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diretto da Romano Luperini

Un gemellaggio per la lingua latina attraverso la riflessione sul metodo induttivo

Il punto di partenza

“Gli studenti del Classico sono una categoria a parte”. Questo è il sentire comune che rischia di condizionare a priori le nostre scelte didattiche. Così si arriva a teorizzare capacità di  apprendimento, lettura, ascolto, speculazione – e sopportazione – superiori, laddove per altri saremmo portati a costruire percorsi più attenti alle attitudini degli adolescenti che abbiamo davanti. Questa è una prima osservazione, alla quale si affianca una pacifica ammissione di una sempre crescente insoddisfazione di docenti e discenti nell’esercizio di comprensione e traduzione di un testo scritto in Latino o in Greco. 

Nel tentativo di individuare quali potessero essere le corde da toccare per suscitare nelle classi interesse nei confronti della lingua latina (ma anche greca), in tempi diversi, alcuni prima altri dopo, abbiamo cominciato a documentarci sulle possibili strategie didattiche per l’insegnamento delle lingue classiche, trovandoci a ragionare sull’opportunità di continuare ad insegnare con il metodo grammaticale-traduttivo, cosiddetto tradizionale, con il metodo natura oppure con il metodo induttivo ma, a voler essere precisi, anche altre proposte sono oggi in campo. Solo per richiamarne gli aspetti salienti, il metodo grammaticale-traduttivo si concentra principalmente sull’analisi morfologica e sintattica, nonché sulla traduzione. Il metodo natura, invece, punta a un apprendimento basato sull’immersione diretta nella lingua, vissuta come un’esperienza concreta. Infine, il metodo induttivo unisce l’osservazione pratica della lingua alla scoperta autonoma, seppur guidata, delle regole grammaticali, con l’obiettivo di facilitare la comprensione di un testo.

L’incontro fortemente voluto

Al Liceo Properzio di Assisi nel 2020 è nato il Laboratorio per la didattica delle lingue classiche, niente più di un gruppetto di professori consapevoli di dover studiare, sperimentare e aprirsi. È così che, alla ricerca di una formazione reale che fosse condivisa da chi effettivamente lavora ogni giorno in classe, i docenti del Properzio hanno conosciuto quelli dell’Enrico Medi di Villafranca di Verona e ne è scaturita una collaborazione feconda, orientata a rinnovare l’insegnamento delle lingue classiche attraverso l’approccio induttivo. Da allora, i due licei hanno dato vita a corsi di formazione congiunti, gemellaggi tra classi con attività online e in presenza, visite guidate, incontri dedicati allo scambio di buone pratiche e di recente a una repository digitale condivisa.

Perché il metodo induttivo?

Chiedersi perché sia preferibile impiegare un metodo induttivo, ovvero partire dalla lingua per arrivare alla legge che ne governa il funzionamento e non il contrario, anche nell’insegnamento delle lingue classiche oltre che delle moderne, non può, o non dovrebbe, prescindere da una verifica di efficacia delle tecniche e degli strumenti impiegati sugli esiti di apprendimento. Che qualcosa non funzioni in questo senso in un approccio deduttivista, o grammaticalista, al Latino ed al Greco, e che in buona sostanza risponde alla convinzione che apprendere le regole che caratterizzano una lingua corrisponda al conoscere la lingua stessa, appariva chiaro, tralasciando di citare le più note critiche pascoliane, già più di 150 anni fa a Niccolò Tommaseo, che nei suoi Esercizi letterari, datati 1869, scriveva a proposito dell’apprendimento del Latino:

«Perché tanto penano i giovanetti ad apprendere quella lingua, essi che pure così agevolmente imparano a un tratto lingue più vive? Perché quella rimane nel loro pensiero morta; perché, fuori della scuola e del compito, la scuotono via da sé quasi soma molesta. Più farebbe sentir continuo parlare latino e dover rispondere una mez­z’ora al dì, che studiarne la grammatica sette […] Per via dell’analisi non apprendiamo, né fanciulli, né uomini; per essa rendiam conto a noi medesimi dell’appreso. Nella sintesi consiste la vita».

E ancora, intorno alla metà del secolo scorso, l’insigne grecista e latinista Giorgio Pasquali in una delle Pagine stravaganti, uscite postume nel 1968, ebbe a dire: «Nessuna lingua, neppure una lingua morta, si conosce davvero se non si sa scrivere e in qualche misura parlare».

E sul finire del secolo un altro illustre filologo classico, Antonio Garzya, nella sua Guida alla traduzione dal Greco del 1991, afferma che

«Se è vero che scopo dell’insegnamento liceale e universitario è mettere il discente in grado d’intendere i testi antichi e non di formare dei traduttori-interpreti, non è men vero che a quella intellezione si può giungere sul serio, e più rapidamente, e soprattutto meglio, ove della lingua antica si possegga l’uso attivo, non solo quello passivo, e poco importa se a costo di scrivere, cosa inevitabile, ma scontata in partenza, dei pezzi di greco (o di latino) non sempre…quali avrebbe scritto Platone (o Cicerone)».

Sono forse cambiate le cose oggi, se ancora queste osservazioni e suggerimenti non trovano quasi mai udienza né nel mondo dell’insegnamento superiore né in quello universitario? Anzi, oggi più che mai la partecipazione attiva dei discenti è riconosciuta da tutti gli studi di didattica, in particolare, direi, di quelli sull’apprendimento delle lingue seconde, come condizione imprescindibile perché l’intervento del docente possa risultare realmente efficace. E un metodo induttivo, o diretto, offre un elevato numero di strumenti e tecniche per lavorare con la lingua e non solo sulla lingua, che può affiancare alla traduzione di frasi o versioni.

D’altra parte va riconosciuto che quel requisito di possesso attivo – saper scrivere e in qualche modo parlare – non rappresenta dotazione ordinaria dei docenti di lingue classiche, formatisi a scuola e all’università, quasi sempre soltanto all’analisi dei componenti grammaticali costituenti le frasi.

È tuttavia altrettanto vero che, sempre oggi, le opportunità per chi insegna di acquisire e sviluppare tali capacità non mancano ed anche la tecnologia può senz’altro aiutare al riguardo.

La lezione e la centralità del testo

La lezione, come sempre, necessita di una preparazione e, nel caso di una lezione rivolta al biennio utilizzando il metodo induttivo, viene innanzitutto messo a fuoco l’obiettivo didattico, di natura grammaticale, lessicale oppure tematica. Successivamente, si procede con l’elaborazione di un passo in Latino, che può essere selezionato, adattato o anche creato appositamente per la lezione, eventualmente arricchito da illustrazioni e note esplicative. A supporto del testo, si predispone una scheda che approfondisce gli aspetti grammaticali, lessicali o tematici affrontati. Infine, si preparano attività ed esercizi mirati: questi servono non solo per favorire la comprensione del passo, ma anche per consolidare e ampliare il lessico, acquisire le strutture grammaticali e stimolare la produzione linguistica.

Una delle componenti più efficaci del metodo induttivo è costituita dalla lettura “estensiva” di brani – per le classi del biennio, adattati dagli autori latini o elaborati ad hoc – che insistano su uno stesso argomento grammaticale, affrontandolo nella sua casistica morfosintattica, e che risultino, al contempo, di agevole comprensione rispetto al livello di conoscenze/competenze posseduto dagli studenti. Un valore aggiunto può essere certamente il carattere accattivante o avvincente della lettura, per accentuare il quale, ad esempio, si può optare per gruppi di brani dalla narrazione unitaria, che incontrino il comune gusto per la serialità; in tal modo, lo studente riceverà un incremento di motivazione per comprendere il testo e, quindi, per riflettere sulle norme grammaticali da ricavare induttivamente da esso, nonché per cogliere i nuovi elementi lessicali. Questi ultimi, infatti, sono un’altra componente-cardine del metodo induttivo, nel quale risulta chiaro, ancor più che nel metodo tradizionale, che la norma morfosintattica, perché sia linguisticamente produttiva e, spesso, riconoscibile, si intreccia costantemente con il livello semantico. Di conseguenza, i fautori del metodo induttivo puntano molto sulla conoscenza del vocabolario, selezionato innanzitutto in base alla sua frequenza e sistematizzato, magari, in campi etimologici e/o semantici. Durante la lettura in classe dei brani, il docente stimola la riflessione sui significati delle frasi e delle nuove norme grammaticali, sia commentando in lingua italiana, sia parafrasando in lingua latina, in quest’ultimo caso con l’utilizzo di espressioni semplici (o di media complessità, se ci si trova ad uno stadio linguistico avanzato) e incentrate sull’argomento grammaticale o sull’ambito lessicale da apprendere. Il docente, a volte, invita anche gli allievi a sintetizzare, modificare o commentare il testo – oralmente o per iscritto – utilizzando la lingua latina. L’apprendimento “passivo” e quello “attivo” della lingua, infatti, all’interno del metodo induttivo possono essere facilmente coniugati e valorizzati nella loro complementarietà. Gli esercizi da far svolgere in classe sono, in genere, relativi ai brani letti e propongono numerosi contesti nei quali agisce l’argomento grammaticale oggetto di studio. Questo perché repetita et variationes iuvant, come sanno bene coloro che studiano l’apprendimento naturale delle lingue. Le tecniche del metodo induttivo, che possono crescere su se stesse e aprirsi a molteplici ramificazioni, mirano a far coesistere nello studente, con spontaneità, il discernimento morfosintattico e la comprensione semantica (e, in una fase ulteriore, anche estetica), senza che il primo sovrasti la seconda e renda la lettura, di conseguenza, faticosa, estremamente lenta e legata a sensazioni di “pesantezza” e preoccupazione, come spesso accade, purtroppo, quando essa scaturisce dal metodo grammaticale-traduttivo; quello induttivo, invece, promuove una lettura scorrevole e ampia, che contenga elementi di naturalezza e gratificazione, e che ispiri davvero il desiderio di interpretare i contenuti e la bellezza espressiva della letteratura, restituendo senso, valore e passione allo studio della disciplina e, in ultima analisi, alla prospettiva culturale dell’umanesimo.

Un esempio

Le attività che seguono la lettura del testo possono variare in base a quella che possiamo concepire come funzione prevalente, ma chiaramente mai assoluta, e sono proposte, quando possibile, con consegne in Latino per incoraggiare una maggiore dimestichezza con la lingua. Ne elenchiamo solo alcune

possibili, senza tra l’altro soffermarci sulla validità di eventuali software digitali per costruirle o presentarle.

Per comprendere come possa essere costruito un percorso di lingua latina che rispetti la gradualità e il consolidamento dell’apprendimento, ma sviluppi anche interesse per la continuità di una narrazione, è senz’altro esemplificativo il recente manuale di M. L. Aguilar e J. Tarrega, Via Latina, il quale, pur rappresentando un’utilissima rarità nel panorama praticamente deserto delle risorse a nostra disposizione per la didattica con il metodo induttivo, ha tuttavia il grave limite di interrompersi al I volume, non consentendo perciò la copertura completa della grammatica di base.

Il sintetico esempio operativo che segue si pone come obiettivo l’introduzione degli aggettivi della prima classe per gli studenti del I anno del Liceo, a metà circa del I quadrimestre, dopo che abbiano già studiato le prime due declinazioni, il tempo presente e imperfetto dell’indicativo e alcuni pronomi. In questo caso presentiamo la rielaborazione di una favola di Fedro (per un rapido confronto con l’originale, si può consultare la Perseus Digital Library), corredata da alcune semplici attività da svolgersi immediatamente in classe con la guida del docente. Il testo utilizza elementi grammaticali e lessicali per la maggior parte noti agli studenti o generalmente comprensibili, allo scopo di riepilogare il pregresso e facilitare il focus sulla novità. Inoltre, può essere proficuo inserire Equus et aper all’interno di un modulo interdisciplinare sulla favola (argomento trattato al I anno in Lingua e letteratura italiana), permettendo così anche il collegamento con altri nodi concettuali trattati nel curricolo.

  1. Latine responde.

Quis est iratus in fabula?

Cur equus ad virum ambulat?

Quem vir necat?

Quid vir ponit in collo equi?

Estne equus liber post viri auxilium?

Quid est bonum secundum fabulam: patientia an ira?

  1. Lege sententias et dic verum an falsum.

Equus aquam puram amat.

Aper amicus equi est.

Vir equum iuvat.

Post pugnam equus laetus est.

  1. Da synonyma aut contraria.

bonus ↔ ________ (contrarium)

clarus: ________ (synonymum)

maestus ↔ ________ (contrarium)

magnus:  ________ (synonymum)

liber ↔ ________ (contrarium)

inimicus ↔ ________ (contrarium)

  1. Adiectiva “bonus” et “miser” in tabula infra declina.
 SingulārisPluralis
CasusMasculinumFemininumNeutrumMasculinumFemininumNeutrum
Nominativus      
Genitivus      
Dativus      
Accusativus      
Vocativus      
Ablativus      
  • Comple sententias adiectivo: magnus, liber, malus, maestus, clarus.

Vir dat equo ________ auxilium.

________  apri culpa est.

Equus post auxilium non est laetus, sed ________.

Aquam ________ equus amabat.

Equi cum frenis  ________ non sunt.

  • Picturam[1] describe.

Altre tipologie di esercizi che possono essere proposte sono le seguenti.

Per la comprensione del passo: scelta multipla (responsum rectum elige), comprensione all’ascolto (ausculta et intellege).

Per il consolidamento e l’ampliamento del lessico: associazioni parole-immagini (verba cum picturis iunge), individuazione dell’intruso (quid non huius gregis est?), uso del lessico frequenziale (frequentissima verba adhibe), uso di flashcards (tabulis memoriae utere).

Per l’acquisizione delle strutture grammaticali: attribuzione dei vocaboli alla loro declinazione (declinationis vocabula agnosce), classificazione dei sostantivi trovati (nomina inventa distribue), costruzione di frase (sententiam fac), trasformazione di frasi (sententias muta), trasformazione dal singolare al plurale e viceversa (numerorum mutatio), retroversione di brani (locos reverte), memorizzazione di passi di breve lunghezza (locos breves memoria tene), riconoscimento di errori (errores agnosce).

Per la produzione: riscrittura della storia (fabulam narra, aliter dic), ampliamento (sententias amplifica), riassunto orale o scritto (summatim narra).

Essere integralisti?

Nel momento in cui si discute di metodi per l’insegnamento del Latino e del Greco, il rischio di polarizzazione è sempre alto. Ma è davvero necessario schierarsi? L’adozione di un metodo implica davvero la negazione degli altri? L’esperienza del nostro laboratorio didattico, e del gemellaggio che ne è derivato, dimostra che la questione non si risolve in una contrapposizione sterile tra innovazione e tradizione, ma piuttosto in una riflessione su quali strumenti possano risultare più efficaci a seconda del contesto. L’apprendimento non è un sistema rigido e immutabile: ciò che funziona per un determinato gruppo di studenti può non essere ugualmente valido per un altro. Allo stesso modo ci sembra lecito verificare di volta in volta quale sia la strada migliore per raggiungere l’obiettivo che ci si è prefissi per una lezione. Vale a dire che forse non è così scandaloso selezionare l’attività che sembra più adeguata indipendentemente dall’etichetta metodologica sotto cui la intendiamo.

In questo senso, più che essere integralisti, il nostro obiettivo è quello di essere eclettici e sperimentatori. L’approccio induttivo non è una bandiera da sventolare contro il metodo tradizionale, ma un’opportunità per ampliare il repertorio didattico e rispondere meglio alle esigenze degli studenti di oggi. Dopo tutto, la finalità ultima non è dimostrare che un metodo è superiore all’altro, ma fare in modo che le lingue classiche possano continuare a essere comprese, amate e, soprattutto, vissute dagli studenti come qualcosa di significativo.

[1] Le immagini proposte per la lezione sono state tutte elaborate dall’intelligenza artificiale (ChatGpt).

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