Essere di sinistra. Qualche minima proposta
1. Essere di sinistra significa che esiste un’unica appartenenza: quella dell’essere sociale. Non ci si salva da soli; l’essere umano o è sociale o non lo è.
2. Essere di sinistra è la risposta a un bisogno di significato che sia capace di unire e non dividere gli uomini. La sinistra è dunque un valore, prima (assai prima) di essere un programma politico o economico. Oggi si tratta anzitutto di conoscere o di riconoscere tale valore.
3. Essere di sinistra è un valore e, come tale, non è dimostrabile. Scegliere di stare a sinistra nel mondo non è scegliere una certezza, ma una possibilità. Si tratta di una scelta a rischio, non garantita da nulla. Basata solo su un’ipotesi razionale (il senso di appartenenza all’umanità) e su una necessità etica (è meglio ciò che unisce di ciò che divide).
4. Chi sta a sinistra è consapevole dei limiti della specie umana nell’universo, dei limiti di ogni valore e dunque anche dei propri. Ma, se non sappiamo in assoluto cosa è il Bene, sappiamo tuttavia cosa è il meglio. In ogni circostanza è dato sapere ciò che libera e ciò che opprime.
5. La sinistra non si identifica oggi nel progetto di una organizzazione sociale ed economica. Qualsiasi definizione in tal senso appare allo stato attuale soltanto scolastica, dunque inutile. Essere di sinistra è tentare un percorso, una tendenza, un movimento di liberazione.
6. Essere di sinistra significa credere che l’eguaglianza e la fratellanza degli uomini siano preferibili al dominio di una piccola parte sulla grande massa dell’umanità. Ciò comporta l’esigenza di rimuovere le cause materiali e politiche che sprofondano nella miseria, nella fame, nella non-libertà milioni di uomini.
7.Essere di sinistra significa assumere una prospettiva planetaria, riguardante la specie umana nel suo complesso. Il pensatore o l’uomo politico che resti nella prospettiva di una nazione o dell’Occidente è solo un provinciale che collabora ad un sopruso. Essere di sinistra significa che non devono esserci più i cosiddetti extracomunitari. Finché ci sarà un extracomunitario da respingere alle frontiere, ci sarà una donna o un uomo di sinistra perché ci sarà bisogno di sinistra.
8. Essere di sinistra in Occidente significa sapere che, anche in Occidente, anche in Italia, vi sono gruppi di individui dotati di diseguali facoltà di gestire la propria vita, e cioè di gradi diversi di libertà economica, politica e culturale, e che tale diseguaglianza è un disvalore da combattere. Ma significa anche sapere di far parte di una società che condanna al genocidio intere popolazioni e quindi di essere responsabili della fame e della morte di milioni di persone.
9. Essere di sinistra significa perciò respingere la parte di noi stessi che, attivamente o passivamente, collabora all’infelicità di una parte di umanità.
10. Essere di sinistra oggi in Occidente, e tanto più dinanzi alle conseguenze della crisi economica, significa essere consapevoli che si vive nel centro di un mondo capovolto, e cioè, intanto, della distorsione e del capovolgimento di fatto che tutti i principali valori della vita privata e della politica (come amore, libertà, democrazia, lavoro) hanno subito in una società che ha sottoposto ogni aspetto della vita umana alla legge del mercato e della speculazione finanziaria.
11. Essere di sinistra significa rimettere al centro invece la persona umana, la sua dignità, i suoi bisogni e diritti e la possibilità di una sua piena realizzazione attraverso forme solidali di vita collettiva e comunitaria.
12. Essere di sinistra significa tutelare i beni comuni tanto del mondo naturale (aria, acqua,flora, fauna, ambiente, paesaggi), quanto di quello sociale (sanità, giustizia, scuola pubblica e ricerca, patrimonio artistico e culturale), salvaguardandoli dalla loro sottomissione al potere dominante, al profitto, alla speculazione, allo sfruttamento economico.
13. Essere di sinistra significa impegnarsi per dar libera forma alla propria vita e forma democratica alla vita di tutti.
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Editore
G.B. Palumbo Editore

A sinistra!
Caro Romano,
Mi riconosco del tutto con queste tesi, con la testa e con la pancia (e pure con il cuore, via). Niente che non sapessi, non sentissi, o non provassi a testimoniare, da anni, d’accordo: ma ora so, avendo letto, che avevo un gran bisogno di leggere un testo come questo (tra le mille letture ‘militanti’ di questi ultimi mesi), di questa limpidezza, di questo slancio. Le sono davvero grato.
Lucàcsiani e post-strutturalisti libertari finalmente uniti nella lotta? (giusto oggi scherzando un amico mi accusava di fare “apologetica indiretta”)
Matteo
Sinistra Eguaglianza e Liberazione
Da tempo mi chiedevo se non fosse il caso di cominciare a “pensare” la sinistra e a “scriverla” nella forma di un documento, di un manifesto, di un pamphlet. Insomma se non fosse necessario trovare parole “di sinistra” che non fossero quelle livide e vuote delle campagne elettorali e delle tattiche parapolitiche delle alleanze e degli scambi. E mentre mi sentivo troppo “piccolo” per farmi autore di un testo organico, mi intristivo nel vedere la desolazione del quadro politico che ci circonda. Per fortuna ci pensa il prof. Luperini a metter giù una lucida definizione di sinistra, condivisibile in ogni suo paragrafo, opportunamente “aperta” ma senza mai scadere nell’espressione banalmente ecumenica o irenica.
Il nodo è chiaro: il valore intorno a cui tutto ruota è l’eguaglianza. Mi ero permesso di dirlo tre anni fa al “mio” governatore Vendola, nell’unico discorso politico nel quale finora mi sono azzardato. Fui poco ascoltato, ahimé, anzi fui anche bacchettato dai supporter sul sito ufficiale del suo partito.
Ma non importa. Luperini ci insegna (anche) questo: le parole di sinistra hanno un respiro lungo.