“Quarta generazione” di Piero Chiara e Luciano Erba
Pubblichiamo la Nota al testo di Serena Contini alla ristampa anastatica dell’antologia “Quarta generazione” di Piero Chiara e Luciano Erba, in due volumi, con carteggi e appendici (Nuova Editrice Magenta, 2015). Si ringrazia per la gentile concessione.
L’articolato progetto editoriale e le successive elaborate fasi di realizzazione dell’antologia Quarta generazione. La giovane poesia (1945 – 1954) sono stati ricostruiti grazie alla copiosa corrispondenza tra i due curatori Luciano Erba e Piero Chiara e Luciano Anceschi, direttore della collana Oggetto e Simbolo, in cui la raccolta poetica venne pubblicata, dopo alcuni anni di gestazione, dall’Editrice Magenta a Varese nel giugno 1954.
I carteggi interessano l’arco temporale che va dalle prime missive inviate dai corrispondenti nei primi anni Cinquanta, inizio del loro scambio epistolare, fino al 1960, anno in cui si prospettava, come testimoniato dalla corrispondenza tra Chiara ed Erba, una ristampa dell’antologia con modifiche ed integrazioni. I curatori, infatti, avevano definito tra loro un nuovo progetto editoriale tanto da spingersi a stilare accordi preliminari con l’editore varesino Bruno Conti, come Chiara affermò il 3 agosto 1960: «O col Conti alle condizioni che ho scritte, o con altro editore alle condizioni che otterremo, è bene che non perdiamo l’occasione di riapparire con quel lavoro che ancora resiste e che ancora è richiesto da tante parti».
Il titolo del volume Gli anni di Quarta generazione vuole comunque alludere non solo alla genesi dell’antologia, ma a quell’intero periodo caratterizzato da un vivace fermento culturale e da un rinnovamento della poesia postbellica che si tradusse anche in polemici confronti critici e in una fervida attività editoriale di monografie e di antologie.
Il sottotitolo Esperienze vitali della poesia, scelto per la sua efficace emblematicità è stato tratto dalla Prefazione dell’opera. Il testo della prefazione venne pubblicato col titolo La giovane poesia, una prima volta a firma di Luciano Erba sul numero 5 – 6 del 31 ottobre – 31 dicembre 1953 della rivista «Itinerari» – mancante di alcuni capoversi finali rispetto alla versione inserita nell’antologia- e poi, col medesimo titolo, a firma di entrambi i curatori, sul «Giornale del Popolo» del 24 febbraio 1954.
La raccolta poetica venne stampata dalla Editrice Magenta nella varesina Tipografia Artigiana nel giugno del 1954 con una tiratura, comprensiva di una prima ristampa che l’editore realizzò nello stesso mese di giugno, di 925 copie al prezzo di 900 lire cadauna, aumentato successivamente a 1300 lire. Curiosamente alcuni anni dopo, in un’inserzione pubblicitaria apparsa su riviste letterarie, si annunciò una particolare tiratura di Quarta generazione predisposta per omaggiare gli abbonati che avessero sottoscritto un abbonamento biennale alla rivista «Nuova Presenza», diretta da Franco Floreanini e Marcello Gentili, passata nel 1960 sotto le insegne dell’Editrice Magenta.
Grazie alla sua intraprendenza e lungimiranza, l’editore Conti seppe dar vita ad un’attività editoriale che fin dalle prime pubblicazioni letterarie assurse a livello nazionale.
Nel 1950 a Varese la cartolibreria Magenta, che traeva il suo nome dall’essere collocata proprio nel centro della città nell’omonima via, di proprietà di Bruno Conti e della sorella, si trasformò da tipografia di semplici dispense universitarie a casa editrice col nome di Libreria Magenta Editrice divenuta poi Editrice Magenta. Il vivace contesto culturale varesino postbellico e il fortunato sodalizio tra uomini di cultura quali Renzo Modesti, Bruno Conti, Piero Chiara e Luciano Anceschi – i cui genitori villeggiavano sulle pendici del Sacro Monte di Varese – fecero in modo che la cartolibreria, divenuta casa editrice, potesse inserirsi da protagonista nell’acceso dibattito riguardante le istanze della poesia contemporanea proponendo titoli e autori innovativi.
La neonata casa editrice, che esordì nel dicembre 1950con il volume di liriche Non ci sono àncoredello stesso Conti, arrivò a progettare un concorso di poesia destinato a giovani poeti italiani, col preciso intento di pubblicare nel 1951le composizioni degne di nota. Il progetto non si concretizzò, ma l’idea di stampare un’antologia trovò forma nel 1952 con la rinomata raccolta Linea Lombarda, a cui seguì nel 1954 Quarta generazione. Entrambe le antologie entrarono a far parte, come prima e seconda opera, della collana Oggetto e Simbolo, diretta da Luciano Anceschi. La fruttuosa collaborazione editoriale tra Luciano Anceschi e Bruno Conti è ricordata da quest’ultimo nella sua prefazione al volume di Luciana Guatelli Il brivido del merlo edito nel 1977: «[…] (era di primavera? Quanti anni fa?) in cui Anceschi ed io ci incontrammo nella vecchia villa di Modesti a Varese: galleggiava un’aria fresca e fluida come un vino chiaro e i morbidi declivi prealpini splendevano di un sorriso discreto (o era dei nostri cuori?) […] Fu in quel giorno, seben ricordo, intorno a una lunga tavola massiccia, in una discreta sala bruna, dopo un patriarcale e amichevole convivio, che, trovandoci a parlare sulle sorti della poesia, sorse e si concretò l’idea della Collana Oggetto e Simbolo, nella quale di lì a poco sarebbe apparsa Linea Lombarda, un libretto prezioso per le indicazioni precise e le aperture illuminanti». Quel fortunato incontro avvenne dunque nella residenza varesina dell’avvocato Egineo Modesti, padre del poeta Renzo. Questi, in una sua inedita autobiografia, raccontò che «[…] intanto, con Luciano Anceschi, i discorsi procedono concretamente. Il critico avverte la necessità di una casa editrice giovane e aperta, di uno spazio in cui parlare proprio della giovane poesia, progettare una collana sperimentale. Lui, a Varese, aveva conosciuto un giovane cartolibraio, poeta lui stesso, Bruno Conti, che aveva avviato una piccola iniziativa editoriale. Voleva potenziarla, trasferirla dal piano puramente universitario a quello poetico letterario. Pensa di aver trovato i classici due piccioni con una fava e non incontra difficoltà a stabilire tra i due un punto di intesa. Con Luciano Anceschi mette a punto il programma editoriale; con Bruno Conti prepara il terreno per gli accordi di una collaborazione. Nasce così la collana “Oggetto e Simbolo”, diretta da Luciano Anceschi, della Editrice “Magenta”. L’obbiettivo è duplice. Preparazione di due antologie, “Quarta Generazione” e “Linea Lombarda”, pubblicazione di volumetti di una scelta selezione di voci nuove».
Il ruolo primario di Renzo Modesti nella prima fase di realizzazione di Quarta generazione appare anche dai carteggi che provano il fatto che costui, in prima persona, coinvolgeva poetie raccoglieva presso di sé i componimenti che gli venivano recapitati,come si evince dalla lettera datata 14 dicembre 1951 che Modesti spedì a Chiara, scelto nel frattempo come curatore dell’antologia: «Spero nel frattempo tu abbia trovato modo di occuparti un po’ anche della nostra antologia. Io, per mio conto, ho fatto il possibile per assicurare altre adesioni. Zanzotto, dopo essersi consigliato con Vittorio, ha deciso di darci alcune cose sue. La prossima settimana sarà a Milano e ci incontreremo per accordarci. Manfredi è anche lui d’accordo; solo desidera sia tu a scrivergli per ragguagliarlo sul lavoro».
Complessa nel tempo fu l’elaborazione della raccolta: nel dicembre del 1951 Chiara, all’epoca unico curatore della pubblicazione, scrisse a Modesti che avrebbe portato le poesie raccolte in visione all’editore Conti. Solo in un secondo momento venne affidato a Luciano Erba il compito di affiancare Chiara nella cura del volume, a partire almeno dalla metà del 1952, suscitando per altro le perplessità dell’editore che chiese, in una lettera datata 10 settembre 1952, ad Anceschi quale fosse il reale apporto di Erba all’operazione editoriale: «[…] Come le accennavo in chiusa della mia di ieri, ho ricevuto una lettera di Erba dalla quale vedo che il suo nome come antologista dovrebbe essere un fatto compiuto, cosa che io non pensavo, sia perché nel nostro colloquio ultimo il suo nome mi sembrava essere stato affacciato come avance, sia perché Modesti non ne sapeva nulla. Premesso che io non conosco Erba personalmente e, tanto meno, come critico, cosa, d’altronde sulla quale non interloquirei anche se ne fossi esperto, gradirei però parlare con lei al ritorno sui vantaggi pratici di questa candidatura. Non dobbiamo dimenticare che, all’inizio della nostra collana, ci eravamo ripromessi di pubblicare volumi sicuri ed è dunque necessario studiare ogni particolare in tal senso, anche la scelta dei nomi. Cosa offre Erba in tal senso? Ha la società Chiara – Erba maggiori possibilità agli effetti della vendita del solo Chiara? Ma di questo discuteremo a voce».
Tranquillizzato il Conti, la coppia Chiara – Erba si mise al lavoro dimostrando fin da subito l’unitarietà degli intenti e la sintonia di opinioni in ambito letterario. La loro frequentazione, collocabile nell’atmosfera culturale del Blu Bar di piazza Meda a Milano, venne consolidata da questo progetto editoriale, come pure la loro amicizia che perdurò fino alla scomparsa di Chiara avvenuta nel 1986.
Il 13 luglio del 1952 Erba recapitò a Chiara un primo elenco di poeti «di cui 10 di tutta tranquillità e gli altri venti per ora soltanto come mia proposta, anche se molti di questi ti sono certamente grati». Tra i nomi proposti, alcuni non entrarono nell’elenco definitivo: Manfredi, Bernobini, Gallina, Palmerini, Spagnoletti, Sermonti. Al numero trenta dell’elenco, Erba pose tre punti interrogativi: a questi Chiara affiancò con la matita rossa il nome della poetessa varesina Luciana Guatelli. In segno di approvazione Chiara inoltre evidenziò, sempre con la matita rossa, i nomi di Cattafi, Guidacci, Pasolini, Zanzotto, Lucchese, Bona, Campiotti, Conti, Modesti, Marniti, Pierri, Palmerini, Spagnoletti. Successivamente, il 29 settembre, in un nuovo elenco redatto da Erba, furono riconfermati i poeti della lista precedente, a cui vennero aggiunti Tommaso Giglio al numero trenta e al numero trentuno e trentadue alcuni puntini di sospensione. Accanto al numero trentuno Chiara nuovamente pose il cognome della poetessa Guatelli. Nei mesi successivi i due curatori si premurarono di contattare i poeti e di raccogliere i manoscritti che vagliarono più volte insieme, confrontandosi con Luciano Anceschi, direttore della collana, che, come riportò Erba a Chiara nella lettera dell’ 14 dicembre 1952, consigliò «di aggiungere […] il Turoldo, la Spaziani e il Gramigna» e «di riconsiderare l’esclusione del Palmerini e della Marniti». In questa stessa lettera, illuminante per la ricostruzione del percorso progettuale, venne considerata dai due curatori l’opportunità di annoverare tra i poeti anche Giorgio Orelli, come effettivamente accadde.
Nei primi mesi del 1953, spronati da Luciano Anceschi, continuarono a dibattere sull’esclusione di alcuni nomi, tra cui Giacinto Spagnoletti, e d’altri, emersi nel frattempo, quali Mario Dell’Arco e Fabio Carpi. I lavori – sospesi per ragioni di opportunità editoriali, dato che Anceschi ritenne opportuno ritardare l’uscita di Quarta generazione vista l’imminente pubblicazione dell’antologia Lirica del Novecento, da lui curata con Sergio Antonielli e che Vallecchi editò proprio nel 1953- ripresero tra reticenze e scetticismi dell’editore Conti e del direttore Anceschi con l’inserimento della giovane poetessa Alda Merini, proposta da Giacinto Spagnoletti. Le continue modifiche alla lista dei poeti provano la problematicità di accogliere le istanze di tutti, di valutare correttamente l’apporto di ogni singolo giovane poeta, di equilibrare le sensibilità personali dei curatori e del direttore della collana e persino dei vari proponenti. Luciano Erba e Piero Chiara avevano maturato la consapevolezza dei limiti della loro scelta in un campo quale quello della giovane poesia contemporanea ancora da definire e canonizzare. Basti leggere questo passo dal tono ironico scritto da Erba a Chiara il 22 ottobre 1953: «Zanzotto ha ragione, ma in fondo la nostra scelta non è fatta per niente male. La sua pretesa di raccogliere solo i migliori è, d’altra parte, un po’ troppo impegnativa: non è male che vi sia qualche zona d’ombra anche per dar modo ai recensori di prefare una loro indicazione critica. Capisci che si tratta di giovani: come vuoi riunire solo pochi nomi, quasi si trattasse di valori assoluti e noi stessimo compilando una silloge “aere perennius” da seppellire in una cassaforte della biblioteca del Congresso per i posteri dell’era postnucleare? Lasciamo le cose come stanno, che non stanno poi male e soprattutto non potrebbero stare meglio di così». I due curatori, dunque, erano coscienti che avrebbero dovuto affrontare le critiche e le disamine degli esclusi, dei loro sostenitori e dei critici letterari. Giunti quasi al completamento dell’opera, si presentò un imprevisto ostacolo: la scoperta da parte dei due curatori che il titolo da loro pensato, La giovane poesia, era già stato opzionato dall’editore Schwarz per un’antologia di prossima pubblicazione, affidata a Salvatore Quasimodo, che però venne data alle stampe solo nel 1958 col titolo di La giovane poesia del dopoguerra.
Nonostante i tentativi di giungere a un accordo con l’editore milanese, Erba e Chiara dovettero, obtorto collo, nel febbraio 1954 individuare un nuovo titolo: Erba propose Nuovi voci della poesia italiana, Nuovi Poeti, I poeti nuovi e Correnti di poesia (1945 1953) e Chiara Nuove voci della poesia italiana. Antologia 1945 – 1953. Le missive tacciono come si giunse alla scelta del titolo Quarta generazione, di chiara ed esplicita derivazione macriniana.
Definito il titolo e stabiliti i poeti, si pose ai curatori la questione del loro ordine di presenza nel volume. A tal proposito Erba il 18 dicembre 1952 dichiarava a Chiara: «QuantouantoQ all’elencazione dei poeti, non ho idee chiare, per il momento. I pro e i contro per l’ordine di valore e quello di cronologia sono tanti, ma l’opportunità di non incorrere nell’animosità degli sfavoriti mi convincerà per la tua tesi. Ne riparleremo».
In effetti era intenzione di Erba, redattore della prefazione, di stendere un chiarimento al termine del volume in cui spiegare l’ordine dei poeti, come si evince dalla lettera dell’8 marzo 1954: «Sto scrivendo un “chiarimento” da mettere in fondo al volume, che mi sembra necessario. Dapprima spiego il perché dell’ordine dei poeti nella raccolta, e poi dò qualche altra ragione critica in breve. Te lo farò avere tra qualche giorno e se sei d’accordo passalo al Conti per la stampa». Chiarimento che non venne pubblicato. L’unica spiegazione dell’ordine che non risulta essere né alfabetico né anagrafico, né topografico si deduce, allo stato attuale della ricerca, da una lettera di Luciano Erba a Giacinto Spagnoletti dell’8 febbraio 1955: «Quanto all’ordine, come dirti che il cronologico non significa niente in una raccolta sincronica, mentre è indispensabile per una scelta diacronica? l’alfabetico mi sapeva di primo giorno di scuola, a ottobre: la rentrée des classes, i nuovi registri, l’appello, il discorso del preside… Il mio ordine non è di merito e nemmeno casuale. L’ambizione era un po’ quella del museo di Mme Tussaud, o di tener lontani i parenti stretti, i mariti-mogli ecc. come nei pranzi: un letterato, un fauve, una donna, un prete, un finocchio, un poeta, e poi ancora un letterato una donna un incolto un alessandrino uno che non potevo non mettere e via dicendo. Non sono indicazioni à clé, fossi matto!, ma insomma mi avrai capito».
A giugno il volume era stampato. Dopo tante perplessità le scelte erano compiute e i poeti inseriti risultarono essere trentatré. Non casualmente. L’ironica motivazione di tale numero si trova nelle parole dello stesso Chiara, scritte ad Erba il 19 giugno 1959, a proposito di una possibile ristampa di Quarta generazione: «Non è dunque il caso di riproporlo quel lavoro così fortunato, eliminando qualche nome e sostituendolo con altri più certi ma senza superare quel numero massonico di 33 nel quale così avventuratamente convenimmo?».
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