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diretto da Romano Luperini

Inchiesta sul lavoro di editor/10: Serena Daniele (NNE)

 A cura di Morena Marsilio e Emanuele Zinato

Con l’intervista di oggi continua l’inchiesta – che ha cadenza quindicinale –  sulla professione dell’editor. Nel corso del Novecento questo “mestiere” è stato svolto da scrittori come Calvino, Vittorini, Sereni che fungevano da mediatori tra società letteraria, case editrici e pubblico; oggi il mondo dell’editoria è stato investito da grandi trasformazioni che sembrano aver dissolto la figura dell’intellettuale-editore e modificato in profondità il lavoro editoriale. Questa indagine mira a sondare come sia mutata, tra dissolvenze e persistenze, la funzione dell’editor all’interno della filiera del libro, coinvolgendo sia case editrici indipendenti sia l’editoria maggiore. Sono state già pubblicate le interviste a Fabio StassiLaura BosioGerardo MasuccioRiccardo TraniAndrea GentileEugenio LioOliviero ToscaniVanni Santoni e Dario De Cristofaro.

1. Editing e condizioni materiali del lavoro intellettuale. Qual è il suo rapporto lavorativo e quanti libri è chiamato a editare in un anno?

Il mio rapporto con l’editoria è antico. Risale ai primi anni Novanta e nasce da un altro mestiere, quello di bibliotecaria, un mestiere bellissimo dove però il libro è considerato spesso un oggetto da proteggere, salvaguardare. Al contrario, l’editoria è la rampa di lancio, il luogo dove il libro è preparato per la massima diffusione. In un certo senso è come percorrere al contrario la vita di un libro, partire da dove la sua diffusione termina per andare a toccare con mano la sua nascita, il suo sviluppo.

Prima di approdare a NNE ho lavorato per molti anni per Salani. So cosa significa fare libri sia in una grande casa editrice sia in una piccola, e trovo che si sappia ancora poco di questo mestiere al di fuori della cerchia degli addetti. Non è facile spiegare come si diventa un editor e di certo non è una scienza esatta. L’editor è una figura fluida, ha una forte intelligenza emotiva, si lascia guidare dai propri gusti anche nelle scelte più strategiche (di posizionamento di un autore, di promozione di un titolo, ecc.). Gli editori e gli editor sono persone che lavorano sulle relazioni, che diventano amici dei loro autori, che li coccolano e che spesso (non sempre) ne vengono coccolati. La relazione è alla base del lavoro sul testo, in tutte le case editrici.

Per NNE edito tutti i libri in uscita, tranne quando le lavorazioni si sovrappongono, circa quindici titoli su venti.

2. Su che basi si imposta il dialogo tra l’editor e lo scrittore. Come viene “associato” un autore a un editor (per affinità tematiche, di generi letterari…); quanto del lavoro di editor può rientrare in queste categorie: semplice revisione (ruolo tecnico), interpretazione (ruolo di critico); riscrittura (ruolo creativo). Quanto e come queste tre funzioni si traducono in un dialogo con l’autore?

In NNE costruiamo collettivamente il rapporto con l’autore. Se un libro ci piace, prima ancora di acquisirlo, tutta la redazione partecipa al primo incontro: ci conosciamo e parliamo, confrontiamo i punti di vista, concordiamo eventuali lavorazioni. A quel punto, comincia il lavoro vero e proprio, che nel caso degli autori esordienti può durare diversi mesi; quando prendo in carico il libro mi occupo senz’altro della parte tecnica di revisione (bisognerebbe intendersi sul significato di ‘semplice’) e della parte interpretativa, per esempio mettere in luce aspetti e temi che sono rimasti sottotraccia o suggerire una certa direzione nella trama. (Per quanto riguarda la riscrittura, nella mia esperienza è accaduto in circostanze particolari e d’accordo con l’autore.)

Il dialogo è costante fino all’ultima bozza, fino ai testi di copertina, altrimenti sarebbe impossibile pubblicare il libro.

3. La sua specifica formazione da editor.

Ho letto tantissimi libri, tutto il resto l’ho imparato con la pratica. Ho cominciato come redattrice per la collana Gl’Istrici della grande Donatella Ziliotto, poi sono passata alla fiction letteraria e non fiction. Oggi per fortuna esistono delle linee guida, master e corsi professionali che permettono di entrare in contatto con ogni ambito del lavoro editoriale.

4. Tradizionalmente si considera l’editor un agente dell’editoria che tende a formattare il prodotto letterario per favorirne la vendita. Quanto questa immagine oggi corrisponde al lavoro reale di editor?

Come per la ‘semplice revisione’, bisognerebbe intendersi anche sul significato di ‘tradizionalmente’. Vorrebbe dire che da sempre il compito dell’editoria è ‘formattare il prodotto letterario per favorirne la vendita’?. Ammettiamo che sia così: rispetto a quale pubblico? I lettori non sono tutti uguali. I bestseller ne favoriscono quanti, cinquecentomila? Un milione? Dieci milioni? Ma quanti sono i bestseller rispetto ai libri che escono ogni anno?

Il ‘tradizionalmente’ è un modo come un altro per esprimere un pregiudizio, cioè che con la fine dei letterati editori, del progetto complessivo dell’industria culturale, l’editoria si è abbandonata totalmente alla logica del profitto. Le case editrici sono aziende, senz’altro ce ne sono orientate esclusivamente alla pubblicazione di titoli commerciali; dopodiché, se fosse così facile fabbricare un bestseller, allora tutti gli editori lo farebbero. La verità è che il libro piace o non piace, vive di vita propria e se ne infischia di tutto il lavoro che è stato fatto per farlo entrare in classifica (o almeno per raggiungere il break even, ovvero il pareggio senza margini di guadagno).

Questo mi riporta alla riflessione iniziale: trovo che si sappia ancora poco di questo mestiere al di fuori della cerchia degli addetti. Un bravo editor, una persona che ha letto, che ha un proprio gusto e un proprio pensiero critico, sceglierà e lavorerà con la stessa cura un libro di ricette e un libro altamente letterario.

5. Come lavora allo scouting? Quali modalità di “reclutamento” e selezione predilige? Quali canali utilizza?

Io leggo moltissime proposte che arrivano in casa editrice in maniera spontanea, ma la maggior parte dei libri che mi piacciono vengono dalle agenzie letterarie e dagli scout. Guardo le classifiche italiane e straniere, i cataloghi degli editori, vado alle fiere (o meglio, andavo), raccolgo le segnalazioni dei traduttori. Mi interessano soprattutto gli autori che hanno la capacità di raccontare il quotidiano in maniera poetica, utilizzando l’immaginario come una leva per scardinare la scrittura per così dire realistica. Gli autori che abbiamo pubblicato sotto la voce ‘Gli Innocenti’ corrispondono tutti a questa ricerca.

6. Quale rapporto ideale (dissolvenza, rimozione, assunzione di eredità) gli editor odierni intrattengono con le figure editoriali ‘leggendarie’ del novecento (da Vittorini a Sereni)?

Se avessi la macchina del tempo andrei senz’altro a supplicare Calvino di farmi lavorare con lui. L’amore per l’avventura, la capacità di scomporre un’opera per farne nascere un’altra da ciascuna delle sue parti, il divertimento insieme alla ricerca linguistica e al ruolo sociale della letteratura, tutto questo è quello che mi ha formato come lettrice e come persona. Per me è l’assunzione di quest’eredità, tenendo conto dei cambiamenti sociali, culturali ed economici, la cosa più importante per lavorare in editoria oggi.

7. Casi di studio: può fare uno o più esempi di testi esemplari con si è confrontato?

Ogni autore è stato un caso esemplare: tra i più recenti, il lavoro fatto con Andrea Donaera e Roberto Camurri è stato incredibilmente ricco e stimolante. In un caso siamo arrivati a cambiare l’intera struttura del libro, nell’altro il finale. Con Chiara Marchelli abbiamo lavorato il testo come se fosse una partitura musicale. Ogni libro è una storia a sé.

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