva studiato fisica teorica e matematica applicata. Nonostante le difficoltà dovute alla situazione di conflitto nella Striscia di Gaza, lo scienziato ha ottenuto importanti risultati accademici internazionali. ReCUI auspica che anche grazie alla diplomazia scientifica in questi giorni bui il dialogo prevalga e che si raggiunga al più presto una Pace in Medio Oriente.

Il Prof. Sufyan Tayeh è stato anche ricordato dall’International Centre for Theoretical Physics – ICTP di Trieste, che gli ha dedicato una pagina In Memoriam.

Il 3 maggio un collettivo di studenti della Sapienza di Roma ha affisso sulla facciata del Dipartimento di Fisica una targa: «Sufyan Tayeh, 20/08/1971- 2/12/2023. Fisico, teorico e ricercatore palestinese, rettore dell’Università Islamica di Gaza, è stato brutalmente ucciso dai bombardamenti israeliani nella sua casa insieme a tutta la sua famiglia. Gli studenti de La Sapienza vogliono ricordarlo insieme a tutte le persone che sotto le bombe non hanno più accesso allo studio e alla ricerca libera». Pochi giorni dopo la targa è stata vandalizzata.

La vittima forse più nota degli omicidi mirati israeliani è però l’anglista e poeta Refaat Alareer, docente di letteratura inglese all’Università Islamica. L’8 dicembre 2023 ne dava notizia persino l’italiana ANSA:

«Se dovessi morire… che questo porti speranza, che questo sia un racconto». Inizia e finisce così la lirica postata dal poeta palestinese Refaat Alareer su X, e divenuta virale, pochi giorni dopo l’inizio dell’offensiva di terra israeliana a Gaza. Versi che guardano più lontano della prigione a cielo aperto della Striscia, che parlano di vita e di futuro, oltre la guerra del presente. Il poeta aveva promesso di «gettare la (sua) penna in faccia ai soldati» come ultima risorsa se la sua casa fosse stata presa d’assalto, raccontano i suoi amici. Ora Alareer è morto sotto le bombe di Israele, hanno annunciato i familiari, e di lui rimangono pagine, ricordi e polemiche.

Come quella scatenata da una sua intervista alla BBC quando aveva definito l’assalto di Hamas nel sud di Israele «legittimo e morale» paragonando il massacro del 7 ottobre alla rivolta del ghetto di Varsavia. O come quando aveva affermato che «tutte le accuse di stupro e violenza sessuale (da parte dei miliziani, ndr) sono bugie. Israele le usa come cortine fumogene per giustificare il genocidio di Gaza».

Della gente di Gaza il poeta era considerato uno dei leader della generazione dei nuovi autori della Striscia, cercava di raccontare la vita. È stato uno dei cofondatori del progetto We are not numbers, che mette insieme autori di Gaza a mentori all’estero che li aiutano a scrivere storie in inglese sulle loro esperienze. Aveva curato il volume Gaza writes back, cronache della vita a Gaza di giovani scrittori palestinesi, e pubblicato Gaza unsilenced. «Il mio cuore è spezzato, il mio amico e collega Refaat Alareer è stato ucciso con la sua famiglia», ha scritto su Facebook il poeta di Gaza Mosab Abu Toha. «L’assassinio di Refaat è tragico, doloroso e oltraggioso. È una perdita enorme», ha postato su X il suo amico Ahmed Alnaouq, giornalista palestinese basato a Londra, e anche il sito americano Literary Hub gli ha reso omaggio.

Aveva scelto di restare a casa sua, nel nord di Gaza, nonostante i massicci bombardamenti israeliani e nonostante gli avvertimenti di parenti e amici. «Sono solo un accademico, un civile, a casa. Non me ne vado», aveva detto a un suo amico, Mohamed Al Arair, insegnante di storia a Shejaiya, a est di Gaza City, che l’ha raccontato all’Afp. «Refaat aveva solo una penna», dicono familiari e amici di questo intellettuale appassionato di Shakespeare. Che sui social il 4 dicembre scriveva: «Siamo avvolti in spessi strati di polvere da sparo e cemento». Poche, scarne parole, per descrivere senza retorica l’inferno di Gaza. Le ultime.

Il 17 aprile scorso un laconico trafiletto sul «manifesto» informava: Uccisi la figlia e il nipotino del poeta Alareer.

Sono trascorsi meno di cinque mesi dall’uccisione di Refaat Alareer. Con lui erano stati uccisi una sorella, un fratello e sei nipoti. Ieri un nuovo raid ha preso di mira la palazzina dove viveva il resto della sua famiglia, nel quartiere Al-Rimal a Gaza city: secondo Euro-Med sono stati uccisi la figlia maggiore di Refaat, Shaimaa, suo marito Moahammed Abdel Aziz Siyam e il nipotino nato pochi mesi fa. A Shaimaa era dedicata l’ultima poesia scritta da Alareer, Se dovessi morire fa che io sia un racconto.

Un vivo ritratto di Alareer e della sua attività di docente si legge nel capitolo The Teacher del libro di Max Blumenthal, The 51 Day War. Ruin and Resistance in Gaza. Molti degli studenti che in tutto il mondo protestano contro il genocidio allestiscono durante le occupazioni una simbolica “Refaat Alareer Library”.

Ma Alreer, Tayeh e al-Barsh sono eccezioni. La strage dei docenti e degli studenti di Gaza è avvenuta e prosegue nel pressoché totale silenzio istituzionale delle università del “mondo libero”.

Le università israeliane non hanno espresso nessuna forma di cordoglio o di solidarietà. Maya Wind, autrice di un recentissimo studio sulla partecipazione strutturale delle università israeliane all’occupazione militare, alla segregazione dei palestinesi e alla cancellazione della loro cultura (Towers of Ivory and Steel. How Israeli Universities Deny Palestinian Freedom), ha osservato in un’intervista: «La cosa davvero sconvolgente non è tanto la distruzione delle università palestinesi, tutte quelle di Gaza, quanto il completo fallimento delle università israeliane, che di fatto stanno facilitando direttamente questa distruzione, nel prendere posizione contro di essa. Dov’è la difesa della libertà accademica palestinese?».

Ci sono, per contro, alcune iniziative individuali, tra cui quella del bizantinista dell’Università Ebraica di Gerusalemme Lee Mordechai, che dà ampiamente conto della distruzione delle università di Gaza in un documento intitolato Bearing Witness to the Israel-Gaza War, e continuamente aggiornato. Il testo comincia con queste significative parole:

Io, Lee Mordechai, di professione storico, cittadino israeliano, intendo testimoniare in questo documento l’orribile condizione in cui si trova Gaza mentre gli eventi sono ancora in corso. L’enorme quantità di prove che ho esaminato, molte delle quali citate più avanti in questo documento, sono sufficienti a farmi credere che Israele stia attualmente commettendo un genocidio contro la popolazione palestinese di Gaza.

Queste parole, come l’impostazione stessa del documento e il fatto che lo abbia pubblicato non sul sito della sua università ma su una piattaforma per addetti ai lavori come academia.edu, testimoniano tanto l’isolamento in cui si trova all’interno della comunità accademica israeliana quanto l’impulso, etico e professionale, che lo ha indotto a scrivere.

Il presente documento rappresenta il mio tentativo di comprendere la guerra in corso. È stato elaborato da me solo. Non ho ricevuto alcun compenso per la sua stesura e l’ho scritto per un senso di impegno nei confronti dei diritti umani, della mia professione e del mio paese. […] Sono cresciuto in Israele e sono un membro della società civile israeliana. Ho una formazione da storico professionista, con lauree conseguite presso l’Università Ebraica di Gerusalemme (BA) e l’Università di Princeton (PhD), e attualmente lavoro presso un’importante università israeliana. Le mie competenze professionali includono la conduzione di ricerche approfondite, la valutazione delle fonti scritte e della loro affidabilità, il pensiero critico e la sintesi di molto materiale in una narrazione coerente. Sebbene la guerra attuale sia un argomento nuovo per me, il mio lavoro su questo documento è di natura molto simile al lavoro professionale che svolgo quotidianamente.

Anche fuori da Israele il silenzio istituzionale delle università sulla morte di professori e studenti a Gaza è pressoché completo. Anzi, spesso gli atenei perseguono attivamente chi tenta di romperlo, siano essi studenti (secondo la Associated Press ne sono stati arrestati 2.500 solo negli Stati Uniti) o docenti (colpiti da censure, e persino da licenziamenti).

Anche quando alcuni atenei, come nel caso del Trinity College di Dublino o dell’Università di Torino, accolgono le richieste degli studenti e aderiscono alla campagna di disinvestimento nei confronti di università e aziende israeliane coinvolte nell’occupazione, i documenti ufficiali non fanno menzione dei professori e degli studenti uccisi.

Al di fuori del contesto istituzionale sono in molti, invece, a farvi esplicito riferimento, per lo più nella forma della lettera aperta: tra le prime si registra quella dei membri della Middle East Studies Association (gennaio 2024) e tra le più recenti la Open Letter From North American Academics Condemning Scholasticide in Gaza (aprile 2024), che al momento ha raccolto quasi 3.000 sottoscrizioni. Più diffure sono le manifestazioni di solidarietà alla protesta degli studenti, a Oxford come New York o a Berlino.

Una delle poche eccezioni a livello istituzionale è costituita dalla Rettrice dell’Università di Liegi, Anne-Sophie Nyssen, che in un post sul sito del suo ateneo intitolato Injustifiable guerre contre l’éducation à Gaza dichiara:

In quattro mesi sono stati uccisi centinaia di accademici e insegnanti, tra cui almeno 95 professori universitari e 3 rettori di università. L’esercito israeliano ha distrutto le principali biblioteche di Gaza, oltre a numerose librerie, case editrici e centinaia di altre istituzioni del sapere. Tutte le dodici università sono state devastate. Secondo le Nazioni Unite all’inizio di gennaio circa il 75% dell’infrastruttura educativa di Gaza era stata danneggiata. […] Condanno in modo chiaro ed esplicito la distruzione deliberata degli istituti scolastici e la continua discriminazione nei confronti di studenti e colleghi, che costituiscono un attacco al diritto all’istruzione, un diritto fondamentale garantito dalle convenzioni internazionali sui diritti dell’infanzia e sui diritti umani. In questo contesto l’Università di Liegi ribadisce il suo impegno a sospendere la collaborazione istituzionale con le organizzazioni che, a prescindere dalla loro origine, sostengono ripetutamente o sono direttamente coinvolte in violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani.

Non conosco altre prese di posizione simili, né all’estero, né tantomeno in Italia.

Se la sola Università Ebraica di Gerusalemme dovesse mai subire ciò che ha subito l’Università Islamica di Gaza, certamente i singoli atenei, la Conferenza dei Rettori, il ministro dell’Università e della Ricerca si affretterebbero, e farebbero bene, almeno a testimoniare il loro cordoglio e magari a manifestare la loro indignazione. Di fronte alla distruzione dell’intero paesaggio universitario della Striscia di Gaza reagiscono invece col silenzio. Perché?

Senza attendere che questa domanda riceva una risposta da chi è chiamato a darla, il Procuratore della Corte Penale Internazionale dell’Aia, Karim Kahn, ha chiesto che venga emesso un mandato d’arresto nei confronti del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del suo ministro della difesa Yoav Gallant, accusandoli, in seguito a indagini approfondite, di «crimini di guerra e crimini contro l’umanità». Nel concludere la sua dichiarazione, Kahn, mostrando di essere ben consapevole di quale sia la posta in gioco in questo momento storico, si esprime in termini molto chiari:

Ora più che mai, dobbiamo dimostrare collettivamente che il diritto internazionale umanitario, la base fondamentale per la condotta umana durante i conflitti, si applica a tutti gli individui e si applica allo stesso modo in tutte le situazioni affrontate dal mio Ufficio e dalla Corte. È così che dimostreremo, in modo tangibile, che le vite di tutti gli esseri umani hanno lo stesso valore.

23 maggio 2024

[Nell’immagine di copertina: l’Università di Gaza Al-Azhar prima e dopo il bombardamento israeliano]

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