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Gli scrittori dell’Oceania e del Nord America/Scrittori del mondo 4

 Oggi ci occupiamo degli scrittori dell’Oceania e del Nord America (Stati Uniti e Canada). Questa qui proposta è una mappatura aperta e in progress, una lista parziale e via via aggiornabile di letture, più o meno complesse, che il docente potrà suggerire agli studenti per coinvolgerli in una indagine sul presente. Per queste ragioni invitiamo i nostri lettori ad integrare e ad arricchire questa prima selezione, utilizzando i commenti per indicare altri nomi di autori del nuovo millennio che ritengono significativi, raccontando la propria esperienza didattica, condividendo le proprie letture o suggerendone altre. 

 

Malouf DavidDavid Malouf

David Malouf, di origini anglo-libanesi, è nato a Brisbane nel 1939. Autore di poesie, romanzi e libretti d’opera Malouf è uno dei più apprezzati scrittori australiani. La sua opera restituisce al lettore un’immagine sfaccettata dell’Australia, mettendone a fuoco l’identità “plurale”, prodotta dalla commistione di popoli e culture diverse, e al tempo stesso rappresentandola come un luogo mitico e un eden selvaggio. Il romanzo più noto di Malouf è certamente Ritorno a Babilonia del 1993, in cui si racconta la vicenda di un ragazzo bianco dall’identità scissa e divisa, vissuto per sedici anni tra gli aborigeni e poi tornato nelle terre dei coloni.

Ashbery John
 
 

 

 

John Ashbery

John Ashbery, nato a Rochester nel 1927, è considerato il maggior poeta statunitense degli ultimi anni. Il suo percorso poetico ha preso avvio negli anni Cinquanta ed è caratterizzato da una costante tensione sperimentale, che ha portato l’autore a innovare continuamente moduli e forme. Alla solidità della costruzione metrica, che spesso riprende le forme tradizionali della lirica occidentale, dalla sestina alla canzone, si oppone nella sua poesia una spinta contraria verso l’eversione e l’informale. Un’antologia dei suoi componimenti maggiori, sempre in bilico tra piani temporali diversi e tramati d’ironia, è uscita in Italia con il titolo Un mondo che non può essere migliore. Poesie scelte 1956-2007 (Luca Sassella Editore, 2007).

Atwood Margaret
 

 

Margaret Atwood

Margaret Atwood (1933) è una poetessa, narratrice e saggista di Ottawa che, per la sua lunga presenza sulla scena pubblica e per la sua inesausta sperimentazione di generi diversi, dalla fantascienza al noir, dal pamphlet al romanzo “rosa”, ha esercitato (ed esercita ancora oggi) un’influenza profonda sulla letteratura canadese. La sua intera produzione gravita intorno a due nuclei tematici fondamentali: la condizione femminile e il Canada, che nelle sue opere ha la consistenza di un luogo reale, ma insieme diventa la terra mitica dell’infanzia e della memoria (come accade per esempio in Tornare a galla). L’obiettivo della Atwood è coniugare leggibilità e sperimentazione, come ben dimostrano il montaggio calibrato e la sorvegliata polifonia di L’assassino cieco che nel 2010 si è aggiudicato il Booker Prize, il prestigioso premio letterario assegnato annualmente al miglior romanzo in lingua inglese.

Auster Paul
Paul Auster

Paul Auster (Newark, 1947) è uno scrittore statunitense di origine ebraica, che ha raggiunto la notorietà con la Trilogia di New York (1985-1987), una rielaborazione postmoderna e labirintica del genere della detective story, ambientata in una New York metallica e desolata in cui ogni identità sbiadisce fino a scomparire. Questo universo narrativo è dominato dal primato della componente metaletteraria: i personaggi sono fantasmi di carta, eroi-burattini e l’esile trama romanzesca si smaglia di continuo, costringendo il lettore a interrogarsi sulla rappresentabilità del reale e sulle frodi della letteratura. Spesso, e con particolare insistenza in Città di vetro, in Palace Moon e nel romanzo del 2009, Invisibile, l’autore sfrutta l’effetto retorico della mise en abyme, congegnando un intrigante gioco di specchi e di rifrazioni multiple. Attraverso l’inserto di episodi minimi ma dalla forte valenza allegorica, che sembrano compendiare in sé l’intero senso della vicenda narrata, Auster costringe il romanzo a riflettere su se stesso e, per così dire, a riflettere se stesso, al modo in cui facevano i pittori fiamminghi, dipingendo in una stanza uno specchio che rifletteva la stanza stessa.

Cunningham Michael
Michael Cunningham

Michael Cunningham (Cincinnati, 1952) è uno scrittore statunitense che nel 1999 ha vinto il Premio Pulitzer con il romanzo Le ore, in cui si intrecciano le vicende di tre donne che appartengono a mondi e a tempi diversi, ma hanno in comune un doloroso amore per la vita e per la letteratura: la scrittrice Virginia Wolf, l’editor newyorkese Clarissa Vaughan e la casalinga Laura Brown che vive nella California degli anni Cinquanta. Come loro, anche tutti gli altri protagonisti dei romanzi di Micheal Cunningham, dagli Stassos di Carne e sangue (1995) al Peter di Al limite della notte (2010), sono perennemente in bilico tra il dolore e la Bellezza, tra la passione e la mediocrità, turbati da un’inquietudine sottile e distruttiva.

DeLillo Don
 

 

Don DeLillo

Don DeLillo è nato a New York nel 1936. Il suo capolavoro è il romanzo Underworld del 1997, composto da una molteplicità di storie e di personaggi che s’intrecciano. Con spregiudicatezza postmoderna DeLillo gioca a far interferire tra loro codici, linguaggi e tempi diversi. Il titolo Underworld (che in italiano può essere tradotto ‘inferno’, ‘sottosuolo’, ma anche ‘mondo della malavita’) suggerisce l’idea di una discesa agli inferi, rimandando all’immagine della metropoli infernale e al tema dei rifiuti, che costituiscono una presenza ricorrente nel romanzo. Accatastati in immense discariche sotterranee, i rifiuti sono le reliquie “sacre” della società consumistica, gli scarti del sistema. Underworld inizia con una partita di baseball vinta miracolosamente dai Giants con un fuoricampo di Bobby Thompson. La palla lanciata fuori campo viene afferrata da un ragazzino afroamericano, Cotter Martin. Proprio questa pallina, passando di mano in mano, seguita nelle sue incredibili traiettorie, nei suoi «epici vagabondaggi», è la miccia che aziona la progressione di un intreccio centrifugo e complesso, in cui trovano spazio tutti i temi cari a DeLillo: la critica della società occidentale spersonalizzante, consumistica e ipertecnologica, l’esplorazione dell’universo americano, le oscure trame del potere e il complotto (temi, questi ultimi, che ritornano in tutti i suoi romanzi di maggior impegno, come Americana, Libra, sull’assassino di Kennedy, Mao II, una parodia del romanzo storico, e L’uomo che cade, sulle conseguenze dell’attentato terroristico alle Torri Gemelle).

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