Helena Janeczek – Storia della mia copertina: La ragazza con la Leica /3
Nella mia testa, la copertina di La ragazza con la Leica esisteva da tempo. Era una foto che Robert Capa aveva fatto a Gerda Taro, una che amo tanto da averla incorporata nel romanzo. «E poi c’era un’altra foto dove Gerda tirando su una calza faceva una smorfia delle sue. Tutto, si vedeva: la coscia esibita, il letto in disordine, i fiori della tappezzeria d’albergo delabré, una bottiglia di pastis, una vestaglietta a kimono appesa dietro il lavabo.» (H. Janeczek, La ragazza con la Leica, Parma, Guanda, 2017, pag.226).
Per me quell’immagine riassumeva molti elementi centrali del romanzo: l’atmosfera bohémienne dell’esilio parigino e, soprattutto, la personalità di Gerda che, combinando la posa maliziosa a un’espressione buffa, esprime una voglia di scherzare più forte del desiderio di apparire soltanto seducente. La mia proposta fu bocciata dall’editore. A suo parere, la smorfia distorceva il volto di Gerda al punto di renderla poco attraente per chi non avesse mai visto altri suoi ritratti. Mi resi conto che era una critica fondata e, inoltre, l’immagine era troppo visivamente “piena” per poter fungere da copertina.
A quel punto, non sembrava più sicuro che si trovasse una foto veramente adatta. Un ritratto privo del contorno di elementi narrativi rischiava di comunicare che il libro fosse una biografia tradizionale nonostante il titolo ispirato a una foto di Alexandr Rodčenko del 1934 (proprio l’anno in cui Gerda Taro conosce il futuro Robert Capa), Girl with a Leica.
Gli scatti, in sé splendidi, che mostrano Taro come fotografa di guerra avrebbero erroneamente suggerito che la Guerra civile spagnola fosse lo scenario principale del romanzo. In più, avrebbero trasmesso l’immagine un’eroina, laddove il personaggio è molto più contraddittorio e sfaccettato.
Poi non andava bene la foto con Capa al Café du Dôme, perché il romanzo pone al centro una donna che non va identificata con “la ragazza di Robert Capa”.
Venne brevemente considerata l’ipotesi di un’illustrazione modellata su uno dei ritratti più accattivanti di Gerda Taro.
Su internet ne trovai una che poteva fungere da suggerimento, ma rimanevo convinta che la soluzione preferibile fosse una fotografia di Gerda Taro. Una foto avrebbe comunicato tre cose insieme: l’impianto documentaristico del romanzo, il fatto che fosse dedicato a una fotografa vissuta accanto ad altri fotografi, e avrebbe trasmesso il clima di quegli anni con un colpo d’occhio. Tornai a riguardarle con pazienza, quelle immagini.
La foto che alla fine mise tutti d’accordo era uno scatto compreso nei negativi della “Valigia Messicana”, vale a dire sconosciuto fino al 2009-2010 e comunque poco noto.
A me sembrava che cogliesse uno spirito analogo a quella da cui ero partita, un insieme di seduttività e brillantezza ironica capace di veicolare la personalità cangiante della “mia” ragazza. I grafici ottennero il permesso di fare un piccolo ritaglio in alto, cosa che dona maggiore risalto a Gerda che strizza l’occhio, non più al fotografo che la cattura all’interno di un caffè parigino, ma a chiunque guardi La ragazza con la Leica.
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