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Dopo Riportando tutto a casa, Nicola Lagioia torna con La ferocia, romanzo incentrato sulla parabola di una famiglia borghese di Bari, i Salvemini.

Il testo si apre in medias res con un piano sequenza di stampo cinematografico: una ragazza nuda e ricoperta di sangue attraversa un giardino notturno e si ritrova a camminare nel centro della strada statale dove viene investita da un camion; qualche ora dopo, il corpo verrà ritrovato ai piedi di un autosilo così che la causa della morte sarà ricondotta ad un suicidio. L’atmosfera noir è in sintonia con l’immagine in bianco e nero della copertina e con la citazione iniziale di Niels Bohr; tuttavia nelle pagine successive il narratore attua uno scarto rispetto alle aspettative del lettore: la morte della ragazza, Clara Salvemini, figlia di un influente costruttore edile, permette di aprire uno spaccato sull’anaffettività dell’ambiente familiare e sui rapporti di potere che agiscono all’interno della buona borghesia. L’unico a non capacitarsi della tragica scomparsa di Clara è Michele, il fratellastro: frutto di una relazione extraconiugale, Michele è per nascita estraneo alla famiglia, distacco che viene marcato ulteriormente dalla sua malattia (una lieve forma di schizofrenia) e da una vocazione letteraria che sfocia in un’attività giornalistica altalenante. Tornato a Bari dopo dieci anni di assenza, Michele, guidato dal fantasma di Clara, cercherà di ricostruire il passato della sorella, fino allo scioglimento dell’enigma iniziale.

Il romanzo, suddiviso in tre parti (Chi sa tace, chi non sa parla; Divenni pazzo con lunghi intervalli di sanità mentale; Tutte le città puzzano d’estate) si compone di frammenti narrativi in cui, di volta in volta, cambia la collocazione temporale e la focalizzazione: i rimandi ad episodi già raccontati si configurano come degli indizi utili al lettore per la ricomposizione del quadro complessivo. La narrazione è intervallata da parti testuali in cui lo sguardo del narratore passa dal mondo umano al regno animale, parallelismo che suggerisce come la violenza a cui l’uomo giunge possa essere paragonata a quella delle bestie. Tuttavia nell’Italia corrotta e contaminata descritta da Lagioia i personaggi sono deboli e squallidi, portati ad agire sulla spinta esclusiva del tornaconto personale e incapaci di provare sentimenti atavici forti, quali la ferocia: la stessa famiglia Salvemini, di fronte alla perdita di una figlia, si dimostra impermeabile al dolore e al lutto; solo gli affari sono in grado di turbare la quiete familiare.

La fedeltà al postmoderno, dichiarata dallo scrittore stesso in una intervista (Allegoria, 2008), può essere rintracciata quasi esclusivamente nel pastiche dei generi letterari e nell’ibridismo tra scrittura e cinema che sfocia in una prosa veloce, a tratti poco chiara. Rispetto alle prime opere, Riportando tutto a casa e La ferocia riflettono un progressivo abbandono da parte dell’autore delle forme postmoderne a vantaggio di una rappresentazione storica della realtà. Tuttavia, se Riportando tutto a casa riusciva a trasmettere la portata degli avvenimenti in atto nell’Italia degli anni Ottanta e il passaggio ad una fase storica altra rispetto alla precedente, ne La ferocia le contraddizioni dell’Italia di oggi perdono ogni intensità. I drammi dei nostri giorni, come la corruzione, l’uso personale del potere politico, la distruzione ambientale, vengono descritti in maniera banalizzante attraverso l’adozione di stereotipi e di modi di dire diffusi dai mass-media. Un esempio può essere individuato nello scioglimento del mistero che ha dato avvio alla narrazione: la violenza che ha portato alla morte di Clara non viene mai raccontata, ma solo accennata e risolta nella definizione di «situazione sfuggita di mano»; eppure nel passato che Michele riporta a galla il destino e il caso sembrano essere del tutto ininfluenti rispetto alle responsabilità dei singoli.

Il raggiungimento della verità, nonostante alcune interpretazioni – come quella pubblicata in «404» –, non porta a nessuna redenzione né catarsi: nella sua aspirazione a farsi libro-mondo, La ferocia sembra non riuscire a rispondere alla domanda di senso posta dallo spaccato dell’Italia contemporanea, incarnato nella genesi e nella caduta dei Salvemini così che il risultato finale è una sorta di Twin Picks di ambientazione barese.

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