Ce lo chiede l’Europa. Misurare la dedizione per costruire la scuola del futuro
Sta suscitando polemica la proposta, avanzata dal Governo nell’art. 108 della legge di bilancio, di premiare in modo particolare “la dedizione nell’insegnamento”. Molti critici hanno messo in discussione la fondatezza di questa nozione, a causa di una sua presunta aleatorietà: si tratterebbe, a loro dire, di creare differenze arbitrarie fra chi insegna, richiamandosi a un principio non misurabile.
Tuttavia, la ricerca scientifica dimostra esattamente il contrario, come risulta con chiarezza da questo documento, frutto della sperimentazione TSHS (Teacher’s Soft and Hard Skills), condotta negli ultimi anni da alcuni studiosi dell’università di Stanford coordinati dal sociologo sudafricano J. Kefurbon e dal pedagogista italo-americano Pinuccio Aquilotto, in sinergia con uno studio del Politecnico di Toronto e della Fondazione Lambs, il ITSET (International Teacher’s Stress Evaluation Test).
Vi si descrive, secondo la migliore prassi dei framework europei e internazionali (DETL, Dedication Expert Teacher Levels), il profilo dell’insegnante competente in dedizione.
Lo proponiamo alla vostra lettura, in modo che il dibattito si elevi dalla soggettività tipica della riflessione filosofica ed etica al solido terreno della teoria scientifica.
LIVELLO DEDIZIONE | DESCRITTORI DI PROCESSO E DI PRODOTTO |
BASE | Il docente è ancorato a una visione newtoniana/ novecentesca della cronologia, scandita in tempo-scuola e impegni dedicati ad altre articolazioni della sua esistenza (famiglia 65%, intrattenimento 54%, altro 25%). Tende a tenere un conto preciso della quantità di lavoro dedicata agli impegni, e a confrontarli con quanto previsto dalle norme stabilite nel contratto di lavoro. Saltuariamente (32% del campione), si lamenta per un supposto “sovraccarico” di lavoro. Considera prioritario separare la sfera privata da quella pubblica/ lavorativa. Rifiuta (19%) o accetta a malincuore (41%) di partecipare ai gruppi Whatsapp di più elementare necessità per organizzare le attività lavorative (gruppo del Dipartimento, dei Consigli di classe, delle varie Commissioni e articolazioni del Collegio docenti). Dirada le risposte ai messaggi e alle comunicazioni istituzionali man mano che scende la sera, fino a non visualizzare né rispondere oltre una certa ora (variabile fra le 19 nell’Italia settentrionale alle 21 in quella meridionale). Si mostra legato a una visione materialistica dell’azione didattica, attribuendo un valore assoluto ai cosiddetti “contenuti disciplinari”. Manifesta una spiccata tendenza ad utilizzare un registro espressivo monolinguistico e ad esprimersi in forma chiusa; in particolare: inserisce una minima quota di termini inglesi nelle conversazioni e negli scritti (non superiore al 4/ 5 %); tende a utilizzare una forma ipotattica (nel campione analizzato, fino a 3 subordinate in un unico periodo per il 64% dei casi); mostra una bassa disponibilità (16% del campione) a utilizzare faccine ed emoticon per vivacizzare la comunicazione renderla più empatica. |
INTERMEDIO | Il docente ha attuato pienamente il passaggio dal calendario a Calendar, e non manca mai di registrare i suoi impegni in formato elettronico, affidando la funzione della memoria personale ad app di GSuite. In molti casi (percentuale media del 50%, che si avvicina al 90% per i docenti più giovani) ignora o trascura l’esistenza di norme contrattuali che regolano orari e scansione delle attività. Sopporta, e talvolta richiede (33%), l’aggiunta, anche tardiva e non concordata, di nuovi impegni e riunioni (fino a un massimo di 3 per settimana). Considera prioritaria la collegialità lavorativa su quella familiare, inserendo nel galateo domestico l’esplicito divieto di interrompere una sua eventuale riunione su Meet (57% del campione), Zoom (35%), o altro canale (8%), anche in corrispondenza di momenti alimentari o ludici (visione della partita, 37%, di cui 86% maschi, o consumo di un pasto, 21%). Accetta di buon grado intrusioni e comunicazioni istituzionali, qualunque sia il canale che le veicola; sviluppa anzi un marcato senso di colpa (34% dei soggetti, in genere trattati da psicoterapeuti) qualora non gli giungano messaggi oltre le ore serali. Comprende il valore relativo dei contenuti disciplinari, e li considera soprattutto quali veicoli di sviluppo per competenze superiori di relazione e imprenditorialità, individuali e di gruppo. Considera normale e auspicabile ibridare la lingua italiana con altri linguaggi, a partire dall’adozione di espressioni che rivelano la sua propensione alla quantificazione e alla scansione precisa del mondo che lo circonda (“H24”, nel 48% dei soggetti; “a 360 gradi”, nel 38%; l’utilizzo congiunto di entrambe le formule nella stessa espressione è considerata soglia per il livello avanzato). La percentuale di termini inglesi nella sua espressione orale non è inferiore al 20%, mentre tende a decrescere nella comunicazione scritta (inferiore al 15%, con tendenza a crescere quando si assumono incarichi nello staff dirigenziale). |
AVANZATO | Il docente non attribuisce alcun significato a termini come “orario” o “ora”, ma è immerso in un continuum spazio-temporale lavorativo. Di frequente, deve essere portato di peso fuori dall’edificio scolastico alla fine della giornata; lo si vede inoltre spesso girovagare con sguardo smarrito nei pressi della scuola di domenica o nei festivi. Quando, in un qualsiasi contesto sociale, sente la parola “riunione”, esclama con voce estasiata: “Sì, sì, ancora”. Evidenzia una spiccata capacità di applicare alla vita privata le procedure e i ritmi della comunità scolastica, infrangendo la barriera che tradizionalmente separa l’istituzione dal mondo reale. Misura la qualità della vita familiare attraverso il RAVF (Rapporto di Auto Valutazione Familiare) annuale. L’efficienza della vita di coppia è invece soggetta al PMAC (Piano Miglioramento Amore nella Coppia) semestrale. Le richieste di figli e figlie vengono indirizzate ai genitori tramite apposito form, condiviso sugli account istituzionali dei componenti il nucleo familiare (file di estensione home. edu.it). Alla misurazione dei parametri sopra indicati contribuisce anche l’INVAFFAA (Istituto Nazionale di Valutazione Apprendimenti di Figli e Figlie Anche Adottive/i), che si somministra dopo 2,5, 7 e 10 anni di matrimonio. Tende a cancellare dal suo orizzonte didattico nozioni come “materia” e “disciplina”, auspicando anche a livello sindacale e politico la creazione di poche macromaterie o aree trasversali di competenza. Manifesta una spiccata e costante tendenza ad inserire all’interno della comunicazione parole ed espressioni inglesi: in quest’ambito, il livello di eccellenza si raggiunge quando il numero di queste parole è pari almeno al 36, 74% del totale, con frequenza standard. La mission di applicare questa vision ad ogni ambito della professional and usual life, consente a chi eccelle in devozione di implementare la sua self and social lifefulness, attraverso un naturale ricorso a powerful knowledges e soft skills di livello europeo. |
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Visto il numero impressionante di termini in inglese usati per descrivere i contenuti c’è da dubitare sulla effettiva analisi del contesto scolastico italiano. Ricorda ancora una volta una visione scientista e non scientifica più da azienda commerciale e non da agenzia pedagogico-educativa educativa.
Ai docenti italiani è tempo di dare e non di chiedere, di ridare una dignità professionale con una diversa formazione di base, un orario come quello dei colleghi europei e uno stipendio adeguato e poi parliamo di formazione in servizio altrimenti ci sarà sempre una opposizione! E hanno ragione. Parla un Docente in pensione con tre lauree 5 pubblicazioni che a scuola non ha avuto mai nessun riconoscimento e lo ha cercato e ottenuto nella libera professione e all’estero in vari convegni e collaborazioni con enti pubblici e privati
Tragicamente geniale
Questi stanno fuori come un balcone.
Per favore, non diciamo cazzate in inglese e non sdraiamoci a tappetino davanti al peggior modello anglofono, di vita e di formazione! L’istruzione e l’educazione sono cose serie, non queste forme di avanspettacolo. Le competenze senza conoscenze serie non esistono, e chi lo sostiene o mente o non sa di cosa sta parlando. Ma voi vi fareste curare da uno che vive, ragiona e parla secondo il modello “avanzato”? Io gli direi di farsi curare.
Gentile Mauro, gentile Maria Paola,
quando la realtà si rivela spesso una grottesca parodia di se stessa, c’è caso che un’ intenzione umoristica venga letta in chiave tragica.
Il mio “inglese”, le”competenze”e la “dedizione” di cui parlo, sono finte. O meglio, sono vere solo nella misura in cui cerco di metterle in ridicolo. Ma il fatto che vi siano apparse reali è indice di una confusione che condividiamo, e che voi come me – mi sembra- volete criticare.
Al di là di ogni possibile incomprensione.
Ci ho messo un po’, ma mi sono resa conto dell’intento umoristico. Geniale.
Purtroppo però lo scoramento per la deriva a cui stanno portando le progressive riforme dell’istruzione degli ultimi vent’anni rimane. E a sentir parlare di misurazione mi viene l’orticaria…
Ci stavo cascando, buontemponi 🥴
Mi sono cercata nel livello base, poi in quello intermedio e infine in quello avanzato. Non c’ero. Accidenti, che sollievo!
E grazie a Stefano Rossetti per aver saputo dare voce con ironia al grido di dolore che si leva da tutti quei docenti senza skills e senza mission, che hanno dedicato la vita agli studi e alle passioni, che intendono la scuola come una comunità ermeneutica e che non credono nella misurazione, tanto meno ‘esatta’, di nient’altro che non sia un mobile Ikea da infilare in uno spazio preciso tra una porta e un armadio….
Il mio commento si discosta un po’ dai precedenti, senza alcun intento provocatorio, ma frutto anzi di non poco sconforto. L’ironia celata dietro questa classificazione non mi sembra in realtà molto celata, né nella forma e né, soprattutto, nei contenuti. I risultati delle prove INVALSI sulla comprensione del testo suscitano sempre grande scalpore nel mondo scolastico, ma devo ammettere che una griglia di classificazione del genere si presterebbe molto bene per la misura della dedizione, ma ancor prima dell’idoneità, dei docenti che credono alla sua plausibilità.
Signor Stefano Rossetti, il guaio è che qualcuno possa prendere seriamente i descrittori dei livelli di dedizione da lei proposti… Ed applicarli…..Argh! : ))))
Cmq complimenti.
Quando la realtà supera la fantasia
Gentilissimo Stefano Rossetti con questa parodia ha espresso con un quadro nitido la situazione grottesca in cui si trova la classe docente in Italia.
I tempi sono maturi per preparare una class action finalizzata al riconoscimento dei danni morali e materiali patiti e patendi.
D’altronde è l’Europa che chiede allo Stato italiano di abolire il precariato (reiterazione dei contratti) e di allineare gli stipendi a quelli dei nostri colleghi europei.
Complimenti vivissimi!
W l’ironia sempre!!!🤣
Ma stiamo attenti che la storia ci insegna anche che spesso la realtà supera la fantasia. 😉