
Sulle tracce di Dario Bellezza, in attesa del trentennale della morte
Ascoltavo la morte nel mio sogno
di pazzo dirmi all’orecchio soave:
“Ti trascuro. Non verrò mai da te”.
Allora mi ricordai di te e mi svegliai.
La morte mi era a lato. La notte
riempiva la stanza di silenzio.
Alla finestra la luce della luna. E
nel mio cuore un presentimento.
Da Invettive e licenze, 1971
Quando il tempo gioca con le nostre vite e, restringendosi, si dilata sugli eventi passati, sono le occasioni a riportarci indietro e a dare senso ai nostri interessi. È quanto mi è successo vedendo il bellissimo documentario di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese Bellezza, addio (2023), prezioso documento di un’epoca vitalissima e dolente, un’opera di montaggio capace di restituire il senso di un tempo che mi appare oggi come qualcosa di lontano e struggente a cui ho legato parte della mia scontrosa giovinezza, la stessa che peraltro mi ha permesso di fare qualche incontro raro e insolito, di quelli che si custodiscono dentro quando la vita si fa più appartata, tra silenzio e memoria.
Il mio ricordo di Dario Bellezza è legato, non a caso, a un convegno perugino su Sandro Penna come in provincia non se ne fanno più, organizzato nel 1990 a Palazzo Cesaroni, con tanto di mostra fotografica sulla vita del poeta allestita da Elio Pecora a Palazzo della Penna. Il 26 settembre, giorno del mio intervento sulla prosa penniana, al “pranzo di lavoro” al Ristorante “La Rosetta” vedo a un tavolo a pochi metri dal mio proprio Dario Bellezza, che al convegno ha letto la sua relazione dal titolo “Il lager di Sandro Penna”. E’ il testo di uno scrittore e poeta di assoluto talento, uno scritto di grande impatto dominato dall’idea di morte: “Forse si scrive per testimoniare o dimenticare la morte, questa empia invenzione di qualche Dio ingiusto, non il grande Iddio misericordioso; Penna lo sapeva, non poteva così ribellarsi alla sua depressione, dopo aver cantato la vitalità dei sensi”. Dario Bellezza, quel giorno del 1990, sa già di essere sieropositivo. Forse anche per questo scrive una nuova invettiva, contro il Destino avaro. Al ristorante mi colpisce la sua voracità quasi fanciullesca (ricorderà a Maurizio Gregorini che stava mangiando uno “splendido timballo di maccheroni accompagnato da vini squisiti”) e poco dopo il solenne annuncio, dato ai presenti da Elio Pecora, della morte di Alberto Moravia. Ricordo il gelo sceso su tutti e in particolare a quel tavolo: Dario si blocca come smarrito, scuro in volto, si alza e va verso Pecora, poi scompare verso i telefoni o forse in camera. Quella di Moravia, dopo Pasolini, è la seconda perdita di un grande amico. Per Bellezza qualcosa che continua a morire, anche se lui è uno abituato a “litigare con la morte”.

Bellezza, addio
Fortunatamente, qualcuno ispirato accetta la sfida di conservare la memoria. Infatti, dopo il pluripremiato Il caso Braibanti (2020), che ha preceduto di due anni il film di Gianni Amelio Il signore delle formiche, Carmen Giardina e Massimiliano Palmese ci regalano un altro documentario molto bello, un ritratto preciso di un poeta e di un’epoca che cerca di restituire visibilità a un autore del quale oggi, in libreria, non troviamo più nulla perché nulla, dal 2016, è stato ristampato. Bellezza, addio (prodotto da Zivago Film con Cinecittà Luce), entrato nella rosa dei candidati al Nastro d’Argento e premiato in vari Festival, ci restituisce l’aria del tempo, gli anni Settanta-Ottanta in cui era ancora possibile la contestazione e lo scandalo in una Roma piena di vitalità e poesia oltre che di grandi intellettuali e letterati. La figura di Dario Bellezza viene ricostruita dagli autori in una struttura circolare che fa della figura materna un nodo decisivo, seguendo il rapporto sostitutivo di donne geniali come Amelia Rosselli ed Elsa Morante, fino all’incontro fondamentale con Pasolini. Grazie a bellissimi e struggenti materiali d’epoca che si alternano ai ricordi vivi e commossi degli amici come Barbara Alberti, Renzo Paris, Franco Cordelli, Elio Pecora, Maurizio Gregorini ed altri, il percorso di un uomo contrastato, limpido e oscuro, emerge con forza fino agli ultimi mesi terribili della malattia. Quel ritratto e quell’epoca ci restano addosso come qualcosa di irrimediabilmente perduto, cancellato dal consumismo e da una Roma più omologata e illuminata, quella degli anni Novanta. Nel film, toccante documento di un’età in cui le passioni si gridavano e la poesia circolava come ultima rappresentazione (il filmato su Castelporziano con Bellezza che reagisce al pubblico che lo vuole nudo con uno “stronzi fascisti” è prodigioso ed eloquente), c’è anche una bellissima foto di Sandro Penna e splendidi spezzoni da cineteca, come quello in cui Moravia irrompe scherzoso nello studio di Mario Schifano che sta conversando proprio con Dario.
Un testo fondamentale: Il male di Dario Bellezza. Vita e morte di un poeta
Spinto dal notevole documentario di Giardina e Palmese, ho riscoperto questo libro articolato e prezioso di Maurizio Gregorini, Il male di Dario Bellezza. Vita e morte di un poeta (Castelvecchi). Uscito nel 1997 a un anno dalla scomparsa del poeta romano, rieditato nel 2006 e ristampato in una versione ampliata nel 2016, è un testo fondamentale e straordinario per più di un motivo: a) come già detto, dal 2016 in Italia non si ristampa più nulla dell’autore maudit, per cui di fatto in libreria non esiste; b) non mi risulta esistere alcuna biografia su Dario Bellezza; c) racconta con poche, necessarie omissioni le ultime settimane di vita del poeta, che volle essere “assistito” da Gregorini e pochissimi altri (Antonio Veneziani, Renzo Paris) per scelta personale non facile; d) è un libro coraggioso, anche perché ha procurato all’autore prevedibili nuovi nemici (la verità, si sa, è quasi sempre scomoda); e) è soprattutto un’opera straziante nella prima parte, “Appunti per non morire”, trascritti su suggerimento dello stesso Bellezza ormai consapevole di dover morire per AIDS, la peste di quegli anni; preziosa nella seconda, un lungo “Colloquio col poeta” costruito tra il 1989 e il 1996 e nutrito di osservazioni profonde e rivelatrici; ricca nella terza, due appendici di interviste piene di intelligenza, sensibilità e cultura, da leggere con autentico piacere per scoprire non solo la diversità dei punti di vista di amici come Alberti, Cambria, Canali, Paris, Pecora, Siciliano e altri, ma anche conoscere i rapporti di Bellezza con Pasolini, Morante, Moravia, Penna. Al termine della lettura, ho avuto la conferma che sul poeta romano è sceso una sorta di lento oblìo post mortem (più volte sottolineato da Gregorini e drammaticamente iniziato già in fase di tumulazione nel Cimitero Acattolico romano) per i motivi più svariati, nonostante ogni decennale della morte abbia riservato qualche sorpresa, come spero accada ancora nel 2026. Perché Bellezza ha fatto della sua vita e del suo calvario finale poesia e testimonianza, come accaduto a pochi; forse perché è stato, come ha detto qualcuno, l’ultimo decadente. E in attesa di poter rileggere magari l’edizione di Tutte le poesie curata da Roberto Deidier per Mondadori al momento scomparsa, o le prose disperse tra più editori ormai pigri, ripartire da Il male di Dario Bellezza appare oggi stimolante, vista la varietà dei bilanci sulla sua opera, con Barbara Alberti sicura della superiorità del narratore al contrario di Enzo Siciliano; per non parlare di Adele Cambria, Antonio Porta o Renzo Paris che vedrebbero opportuno il Meridiano dell’opera omnia, contro le perplessità di Maria Luisa Spaziani che parla di poeta minore. È quest’ultima intervista alla Spaziani a chiudere le preziose testimonianze, con due ricordi che avvicinano Dario Bellezza a Sandro Penna: nel primo, Dario salta una cena importante con Elvira Sellerio e Gesualdo Bufalino per seguire in autobus un soldato bello come il sole; nel secondo la poetessa racconta di Sandro Penna che insieme al suo Raffaellino va ad attenderla all’uscita di scuola, dove insegna alla fine degli anni Cinquanta, per andare tutti e tre alle giostre, un episodio così “angelico” e puro che non conoscevo. E questo libro di Gregorini è così pieno di angeli, demoni e pietà che mi auguro venga ristampato entro l’inizio del 2026.

Maurizio Gregorini nel film “Bellezza, addio” (foto Dino Ignani)
Contro la dissipazione
La vita di Dario Bellezza è stata una corda tesa tra l’orrore del reale e la salvezza della scrittura, tra il pudore e l’eccesso, forse in una continua ribellione al senso di abbandono provato in acqua, quando a due anni per un momento perse la presa sicura di sua madre. O forse quando si aprì al mondo abbandonando la casa dei genitori, ricco solo dei suoi demoni letterari e delle sue passioni. Da quel momento iniziarono l’erranza sentimentale e la dissipazione, anche del suo talento. Gli ultimi giorni trascorsi in via Bertani, come documenta con febbrile verità l’amico scrittore Maurizio Gregorini, ci dicono che Bellezza voleva disperatamente vivere nonostante le sue molte morti: la scomparsa di Pasolini e Moravia, in ultimo lo scoop del Messaggero di Roma che fece conoscere a tutti la sua “peste” e lo relegò in casa al culmine della sua “depressione endogena”. E del suo lascito ai posteri non gliene fregava molto, come disse nei giorni bui all’amico. In un certo senso, Dario è stato profeta. La vendita delle sue due case, di Rocca Imperiale e di via Bertani, non ha fatto nascere alcuna fondazione; la sorella Gloria non ha scelto buoni cavalli su cui puntare per la curatela delle sue carte, al punto che sono almeno in parte finite in un’asta andata deserta ma che ha permesso al collezionista Giuseppe Garrera di salvarle in un archivio che nemmeno lo Stato aveva voluto acquistare. Insomma, la dissipazione del talento letterario di Dario Bellezza continua. E mi chiedo dove sono ora quei giovani che anni fa lo hanno letto e amato, rispecchiandosi nel dolore di vivere la diversità, di contestare il conformismo borghese, di scegliere la poesia come forma di esistenza ribelle e anarchica. Forse quella passione è raffreddata, come il cattolico senso del peccato oggi superato nei lustrini dello spettacolo televisivo. Anche per questo dobbiamo continuare a raccontare la vita breve e la letteratura di Dario Bellezza. In nome dei non molti poeti veri che torneranno, scrivendo a fuoco sulla propria pelle.

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Editore
G.B. Palumbo Editore
Gran bel ricordo e analisi su Dario Bellezza,che intervistavo all’ uscita dei suoi libri. Era molto cordiale, ironico e anche disperato.
Grazie per la sua testimonianza e le sue parole