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diretto da Romano Luperini

Da “Educare al testo letterario. Appunti e spunti per la scuola primaria”

Premessa

Soccorre, a questo punto, ancora una volta, l’immagine dell’infanzia, di questo grado massimo della «buona fede» nei riguardi della vita.

Andrea Zanzotto (1965)

Se questo libro ha un senso e un’utilità, le lettrici e i lettori li troveranno nelle pagine che seguono, non certo nella premessa. Quello che vale la pena di mettere in luce qui è solo un aspetto che riguarda le motivazioni e il metodo di lavoro. La didattica della letteratura è un tema su cui si discute molto. La questione, però, è quasi sempre limitata alla secondaria di secondo grado, cioè alle scuole superiori. Pochissimo interesse riscuote il problema della didattica della letteratura per la secondaria di primo grado (le medie) e per la scuola primaria. Per quel che riguarda la letteratura alla primaria, c’è forse da mettere a fuoco un equivoco che spiega, almeno in parte, questa disparità di interesse. Tutti sanno che alla scuola primaria non si legge solo letteratura per l’infanzia ma anche letteratura ‘per grandi’ – chiamiamola, una volta per tutte, «letteratura d’autore», solo per distinguerla dalla letteratura per l’infanzia, che del resto è a sua volta, frequentemente, d’autore. Non sono molti, però (bisogna citare, a questo proposito, i lavori di Erminia Ardissino), quelli che si prendono la briga di capire quale sia e come venga definito il canone letterario della scuola primaria; quali metodologie vengano applicate all’educazione letteraria; come si formino, per questo specifico ambito, culturalmente e metodologicamente, i futuri docenti. Si sa che i grandi hanno molto da fare! Lasciamo che si occupi dell’infanzia la letteratura per l’infanzia – degnissima disciplina peraltro, stabilita e praticata da decenni, sempre aggiornata, per non dire agguerrita, nelle metodologie e nei temi. È questo il sottotesto del disinteresse scientifico nei confronti della letteratura alla scuola primaria? Se è così, stiamo implicitamente sostenendo che non è possibile o non è opportuno – per le ragioni più varie – che i bambini incontrino i testi della letteratura d’autore. Se è davvero così, stiamo grossolanamente e ingiustamente sottostimando le capacità dei bambini. Questo libro si fonda in primo luogo sulla convinzione che i bambini hanno le capacità di interagire con la letteratura d’autore. È una convinzione che ne implica un’altra: non bisogna sottostimare le competenze, l’interesse, la cultura letteraria delle insegnanti e degli insegnanti della primaria.

Detto questo, siamo giunti probabilmente al punto in cui bisogna mostrare le proprie carte, dichiarare le appartenenze, indicare con chiarezza la tradizione di studi a cui si fa riferimento. Vorrei sostituire tutto questo con due citazioni. La prima viene da Giudizi di valore, un libro del critico letterario e storico della lingua Pier Vincenzo Mengaldo; credo che debba essere tenuta nella massima considerazione dagli insegnanti della primaria e dai formatori degli insegnanti della primaria:

Non ritengo che il modo con cui viene accostato alla letteratura un bambino delle elementari debba essere qualitativamente diverso da quello con cui mi ci accosto io: nei testi, attraverso i testi, per i testi. (Mengaldo 1999, p. 97)

La seconda citazione appartiene al linguista Tullio De Mauro, il quale, introducendo un libro di Luigi Meneghello, Fiori italiani, constatava che esistono

due tradizioni in cui la storia del nostro singolare Paese eccelle: la linguistica dei non linguisti, da Dante a Foscolo e Leopardi, a Gramsci, a Gadda, don Milani, Pasolini, Rodari; e la pedagogia dei non pedagogisti, e i nomi sono quasi gli stessi di primi. (De Mauro 2006, p. X)

A questi nomi De Mauro aggiunge quello di Meneghello; altri ancora se ne potrebbero fare: in questo libro citeremo spesso Andrea Zanzotto, per esempio, un vero punto di riferimento per ciò che riguarda il rapporto tra letteratura e infanzia. Ma al di là dei nomi la questione che soprattutto interessa è questa: i poeti, i narratori, i saggisti italiani hanno sempre parlato dei rapporti tra letteratura, educazione, infanzia, con grande competenza e con una chiara visione dei problemi. Nell’ambito della letteratura, l’intendimento prevalente della pedagogia ‘pura’, scientifica, riteniamo sia stato quello di cercare una via pedagogica per accedere al fatto letterario. Questo volume, appoggiandosi ai contributi di poeti e narratori, vorrebbe tentare un approccio diverso; vorrebbe cioè mostrare che è proprio la letteratura a indicarci tante valide vie di accesso all’infanzia (e non parlo dell’infanzia come tema letterario). Perciò, senza trascurare la pedagogia ‘professionale’, ho voluto valorizzare in primo luogo la pedagogia dei non pedagogisti, quella di cui parla De Mauro, cioè la pedagogia degli scrittori. È un modo di invertire i termini della questione, e forse a qualcuno potrà sembrare utile. Il libro, di per sé, nella migliore delle ipotesi non può incidere che in forma minima sul problema dell’educazione letteraria alla scuola primaria. Vorrebbe però, nella consapevolezza dei suoi limiti, tentare un approccio diverso e aprire a un dialogo con studiose e studiosi interessate/i a discutere del nodo letteratura/infanzia/educazione.

INSEGNARE CON SANDRO PENNA? UNA PROPOSTA

Scuola

Negli azzurri mattini

le file svelte e nere

di collegiali. Chini

su libri poi. Bandiere

di nostalgia campestre

gli alberi alle finestre.

[S. Penna, Poesie, prose e diari, a cura e con un saggio introduttivo di R. Deidier, Cronologia a cura di E. Pecora, Milano, Mondadori, 2017]

Un grande classico di Penna e, paradossalmente, nonostante sia poco lusinghiera nei confronti dell’istituzione, una delle poesie italiane più antologizzate nei testi scolastici. Quanto la scuola riesca a mettere in luce il potenziale critico del testo, anche facendolo fruttare in termini di autocritica, è difficile dire. Più facile, talvolta, per gli insegnanti, sarà stato depotenziarne il vitalismo anti-istituzionale attraverso quello che Alfonso Berardinelli chiama il «metodologismo» (Berardinelli 2007): quell’insistenza nozionistica sugli elementi formali che serve appunto a neutralizzare la forza comunicativa dei testi quando il messaggio possa risultare – come in questo caso – dirompente. In effetti questa poesia, nella sua minuta perfezione di gioiello, si presta all’analisi degli aspetti formali, che vanno evidenziati o, meglio, còlti nella loro disarmante evidenza, nel loro offrirsi al lettore. Ma è importante non restare fermi sulle caratteristiche esteriori, come lo schema delle rime (ababcc, una sestina fatta di una quartina a rime alterne più un distico a rima baciata): già sarebbe interessante, per esempio, approfondire la traccia semantica proposta dall’accostamento delle parole in rima. A proposito della rima nere : bandiere si potrebbe, per esempio, rilevare come l’elemento negativo e costrittivo delle divise nere sia almeno in parte neutralizzato dalla ariosa vitalità – anche coloristica – delle bandiere. Allo stesso modo è un esercizio poco produttivo quello di mettersi a cercare gli enjambements, che sono pressoché sistematici, se non si va a vedere come essi siano prodotti dall’organizzazione sintattica sapientemente segmentata: come succede anche in altri testi di Penna, il poeta ama infatti interrompere bruscamente le frasi poco prima della fine del verso («di collegiali»), per poi ricominciare il discorso con una sola parola, isolata in punta di verso (Bandiere); una parola aggiunta, che perciò si getta tutta in avanti, scavalcando il confine interversale, per riagganciare le altre al discorso iniziato. Tra gli enjambements risalta in particolare quello dei vv. 3-4, «Chini / su libri», per la corrispondenza tra la spezzatura della figura metrico-sintattica e il significato del sintagma spezzato, che si riferisce alle schiene degli alunni piegate sui banchi per l’obbligo imposto dalla scuola. Mai come in questo enjambement la parte costrittiva e violenta della pedagogia – di ogni pedagogia, direbbe Zanzotto – emerge, pure in termini formalmente non violenti ma, come sempre in Penna, dolceamari. Del resto non è l’unica volta che nella poesia di Penna lo studio associato all’istituzione scolastica appare come una pena inflitta all’adolescenza ingenua: la contrapposizione tra la scuola, che non insegna nulla, e la vita che è la fonte del vero apprendimento (un’esperienza più sensoriale che mentale), è ben coerente col ‘vitalismo’ dell’autore. È un contrasto che emerge nettamente dal testo: da un lato la coercizione degli scolaretti irregimentati, dall’altro la libertà degli elementi naturali, che fanno da cornice al testo: all’inizio l’azzurro del cielo; alla fine, come un ricordo ma soprattutto come una promessa, il verde degli alberi mossi dal vento; in mezzo, come una parentesi di irrealtà, il tempo della scuola. Visto in quest’ottica, il dualismo risulta più sfumato: si scorge quasi una dinamica circolare, che è poi quella della vita, fatta tutta di coercizioni e divieti che rendono più intensa la sensazione della libertà. È anche interessante osservare che dei due poli semantici emergenti nella poesia (cioè coercizione e libertà) uno soltanto è nominato nel titolo: è una scelta che si presta a varie ipotesi interpretative, nessuna delle quali potrà dirsi definitiva. Anche i colori entrano con grande evidenza in una dinamica contrastiva: i colori della libertà, l’azzurro dei mattini e il verde evocato dalla parola alberi sono contrapposti, come abbiamo già accennato, al nero delle uniformi. Da che parte penda la bilancia è chiaro anche per i suoni che accompagnano il terzo enunciato («Bandiere… finestre»): la nostalgia dei campi, suggerita dagli alberi visti soltanto attraverso il ritaglio delle finestre si muta in una promessa attraverso la triplice ripetizione di una sillaba luminosa, AL (nostALgia-ALberi-ALle).

PROPOSTE PER LE ATTIVITÀ DIDATTICHE

Per gli alunni di quinta il testo si presta ad attività di approfondimento degli aspetti semantici, ma si può immaginare un percorso didattico anche per gli alunni di quarta, di tipo più ludico in questo caso, che privilegi gli aspetti della manipolazione verbale, anche con obiettivi di consolidamento delle competenze sintattiche. Si può iniziare fornendo ai bambini una fotocopia del testo, privo della segmentazione in versi e ridotto al continuum della prosa: Scuola Negli azzurri mattini le file svelte e nere di collegiali. Chini su libri poi. Bandiere di nostalgia campestre gli alberi alle finestre. Dopo la lettura dell’insegnante (una lettura nella quale l’insegnante avrà cura di cancellare dalla propria memoria le pause versali), si chiederà agli alunni di segmentare, a proprio gusto, il testo in sei versi, così da ritrasformarlo in una poesia. Si otterranno molte soluzioni diverse e sarà istruttivo, a questo punto, confrontarle col testo originale. Proiettando la poesia o distribuendola in fotocopia, si potrà quindi chiedere agli alunni in cosa la soluzione dell’autore differisca dalla loro. Dal brain storming potranno emergere idee interessanti e bizzarre: sarà bene non limitarle, non contingentarle. Uno degli obiettivi della discussione è però quello di far risaltare l’importanza della rima come segno della chiusura del verso. Questa acquisizione sarà fondamentale nell’attività che segue. Con alcune domande-guida si cercherà a questo punto di sondare gli aspetti del significato, lasciando emergere la percezione semantica che i bambini hanno del testo. Il ‘nodo’ più difficile da sciogliere sarà probabilmente la metafora alberi-bandiere.

Conclusa questa prima parte dell’attività, si potrà chiedere ai bambini di ritagliare tutte le parole del testo, sia quelle ‘piene’ sia quelle ‘vuote’ (articoli, preposizioni) e di rimescolarle. Poi si fornirà loro uno schema di riempimento di questo tipo:

Si tratta di un gioco la cui difficoltà può essere graduata. A seconda del livello generale della classe, e poi, nel lavoro personalizzato, dei singoli alunni, l’insegnante potrà fornire la scheda con alcuni cloze già riempiti, in modo da regolare la portata del compito. Alunni con buone capacità linguistiche saranno in grado di svolgere il lavoro in autonomia trovando già collocate nei riquadri anche soltanto poche parole vuote (di, e, poi). Per alunni con difficoltà di apprendimento linguistico potrebbe essere adeguato il compito di collocare quattro o cinque parole, scelte tra quelle di significato più immediato (mattini, file, alberi, libri, finestre).

TESTI CITATI

Berardinelli 2007

Alfonso Berardinelli, Come insegnare la letteratura moderna?, in Casi critici. Dal postmoderno alla mutazione, Macerata, Quodlibet, 2007, pp. 73-82.

De Mauro 2007

Tullio De Mauro, Introduzione a L. Meneghello, Fiori italiani, Milano, BUR, 2007, pp. III-XVII.

Mengaldo 1999

Pier Vincenzo Mengaldo, Giudizi di valore, Torino, Einaudi, 1999.

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