
Il decreto sull’integrazione: un commento di Dario Ianes
Il Decreto sull`inclusione (sarebbe giusto dire sull`integrazione) degli alunni con disabilità non è soltanto un` occasione persa per tentare di evolvere alcuni processi fondamentali, rappresenta per alcuni aspetti un significativo regresso. Culturale innanzitutto, dato che rimangono centrali i poteri di un modello antropologico sostanzialmente medico, anche se orientato ad ICF, come vedremo più avanti, e la figura speciale dell`insegnante di sostegno. Evolvere un approccio culturale alla disabilità in un`ottica davvero inclusiva era certo chiedere troppo.
Verso due fratture strutturali: separazione tra gradi di scuola e fra insegnanti
I semi del regresso sono ben distribuiti, anche nel decreto sulla formazione e reclutamento dei docenti della secondaria, che va letto in parallelo. Con questi due decreti si allontanano sempre di più due mondi: quello della scuola dell`infanzia e primaria e quello della secondaria. Si allontanano per i percorsi formativi universitari, che potevano essere avvicinati nella composizione dei piani di studio, e per l`assenza di un fattore di qualità per i processi di integrazione e cioè le ore settimanali di programmazione collegiale. Si allontanano anche per un altro fatto: i percorsi formativi post concorso alla secondaria (FIT) sono divisi tra percorso per insegnanti normali e percorso per insegnanti di sostegno, diversamente dalla primaria. Questa divisione strutturale incentiverà meccanismi di deresponsabilizzazione tra gli insegnanti curricolari, che molto probabilmente delegheranno ai colleghi di sostegno la questione integrazione, con esiti negativi in termini di partecipazione e appartenenza al gruppo classe.
Queste due fratture sono elementi strutturali negativi, anti-inclusione.
Il profilo di funzionamento e altre occasioni
Un aspetto positivo importante va segnalato e reso concreto. I processi di individualizzazione poggeranno su una nuova pratica conoscitiva: il “Profilo di funzionamento” dell` alunno con disabilità frutto della collaborazione interdisciplinare tra commissione medica, famiglia e scuola, utilizzando l`approccio antropologico biopsicosociale ICF dell`OMS. Finalmente! In questo modo si avvia un parziale superamento di una visione individuale-medica della disabilità, valorizzando i ruoli dei contesti di vita e di apprendimento. Vedremo come si potrà costruire questa collaborazione virtuosa tra servizi sanitari, sociali, scuola e famiglia, collaborazione spesso oggi difficile se non assente. Altri aspetti positivi sono certamente la valorizzazione del ruolo della famiglia, l`importanza data ad un PEI condiviso e collaborativo, il ruolo strategico dell`inclusione nel POF e nell`autovalutazione e le istituzioni collegiali GLIR e GLI.
Un lungo elenco di cose che non vanno
L`elenco di altri aspetti negativi è più lungo e può risultare noioso: il Piano Annuale dell`Inclusione viene indebolito, mancano CTS e CTI, mancano riferimenti ad esperienze innovative di supporto metodologico territoriale peer-to-peer, mancano spinte ad una didattica innovativa inclusiva a livello di classe, mancano riferimenti alla formazione in servizio degli insegnanti e dirigenti (solo i collaboratori dovranno formarsi…), mancano elementi certi e ragionevoli di continuità (con buona pace delle richieste dei familiari…), mancano fondi per l`Osservatorio nazionale, mancano strutture di generazione e analisi di Big data significativi, mancano Livelli Essenziali di Qualità esigibili, ma altri due aspetti negativi meritano un riferimento più dettagliato.
Il GIT e la prossima specializzazione per il sostegno alla primaria
Si istituisce il GIT (Gruppo Inclusione Territoriale) che dovrebbe “verificare” le richieste di ore di sostegno fatte dal dirigente sulla base del profilo di funzionamento /PEI, per poi inoltrarle all`USR. Data la composizione del GIT a me sembra ovvio il mandato di “valvola” di riduzione del flusso di richieste di ore di sostegno, in un`ottica di riduzione della spesa.
La prossima specializzazione per il sostegno nella primaria è un capolavoro di chiarezza: il futuro corso sarà di 60 cfu, ma gli aspiranti, solo laureati in Scienze della formazione primaria, dovranno portare in dote altri 60 cfu sui temi dell`inclusione, altri da quelli fatti nel corso quinquennale di laurea. Quali? Ma nelle pieghe del testo si intravede già la possibilità di riconoscere i crediti del percorso di laurea, ma sono interpretazioni. E dove è finita allora la tanto sbandierata volontà politica di realizzare specializzazioni molto più potenti, soltanto per raccogliere i voti dei familiari preoccupati per la competenza dei “loro” insegnanti di sostegno?
Più formazione solo per pochi e separazione strutturale tra insegnanti normali e di sostegno saranno fattori negativi per la qualità dei processi di integrazione.
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