Le imposture della “buona scuola”. Il dibattito sull’Appello sulla scuola pubblica/5
È davvero fondamentale, come si afferma nell’Appello per la scuola pubblica, cercare di riportare l’attenzione sulla scuola – un tema centrale per ogni società evoluta, che invece attualmente viene tenuto in scarsa o nulla considerazione nel discorso pubblico – «parlandone e molto, in un’informazione consapevole che spieghi in modo critico i processi in corso». Non c’è nulla di più urgente in un paese come l’Italia, in cui il livello culturale medio rimane molto scarso, e che sconta addirittura, come segnalato più volte con molte solide argomentazioni da Tullio De Mauro, una quota patologica di analfabeti funzionali, vale a dire di persone che non possiedono le conoscenze minime per essere cittadini consapevoli.
Chiunque insegni – tanto nelle scuole di ogni ordine e grado quanto in un qualsiasi corso di laurea – conosce benissimo la condizione critica in cui versa mediamente la preparazione degli studenti in molti ambiti, a cominciare dalla capacità di comprendere e scrivere efficacemente la lingua italiana; anche se non manca mai chi bolla questa constatazione come riflesso di un atteggiamento reazionario (ineluttabilmente, contro ogni richiesta di rigore nell’insegnamento viene citato don Milani, ma travisandone pesantemente le idee).
A questa situazione non ha portato rimedio la cosiddetta legge della “Buona scuola” («un governo che chiama una sua riforma della scuola La buona scuola è come uno scrittore che chiama un suo romanzo Il romanzo bellissimo»: lo notava Paolo Nori). Anzi, molti elementi di quella legge vanno in una direzione contraria: in particolare è devastante l’imposizione dell’alternanza scuola-lavoro, che in modo dissennato sottrae tempo prezioso per l’apprendimento dirottando gli studenti verso attività spesso di nessun valore formativo. Le ultime proposte provenienti del Ministero minacciano di rendere il quadro ancora più fosco: ridurre di un anno il percorso dei licei, diffondere l’uso dello smartphone in classe, abolire i compiti a casa non paiono soluzioni adeguate per migliorare le cose, anche se si troverà almeno qualche pedagogista pronto a sostenere il contrario.
Il degrado delle politiche per l’istruzione è ben rappresentato anche da un aspetto che sarebbe sbagliato considerare marginale: la neolingua adoperata di continuo, in particolare per magnificare le pseudoinnovazioni didattiche. Molto indicativo è soprattutto il lessico adoperato nei documenti ufficiali del ministero, che lascia trasparire con la massima evidenza una ben precisa ideologia economicista e verticistica (la libertà di insegnamento, inequivocabilmente sancita dalla Costituzione, è di fatto cancellata), in sostanza anticulturale. Ecco un esempio che va al di là di ogni immaginazione: «metodologie: project-based learning, cooperative learning, peer teaching e peer tutoring, mentoring, learning by doing, flipped classroom, didattica attiva; peer observation; ambienti di apprendimento formali e informali; rubriche valutative». Questo passo si legge non in un romanzo di fantascienza distopica, ma nel Piano per la formazione in servizio dei docenti. È necessario far capire che dietro la sfilza di pseudotecnicismi (provincialisticamente quasi tutti in inglese) con cui i pedagogisti del Ministero travestono da mirabolanti innovazioni metodologiche concetti nei casi migliori banali (ma a volte francamente stupidi) non c’è nulla: smascherare questa volgare impostura è uno dei compiti che dovrebbe assumersi chi ha a cuore il futuro dell’istruzione.
___________________
NOTE
Immagine di Jim Kazanjian.
{loadmodule mod_custom,Articoli correlati}
Articoli correlati
Nessun articolo correlato.
-
L’interpretazione e noi
-
Legami di Eshkol Nevo: un viaggio tra cuori affamati
-
Un monito per il presente: l’antimilitarismo di Francesco Misiano
-
Su Il popolo è immortale di Vasilij Grossman
-
Breve storia dell’amnesia
-
-
La scrittura e noi
-
Linda
-
Su “Il sessantotto e noi” di Romano Luperini e Beppe Corlito
-
A proposito di L’Avversario di Emmanuel Carrère
-
“L’unico modo che abbiamo per non precipitare nel terrore”. Intervista a Edoardo Vitale
-
-
La scuola e noi
-
Dalle conoscenze, alle competenze, all’affettività: utopia o distopia di una professione?
-
Dante al Buonarroti. Fare esperienza del testo dantesco
-
Matteotti cento anni dopo, fra storia e didattica
-
Politica e cultura: i dilemmi che abbiamo creduto oltrepassare. Verso una nuova stagione di lotte nella scuola?
-
-
Il presente e noi
-
Il convegno di LN: i laboratori/3. Leggere la poesia d’amore medievale nella secondaria di primo e di secondo grado
-
Il convegno di LN: i laboratori/2. Tra narrazione e argomentazione
-
Il convegno di LN: i laboratori/1. Oltre le ideologie del digitale
-
Il convegno di LN: le relazioni/3. La formazione docenti (di letteratura) iniziale e in itinere
-
Commenti recenti
- Giuseppe Muraca su Su “Il sessantotto e noi” di Romano Luperini e Beppe CorlitoPer rimanere nel tema, Pisa è stato uno dei grandi centri del rinnovamento politico e…
- Roberto Bugliani su Su “Il sessantotto e noi” di Romano Luperini e Beppe CorlitoA mio avviso, un ulteriore elemento da valutare (che, basandomi almeno per il momento su…
- Ennio Abate su Su Il popolo è immortale di Vasilij GrossmanUn tema come quello dell’esperienza di “costruzione del socialismo in Urss” o dell'”esperimento profano” (Di…
- Eros Barone su Su Il popolo è immortale di Vasilij GrossmanCaro Corlito, non è la tua recensione, straccamemte sospesa tra filisteismo e liquidazionismo, tutta interna…
- Manola Lattanzi su Dalle conoscenze, alle competenze, all’affettività: utopia o distopia di una professione?Da docente di lettere in un istituto professionale condivido tutto ciò che ha scritto. Sono…
Colophon
Direttore
Romano Luperini
Redazione
Antonella Amato, Emanuela Bandini, Alberto Bertino, Linda Cavadini, Gabriele Cingolani, Roberto Contu, Daniele Lo Vetere, Morena Marsilio, Luisa Mirone, Stefano Rossetti, Katia Trombetta, Emanuele Zinato
Caporedattore
Roberto Contu
Editore
G.B. Palumbo Editore
Lascia un commento