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diretto da Romano Luperini

Proposte per giovani lettori – “#Being Young, il mondo è nostro” di Linn Skåber

Assaggio di lettura

2. Peter Pan
 
La mamma dice che assomiglio a Peter Pan. Non è vero. Abbiamo lo stesso nome. Anch’io mi chiamo Peter, ma non sono come lui.
Peter Pan è una favola. Peter Pan indossa vestiti verdi e uno stupido cappello con la piuma ed è ingenuo e sorride. Quasi sempre. Io ho dei pantaloni normali, il berretto e le scarpe da tennis e non sorrido quasi mai. Io sono vero. Questa è la realtà. E nella realtà non esistono Campanellino, la polvere magica, bambini spassosi o boschi incantati. Io ho un bosco normale e questo cavallino di legno.
Stella. La cavalco da quando avevo sei anni. Adesso ne ho quindici. Anche se può sembrare incredibile. […] Io all’inizio desideravo un cavallo normale, ma non l’ho avuto. Ho avuto Stella. Me l’ha fatta papà nel capanno. Per me basta. Stella mi è sempre bastata. […]
È strano come tutti i bambini lo accettino senza problemi, come accettino semplicemente di scomparire. Anch’io, anch’io accetto che è da cretini andare a fare la spesa a cavallo di Stella. Chi l’ha deciso? La vita? Gli adulti? Che, zitti zitti, hanno rinunciato a se stessi, ai propri cavallini di legno, ai propri boschi e ai baffi di gelato, e, zitti zitti, senza farsi notare, hanno smesso di ridere, di sognare, di trastullarsi con i loro giocattoli per iniziare lentamente a giocare a FIFA e a fingere di non stare giocando a non giocare? Chi lo decide? Chi l’ha deciso? Quando l’hanno dimenticato?
[…] Quando l’hanno dimenticato? O peggio ancora, quando hanno deciso di dimenticarlo? Quando hanno deciso che non è vero? Che il tuo cavallo è fatto di legno? Quand’è che lo diventa, all’improvviso? […]
Io non assomiglio a Peter Pan. Ci provo, ma non ci riesco. Peter Pan credeva davvero che si potesse evitare di diventare adulti. Peter Pan credeva che il bosco fosse eterno. […]

Il titolo e la copertina

#Being Young, il mondo è nostro rivela già nel titolo i punti cardine della narrazione: l’hashtag strizza l’occhio alla riproducibilità e alla condivisione virale dei contenuti, e “nostro”, unito ai volti dei personaggi affastellati insieme nella copertina, anticipa la focalizzazione interna e plurale attraverso cui è costruita la narrazione. “Essere giovani” propone un campione di protagonisti verosimile, ma racchiude, quanto meno nel titolo, la stessa possibilità di abbracciare infiniti personaggi che ne condividano le esperienze.

Interessante è infatti che il testo, che nasce come esordio narrativo della norvegese Linn Skåber nel 2019, e tradotto in Italia solo nel 2022, sia corredato da illustrazioni splendide tanto quanto essenziali di Lisa Aisato che non solo accompagnano i capitoli orientandone i binari immaginativi, ma ne potenziano le possibilità espressive e connotative.

Storie e personaggi

#Being young ha trentuno capitoli organizzati in racconti autonomi e slegati tra loro, esplorando così anche il genere di narrazione breve meno usuale nella narrativa per ragazzi. Ogni sezione corrisponde a un personaggio che in prima persona racconta di sé, di una o più esperienze, di sensazioni o, più semplicemente, del mondo visto dai suoi occhi senza tuttavia darsi un nome.

Prima di entrare nel vivo delle domande e degli stimoli derivanti dalle letture, ha enorme valore la prefazione in cui l’autrice rivela l’origine del testo e, in un certo qual modo, ne garantisce l’autenticità: racconta infatti di aver avuto un approccio di osservazione partecipante e di aver realmente trascorso del tempo in casa o fuori con degli adolescenti, e di aver solo dopo rielaborato i testi partendo persino da frasi ed episodi vissuti con loro.

I tre grandi protagonisti sono quindi rispettivamente gli adolescenti, un “noi” compatto che emerge storia dopo storia; gli adulti, che restano al di qua dei primi con le loro contraddizioni e le loro fragilità più o meno mascherate; infine i bambini e l’infanzia da poco salutati, talvolta con rimpianto, talvolta con un ghigno di irriverenza.

Avere quindi anni è come fare sci di fondo (n.10), come farsi male in modo goffo circondato da ragazzi e ragazze che quasi sempre sanno fare tutto molto meglio di te; come sentirsi ripetere le regole del gioco da chi ne è fuori da un pezzo: Linn Skåber ferma la telecamera sul terreno, con gli occhi di chi sta sciando e cade, o di chi, come La ragazza varano (n.8), descrive il suo corpo davanti allo specchio, ne elenca quasi solo difetti, e prova a capire cosa sia giusto fare.

L’urgenza che emerge nelle storie sembra essere doppia: da un lato lo spazio della durata, il tempo dedicato alla narrazione di sé che rivendicano gli adolescenti troppo stesso associati alla brevità dei post sui social; dall’altro l’attitudine a dare un nome alle cose, sottrarre la realtà alle ipocrisie e riportare tutto ad una descrizione franca e sincera. La crudeltà e la bellezza insieme di questo libro stanno perciò nel fatto che gli avvenimenti vengono presentati così come sono anche nei loro connotati tristi e drammatici come gli episodi di bullismo, di bulimia, di perdita, e che questi ultimi spesso siano raccontati e smascherati dagli adolescenti malgrado i nomi edulcorati e le precauzioni degli adulti.

Il mondo visto da questa prospettiva propone numerosi racconti con elenchi,  regole da rispettare, definizioni di sé ottenute per accumulazione, il tutto senza mai passare al di qua della soglia di età che costringa a non parlare in modo schietto di sé per pudore, convenzione sociale, ruolo imposto.

«Non usare il mio Spotify, non immischiarti nella mia vita, non diventare un’altra, non dire “i miei ragazzi”, non mettere una targhetta nuova alla porta con un nome nuovo, non dimagrire, non entrare in camera mia prima di essere tornata normale.» si legge in Le giornate devono sapere di salame (n13); oppure «Ho sei in norvegese./Dieci nel gioire per non aver preso cinque./ […] Ho sei in spagnolo./ Dieci nell’essere adolescente senza lasciarmi travolgere dallo stress» in I dieci della vita  (n.20).

Un campionario, quello di Linn Skåber, che fugge dall’essere prescrittivo, o, peggio, statica fotografia di gruppo laccata e incorniciata sul davanzale. Come nell’arcobaleno descritto da Ovidio nel mito di Aracne, i cui colori assai splendenti, se trafitti dal sole, potevano confondersi gli uni negli altri fino a far perdere i loro contorni, l’intento del testo, semmai, sembrerebbe quello di brevi monologhi ad arte che possono, a fine lettura, indistintamente dire un noi. Il mondo è nostro.

Aspetti formali

Dal punto di vista formale, balzano agli occhi tre elementi principali. Sicuramente la forma di narrazione breve si presta ad una incisività e a una sorvegliata densità stilistica. A ciò si aggiunge la scelta assai felice di un prosimetro che alterna capitoli in prosa ad altri in versi liberi. Non da ultimo, lo rende interessante e a tratti meno usuale la potenzialità espressiva dei singoli testi, quasi tutti incentrati sull’analogia o l’utilizzo di un linguaggio ora prosastico ora simbolico e poetico, complice anche il costante binario parola-immagine.

Perché proporlo

La lettura di #Being young in classe o, se in solitaria, da parte di un qualunque pubblico di giovani lettori e lettrici costringe alla decostruzione di un paradigma di tutela che ci porta spesso a scartare alcuni temi perché troppo crudi, troppo diretti, o perché troppo precoce sarebbe la discussione attorno ad essi. Ebbene, questi racconti danno libertà ai protagonisti adolescenti di scegliere quali siano i temi “adatti” alla loro età. E questo non attraverso la banalità di una selezione ovvia e scontata, ma tramite una sensibilità che si fa narrazione il più possibile articolata e ampia dei propri sentimenti, delle proprie percezioni, in un momento storico in cui l’aspetto di approfondimento e di narrazione delle e sulle emozioni aumenta il suo orizzonte anche all’interno della scuola.

Il punto di forza maggiore sta forse nei contrasti con cui viene assai verosimilmente raccontata l’adolescenza e che rappresentano ottimi spunti per dibattiti, riflessioni e, perché no, laboratori di scrittura.

Informazioni editoriali

Giunti 2022, p. 240

Traduzione di Lucia Barni

Illustrazioni di Lisa Aisato, 

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