Il rocambolesco “ritorno alla realtà” di un Peter Pan contemporaneo: L’impero del sogno di Vanni Santoni
L’impero del sogno (Mondadori) di Vanni Santoni evoca fin da subito quell’immaginario di matrice postmoderna che negli ultimi vent’anni ha nutrito buona parte delle giovani generazioni, come lo stesso autore ha evidenziato ragionando sui suoi modelli (qui l’intervista). Santoni mescola il fantasy a una serie di riferimenti classici – letterari, filosofici, iconici e cinematografici – che riemergono in moltissimi punti del testo: Kafka diventa così compagno di Ken il guerriero nella “stanza profonda”, Freud e Jung vanno a braccetto con i munacielli, “spiriti” del folclore napoletano, le pitture rupestri etrusche fanno da pendant all’espressionismo di Kubin.
Tuttavia questo multiforme insieme di suggestioni e di atmosfere, alluso dalla caleidoscopica copertina e tradotto in una trama onirico-fantastica dal ritmo indiavolato, può essere interpretato come qualcosa di più di un’operazione di contaminazione tra scrittura realistica e generi visuali, tra riferimenti colti e immaginario da videogame. Infatti il trattamento che il narratore toscano riserva a tale “armamentario” implica la messa in discussione di un’adesione esclusivamente ludica al genere fantasy e modellata su forme mediatiche egemoniche. Santoni, come suggerisce la citazione in esergo tratta da L’inferno del romanzo di Richard Millet – secondo il quale il genere letterario della modernità è minacciato dalla produzione seriale– mira a fare la parodia di «un certo filone della narrativa di consumo, imparentato con il complottismo» (dalla Nota dell’autore p. 273).
Protagonista del romanzo, strutturato in due parti, è Federico Melani, inconcludente studente universitario in perenne contrasto con la madre e con ogni istituzione che gli richieda un’assunzione di responsabilità. Del tutto incapace di prendere in mano la propria vita, “il Mella” trascina le giornate tra giochi di ruolo con gli amici e inutili trasferte universitarie: un vero e proprio Peter Pan contemporaneo. Turbato, e al contempo attratto, da uno strano sogno “seriale”, Federico comincia a indursi un sonno profondo e duraturo con l’ausilio di barbiturici e di sostanze stupefacenti per accedere alle questioni che si discutono in un fantomatico Palacongressi onirico popolato di delegazioni di ogni genere – dagli Inventigatori ai Pleiadiani, dalle Streghe ai Draghi, dal Congresso degli Uccelli ai Muniacelli.
La prima parte del romanzo rappresenta la sostanziale indistinzione tra vita e sogno nella quale cade il protagonista che, già incapace di dare un senso alle sue giornate, si abbandona al sonno/sogno in ogni luogo si trovi (in auto, su una panchina, in mezzo a una siepe), affascinato da un mondo parallelo in cui quasi inconsapevolmente si impegna ad assumere la tutela di una bambina, Gemma, destinata a divenire Imperatrice di un mondo dove germinerà il Bene. La seconda parte del libro, invece, rappresenta “il ritorno alla realtà” di Federico – segnalato dalla citazione in esergo tratta dal Salmo LXXIII «Come avviene d’un sogno quand’uno si sveglia». Dovendo allevare Gemma e custodirla dalle insidie delle altre delegazioni, desiderose di rapirla, il ragazzo cerca di farsi aiutare dalle altre due rappresentanti umane mancate al surreale convegno. Se Livia Bressan, dopo le iniziali resistenze, accetterà di aiutarlo, a Sofia Tonini è stato impedito di partecipare il congresso: uccisa brutalmente in Egitto viene ricordata insistentemente dagli striscioni gialli che chiedono per lei verità e giustizia. In questo modo Santoni, autore attento alla realtà contemporanea fin dal suo esordio con Personaggi precari (2007), fa reagire il romance con il novel e anche dalle pagine del fantasy non si esime dal tenere alta l’attenzione sulla vicenda di Giulio Regeni che rivive, sotto mentite spoglie, nei panni della brillante studentessa trucidata.
Nell’onirico romanzo di Santoni la sconfitta del Male – finale irrinunciabile del genere fantasy – non coincide, però, con un lieto fine: per Mella il ”sugo della storia” sembra coincidere, piuttosto, con la definitiva liquidazione di un’epoca in cui si poteva nutrirsi di visioni, di sogni, di immaginazioni in un’eterna giovinezza incompiuta. Stanco di vivere ricordando impressioni di un altrove irraggiungibile, Federico sceglie per sé un inaspettato risveglio, deciso una volta per tutte a crescere:
Ho visto le mie paure, e le ho superate. E ho visto anche i miei desideri. Bella roba: donne idealizzate, oggetti che mi danno potere, superare l’infanzia anche a costo di uccidere i genitori; anche a costo di fare una figlia senza saperla crescere. E tanta voglia di distruggere, di distruggere tutto. Allora adesso distruggerò anche voi e chiudiamo questa farsa. (p. 269)
Il fantasy di Santoni, insomma, con il suo aspetto «solo in apparenza svagato e divertito» (V. Evangelisti) si ribalta nel di un Peter Pan contemporaneo e mette in forma in modo critico, fino a liquidarlo, un repertorio “di genere” solitamente esperito in forme egemoniche e colonizzate dai media.
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