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Inchiesta sul lavoro di editor/7: Oliviero Toscani (La nave di Teseo)

 A cura di Morena Marsilio e Emanuele Zinato

Con l’intervista di oggi continua l’inchiesta – che ha cadenza quindicinale –  sulla professione dell’editor. Nel corso del Novecento questo “mestiere” è stato svolto da scrittori come Calvino, Vittorini, Sereni che fungevano da mediatori tra società letteraria, case editrici e pubblico; oggi il mondo dell’editoria è stato investito da grandi trasformazioni che sembrano aver dissolto la figura dell’intellettuale-editore e modificato in profondità il lavoro editoriale. Questa indagine mira a sondare come sia mutata, tra dissolvenze e persistenze, la funzione dell’editor all’interno della filiera del libro, coinvolgendo sia case editrici indipendenti sia l’editoria maggiore. Sono state già pubblicate le interviste a Fabio StassiLaura BosioGerardo MasuccioRiccardo TraniAndrea Gentile e Eugenio Lio.

1. Editing e condizioni materiali del lavoro intellettuale. Qual è il suo rapporto lavorativo e quanti libri è chiamato a editare in un anno?

Sono un editor interno alla casa editrice, dunque seguo il lavoro editoriale nella sua quotidianità. La casa editrice è una officina, grande o piccola che sia, in cui si ritrovano specializzazioni diverse, ma anche una grande trasversalità di saperi e sensibilità. Il mio lavoro sui libri e sugli autori si svolge in larga parte fuori dai confini del testo: comincia molto prima che il testo trovi la sua forma, e finisce molto dopo l’uscita del libro. La misura del lavoro di un editor, più che nel numero di titoli editati che varia molto di anno in anno, credo stia nella ricchezza e vivacità del catalogo che coltiva giorno dopo giorno.

2. Su che basi si imposta il dialogo tra l’editor e lo scrittore.  Come viene “associato” un autore a un editor (per affinità tematiche, di generi letterari…); quanto del lavoro di editor può rientrare in queste categorie: semplice revisione (ruolo tecnico), interpretazione (ruolo di critico); riscrittura (ruolo creativo). Quanto e come queste tre funzioni si traducono in un dialogo con l’autore?

Partiamo da una premessa: il dialogo con l’autore non è un dialogo alla pari. L’autore è l’origine di tutto, senza la sua intuizione e il suo talento il libro non esisterebbe. L’editor è talvolta un interlocutore prezioso, ma è sempre al servizio dell’autore. Alla Nave di Teseo ciascun editor non segue una specifica collana o un genere, piuttosto dialoga con gli autori seguendo i rapporti personali consolidati, o secondo le naturali affinità. La ricerca di questa affinità è il primo obiettivo: se l’autore non si fida dell’editore, sarà difficile fargli digerire persino la correzione di un refuso.

3. La sua specifica formazione da editor.

Al di là del percorso accademico, sono laureato in Lettere con un dottorato in Letterature comparate, la mia formazione editoriale si è svolta sostanzialmente sul campo. Ho cominciato come lettore, collaborando dall’esterno, e via via ho fatto il redattore, il caporedattore, l’editor. Credo sia molto salutare attraversare i diversi ruoli di una casa editrice, aiuta a dare valore al lavoro altrui. Il corollario di questo apprendistato, va da sé, è che ho avuto buoni maestri: Mario Andreose, Elisabetta Sgarbi, Eugenio Lio. Si impara molto anche osservando gli altri.

4. Tradizionalmente si considera l’editor un agente dell’editoria che tende a formattare il prodotto letterario per favorirne la vendita. Quanto questa immagine oggi corrisponde al lavoro reale di editor?

Molto poco. I programmi degli editori, e i magazzini dei librai, sono pieni di prodotti letterari formattati per la vendita, che alimentano regolarmente i maceri degli invenduti. Non esiste una formula univoca che applicata a un testo lo trasformi automaticamente in best seller. Esistono una serie di azioni con cui un editor può incidere sul destino di un libro, questo sì. L’editor collabora con il Direttore editoriale, il Direttore Marketing, l’ufficio diritti, l’ufficio stampa, la redazione, il grafico. Dal lavoro di tutta questa squadra dipende buona parte della fortuna di un libro. E poi resta una certa quota di seducente aleatorietà.

5. Come lavora allo scouting? Quali modalità di “reclutamento” e selezione predilige? Quali canali utilizza? 

Il problema principale di un editor non è trovare nuove idee, ma individuare quelle buone nella titanica quantità di informazioni che riceviamo senza sosta. Non c’è un canale privilegiato perché da tutti può arrivare un libro importante: scout, agenti, editori stranieri, gli stessi autori con i loro suggerimenti, i giornali e la rete. L’immagine più precisa che mi viene in mente è quella del cane da tartufi, che trova ciò che non si vede.

6. Quale rapporto ideale (dissolvenza, rimozione, assunzione di eredità) gli editor odierni intrattengono con le figure editoriali ‘leggendarie’ del novecento (da Vittorini a Sereni)?

Le figure che lei cita, Vittorini e Sereni ma penso anche a Fortini, Debenedetti, Pavese, Calvino, Del Buono, Eco, erano scrittori, poeti, critici militanti. Il loro essere funzionari editoriali era parte del loro impegno artistico e civile. Il che non impediva loro di avere un grande fiuto per le operazioni editoriali, anzi. Vittorini con Americana portò in Italia una generazione di scrittori statunitensi nel 1941, in piena Seconda guerra mondiale. Del Buono irruppe con l’ironia delle Formiche nel tempio dell’Einaudi. Eco capì per primo l’impatto che i fumetti e i nuovi media avrebbero avuto sull’industria culturale. Cosa insegnano questi giganti? A essere molto curiosi.

7. Casi di studio: può fare uno o più esempi di testi esemplari con si è confrontato?

Il primo libro di cui mi sono occupato. Parecchi anni fa, il mio direttore editoriale mi chiese di occuparmi di un testo che doveva uscire in tempi molto stretti. Accettai entusiasta dell’opportunità e consegnai il lavoro. Qualche settimana dopo, era un sabato, ricevetti una telefonata dallo stesso direttore editoriale che mi invitava a procurarmi l’inserto culturale di un quotidiano. La recensione al libro di cui mi ero occupato, firmata da un affilato e stimato critico, segnalava alcuni difetti nella revisione del testo. Un limite di cui nella mia inesperienza, e incoscienza, non mi ero accorto. Ecco, quella prima tremenda vergogna mi ha educato a dare il giusto rispetto ai testi, agli autori, ai colleghi che intorno a quel libro lavorano.

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