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Recensione a «La letteratura circostante. Narrativa e poesia nell’Italia contemporanea» di Gianluigi Simonetti

 I libri che oggi leggiamo ci dicono molto del contesto storico-culturale in cui viviamo. Lo ha capito sicuramente Gianluigi Simonetti, che da anni studia il panorama letterario italiano contemporaneo cercando di usare i testi come indicatori di fenomeni e di trasformazioni che avvengono al di fuori del campo letterario stesso. Proprio questo approccio critico guida e struttura La letteratura circostante. Narrativa e poesia nell’Italia contemporanea, edito da Il Mulino e apparso da poche settimane in libreria. Questo saggio rappresenta il coronamento di almeno un decennio di studio sul campo, visto che – lo dice Simonetti stesso – le sue idee portanti e le sue considerazioni più innovative sono state precedentemente collaudate in numerosi interventi apparsi in riviste e volumi miscellanei dal 2008 al 2017. In effetti, La letteratura circostante è anche il titolo della rubrica tenuta per Il Sole 24 Ore tra il 30 luglio e il 2 ottobre dello scorso anno, uno spazio che ha permesso a Simonetti di introdurre i lettori del quotidiano ad alcune tematiche che ritroviamo oggi nell’indice del libro complessivo: le scritture di frontiera, il ritorno dei generi, la narrazione degli anni di piombo, il fascino esotico delle periferie e, più in generale, la tendenza di molta narrativa odierna ad essere sempre più veloce e sempre più ibrida.

Su questi e molti altri nodi concettuali si struttura il libro, che ha come primo (e indiscutibile) punto di forza la vastità del campione testuale osservato e la disinvoltura con cui il suo autore vi si muove all’interno. Infatti, con ammirevole audacia e fermezza critica Simonetti alterna «allo studio della letteratura in senso forte, ad alta temperatura culturale ed emotiva» un interesse altrettanto puntuale per la produzione di medio e basso livello che oggi ha la meglio nelle politiche editoriali e nel gradimento dei lettori. In questo tentativo di mappare il panorama narrativo italiano nella sua interezza, si legge tra le righe il monito che Simonetti rivolge soprattutto a certa critica vecchio stampo, radicata negli ambienti accademici: non prendiamoci troppo sul serio! Oramai, pensare che letteratura sia soltanto un linguaggio estetico alto, in grado di «plasmare le coscienze e interpretare il mondo […] attraverso una configurazione formale specifica e irriducibile, uno stile personale, un determinato e accorto […] uso della lingua» tradisce un atteggiamento miope, soprattutto se questo misunderstanding lo coltiva chi si appresta a studiare la produzione letteraria dell’estremo contemporaneo. Infatti, se una letteratura popolare e di consumo pensata per intrattenere e divertire è sempre esistita, a maggior ragione una critica aggiornata non può ignorare né le scritture di consumo né quelle di nobile intrattenimento più recenti perché, ci piaccia o no, proprio queste oggi vengono scritte, vendute e lette in abbondanza. Di certo, nell’economia del saggio l’ampia analisi dei romanzi di Moccia, Volo, D’Avenia, Bignardi, Insinna sacrifica autori come Falco, Pecoraro e Trevisan, decisamente apprezzati da Simonetti ma qui appena accennati. Eppure, in un’ottica complessiva, questa scelta rappresenta un ulteriore motivo di originalità e di forza dell’approccio critico adottato. Infatti, questo lavoro lascia emergere dei giudizi, talvolta anche negativi (d’altronde, è compito e dovere della critica esprimerli), senza però schierarsi a prescindere, senza a tutti i costi dover «prendere parte per il nuovo o per il vecchio», perché ciò che di fatto interessa e riesce a Simonetti è fare il punto sul nostro sistema letterario e culturale attuale.

A partire da questa premessa, La letteratura circostante si sviluppa lungo due direttrici. Per raggiungere l’obiettivo che già il titolo si propone, vale a dire osservare e descrivere la letteratura che ci circonda, Simonetti combina infatti un inquadramento storico delle forme narrative e poetiche contemporanee nella prima parte e un’analisi critico-formale dei tanti testi (forse troppi, per i lettori non specialisti) presi in esame nella seconda. In realtà, questo doppio binario è portato avanti prevalentemente nella parte di narrativa, più consistente in termini di campione analizzato e numero di pagine che le sono a tutti gli effetti dedicate. Alla poesia sono concesse invece solo poche incursioni e di fatto limitate alle trasformazioni che la produzione in versi ha attraversato dagli anni Settanta ad oggi. Eppure il diverso trattamento riservato a questi due campi, se da un lato conferma l’interesse per la narrativa dimostrato da Simonetti negli ultimi anni di ricerca sulla contemporaneità, dall’altro lato non impedisce al testo di raccogliere le tante linee interpretative proposte intorno ad alcune questioni centrali. In primo luogo, l’idea di una letteratura che tende a velocizzarsi e a ibridarsi per mimare l’immediatezza e l’efficacia della comunicazione di massa e allo stesso tempo riprodurre quella contaminazione di linguaggi e materiali eterogenei già ampiamente praticata su altri supporti multimediali. In secondo luogo, l’idea di un panorama che si presenta frammentario, plurale, a tratti caotico sia sul fronte della narrativa sia su quello della poesia. Basta pensare alla varietà di forme di scrittura in circolazione (non fiction e autofiction, gialli e noir, romanzetti rosa e scritture di categoria, romanzi storici e romanzi- romanzi, prosa in prosa e poesia in prosa, per citarne solo alcuni) e a quanto gli scrittori si muovono agevolmente tra l’una e l’altra.

Di certo, la sicurezza con cui Simonetti si fa strada in questo scenario accidentato non stupisce. Chiunque – tra gli addetti ai lavori e i comuni lettori – abbia frequentato le pagine dei suoi precedenti interventi conosce già la chiarezza e l’esemplarità delle sue argomentazioni e ne ritrova qui una piacevole conferma. Colpisce invece il messaggio che ci viene consegnato. Un messaggio a primo impatto ben poco rassicurante, visto che proprio nell’incipit del libro si sottolinea che la letteratura italiana degli ultimi decenni si è gradualmente e irreversibilmente allontanata dalla tradizione del Novecento. Infatti, Simonetti lo dice chiaramente, «la letteratura che si scrive oggi non ha più nulla o quasi nulla a che fare con quella che si scriveva ieri o l’altro ieri»: una dichiarazione coraggiosa, che però toglie non poche certezze e che per questo, è ovvio, non piacerà a molti. Malgrado ciò, La letteratura circostante non cede il passo a una rassegnazione e a un pessimismo eccessivi. Certo, che l’orizzonte letterario italiano avverta un complesso d’inferiorità nei confronti dei linguaggi audiovisivi e che l’industria editoriale investa soprattutto su scritture stilisticamente facili e dai contenuti di tendenza è ormai un dato di fatto. Ed è altrettanto innegabile che oggi chi ha scritto un libro conta quasi più del libro stesso e che il successo di un’opera non dipende dal giudizio della comunità critico letteraria ma da quante copie se ne vendono e da quanto se ne parla su altri canali. Tuttavia, l’impressione che si ha della letteratura contemporanea, avvicinata attraverso lo sguardo di Simonetti, è che ci sia ancora qualcosa su cui scommettere, «una nota di ottimismo, nonostante tutto».

Il saggio invita infatti a non trascurare l’altra faccia della medaglia. Perché se è vero che i linguaggi multimediali con cui la letteratura si confronta hanno fortemente minato la sua posizione sociale e il prestigio di cui ha sempre goduto, è però anche vero che proprio da questi linguaggi essa ricava lo stimolo che le serve per aggiornarsi e attualizzarsi. D’altra parte, i gusti e i tempi cambiano, è inevitabile. Perché allora non modificare anche i criteri con cui pensiamo le scritture che ce li raccontano? Soprattutto se usate in modo spregiudicato e fuori dagli schemi, le soluzioni formali, stilistiche e contenutistiche che Simonetti rileva possono ancora dare vita a una letteratura in senso forte, reinvestendola delle proprie responsabilità ermeneutiche, rilanciando in definitiva la complessità che da sempre le appartiene. E questo, tra tante note dolenti, lascia forse ben sperare.

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