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Giorgio Cesarano e Roberto Roversi, due compagni di strada


Giorgio Cesarano e Roberto Roversi: due poeti e due intellettuali militanti: il primo quasi del tutto dimenticato e il secondo sottovalutato. Ora il loro fitto carteggio è stato pubblicato dalla Casa editrice Pendragon di Bologna, diretta da Antonio Bagnoli, nipote dello stesso autore bolognese, che negli ultimi anni ha dato alle stampe lo scambio di lettere di Roversi con Leonardo Sciascia (Dalla Noce alla Palmaverde, Lettere di utopisti 1953-1972, a c. di A. Motta, 2015) e con Vittorio Sereni (“Vincendo i venti nemici. Lettere 1959-1982, a c. di F. Moliterni, 2020), mentre è in preparazione quello con Franco Fortini, con il principale proposito di far conoscere a un nuovo pubblico di lettori la figura e la multiforme attività di Roversi e le sue relazioni con altri poeti e scrittori del suo tempo. Il titolo di questo volume è “Dobbiamo dar battaglia”, Lettere di due compagni di strada (1962-1973), pp. 320, Euro 20,00, curato scrupolosamente da Chiara Cotignoli. Nella sua lunga Introduzione la giovane studiosa ricostruisce dettagliatamente le varie fasi della vita, della formazione e dell’attività letteraria e politica dei due autori, soffermandosi in particolare sugli anni sessanta e la prima metà dei settanta: è la stagione della Nuova sinistra italiana, dei movimenti di massa e delle riviste eretiche, tra cui «Rendiconti», «Quaderni rossi», «Quaderni piacentini», «Classe operaia», «Giovane critica» e «Nuovo impegno», che hanno contribuito a rinnovare profondamente il pensiero marxista e la cultura italiana. I due poeti si conobbero presso la Libreria “Palmaverde” gestita a Bologna dallo stesso Roversi e così iniziarono a scriversi. La prima lettera di Roversi è del 30 novembre del 62: il poeta bolognese, di cinque anni più grande, aveva partecipato con i suoi amici di gioventù Pier Paolo Pasolini e Francesco Leonetti, a cui si aggiunsero presto Angelo Romanò, Franco Fortini e Gianni Scalia, alla fondamentale esperienza di «Officina» (1955-1959), una delle riviste più importanti degli anni cinquanta, e aveva pubblicato diverse opere, tra cui il romanzo Caccia all’uomo (Mondadori, Milano 1959) e la prima edizione della sua raccolta poetica Dopo Campoformio
(Feltrinelli, Milano 1962); mentre Cesarano aveva dato alle stampe la sua prima opera poetica: L’erba bianca, Schwarz, Milano 1959. Inizialmente si danno del “Lei”, ma subito Roversi invita Cesarano a collaborare alla sua rivista «Rendiconti», fondata nella primavera del 61, a cui l’autore milanese offrirà nel corso degli anni numerosi contributi. Il loro sodalizio sfociò ben presto in un’amicizia fraterna, sulla base di un’unità d’intenti, di un analogo modo di rapportarsi alla società neocapitalistica e di partecipare alle vicende politiche e letterarie di quella singolare stagione. A rendere molto interessante questo carteggio è innanzitutto la bellezza di alcune lettere in cui i due poeti parlano dei loro problemi personali e impegni di lavoro ed esprimono giudizi sulle loro rispettive opere; secondariamente per il fatto che esso ci offre uno spaccato molto rappresentativo del panorama letterario e politico di quel periodo. Nel loro discorso entrano, infatti, i nomi di Pasolini, Fortini, Sereni, Giudici, Majorino, Leonetti, Zanzotto, Asor Rosa, Tronti e di tanti altri intellettuali, nonché la loro collaborazione ad alcune riviste molto importanti («Quaderni piacentini», «Questo e Altro», «Nuovi Argomenti» e «Paragone»). E ritornano anche nel loro scambio epistolare (come in altri carteggi di Roversi) la critica all’industria culturale e il sempre più forte bisogno di creare un’attività editoriale autonoma e indipendente dai grandi gruppi editoriali, mentre si fa sempre più stringente il loro netto rifiuto della realtà neocapitalistica, la loro sfiducia nella Letteratura e il bisogno di partecipare direttamente alla lotta politica. Infatti nel corso degli anni sessanta i militanti e gli intellettuali della Nuova sinistra conobbero un processo di progressiva radicalizzazione politica. Non a caso durante il 68 i due poeti si collocarono al fianco dei giovani ribelli, con spirito affine e “senza aver paura di schierarsi”. Questa scelta è lo specchio di un sommovimento nazionale e internazionale in cui si afferma una nuova cultura e un nuovo modo di fare politica e la speranza di una radicale trasformazione della società mondiale. Cesarano scrive di getto I giorni del dissenso e La notte delle barricate, in cui narra la sua partecipazione agli eventi del 68, mentre Roversi, dopo aver rifiutato la proposta di alcuni grandi editori, con l’aiuto degli studenti stampa al ciclostile Le descrizioni in atto, una delle sue principali opere poetiche. Nei mesi seguenti il poeta milanese aderisce all’Internazionale situazionista, abbandona quasi del tutto l’attività letteraria e si dedica alla stesura di opere saggistiche, mentre l’autore bolognese prosegue l’attività letteraria tra le fila della Nuova sinistra. A partire dalla fine degli anni sessanta la loro corrispondenza si fa meno assidua: la causa di questo progressivo distacco sta probabilmente nelle differenti scelte politiche dei due intellettuali. L’ultima lettera di Roversi è del 18 luglio 1973, che conclude il libro, lo stesso anno in cui inizia il suo sodalizio come paroliere con il cantautore Lucio Dalla. Tuttavia, quando nel 75 Cesarano pone fine alla sua vita, l’amico bolognese scrive alla moglie Nani Cesarano una lettera molto intensa, colma di dolore.

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