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Rileggere un classico della critica letteraria /4: Illuminismo, barocco e retorica freudiana di Francesco Orlando

 

 Nel 1982 Francesco Orlando pubblica «Illuminismo e retorica freudiana», ultimo capitolo di un ciclo di studi su letteratura, ragione e represso a cui aveva lavorato dalla metà degli anni Sessanta. Dal 1997 il libro si arricchisce di una serie di appendici e si modifica anche nel titolo, che include il termine “barocco” diventando «Illuminismo, barocco e retorica freudiana».

Nella produzione critica di Francesco Orlando Illuminismo, barocco e retorica freudiana spicca come un libro unico, confermando l’opportunità di separarlo dagli testi che compongono il suo “ciclo freudiano”: Lettura freudiana della Fedra, Per una teoria freudiana della letteratura, Lettura freudiana del Misantropo. In questa tetralogia, Orlando aveva seguito due obiettivi distinti: quello di definire e interpretare le caratteristiche di scritture all’interno dei contesti storici (il teatro di Racine e quello di Molière, a cui erano dedicati il primo e il terzo libro), e quello di fondare una teoria generale della letteratura debitrice soprattutto di strutturalismo, marxismo e psicoanalisi (obiettivo più esplicito del secondo libro, ma anche degli scritti teorici contenuti nel saggio sul Misantropo). Fin dalla sua prima versione, Illuminismo e retorica freudiana ha rappresentato il compromesso più riuscito fra astrazione teorica e spinte analitiche, testo capace di accordare l’attenzione per l’universo dell’intimità alla cura dedicata alla storia, due termini che Orlando impiegherà direttamente nel suo studio dedicato al Gattopardo.(1)

Illuminismo, barocco e retorica freudiana si concentra su due momenti cardinali nella definizione dell’autocoscienza del moderno. Il libro fotografa un momento di svolta: se Freud e Lacan sono stati i modelli dominanti per Orlando fino alla metà degli anni Settanta, la sua attenzione si è progressivamente spostata su Ignacio Matte Blanco, il cui Inconscio come insiemi infiniti compare a Londra nel 1975. Lo slittamento è significativo: si resta in una dimensione «freudiana non-psicoanalitica»,(2) ma l’adozione di Matte Blanco costringe a rivalutare una serie di corollari su cui si fondavano i primi tre libri del ciclo e, più in generale, può aiutare a ridefinire i rapporti fra letteratura e psicoanalisi in una chiave attenta alla storia e alle forme letterarie. Se l’idea della letteratura come sede di un ritorno del represso resta costante, Illuminismo e retorica freudiana storicizza maggiormente il represso, aprendosi a nuove prospettive logiche, ermeneutiche e retoriche.

Nonostante le spinte generalizzanti contenute in ogni suo saggio, è evidente che Orlando si sia concentrato soprattutto sui due secoli della storia letteraria europea che più gli consentivano di trarre vantaggio dal suo discorso su letteratura e repressione. Seicento e Settecento sono, infatti, il teatro di una Controriforma che ha funzionato come forza di repressione reale per gli scrittori e dunque capace di raddoppiare quel meccanismo di censura studiato da Freud a partire dalla fine dell’Ottocento:

Senza dubbio, le ambiguità allo scoperto degli scrittori illuministi, le loro simulazioni e dissimulazioni che non vogliono ingannare nessuno, ebbero una origine più o meno lontana nella necessità di ingannare qualcuno – spesso sotto pena di libertà o di vita. La censura con cui quegli scrittori ebbero a che fare non era metaforica, come l’istanza psichica così chiamata da Freud ed essenziale alla rimozione e ad ogni formazione di compromesso. Era nella loro epoca una istituzione incarnata da un censore reale, il quale esercitava a loro rischio e pericolo concreto la sua repressione ideologica, e costringeva il libero pensiero a precauzioni innanzi tutto verbali. (IBRF, p. 14)

La rimozione, come si vede, è trattata sia in termini freudiani che in una prospettiva storico-letteraria: un atteggiamento che anticipa il tipo di ricerca che incontrerà nei capitoli successivi. Ed è altrettanto importante che, nel passaggio in cui si analizza la natura della censura, Orlando non si riferisca solo alla «rimozione», ma citi anche la «formazione di compromesso», sulla cui importanza ritornerò a breve.

Attraverso un ragionamento nato dall’analisi della Fedra e approfondito in Per una teoria freudiana della letteratura, Orlando ha sfruttato le categorie di rimozione e ritorno del rimosso seguendo la convinzione che la letteratura permettesse di dare voce «a tutto ciò che resta soffocato nel mondo com’è, a qualunque cosa nel cui nome il mondo volta per volta andrebbe cambiato, alle ragioni che non trovano riconoscimento da parte degli ordini costituiti o grazia di fronte alle opinioni pubbliche».(3) L’esigenza di passare dal termine rimosso a quello di represso si spiega con la necessità di elaborare un discorso che fosse capace di travalicare i confini della psicologia privata: «Un ritorno del represso reso fruibile per una pluralità sociale di uomini, ma reso innocuo dalla sublimazione e dalla finzione» (IBRF, p. 14). Questo slittamento terminologico resta costante fino al saggio sul Misantropo del 1979, ma con il libro sull’illuminismo riceve un nuovo sviluppo. Se i riferimenti al ritorno del represso nella definizione di forme e contenuti letterari restano costanti, Illuminismo e retorica freudiana include anche il saggio freudiano sul perturbante del 1919. È una mossa che consente di misurare un’evoluzione teorica significativa:

Nell’esempio più esplicito che Freud stesso ci abbia mai fornito di estrapolazione del modello formale, dalla rimozione a qualcos’altro, questo qualcos’altro non è dunque che il superamento razionale di credenze arcaiche, cioè precisamente il processo dell’illuminismo. E la definizione stessa del sinistro come “quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”, presuppone la labilità permanente di un tale superamento, la reversibilità che cova in seno al processo dell’illuminismo […]. (IBRF, pp. 16-17)

Il «ritorno del superato» allarga il concetto di rimozione fino a includere l’irrazionalità delle credenze arcaiche. Come accade per la superstizione, alcune convinzioni irrazionali possono ripresentarsi a dispetto di una evoluzione psichica adulta, testimoniando di un fondo primitivo e arcaico alla base di qualsiasi processo razionale: «L’analisi dei casi in cui compare l’elemento perturbante ci ha ricondotti all’antica concezione del mondo propria dell’animismo, che era caratterizzata dal popolare il mondo di spiriti umani, dalla sopravvalutazione narcisistica dei propri processi psichici, dall’onnipotenza dei pensieri e dalla tecnica della magia che su questa onnipotenza era costruita […]». (4)

In Orlando il discorso psicologico è sempre raccordato alla storia delle idee: «Le primitive credenze relative alle opposizioni fra animato e inanimato, fra mortalità e al di là della morte, ecc., non sono mai state dimenticate e tanto meno rimosse lungo l’evoluzione individuale da bambino ad adulto, come non lo sono state lungo l’evoluzione sociale dalla magia animistica alla civiltà scientifica: sono state piuttosto superate» (IBRF, p. 16). La polemica sulla razionalità che apre il libro si configura allora come una dichiarazione di intenti fondata sulla formazione di compromesso: Freud appare a Orlando come un illuminista capace di ordinare e spiegare logicamente i processi più irrazionali della nostra mente, eppure la reversibilità «che cova in seno al processo dell’illuminismo» (IBRF, p. 17) apre contemporaneamente a quell’irrazionalità (arcaica, mistica, oceanica) insita in ogni prodotto della nostra mente. Il ritorno del superato permette, così, di ampliare le tangenze tra forme dell’inconscio e forme letterarie ed offre un appiglio ideale per ridefinire quel compromesso delicato e reversibile che Orlando vede alla base di tutta la razionalità occidentale, a partire da quella illuministica. Nelle contraddizioni che animano le dinamiche fra illuminismo e barocco, Orlando rilegge l’antinomia che si muove in ogni individuo: universalità e storicizzazione, razionalità e superstizione, legge ed infrazione corrono sempre paralleli.


Note

IBRF à Francesco Orlando, Illuminismo, barocco e retorica freudiana, Einaudi, Torino, 1997.

(1) Cfr. Francesco Orlando, L’intimità e la storia. Lettura del «Gattopardo», Einaudi, Torino, 1998.

(2) È la definizione – apprezzata da Orlando – elaborata da Aron: Thomas Aron, Présentation de Francesco Orlando, ou Une approche freudiane non psychanalytique de la littérature, in Semen I. Lecture et lecteur, «Annales littéraores de l’Université Besançon», n. 278, 1983, pp. 39-63. 

(3) Francesco Orlando, Lettura freudiana della «Phèdre», in Id, Due letture freudiane: Fedra e il Misantropo, Einaudi, Torino, 1990, p. 28. 

(4) Sigmund Freud, Il perturbante, in Id, Opere. 1917-1923, vol. 9, Boringhieri, Torino, 1986, p. 293.

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