Smontando (e rimontando) il programma di Italiano. Una proposta per lo studio della letteratura italiana nell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado
Con quali modalità e con quale approccio proporre i contenuti dello studio dell’Italiano nell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado è una questione su cui vale la pena fare delle riflessioni e dei ripensamenti consapevoli, senza accettare di procedere in automatico, “come si è sempre fatto”. Lasciamo per un attimo, almeno inizialmente, in un angolo remoto della nostra mente il pensiero dell’esame di stato, che spesso sembra essere, purtroppo, il principale elemento che determina le scelte e l’impostazione del lavoro annuale, e concentriamoci invece su una responsabilità significativa, quella di come trattare e condensare in una programmazione annuale un ventaglio estremamente ampio di contenuti ricchi di implicazioni trasversali; e di come fare questo al meglio nell’anno conclusivo del ciclo scolastico, per riuscire a dare contemporaneamente un’idea di compimento e chiusura, ma anche di apertura al futuro, oltre che un bagaglio significativo di metodo e conoscenze. E’ un’occasione didattica, da pensare e costruire per lasciare agli studenti un’impronta significativa e non la sensazione di aver rincorso, con poco criterio, la copertura di un fantomatico “programma”. Da simili riflessioni è scaturita in me l’urgenza, dopo una serie di sperimentazioni in piccola scala sotto forma di innesti più o meno episodici in uno scheletro di programma essenzialmente “tradizionale”, di un cambiamento più radicale nel proporre lo studio della letteratura italiana nel quinto anno del Liceo, ovvero per percorsi costruiti attorno a grandi temi o questioni, svincolati, almeno in parte, dalla successione cronologica degli autori. L’idea che mi ha guidato però è anche quella dello “smontaggio e rimontaggio” del “programma”, con l’ambizione cioè di partire muovendoci sganciati dalla linea cronologica, per poi però recuperare anche l’indispensabile chiarezza dello sviluppo storico-letterario, che gli studenti dovranno avere ben presente; smontare, quindi, per ricostruire. Racconto qui quanto proposto alla mia classe reale nello scorso anno scolastico, una quinta Liceo Scientifico opzione Scienze applicate, nell’ottica di una condivisione di riflessioni ed esperienze concrete di didattica della letteratura.
Il bisogno di cambiamento: una scelta necessaria
Una riflessione sul perché di questa scelta: l’urgenza di un cambiamento di schema si è fatta e si fa sentire spesso nel mio lavoro di docente, come, credo accada per molti docenti. In questo caso si è focalizzata sulla didattica dell’italiano del quinto anno, ma nasce in realtà da un bisogno più generale, avvertito da tempo: a innescarlo, negli anni, è stata la frequente sensazione che ci sia qualcosa di poco gestibile nell’insegnamento della letteratura a scuola, cosa che è però solo un particolare aspetto di un problema più vasto e cruciale: quale idea e quale senso vogliamo dare allo studio, in particolare delle discipline umanistiche e della letteratura, in questi anni segnati dalle conseguenze post-pandemiche e dall’emergere di un’ondata di malessere diffuso e palpabile tra gli studenti, spesso in balia di stress e ansia o demotivazione o apatia. È necessario riguadagnare sostenibilità nella pratica didattica, e combattere l’ansia di dominare programmi mastodontici e ipertrofici; anziché inseguire improbabili utopie di completismo, guardare e cercare nella direzione di percorsi circoscrivibili, ma che al tempo stesso aprano spazi ampi di approfondimento, può essere un’opzione valida e “conveniente”, sia per il docente che per gli studenti. A tali motivazioni se ne aggiungono altre ancora: la necessità di non “schiacciare” in un angusto spazio di fine anno il Novecento, inevitabilmente sacrificato da una programmazione in ordine cronologico, specie se questa si porta dietro la pesante eredità di due anni precedenti vissuti anch’essi nel tentativo di esaurire e coprire, spesso arrancando, circa sette secoli di storia letteraria; il bisogno di dare centralità ai testi non solo come espressione della poetica dei singoli autori, ma anche come portatori di grandi questioni e domande di senso che scavalcano il loro tempo; e, infine, l’esigenza di un cambiamento anche come sfida personale di un docente che non vuole adagiarsi troppo comodamente su un terreno già noto, con il rischio di annoiarsi e annoiare: una sfida che consiste nel tenere insieme molti fili cercando però di non rinunciare a sistematicità e rigore.
Cinque moduli, cinque “contenitori” di grandi temi e questioni
Veniamo dunque alla strutturazione del “programma”. Dopo aver passato in rassegna numerose ipotesi di percorsi possibili e una inevitabile selezione, sono stati individuati cinque percorsi-moduli, a loro volta scanditi in “sottopercorsi”, che potrebbero corrispondere a unità, ma senza alcuna rigidità nella scansione, proprio perché all’interno del modulo ci si è dati la libertà di procedere anche per libere associazioni tematiche non rigidamente strutturate, come dei visitatori che attraversano strade, piazze e vicoli di un quartiere o di un centro storico, per coglierne l’essenza, con percorsi non necessariamente lineari. Come si vedrà, ognuno dei moduli non corrisponde a un “tema” didattico in senso stretto, ma a una sorta di contenitore o raccoglitore in cui grandi temi e questioni si declinano in forme diverse, raggruppandosi però attorno a un’idea o radice di senso. Non riporto qui, ovviamente, il dettaglio dei contenuti e dei testi, ma la scansione dei moduli o percorsi con gli autori letti per ognuno, e i relativi “sottopercorsi”.
Segue una descrizione della prassi didattica adottata.
1. Il male (e il bene) di vivere: i poeti e il dolore, il piacere, la gioia, la noia
Autori: Giacomo Leopardi, Eugenio Montale, Charles Baudelaire, Cesare Pavese
-Felicità e infelicità
-L’amore e le muse femminili, la memoria e il ricordo
2. Rappresentare il reale (realismo, naturalismo, verismo, neorealismo)
Autori: Naturalisti francesi, Giovanni Verga, Beppe Fenoglio, Italo Calvino
-Rappresentare il vero nella narrazione: come si evolve e si trasforma l’idea della rappresentazione del reale nella narrativa dell’Ottocento, tra realismo, naturalismo e verismo
-Forme di rappresentazione del reale nel Novecento: uno sguardo sul neorealismo
3. Impegno, guerra, resistenza: la letteratura e i drammi del Novecento
Autori: Filippo Tommaso Marinetti e i Futuristi, Giuseppe Ungaretti, Gabriele D’Annunzio, Primo Levi, Giorgio Bassani, Beppe Fenoglio, Cesare Pavese, Italo Calvino, Ada Gobetti e altri
-Intorno e dentro la prima guerra mondiale
–Il Fascismo e la discriminazione razziale
-La seconda guerra mondiale e la letteratura della Resistenza
4. Il labirinto della famiglia
Autori: Giovanni Pascoli, Umberto Saba, Federigo Tozzi, Franz Kafka, Sibilla Aleramo, Elsa Morante
-La famiglia come luogo di affetti e radici
-La famiglia come luogo di conflitti (padri vs figli, mondo maschile vs mondo femminile)
5. I misteri della psiche: ragione, follia, nevrosi
Autori: Italo Svevo, Luigi Pirandello
-Psicoanalisi e letteratura: l’irrompere della coscienza e dell’inconscio nella narrativa
-Mettere in discussione l’io: la scissione, la frammentazione e lo smarrimento dell’identità
Modalità di lavoro
Anche se il cuore del lavoro in classe sono i testi e gli autori, il punto di partenza sono sempre alcune considerazioni, in forma di brainstorming, sul tema proposto e sul titolo da me dato al tema. Sulla base di questo primo stimolo sono gli studenti, in parte guidati, in parte in autonomia, a proporre parole chiave, concetti e idee che si concentrano attorno al tema centrale, e a suggerire vie principali e secondarie per affrontarlo; questa fase del lavoro, in cui gli studenti sono protagonisti, serve sia a definire i “sottoinsiemi” tematici di ogni modulo, sia a individuare un focus interpretativo per i testi che verranno scelti e letti: gli studenti sapranno così inizialmente cosa cercare nei testi, per poi trovarvi, auspicabilmente, anche molto altro. A questa fase segue quella della presentazione dei testi e degli autori nel loro contesto: si è scelto in certi casi di partire da un testo chiave, per poi presentare l’autore allargando il campo, mentre in altri casi si è preferito presentare l’autore con un quadro generale della sua opera prima di proporre un testo, oppure più autori possono essere presentati insieme, in modalità di confronto e contrasto: non c’è quindi una schema fisso per questa fase del lavoro di natura più “frontale”. A questa segue una fase laboratoriale di analisi di altri testi proposti, che può essere dedicata in maniera più immersiva a un autore per poi passare a un altro, oppure impostata subito come confronto tra autori, a seconda della necessità didattica che si avverte e della risposta degli studenti. Per esempio, nel caso del modulo 1 sul “male di vivere”, la full immersion nei testi di Leopardi, il primo autore affrontato, si è resa necessaria per un certo tempo in forma esclusiva, prima di passare a introdurre ed approfondire Montale: solo dopo questi due momenti distinti è emersa la dimensione di “dialogo a distanza di un secolo” tra i due autori. Diversamente, nel secondo modulo sulla narrativa “di realtà” i due autori centrali, Verga e Fenoglio, sono stati quasi costantemente trattati in parallelo, per evidenziare elementi confrontabili e differenze sostanziali dal punto di vista delle scelte narrative: alla lettura di Rosso Malpelo abbiamo fatto seguire quella de Il gorgo, racconti accomunati da uno sguardo sull’infanzia o dell’infanzia in un contesto di privazione e miseria materiale e umana, a Cavalleria rusticana abbiamo accostato un altro racconto di Fenoglio, L’addio, per riflettere su come lo sguardo del narratore indaga sentimenti e passioni, all’incipit de I Malavoglia abbiamo fatto seguire l’incipit de La malora, registrando e annotando anche in questo caso distanze –geografiche, cronologiche, stilistiche e narratologiche- e significative consonanze nelle vicende di famiglie che tentano un avanzamento nella scala sociale e che con dinamiche simili vengono risospinte al punto di partenza, che siano gli scogli di Aci Trezza o la piovosa Langa su cui il padre di Agostino, protagonista del romanzo di Fenoglio, “si pigliava la sua prima acqua sottoterra”.
Alla fase laboratoriale segue il momento della verifica, scritta e/o orale, nelle modalità e tipologie consuete per quanto riguarda lo scritto, mentre le verifiche orali non avvengono in forma di “interrogazione”, ma piuttosto di esposizione autonoma di un percorso dentro il modulo, per avvicinare lo studente alla modalità di svolgimento del colloquio dell’esame di stato.
Un ultimo aspetto fondamentale è che ogni modulo, quindi ogni macro-tema proposto, ha previsto la lettura integrale autonoma (con parti eventualmente lette in classe in condivisione) di un romanzo, non necessariamente lo stesso per tutti gli studenti, ma da scegliere all’interno di una proposta ampia.
Vantaggi e rischi
I vantaggi hanno superato di gran lunga gli svantaggi, questi ultimi trasformabili in risorse. Quali sono i vantaggi di questa impostazione? I principali, che mi si sono manifestati strada facendo, sono i seguenti:
1. Aiuta a imparare a pensare in un’ottica di connessioni (sensate): gioverà primariamente al senso critico dello studente, ma, secondariamente, pur senza voler piegare la didattica a questo fine, anche al colloquio dell’esame di stato; lavorare con questo metodo, in un’ottica di confronti e connessioni tra temi e autori anche appartenenti a contesti diversi, dovrebbe prevenire la ridda dei “collegamenti” forzati e improbabili che chi ha ricoperto il ruolo di commissario negli ultimi anni di esami di stato sicuramente ha ben presenti. Imparare a riconoscere e pensare connessioni intelligenti durante il percorso dell’intero anno, anche se prevalentemente all’interno della disciplina, dovrebbe favorire l’applicazione di questo metodo anche tra più discipline. Anche le “attualizzazioni”, che possiamo catalogare nella macrocategoria, sostanzialmente obbligatoria, del “collegare”, risulteranno meno artificiose se si affronta un certo nodo tematico in un’ottica più vasta che come sola appendice allo studio dell’autore; e anche i percorsi legati all’Educazione civica possono essere meglio integrati in questa forma: per fornire alcuni esempi, il percorso intitolato “Il labirinto della famiglia” è stato lo spunto per riflessioni e discussioni su ciò che si intende per “famiglia” nel tempo e gli esempi letterari scelti hanno permesso di aprire finestre interessanti sul versante del confronto e del dibattito attuale su forme tradizionali e nuovi modelli di famiglia. Così come il terzo modulo, e in particolare la sezione su letteratura, fascismo e antifascismo, è stato la base di un ampio percorso di Educazione civica. Aggiungo anche che la presenza di autrici come Sibilla Aleramo e Elsa Morante, che ha permesso di discutere sul ruolo femminile nella cultura e nella storia letteraria, è un obiettivo più facilmente ed efficacemente raggiungibile con una programmazione così impostata.
2. Suscita l’interesse degli studenti: la novità è comunque stimolante per loro, che si sentono portati a mettersi in gioco, si rendono conto che nella fase iniziale del percorso i loro interventi e osservazioni contribuiscono alla progettazione del percorso stesso; percepiscono e apprezzano il fatto che un docente stia cucendo un programma su di loro e su quelle che ritiene essere le loro –importanti- esigenze culturali, anziché riprodurre schemi prevedibili; tutte le attività che si svolgono in classe non sono “date per scontate”, ma comunicate e illustrate, perciò, implicitamente o esplicitamente, si stringe un patto con gli studenti, più o meno in questi termini: “vi propongo un percorso che non è così banale e facile da seguire, non coincide con la scansione cronologica del vostro libro di testo e che non troverete ‘già fatto’ su nessun sito web di ausilio alla preparazione agli esami; dunque, non potete permettervi di essere passivi e indolenti, c’è un gran bisogno che siate vigili e attenti”. Psicologicamente questo approccio funziona, o almeno, posso dire che ha funzionato ai fini della partecipazione e attenzione in classe; avere un gruppo classe non necessariamente pullulante di cosiddette “eccellenze”, ma aperto, disponibile e collaborativo, certamente aiuta molto.
Quali sono invece i possibili svantaggi, o meglio i rischi di questo modo di lavorare? Più che riscontrare svantaggi effettivi, ho in realtà raccolto qualche episodica obiezione rivoltami da alcuni studenti e qualche altra obiezione che invece nasceva dal mio interno, dall’autocritica costante che esercito quando insegno:
il rischio di perdere il senso dello sviluppo cronologico e storico: è un rischio reale, tanto più che il senso dell’orientamento cronologico non è certamente tra i più sviluppati in questa generazione di studenti; si può però minimizzare affrontandolo di petto, con momenti di riflessione sui contesti storici di riferimento e fornendo quadri riepilogativi, ed eventualmente escogitando soluzioni anche visive o grafiche, come una linea del tempo letteraria appesa alle pareti dell’aula sottoforma di grande cartellone sul quale si incollano mano a mano le “figurine” degli autori, come promemoria e ausilio per non perdere i punti di riferimento.
Il rischio di concentrarsi solo su pochi aspetti degli autori studiati, perdendo lo sguardo d’insieme: premettendo che non è comunque possibile in uno studio liceale, volendo essere realistici, scandagliare a fondo la poetica di ogni autore; tuttavia l’elasticità e la flessibilità dei percorso fa sì che si possano sempre aprire spazi di approfondimento sulla poetica degli autori: per fare un esempio, ho trattato Pascoli come autore di apertura di un percorso tematico sugli affetti familiari, privilegiando quindi la tematica del nido familiare e delle radici, del legame con il proprio personale regno dei morti e con l’infanzia perduta, ma non per questo sono state trascurate le considerazioni sulla poetica e sulle tecniche espressive. Inoltre gli stessi autori ricompaiono in moduli diversi o hanno a volte una posizione di “ponte” tra un percorso e il successivo, cosa che permette di vederli e considerarli sotto aspetti diversi: penso ad esempio a Pavese che viene introdotto prevalentemente con testi poetici e diaristici nel primo modulo, ma ritorna, come narratore, sia nel modulo sulle narrazioni realistiche che in quello su guerra e Resistenza. Anche l’analogo rischio di una semplificazione eccessiva e dello schiacciamento dei testi sui temi prescelti a svantaggio della comprensione profonda dell’autore può esserci, ma non è diverso dal rischio di superficialità che si corre normalmente nello studio tradizionale “a carrellata”, soprattutto se fatto con la fretta di chiudere un capitolo per passare al successivo. E anche il rischio, ovvio, di lasciare completamente fuori autori e opere importanti non manca, ma d’altra parte a questo è impossibile sottrarsi, qualunque metodo didattico si adotti; visto che delle scelte, anche dolorose, sono sempre necessarie, forse è preferibile ancorare tali scelte a percorsi che possano stimolare riflessioni e interesse piuttosto che lasciare che sia il tempo, che non è mai abbastanza, a decretarle.
Il fatto che sostanzialmente tutti i manuali in uso siano strutturati con una impostazione storico-cronologica può creare problemi nello studio se il metodo usato in classe va in una diversa direzione: è un rischio che si trasforma facilmente in vantaggio, sia per l’insegnante che per lo studente: da entrambi i punti di vista si favorisce una maggiore elasticità nell’uso del libro di testo, e la capacità di maneggiare lo strumento in modo più flessibile e laboratoriale; il libro di testo, seppure arricchito ed affiancato da altri materiali, anche multimediali, viene costantemente utilizzato, sia per i testi in antologia che per i profili letterari e i contesti; certamente però si richiede una dose maggiore di autonomia da parte dello studente nel muoversi all’interno del manuale, che permette un approccio meno passivo e uno sviluppo della capacità di cercare e trovare ciò che serve all’interno di manuali ampi e ricchi.
Un bilancio positivo e un piccolo elogio della comodità
La riuscita o il fallimento di una strada didattica intrapresa non si rileva nell’immediato, né si può facilmente misurare: tuttavia la risposta risiede principalmente nell’interesse che la classe mostra strada facendo e nelle considerazioni degli studenti a percorso completato, esame compreso. Ho chiesto ai miei studenti una sincera e spassionata (a giochi conclusi non c’era alcuna ragione di compiacere fintamente l’insegnante) valutazione post-esame di stato su come hanno affrontato lo studio e l’esame stesso con questo approccio didattico e le risposte sono state tutte di tono positivo. Un dettaglio mi ha particolarmente colpito, il ricorrente uso dell’aggettivo “comodo”: è stata una modalità “comoda” per studiare in vista del colloquio, un metodo “comodo” per prepararsi all’orale. Se le mie remore iniziali erano concentrate sulla paura di rendere le cose più difficili agli studenti, mi trovo invece, sul finale, a rallegrarmi di aver potuto rendere l’apprendimento dell’Italiano nel quinto anno non un tour de force, ma un viaggio su un treno più comodo e confortevole del previsto, cosa che, in tempi in cui la vulgata mediatica sulla scuola ci parla prevalentemente di disagio e discomfort che sembrerebbero invadere il vissuto degli studenti, non è certo da disprezzare.
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Caporedattore
Roberto Contu
Editore
G.B. Palumbo Editore
Ottimo Silvia
Trovo utile far precedere la lettura dei testi e lo studio delle poetiche da un “quadro di sintesi” che serva a collocare gli autori e le opere da analizzare all’interno del contesto storico-letterario di riferimento, soprattutto quando la loro trattazione non segue (come nella proposta avanzata) un criterio cronologico, ma tematico.
Inoltre, vorrei sottolineare la necessità di dedicare uno spazio adeguato all’analisi di testi d’uso (non letterari), indispensabili per l’educazione linguistica degli studenti e delle studentesse. Lo studio e l’analisi di testi argomentativi, tratti da articoli di giornale o da saggi, è una necessità imprescindibile per la formazione culturale e civile che la scuola deve curare.
Lavoro anch’io in questo modo da diversi anni, per altro con un grande dispendio di energie e di risorse altre rispetto al libro di testo. L’anno scorso, poiché il commissario d’esame era esterno, si è alzato un polverone in sede d’esame: orrore, Serao e Deledda al posto di Verga! Silone, Alvaro e la letteratura meridionalista, cioè? A fine esame, mentre ero in ferie, mi sono vista recapitare una lettera protocollata dalla DS con richiesta di non meglio precisati chiarimenti.
Gentile Silvia,
io dal 2019 lavoro invece per generi, cercando di seguire, in quinta, i due grandi filoni della storia del romanzo e della poesia. Ciò mi permette di “fare gli stessi autori” ma in un ordine cronologico diverso e di seguire il percorso del genere legandolo al cambiamento del contesto storico e filosofico di riferimento. La sua proposta è sicuramente valida, ma molto dispendiosa specie se, come nel mio caso, ci si trova a lavorare con un volume ancora legato alla progressione cronologica, con per di più pochi testi antologizzati. Nella scuola di oggi, è poi inammissibile fornire fotocopie, ma anche caricare pdf su pdf sulle piattaforme in uso, per il rischio della volatilità del tutto. Certo, leggendo l’intervento della collega Antonella, la libertà a cui aspiriamo sarebbe possibile, a mio avviso, ricalibrando l’Esame nell’ottica delle vere competenze, mentre ora mi pare che ci si soffermi molto (troppo) sui contenuti; per questo motivo se non hai fatto 8 testi di “Myricae” sei un pessimo insegnante.