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Dislocazioni in bilico sul filo. Su Controlli di Rosaria Lo Russo e Daniele Vergni

 Arriva, finalmente, Controlli (libro + dvd, Mille gru), che Rosaria Lo Russo firma insieme a Daniele Vergni: due autori per un dittico poematico e un mediometraggio in due tempi; due prosopopee per una voce multiforme, quella di Rosaria Lo Russo, e due sguardi speculari, quelli del tuffatore Klaus Dibiasi e del poeta persiano Hāfez di Shiraz.

L’opera è fatta di due videopoemetti, Ilcontrolloredivolo e IlcantodiHāfez, composti ed eseguiti da Rosaria Lo Russo – per la prima volta nella sua esperienza artistica – specificamente per video, attraverso un dialogo serrato con Daniele Vergni, che del video è autore.

Entrambi i videopoemetti si fondano sulla figura della prosopopea declinata al maschile; un maschile che, «esperto nella scienza degli sguardi», lo sguardo punta esclusivamente su se stesso. Il primo, Il controllore di volo, prende poeticamente corpo da un’operazione di spezzatura versale di un testo in prosa, un’intervista rilasciata dal tuffatore Klaus Dibiasi; la linea discorsiva elementare di Klaus è così ricondotta al ritmo regolare del tuffo: il risultato è una successione di rincorse sul trampolino, sospensioni in volo e immersioni liquide, passaggi di stato della materia, del corpo stesso del tuffatore e delle immagini (spezzoni di filmati d’epoca, piccoli movimenti di un corpo in un interno, messa a fuoco progressiva dell’immagine del tuffatore di Paestum) che scivolano e si imprimono l’una sull’altra fra trasparenze, deformazioni e scomparse, rinviando, lungo la superficie del video, all’esperienza sensoriale del tuffo in acqua. L’esecuzione vocale si fonda sulla contraffazione del timbro in chiave androgina e sul controllo ossessivo ed esibito del respiro: il risultato è un tono trattenuto da automa che solo raramente si apre alle variazioni. Unici innesti testuali e timbrico-tonali allotri sono il ritornare formulaico di una citazione biblica («Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla»), a scandire un’estasi tutta laica (l’estasi atletica), e l’incursione straniante di un frammento femminile (preparato dall’insinuarsi momentaneo di un timbro femminile dentro il tessuto androgino, nello sdoppiamento «Erano tempi così, di passioni ingenue./ Erano tempi così, di passioni ingenue»), frammento prelevato da Tuffatore di Claudia Ruggeri, autrice suicida in un volo di segno opposto a quelli sportivi di Klaus. 

Il secondo videopoemetto, invece, è una riscrittura dei distici del grande poeta persiano Hāfez di Shiraz condotta con gli strumenti del cut up e dell’iterazione insistita, ipnotica e circolare, di cellule ritmiche, interi versi e formule intercalanti («Shàvad, non resterà») che, come cunei lirici, aprono e chiudono l’esperienza fulminea dell’estasi.

Un’estasi vocale che, in entrambi i casi, si compie nel respiro e attraverso il respiro: quello controllato dell’atleta, nella corsa breve interrotta dalla sospensione del volo verso l’alterazione acquatica, e quello prolungato e circolare dei movimenti spiraliformi della danza sufi («danza mistica») mimata nel Canto di Hāfez, dove l’arte performativa di Rosaria Lo Russo tocca – andrà riconosciuto – uno dei suoi vertici.

Uno dei distici di cui si compone questo secondo poemetto disegna con esattezza il rapporto esistente tra questi Controlli e la serie dei Crolli (Le Lettere 2012): «Abito all’angolo del tuo sopracciglio/ Occhio dal cuore nero, discepolo dei miei crolli». Sono soprattutto due gli aspetti che uniscono i due lavori: la mania di controllo come difesa contro i crolli che caratterizzano il nostro presente, una mania che discende dalla frana stessa, che esiste in relazione alla «disfattezza» («Ma adesso che sono ebbro e disfatto la regola sarà strafare») e, in quanto tale, la testimonia e la rivitalizza (ne è discepola); la figura vocale del «Maschio Angelicato» (come lo definisce l’autrice), esito ultimo del disfacimento della diade io/tu messo in scena in Crolli e possibile solo dopo l’esperienza epica di fondazione di un soggetto poetico femminile avvenuta nella ricerca e nell’azione poematica tardonovecentesca di Lo Russo (raccolta, un anno dopo l’uscita di Crolli, in Poema). Concepito per apparire insieme al libro del 2012, in un’unica opera dal titolo Crolli|Controlli, e pubblicato invece quattro anni più tardi, come opera autonoma Controlli – considerato all’interno del percorso artistico di Rosaria Lo Russo – è un acrobata sul filo: portatore di alcune novità (la più vistosa è la sperimentazione della videopoesia), originato da procedimenti di riscrittura di testi altrui in parte simili ad operazioni come il recente Spasimo, ripropone la dimensione epico-poematica di fondazione che ha caratterizzato la fase tardonovecentesca e, tuttavia, segna una svolta fondamentale che spariglia le carte nello scorrimento e nella dislocazione della voce, in bilico tra femminile e maschile.

La dislocazione è – mi sembra – la vera cifra retorico-figurale dell’opera: nei modi della riscrittura verbale e fonica, nella modulazione della voce e delle immagini, nella disposizione dei versi; nonché nelle vicende editoriali, che collocano questi videopoemetti a chiusura di un anno aperto dalla pubblicazione di Nel nosocomio (cronologicamente e logicamente successivo a Controlli): un’inversione di posizioni, uno scivolamento incrociato sul filo, una circolarità che – a posteriori – sembrano fatte a bella posta.

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