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diretto da Romano Luperini

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La scuola di Dante: recenti sperimentazioni e questioni annose

 Ripensare allo studio di Dante

Ripensare allo studio scolastico di Dante significa affrontare i nodi principali dell’insegnamento dell’italiano e del suo ruolo nella formazione del cittadino. L’approccio al classico per eccellenza impone, infatti, di riconsiderare le questioni aperte, le sfide di una reale didattica per competenze, capace, cioè, di superare i confini disciplinari sfruttando ciò che del singolo insegnamento è irrinunciabile e precipuo. Chiedersi come si possa e cosa significhi proporre un classico della letteratura agli studenti del nostro tempo ha innescato un proficuo dialogo fra scuola e università, studi scientifici e formazione che in questi anni ha trovato spazio nelle molteplici iniziative organizzate dal gruppo Dant&noi dell’ADI-ADIsd e nel sito www.dantenoi.it.

Due sono gli aspetti su cui, almeno per cominciare, è interessante soffermarsi: la dialettica fra cultura deperibile e cultura permanente, e la necessità dell’interpretazione. In altre parole: il senso e la funzione di leggere un testo antico, complesso, “classico” in un contesto di lettura veloce e letteratura di consumo a breve, brevissima scadenza, e, soprattutto, le modalità con cui renderlo occasione per un’esperienza significativa. 

Questioni inscindibilmente legate e utili per illustrare e definire la pratica dell’attualizzazione, centrale in qualsiasi processo di apprendimento, affrancandola dalle sue pericolose semplificazioni, in particolare dall’accostamento per tema che è difficile distinguere dall’associazione libera e che inficia la formazione del lettore critico e, dunque, del cittadino, obiettivo della scuola. Insomma, riconoscere la forza evocativa e comunicativa di un grande classico non deve indurre a fraintenderlo piegando il suo dettato a significati alieni al tempo e al luogo in cui è stato concepito, ma stimolare a cogliere la sua verità “umana”, quegli aspetti permanenti, appunto, che danno profondità e prospettiva alle questioni attuali che esso evoca nella mente del lettore.

Come garantire tale approccio nella prassi didattica?

La sperimentazione degli ultimi anni si è orientata a valorizzare due linee di lavoro, che potremmo definire dello spazio e del tempo e che hanno recepito una delle principali acquisizioni della critica dantesca contemporanea: il sostanziale ridimensionamento dell’interpretazione allegorica a vantaggio dell’emergere del Dante narratore e immaginifico, capace di dare corpo all’indicibile e di raccontare una storia complessa e coerente, una grande epopea. Tale scelta ha implicato, come indirizzi operativi, la decisione di proporre un’idea completa del poema, superando una vulgata scolastica che l’ha ridotto troppo spesso alla sola prima cantica, e l’idea di rivolgere l’attenzione alla costruzione degli spazi e al rapporto fra testo e immagine, anche attraverso la ricognizione dell’iconografia che all’opera si è affiancata nei diversi secoli e manoscritti.

Raccontare Dante

Dare un’idea completa del poema, della storia che in esso si narra significa, in primo luogo, offrirne un quadro completo, che restituisca l’articolazione dell’opera evidenziando le marche narrative in essa presenti e rendendo conto degli snodi della vicenda anche rinunciando alla lettura integrale di singoli canti. In questa prospettiva si è inserita la proposta della redazione di un sillabo che estenda le letture scolastiche oltre l’Inferno e che ampli e modifichi la tradizionale vulgata (ad esempio ridimensionando l’importanza dei primi sei canti della prima cantica); ma, soprattutto, è emersa l’importanza, per la comprensione complessiva dell’opera, di riflettere su alcune categorie di valore e in particolare sul significato di verità in relazione alla scrittura letteraria, sull’interpretazione da dare a concetti come finzione, prova, o, ancora, pace e amore assoluto.

Una riconsiderazione “narrativa” del valore della verità all’interno della Divina Commedia permette di accedere ad un’altra importante implicazione del “raccontare Dante”, al fatto che il poema dialoghi strettamente con le altre opere dell’autore e che, dunque, possa “letteralmente” raccontare l’autore[1], cioè tutto il suo lavoro e impegno intellettuale. Rivolgere l’attenzione all’ambito dei valori su cui la narrazione si costruisce permette di evidenziare una caratteristica fondamentale del “classico”, quella di interrogarsi sul senso della realtà e dell’esistenza in forme sempre mutevoli ma antropologicamente costanti e, dunque, durevoli, “permanenti” appunto. Non solo: l’esplorazione di tale dimensione del poema esplicita il processo interpretativo sotteso a qualsiasi lettura e diviene strumento fondamentale per lo sviluppo del senso critico inteso come consapevolezza della dialettica fra testo e lettore, autore e pubblico, passato e presente.

L’attenzione agli elementi narrativi, alla storia raccontata nel suo complesso, la scelta di un’interpretazione che dia conto dell’intera opera risponde all’esigenza di superare le difficoltà pratiche di proporre una lettura integrale dei testi più antichi della nostra letteratura senza rinunciare a ciò che essa significa. Conoscere un’opera vuole dire entrare nel suo universo, vedere il mondo attraverso la sua lente, almeno per il tempo che dura il nostro viaggio di lettori, con una metafora dalle interessanti applicazioni letterali. 

Vedere la storia: l’immaginazione del testo

La potenza delle immagini, la capacità della Commedia di rendere visibile ciò che non lo è, traducendo in forme sensibili i concetti più astratti della teologia, costituisce uno degli aspetti più rilevanti del poema e, per così dire, la sua peculiarità. La natura di “opera mondo”, secondo la definizione di Moretti[2], del poema dantesco rende inevitabile confrontarci con l’universo che essa fonda, indagando l’immaginazione che innesca nel lettore. Questa prospettiva utilizza una prassi piuttosto diffusa nella scuola e propone di riflettere su una caratteristica della divulgazione e della fruizione del testo letterario: l’illustrazione.

Che funzione ha un libro illustrato? Perché si illustra un libro?

Lo studio di Lucia Battaglia[3] sulle illustrazioni della Commedia ha mostrato il processo di interpretazione che le sottende facendone, di fatto, dei veri e propri commenti. Insegnare a cogliere la dialettica che si instaura fra scritto e immagine, proponendo sia una lettura delle illustrazioni che un’illustrazione del testo, permette di riconsiderare un’altra delle parole chiave della scuola per competenze, l’interdisciplinarità, sulla cui pratica ancora molto resta da discutere.

L’esercizio di transcodifica implicato nelle attività proposte in classe e evidenziato nel confronto fra il dettato di Dante e alcune sue illustrazioni si è rivelato strumento potente per chiarire le modalità del processo interpretativo, ma, soprattutto, per mostrare una qualità specifica del testo letterario in generale e della Divina commedia in particolare: la capacità di costruire mondi, di creare spazi, innescare, in altre parole, l’immaginazione e, in senso contrario, l’impatto che diverse immagini e immaginazioni del mondo hanno sulla nostra possibilità/capacità di leggere e capire il testo.

Si coglie, per questa via, un altro aspetto della funzione educativa della letteratura: la “multimedialità” insita nel testo letterario, che convoca un lettore capace di impiegare simultaneamente differenti linguaggi e strumenti interpretativi. In tal senso la ricognizione delle similitudini e delle metafore, cui Dante dedica tanto spazio e attenzione e che costruiscono il suo mondo ultraterreno, offre un’ulteriore occasione di approccio globale all’opera, sia perché ce ne restituisce la complessa interezza (seguendo, ad esempio, la ricorrenza e trasformazione di alcune similitudini attraverso le tre cantiche), sia perché induce un’immersione nel suo dettato (sul piano dell’analisi del processo formale, della tessitura retorica).

I classici moderni: letteratura e politica

La lettura del poema di Dante in base ai due precedenti assi si presta ad uno sviluppo volto ad esplorare le presenze della Commedia nei grandi classici successivi [4]. Obiettivo di tale proposta è quello di sperimentare una dimensione pienamente europea dell’insegnamento letterario e di indagarne le potenzialità nella formazione di quel senso della storia e di quella filologia che costituisce la base dell’educazione del cittadino. Confrontare il mondo dantesco con quello dell’Orlando furioso o del Paradise lost, per limitarci a due esempi, significa indagare i profondi mutamenti che la coscienza europea subisce nel passaggio dal Trecento al Cinquecento al Seicento e riconoscere il ruolo che l’immaginazione del mondo, cui dà voce la letteratura, assume nelle grandi trasformazioni storiche e sociali. Non solo, la pratica dei “mondi possibili” si presta a renderci consapevoli della nostra individuale visione della realtà, origine della costruzione identitaria, ma anche dei nostri pregiudizi, e induce a considerare il potere argomentativo dell’immaginario, il rapporto fra letteratura e politica.

Ma cosa si intende per rapporto fra letteratura e politica? Che cos’è la politica a scuola? Ovviamente, malgrado quanto sostenuto da polemiche anche recenti, la questione non riguarda l’uso ideologico e manipolatorio delle narrazioni, appannaggio della retorica del mercato più che dell’immaginario letterario; fare politica, aiutare gli individui a divenire cittadini, è il compito precipuo dell’istruzione scolastica e, in tal senso, l’eredità di Dante può consegnarci alcune utili considerazioni, proprio a partire dalle caratteristiche, e dai limiti, della lettura scolastica della Commedia. Una lettura che, per lunga tradizione, ha privilegiato l’Inferno, leggendone in maniera integrale e compatta i primi sei canti e associando i sesti canti “politici” di ciascuna cantica; che ha esaltato il Dante esule facendone il profeta dell’Unità, o ha cercato un monumento del Medioevo nella dimensione figurale dei personaggi, per fare riferimento alla fortunatissima (in termini di diffusione scolastica) interpretazione di Auerbach. Una tradizione scolastica tutto sommato consolidata, pur nella diversa motivazione di scelte di lettura complessivamente costanti, che, nell’evoluzione e nell’avvicendarsi delle sue prospettive, suggerisce di considerare un’accezione “politica” di classico.

La permanenza del testo e le sue mutevoli interpretazioni ne chiariscono, infatti, la caratteristica di terreno di confronto, spazio del conflitto delle interpretazioni, secondo la suggestiva formulazione di Romano Luperini: la letteratura offre, cioè, l’opportunità del confronto e di quel conflitto che solo può salvare le nostre società dalla violenza, per proporre l’intuizione di un altro grande classico della nostra letteratura, quel Machiavelli che nella piena accettazione del conflitto fra patrizi e plebei, nella sua istituzionalità, aveva individuato la forza dell’antica repubblica romana.

La ricchezza di stimoli e possibilità di letture e interpretazioni che ogni classico contiene, la sua capacità di innescare un processo continuo di attualizzazione del suo dettato può, allora, illustrare le ragioni e il significato politico di ripensare a come proporre Dante alle nostre classi del terzo millennio.

  1. Dante oltre la Commedia, parafrasando il titolo di un recente e importante saggio di Alberto Casadei (Dante oltre la «Commedia», Bologna, Il Mulino, 2013).
  2. Franco Moretti, Opere mondo. Saggio sulla forma epica da Faust a Cent’anni di solitudine, Torino, Einaudi, 2003
  3. Lucia Battaglia Ricci, Dante per immagini. Dalle miniature trecentesche ai giorni nostri, Torino, Einaudi, 2018.
  4. Argomento sul quale, nell’ambito delle celebrazioni dantesche, è in programma un Convegno dal titolo “Dante e altri classici” (Roma 28-29 aprile 2021).

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