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diretto da Romano Luperini

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Gli scrittori dell’Asia/ Scrittori del mondo 3

Prosegue la programmazione estiva di LN attraverso la quale presentiamo ai nostri lettori una mappa degli scrittori attivi dopo il 2000, suddivisi per macroarea geografica e culturale. Oggi ci occupiamo degli scrittori dell’Asia. Questa qui proposta è una mappatura aperta e in progress, una lista parziale e via via aggiornabile di letture, più o meno complesse, che il docente potrà suggerire agli studenti per coinvolgerli in una indagine sul presente. Per queste ragioni invitiamo i nostri lettori ad integrare e ad arricchire questa prima selezione, utilizzando i commenti per indicare altri nomi di autori del nuovo millennio che ritengono significativi, raccontando la propria esperienza didattica, condividendo le proprie letture o suggerendone altre. 

Desay AnitaAnita Desai

Anita Desai è una scrittrice indiana nata nel 1937 da padre tedesco e madre bengalese. I suoi romanzi, scritti in inglese, indagano il privato e le sottili inquietudini interiori di personaggi della piccola borghesia, travolti dalla violenza della storia. È il caso dell’ebreo berlinese Baumgartner, il protagonista di Notte e nebbia a Bombay del 1988, che abbandona la Germania hitleriana per trasferirsi in India, dove cerca di nascondersi dalla Storia vivendo come un firanghi, uno straniero emarginato. A caratterizzare tutti i libri di Anita Desai, da Il villaggio sul mare del 1982 a Un percorso a zigzag del 2004, è l’uso di un inglese distillato, che possiede una trasparenza cristallina. La scelta dell’inglese come lingua della scrittura è determinata dall’esigenza di uscire dal particolarismo: in India ci sono quattordici lingue ufficiali, ognuna delle quali vanta una secolare tradizione letteraria, e più di un centinaio di dialetti. In questo contesto parcellizzato l’inglese costituisce una lingua transnazionale che consente di raggiungere un pubblico ampio e trasversale. Inoltre, come l’autrice ha spiegato in più occasioni, l’inglese è per lei una lingua malleabile, una sorta di «contenitore trasparente» in cui è possibile riversare tutto il patrimonio delle immagini, dei suoni, dei paesaggi indiani.

Hamid Moshin foto di Ed KashiMohsin Hamid

Hamid nato nel 1971, è uno scrittore pakistano che ha trascorso molti anni negli Stati Uniti e ora risiede a Londra. I suoi romanzi, Nero Pakistan e Il fondamentalista riluttante, scritti in inglese, mettono in scena i conflitti e le contraddizioni tra Oriente e Occidente. In particolare Il fondamentalista riluttante, pubblicato nel 2007, ha per protagonista un giovane pakistano, Changez, che vive negli Stati Uniti. Inizialmente Changez lavora come analista finanziario in una importante società di New York ed è perfettamente integrato nel sistema di valori della civiltà occidentale. I tragici eventi dell’11 settembre, però, mettono in crisi la sua identità e lo inducono riconsiderare le sue scelte, tanto da riportarlo in Pakistan. La vicenda è raccontata in prima persona dal protagonista che, per tutta la durata della narrazione, si rivolge ad un enigmatico “tu”. La circostanza che mette in azione il racconto è segnata dall’eccezionalità, perché il misterioso ascoltatore è in realtà un agente segreto americano, inviato a Lahore per eliminare lo stesso Changez. Solo di fronte al suo probabile assassino, l’io narrante può finalmente dare un senso e un ordine alla sua storia.

Hosseini KhaledKhaled Hosseini

Khaled Hosseini (Kabul, 1965) è un medico afghano rifugiato negli Stati Uniti, il cui esordio letterario è avvenuto nel 2003 con il romanzo Il cacciatore di aquiloni. L’opera è diventata subito uno straordinario caso editoriale ed è stata tradotta in tutto il mondo. La vicenda struggente e appassionata prende le mosse dall’amicizia che lega due bambini afghani, Hamir e Assan, appartenenti ad etnie diverse. Dopo molti anni Hamir, che da tempo si è trasferito negli Stati Uniti, tormentato dal rimorso per una colpa inconfessabile, decide di tornare in patria per cercare il figlio di Assan e ritrova un Afghanistan straziato dalla guerra e dalla povertà.

 

 

 

Ishiguro KazuoKazuo Ishiguro

Ishiguro (Nagasaki, 1954) è uno scrittore giapponese che vive in Gran Bretagna dall’età di sei anni, scrive in inglese ed è perfettamente integrato nella cultura anglosassone. I suoi romanzi più riusciti, Un pallido orizzonte di colline (1982), Quel che resta del giorno (1989) e Non lasciarmi (2006), hanno un impianto realistico e sono stesi in una prosa estremamente linda ed esatta, la cui asciutta linearità risente dell’influenza della tradizione letteraria orientale. La sua rappresentazione del solido mondo della borghesia anglosassone è, però, insidiata da un ironia serpeggiante e corrosiva, che si coniuga con la malinconica consapevolezza della tragica irreversibilità del tempo, con il rimpianto per ciò che non è stato e non potrà mai essere.

 

 

Murakami HarukiHaruki Murakami

Haruki Murakami nato a Kyoto nel 1949, è l’autore giapponese più conosciuto ed apprezzato dal pubblico europeo. Rappresentante di spicco di quell’avanguardia di narratori giapponesi che, a partire dagli anni Settanta, si è affacciata sulla scena letteraria rompendo con la secolare tradizione nipponica, Murakami ha dato voce nelle sue opere ad un Giappone nuovo, globalizzato, che trova i suoi principali punti di riferimento nella cultura e nel costume occidentale. In questo modo la sua opera segna una frattura generazionale: quell’Occidente, che alla generazione dei padri appariva ‘diverso’ e perturbante, pervade ora l’immaginario dei giovani, è parte della loro identità. La parabola narrativa di Murakami ha subito improvvise virate e brusche accelerazioni: dopo lo sperimentalismo dei primi romanzi, che hanno più di un’affinità con il genere hard-boiled, con la pubblicazione di Norvegian Wood nel 1987 Murakami inverte la rotta, presentando ai lettori una narrazione realistica e cupa sull’amore e sull’adolescenza, sul bisogno di identità e di integrazione. I suoi libri successivi dosano in un montaggio sapiente reale e surreale e sono caratterizzati dal taglio cinematografico, dal virtuosismo e dall’accuratezza delle descrizioni, dalla miscela di sentimentalismo e crudeltà. Tra il 2009 e il 2010 è apparsa in Giappone la monumentale trilogia 1Q84, salutata dalla critica e dal pubblico come il suo capolavoro, che racconta una storia d’amore sospesa tra realtà e sogno.

Oe KenzaburoKenzaburo Ōe

Kenzaburo Ōe (Ōse, 1935) è uno scrittore giapponese che ha vinto il premio Nobel 1994. La scrittura di Ōe, che ha assimilato la lezione della grande letteratura occidentale, è però profondamente radicata nella tradizione e nell’immaginario nipponici. La sua prosa è estremamente complessa, impreziosita da raffinate metafore e similitudini, scandita dal ricorrere di immagini simboliche, spesso oscure e indecifrabili. Il suo universo narrativo, in cui il tragico si mescola al lirico e al grottesco, è dominato da pochissimi temi che ritornano ossessivamente da un’opera all’altra: primo fra tutti quello della menomazione e della malattia. Il personaggio del bambino anormale, centrale nei romanzi Un’esperienza personale e Il grido silenzioso, scaturisce dalla faticosa rielaborazione di un trauma biografico (il figlio di Ōe è nato con una grave lesione celebrale) e, insieme, si carica di un significato più ampio, alludendo alle ferite non rimarginate e alle “menomazioni” del Giappone moderno, che si sforza di rimuovere il ricordo traumatico della catastrofe atomica.

Rushdie SalmanSalman Rushdie

Rushdie (Bombay, 1947) è il più importante scrittore indiano vivente. Le sue opere hanno segnato una svolta cruciale nella storia della letteratura indiana per almeno tre motivi: perché hanno fornito l’esempio di una scrittura radicata nella tradizione locale ma insieme aperta alle influenze esterne; perché hanno trapiantato in India il modello del realismo magico, tipico dei romanzi sudamericani, contaminandolo con quello dell’antica epica del Mahabharata; perché, affermandosi sul mercato globale, hanno dato nuovo prestigio al romanzo indiano in lingua inglese, imponendo così l’inglese come lingua letteraria egemonica in un contesto frammentato, come quello della penisola indiana, che presenta diverse letterature regionali (hindi, bengali, marathi, telugu, ecc.). I suoi romanzi più rilevanti sono I figli della mezzanotte del 1981, il cui titolo si riferisce ai bambini nati nella notte dell’indipendenza indiana, e I versi satanici del 1988. Quest’ultimo libro ha diviso l’opinione pubblica mondiale, dando avvio ad un caso letterario (e politico) senza precedenti, innescato dalla fatwā (cioè dalla sentenza di condanna a morte) che Khomeini ha emanato contro Rushdie per la presunta blasfemia della sua opera. La storia è quella di due viaggiatori che, miracolosamente sopravvissuti ad un disastro aereo, si trasformano l’uno in una creatura angelica, l’altro in un essere diabolico, sfidandosi poi nell’eterna lotta che da sempre oppone il Bene e il Male. Il racconto fantastico di una metamorfosi si fonde qui con la parodia del Corano, condotta con l’intento di smascherare i paradossi del fondamentalismo religioso.

Xingjian GaoGao Xingjian

Nato nel 1944, è stato il primo (e unico) scrittore cinese insignito del premio Nobel. Nal 1989, dopo i fatti di piazza Tien’anmen, è andato in esilio e si è trasferito in Francia. Drammaturgo, poeta e narratore, Xingjian ha scritto il suo capolavoro con La montagna dell’anima, che racconta del viaggio rocambolesco compiuto nel Sud-Ovest della Cina da uno scrittore perseguitato dal regime, cui erroneamente è stata diagnosticata una terribile malattia. La montagna dell’anima è un romanzo complesso e stratificato, intessuto di riflessioni autobiografiche, di inserti saggistici, di intermezzi contemplativi, di lunghe pause descrittive. Il filo della storia si dipana proprio tramite l’accumulo delle digressioni che esercitano, sia a livello semantico sia a livello strutturale, una funzione portante, senza la quale l’intera architettura narrativa cadrebbe.

 

 

Yoshimoto BananaBanana Yoshimoto

E’ una scrittrice giapponese nata a Tokio nel 1964 che ha ottenuto un vasto consenso di pubblico già al suo esordio nel 1988 con il romanzo breve Kitchen, il cui stile immediato e giovanile rielabora quello dei fumetti manga. Anche nei libri successivi la scrittura di Banana Yoshimoto, sempre giocata sull’alternanza tra la prosa preziosa delle descrizioni e la freschezza “parlata” dei dialoghi, si misura con i temi della solitudine, della morte, dell’amore, testardamente inseguito dai suoi protagonisti malinconici e innocenti.

 

 

 

 

 

NOTA

Questi profili sono tratti da Scrittori del nuovo millennio: una canone da costruire insieme. Mappa del mondo Mappa europea, a cura di C. Carmina, Palumbo Editore. Le mappe sono in dotazione ai docenti che adottano i manuali di letteratura italiana della casa editrice Palumbo.

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