Antefatto
Durante l’estate del 2020, dopo un anno scolastico finito in lockdown e didattica a distanza, mi sono imbattuta, abbastanza casualmente, in un articolo del Prof. Enrico Bucci[1] che trattava della Teoria del Caos applicata alla comprensione dello sviluppo di un’epidemia. Un passaggio di questo articolo diceva: «A Seul, una sola persona, in una sola notte, girovagando per locali notturni ne ha infettate almeno altre 54, dopo che l’epidemia era stata sostanzialmente allontanata. Cosa sarebbe successo se quella persona, quella sera, fosse stata trattenuta a casa, e si fosse recata negli stessi locali una settimana dopo?».
Il mio cervello ha fatto un balzo ed ha tirato fuori dai ricordi una poesia di Wisława Szymborska, Il terrorista, lui guarda, letta qualche anno prima: una poesia slow motion durante la quale il tempo di pochi minuti si dilata davanti alla porta di un bar dalla quale entrare o uscire diventa questione di vita o di morte.
Questa connessione mi ha reso immediatamente chiaro ciò che Edgar Morin ci va ripetendo da tempo, anche a noi insegnanti, ovvero l’urgenza di introdurre nella scuola per il futuro lo sviluppo di un pensiero critico e sistemico, ovvero capace di cogliere la complessità degli eventi passati o presenti per costruire scenari e provare a governare, almeno un po’, l’imprevisto.
In quello straordinario libro del 2004 che è Educare per l’era planetaria. Il pensiero complesso come metodo di apprendimento, Edgar Morin ammonisce: «È diventato di vitale importanza conoscere il destino planetario che viviamo, tentare di percepire e concepire il caos degli avvenimenti, delle interazioni e retroazioni in cui si fondano e interferiscono i processi economici, politici, sociali, nazionali, etnici, religiosi, mitologici che tessono questo destino, sapere insomma chi siamo, ciò che accade, ciò che ci determina, ciò che ci minaccia, ciò che può illuminarci, avvertirci, e, forse, salvarci»[2].
E dunque, mi sono detta, perché non proporre ai ragazzi e alle ragazze di terza B di addentrarci almeno un po’ nella Teoria del Caos per arrivare a comprendere, almeno un po’, come questa può aiutarci a capire cosa accade intorno a noi?
Lo abbiamo fatto attraverso la letteratura; non come scappatoia perché la Fisica, disciplina madre della Teoria del Caos, non è alla nostra portata. Ma come strategia, come metodo di approccio alla conoscenza: la narrazione come gesto archetipo per cogliere l’universo e le sue leggi.
Studio e ricerca
Quali obiettivi volevo e potevo pormi nell’ideare un percorso didattico sulla Teoria del Caos attraverso la letteratura?
Se davvero volevo introdurre i principi base della Teoria del Caos, senza avere una formazione scientifica, era necessario, prioritariamente, cercare di capire le sue leggi e per questo, con non poche esitazioni e qualche difficoltà, ma provvista di tanta curiosità, mi sono affidata al volume di James Gleick del 1987, Caos[3].
La formazione storica, invece, si è rivelata molto utile per comprendere, e quindi porlo come obiettivo di apprendimento, la differenza e l’uso tra un approccio lineare (causa-effetto) e uno sistemico (della complessità, della correlazione) nell’osservazione, studio e comprensione dei fenomeni che ci circondano.
Mentre il percorso che volevo proporre si andava facendo strada prima di tutto nella mia mente, mi appariva chiaro che sarebbe stato possibile sviluppare nei ragazzi e nelle ragazze la capacità di cogliere, affrontare o creare quei collegamenti e quelle interconnessioni di cui sono costituiti i sistemi territoriali, gli eventi storici così come le strutture narrative. E che pretendiamo sappiano mettere in atto per l’esame di Stato!
Naturalmente avrei dovuto poter ricorrere al pensiero critico e creativo, così come alle competenze di lettura, comprensione e scrittura, e dunque tutte queste andavano sostenute e rafforzate.
Ne è nato un modulo propedeutico, una sorta di cornice alla programmazione annuale di Terza. Tutto il percorso, che infine avrebbe dovuto attivare un particolare “atteggiamento” verso la conoscenza, sarebbe tornato utile! Ad esempio nello studio della Biodiversità o delle catastrofi naturali in Geografia, o della Rivoluzione industriale in Storia e anche del rapporto dell’uomo con la natura nella letteratura tra 800 e 900.
Ora non mancavano che i testi letterari adatti: la parte di ricerca più divertente.
Caos e Caso. Il peso del caso nella vita
La piaga epidemica che ancora ci attanaglia possiamo capirla meglio grazie alle parole del prof. Bucci: «non solo una pandemia dipende nel suo sviluppo dalla variazione anche piccolissima delle condizioni iniziali, secondo le leggi del caos; il fatto è che queste variazioni avvengono di continuo, spontaneamente, e in maniera casuale. Vi è cioè un ruolo non solo del caos, ma anche del caso»[4].
Per prima cosa, allora, bisognava cogliere e valutare il peso del caso nella vita e nella storia.
Il racconto Genesi e Catastrofe. Storia vera di Roald Dahl, già in circolazione nelle riviste letterarie inglesi dal 1960, racconta il dramma di una donna, Klara, che in poco tempo perde tre figli appena nati a causa della difterite. In questo racconto Roald Dahl sfoggia la strategia narrativa dell’inciting event introducendo l’inaspettato che ci ha lasciati senza fiato. È la beffa, l’ironia del destino, che ci ha portato a scoprire che Klara non è una donna qualunque, bensì la moglie di Alois Hitler, madre del quarto figlio: Adolf Hitler. A differenza degli altri, per ragioni che possiamo immaginare casuali, egli vivrà, con tutto il peso di eventi terribili che la sua esistenza ha avuto nella storia.
Genesi e Catastrofe pone il lettore di fronte a una tragedia mascherata, uno scherzo della natura che a tratti, anche di fronte al dolore, fa sorridere sgomenti e lascia al tempo stesso amareggiati, come la realtà delle cose che sfuggono al controllo.
Il cavallo e la farfalla. La dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali
For want of a nail the shoe was lost.
For want of a shoe the horse was lost.
For want of a horse the rider was lost.
For want of a rider the message was lost.
For want of a message the battle was lost.
For want of a battle the kingdom was lost.
And all for the want of a horseshoe nail.
Questa secolare filastrocca sassone ha introdotto la riflessione sull’ “effetto farfalla”, tecnicamente noto come «dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali[5]». Già a questo punto del cammino c’è chi si scoraggia per l’impossibilità manifesta di controllare gli eventi fino in fondo. Ma ancora una volta possiamo riprendere le parole dello scienziato e provare a capirle con la letteratura: «sapere che l’innesco e l’andamento di una pandemia riflettono fenomeni caotici può aiutarci proprio a fare alcune previsioni, anche se di natura diversa da quelle cui siamo abituati. Inoltre, comprendere che il caos è alla base dello sviluppo di una pandemia, particolarmente nelle sue fasi iniziali, consente anche di comprendere perché l’incertezza che circonda il futuro di un’espansione virale non deve poi essere così paralizzante, portandoci al rifiuto della scienza epidemiologica»[6].
Nel racconto Il signore dell’ombrello, tratto dalla stessa raccolta di Roal Dahl[7] la narrazione si svolge intorno a una struttura molto semplice: un vecchio affabile lord inglese, all’uscita da un pub, si offre di vendere a due donne, madre e figlia, in attesa del tram sotto una copiosa pioggia londinese il suo bell’ombrello in cambio di una sterlina. Solo dopo aver acceso il dubbio della signora, e del lettore, al termine di un inseguimento, si scopre che con i soldi guadagnati il gentiluomo dalle eleganti scarpe va a comprarsi il suo ennesimo whisky; ruba un altro ombrello e da lì ricomincia un altro processo uguale a se stesso. Bisogna arrivare al finale per capire che «quel signore pregherà come un pazzo perché piova»[8], ovvero come tutta la struttura narrativa del testo – e della realtà? – si regge su un fatto apparentemente banale: sulla pioggia e sui personaggi senza ombrello che uno dei protagonisti incontra, ovvero sulla dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali e sul caso.
A chiusura di questa seconda tappa del percorso, conviene tornare per un momento sui propri passi. La filastrocca sassone, non fa venire in mente Alla fiera dell’Est di Angelo Branduardi che tutti abbiamo canticchiato? Ascoltandola ci si accorge che si può tornare a fare passi in avanti nella comprensione della Teoria del Caos per accedere al difficile principio dell’invarianza di scala[9]. Questo principio si basa sul fatto che se la struttura degli “oggetti” cambia da più grande o più piccola, la loro “forma” non cambia. Dal topolino all’angelo della morte, arriva sempre qualcuno che bevve l’acqua e spense il fuoco. Per capire meglio, possiamo osservare, al contempo, un cavolfiore romano che ha una struttura frattale: una forma uguale nelle singole parti che compongono il tutto.
Ecco allora che possiamo tirare quel sospiro di sollievo e rafforzare la fiducia nella Scienza: il principio dell’invarianza di scala offre un importante contributo al passaggio dall’imprevedibilità alla prevedibilità.
Il cane e la farfalla. L’attrattore di Lorenz
Cosa sappiamo? Cosa non sappiamo? Cosa possiamo sapere? Imparare a porsi domande è importante per comprendere un testo, come la realtà. Sulla pandemia che stiamo vivendo ormai sappiamo molte cose e, soprattutto, sappiamo di non sapere molte cose. Come ci suggeriva il prof. Bucci già un anno fa, «possiamo infine escludere che il virus sia scomparso, e sapere quindi che l’innesco di un nuovo incendio (non solo di tanti piccoli focolai) è sempre disponibile. Infine – e qui è il ruolo dei tanti vituperati modelli, criticati soprattutto da chi non li capisce – […] possiamo simulare le traiettorie di un’epidemia al variare delle condizioni iniziali, sia studiando il “peso relativo” degli ingranaggi, per concentrare i nostri sforzi su quelli a maggior influenza, sia valutando cosa può succederci al peggio, date le condizioni possibili di verificarsi».
Per sintetizzare tutto il percorso e comprendere ancora meglio a cosa può servire conoscere la Teoria del Caos ci siamo affidati all’illuminante racconto di Dino Buzzati, Boomerang[10].
Il racconto ha un incipit in medias res: dopo l’eccidio di Hemanga in Ladogia, la situazione conflittuale nel Sud-Est asiatico sembra rasserenarsi, grazie ad una dichiarazione distensiva del Presidente degli Stati Uniti.
Ben presto però, dietro e intorno al piano di controllo militare disposto dal Pentagono, dal nome “Occhio lungo” si scatena una successione rapida di avvenimenti tra loro concatenati.
Il generale Lennox Simon, a capo dell’operazione “Occhio Lungo”, parte per la Turchia in incognito, con il passaporto intestato a Edward L. Shalheim; ma viene riconosciuto dal colonnello Getsiari e la copertura salta.
Tuttavia guadagna la simpatia del premier turco e così ottiene finalmente il permesso per il fratello, Alpha Lenox Simmon, professore di archeologia, di condurre ricerche in Anatolia. Durante i preparativi di partenza per la spedizione, una pesante cassa di apparecchi scientifici, che doveva essere caricata sul camion cade dalla scalinata e, nel tentativo di trattenerla, Drummond, il braccio destro di Lenox Simmon si frattura la tibia. Al suo posto partirà il professor Jonathan G. Descalzo accompagnato dalla moglie Lenore.
La struttura narrativa prosegue attraverso lo sviluppo di un incalzare di eventi che richiama alla mente l’immagine dell’attrattore di Lorenz, utilizzata per rappresentare l’effetto farfalla. Le vicende si avvolgono su se stesse in un climax ascendente che conduce fino alla tragica morte di un cagnolino bianco che ci ha colpiti tutti dritto al cuore. Questo è l’acme della narrazione. Al termine della lettura di questo racconto, dalle sfumature rosa e noir, ci sembrerà del tutto legittimo sostenere che per un cagnolino investito scoppierà la prima guerra atomica universale.
Si scopre così che il dipanarsi apparentemente incontrollato e disordinato degli accadimenti ha un suo ordine interno, che può essere compreso: nella realtà come nella elaborazione e gestazione di una storia narrativa.
Ma è possibile anticipare questo ordine intrinseco delle cose? Per tornare all’amato Edgar Morin, «la vita è una navigazione in un oceano di incertezze attraverso isole di certezze»[11]. Queste isole di certezze, sempre provvisorie, l’uomo le costruisce grazie alla scienza e dunque, per «imbrigliare il caso e il caos, per evitare di trovarci di fronte a un imperscrutabile futuro fatto di tutti gli scenari possibili»[12] occorre lasciare il passo ai matematici e ai modellisti.
Crisalidi. La voce dei ragazzi e delle ragazze
Insegnare alla scuola secondaria di primo grado pone i docenti di fronte a una platea molto differenziata per cultura, background, visione del futuro: una posizione privilegiata, da cui si può assistere al dispiegarsi delle loro ali. Il volo avverrà dopo e “cambieranno le prospettive al mondo[13]”, ma la capacità di sostenersi in volo si forma a quella età. Fuor di metafora, l’auspicio è che così come negli anni Ottanta attecchì in molti il semino del porsi il/in dubbio recepito a scuola, oggi possa attecchire quello della complessità.
La proposta di un percorso sulla complessità e sulla Teoria del caos, di per sé complesso, ha richiesto molti sforzi, non di semplificazione, ma di adattamento e scaffolding, per renderlo accessibile a tutti. A tal fine la collaborazione con l’insegnate di sostegno è stata preziosa per diversificare passo dopo passo il laboratorio.
Trovare nell’imprevisto un aggancio significativo ha reso possibile la partecipazione di tutti e la possibilità per ciascuno di trovare il proprio spazio e la propria voce e la risposta è stata molto positiva da parte di tutti gli alunni e di tutte le alunne.
Crisalidi 1. Gestire l’imprevisto.
Durante la fase di immersione nella lettura è stata adottata la metodologia del Reciprocal Teaching (Riassumere, Fare Domande, Chiarire e Predire) ed è stata fornita un’apposita scheda per prendere appunti, generare domande di approfondimento, discutere e condividere le domande.
Questa fase è stata accompagnata da quella della scrittura, ovvero dalla elaborazione creativa individuale a partire dall’incipit comune di un testo che avremmo letto ad alta voce[14]. La lettura del romanzo è stata interrotta al secondo capitolo, dove l’autore propone proprio una sospensione di domanda che apre a tanti scenari possibili e così, a ciascun alunno e alunna è stato consegnato un “imprevisto” sulla base del quale procedere alla stesura dello sviluppo in almeno sei sequenze. Successivamente, durante la condivisione, si è scoperto che lo stesso “imprevisto” era comune ad altri compagni e compagne di classe. La sorpresa di osservare che alcuni elementi narrativi si ripetevano nelle diverse storie è stata molto potente per la riflessione metacognitiva: l’incipit comune poteva corrispondere al principio della “Dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali” (effetto farfalla); “l’imprevisto” al “battito d’ali della farfalla, ovvero alle piccole perturbazioni che possono avere grandi conseguenze.
Crisalidi 2. Contemplare la complessità: rivolgersi al sapere in modo interdisciplinare.
Un approccio sistemico non si può improvvisare e va costruito nel tempo. Il modo migliore per indicare una via è sempre quello di praticarla insieme.
La filastrocca sassone del chiodo che salta al ferro di cavallo, producendo la perdita del regno è stata inserita nella programmazione di lingua inglese e solo successivamente alla sua trattazione è stata utilizzata nel percorso sulla teoria del caos. In tal modo è stato possibile sperimentare, una volta di più, come le competenze discilplinari in lingua inglese sono tornate utili alla comprensione di fenomeni universali.
Un altro momento topico nella comprensione di quanto sia utile e divertente costrurie il proprio sapere in modo interdisciplinare è stato quello in cui è stato affrontato il tema del calcolo delle probabilità, inserito nella programmazione di matematica: i ragazzi hanno messo alla prova i concetti appresi e l’atteggiamento maturato nel percorso, dando vita spontaneamente ad alcune osservazioni e riflessioni.
Infine, tutta la programmazione delle materie letterarie si è basata sulla integrazione tra Storia, Geografia e Letteratura e i ragazzi e le ragazze, piano piano, hanno cominciato a cogliere le interconnessioni, anche con le altre discipline, e ad appuntarle in un format condiviso dall’insegnate per favorire la costruzione dei loro percorsi d’esame durante tutto l’anno scolastico.
Crisalidi 3. Porre domande, prendere la parola.
Il percorso si è concluso con una prova di comprensione dell’articolo del prof. Bucci (che ha dato esiti molto positivi da parte di ogni ragazzo e ragazza), propedeutica alla costruzione di domande per approfondire la conoscenza della teoria del caos, intervistandolo: molto generosamente, infatti, il prof. Enrico Bucci ha incontrato on line gli alunni e le alunne e a rispondere alle loro domande.
Infine, tutto il materiale raccolto, i testi utilizzati letti dagli attori della Compagnia permanente della Fondazione Teatro Emilia Romagna, l’intervista al prof. Bucci, ha trovato spazio nella radio della scuola, Radio Diciamocelo a distanza[15], dove i ragazzi e le ragazze, in gruppi, hanno costruito il podcast presentando tutto il percorso e diffondendo ciò che avevano appreso e rielaborato.
[1] Enrico Bucci è Ph.D. in Biochimica e Biologia molecolare, professore aggiunto alla Temple University di Filadelfia e si occupa di dati biomedici, frodi scientifiche e biologia dei sistemi complessi. L’articolo in questione è Il ruolo dei modelli nella pandemia per non trovarci di fronte a un futuro imperscrutabile. Paradosso: l’innesco imprevedibile del contagio ci permette di prevedere come si evolverà, di E. B., “Il Foglio”, 23 luglio 2020.
[2] Edgar Morin, Educare per l’era planetaria. Il pensiero complesso come metodo di apprendimento, Roma, Armando Editore, 2004.
[3] James Gleick, Caos, Milano, Rizzoli, 1989.
[4] E. Bucci, cit.
[5] J. Gleick, cit., p. 27.
[6] E. Bucci, cit.
[7] R. Dahl, Il signore dell’ombrello, in cit., pp. 396-402.
[8] Ivi, p. 402.
[9] J. Gleick, cit., pp. 85-89.
[10] Dino Buzzati, Boomerang, in Le notti difficili, Milano, Mondadori, 2018, pp. 108-112.
[11] Il potere dell’incertezza, intervista a Edgar Morin, “La Repubblica”, 1 ottobre 2020.
[12] E. Bucci, cit.
[13] F. Battiato, Uccelli, 1981
[14] Il testo a cui si fa riferimento è Noi siamo qui, di G. Pannacci, Fernandel 2021
[15] Radio Diciamocelo a Distanza, Il caos a scuola, Spreaker
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