Occupare, disoccupare. Non è questo il problema
Questo intervento ha due interlocutori: la sofferta e raziocinante identificazione di Daniele Lo Vetere con gli adolescenti d’oggi, il silenzio dei miei alunni di quinta durante i giorni delle occupazioni.
Format a sazietà
Da quando il governo Renzi si occupa di scuola, il dibattito su di essa, che negli anni della contrapposizione tra centrodestra e centrosinistra è stato presentato (ma non agito) come dilemmatico, ha subito una “invalsizzazione”. Alla scuola italiana degli anni zero si rivolgono domande orientate a confezionare risposte predefinite. Nel senso che la risposta giusta esiste già, è soltanto necessario reperirla addestrandosi un po’, acquisendo le giuste competenze. Secondo questa impostazione non conta più la qualità degli argomenti, ma la loro aderenza a format predefiniti. La cornice, come in un power point, è già disegnata; la struttura e la macrologica non sono modificabili, si tratta solo di personalizzare i dettagli, di scegliere A anziché B, ben sapendo che né A né B altereranno il quadro d’insieme (come in effetti già era negli anni del centrosinistra e del centrodestra).
L’esempio più lampante è fornito dalla consultazione sulla Buona Scuola, a proposito della quale vorrei mostrare il questionario messo a punto dall’USR di Palermo. Si tratta di un uso della burocrazia (e dell’obbedienza ad essa) come metafora.
CONSULTAZIONE
RAPPORTO LA BUONA SCUOLA
La consultazione è rivolta a tutte le componenti del mondo della scuola famiglie, personale, studenti organizzazioni, enti e associazioni portatori di interessi nei confronti del sistema scolastico e riguarda l’intero Rapporto LA BUONA SCUOLA, visibile e scaricabile su https://labuonascuola.gov.it/#consultazione, https://labuonascuola.gov.it/commento-rapido/nuovo).
I destinatari della consultazione sono chiamati ad evidenziare nella seguente tabella, i punti di forza e le criticità su uno o più argomenti di interesse e a fornire suggerimenti e proposte utilizzando anche le macro aree di osservazione sotto indicate.
Restituire il suddetto Allegato A, debitamente compilato, entro e non oltre il 24 ottobre 2014, ai seguenti indirizzi di posta: progettieuropei.pa@istruzione.it“>autonomia.usp.pa@istruzione.it;progettieuropei.pa@istruzione.it
Denominazione istituzione scolastica |
Cod. mecc. |
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Aree di osservazione |
PUNTI DI FORZA |
CRITICITA’ |
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Organico funzionale e superamento del precariato |
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Autonomia, responsabilità e valutazione delle istituzioni scolastiche |
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Reclutamento, formazione, merito e valutazione degli insegnanti |
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Indicazioni per lo Sblocca Scuola |
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Rapporto fra il sapere scolastico e il mondo del lavoro |
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Inclusività e qualità della scuola |
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Altro |
OSSERVAZIONI – PROPOSTE1
Ecco, in questa esecuzione di direttive a cascata mi pare siano evidenti le pieghe politiche prese oggi dal dibattito sulla scuola: una concezione della discussione computazionale, la messa a punto di un sistema di confronto binario, in cui si può essere pro o contro, ma non si possono pronunciare, se non in forma residuale e dichiaratamente minoritaria distinte alternative («osservazioni e proposte» vanno rigorosamente in calce). L’uso disinvolto delle istituzioni per far sondaggi d’opinione per conto terzi (più che per il governo, qui sembra per assecondare la linea comunicativa di un manipolo di persone). La conversione dei docenti, delle famiglie e degli studenti in consumatori perfetti che compilano schede di gradimento utili a ridisegnare i servizi loro offerti. E su tutto l’egida di un design politico che vuota i contenuti nelle forme di un discorso liquido e sinuoso: il dissenso è ammesso, il consenso è ammesso. Anzi, si può essere contemporaneamente in accordo e in disaccordo. Basta mettere ̔si̕ in alcune caselle e ̔no̕ in altre.
Di qui credo scaturisca quel senso di sazietà che ci ha tutti pervaso: la consultazione è stata un flop, le mobilitazioni sono state un flop, le occupazioni sono state un flop. Del resto chi si può appassionare a un dibattito così impostato in cui non sembra esserci nessuna posta in gioco, o meglio in cui il gioco conta molto più della posta? Il dibattito sulla Buona Scuola voleva appassionare o sopire? Temo la prima cosa, il che vorrebbe dire che chi lo ha sollecitato è un consumatore di novità annoiato tanto quanto noi.
Carnevale discount
Le occupazioni sono un rito. Su questo c’è poco da discutere. E tutti i riti possono essere praticati da veri credenti con nobili intenzioni e da conformisti con esili propositi. La cosa che però mi sembra davvero interessante è cercare di capire come mai le occupazioni siano diventate un rito. Quando è successo che la protesta giovanile è diventata, con buona pace di residuali gruppi di studenti consapevoli e sinceri, folclore? Non è stato in un giorno. Anche se è sempre in un sol giorno che tutto diventa chiaro. Credo che il giorno in cui la ritualizzazione e la completa domesticazione delle occupazioni siano apparse evidenti a tutti possa coincidere (senza con ciò dare troppa importanza ad epifenomeni che non ne hanno) con le esternazioni di Faraone, che ha provato – con un intento manipolatorio tanto candido quanto cinico – a mettere a frutto quasi trent’anni di semina. Ci sono voluti infatti quasi trent’anni, e non senza battute d’arresto in cui davvero si è creduto che i movimenti della conoscenza potessero scardinare assetti politici e poteri economici (si pensi alla Pantera, all’Onda o ai Movimenti dei ricercatori), perché il sistema politico italiano imparasse ad utilizzare le occupazioni come i sovrani rinascimentali usavano il carnevale.
Al proposito Lo Vetere ha menzionato le parole di Faraone: «non basta il suono di una campanella per fermare l’energia che si crea, cresce e muove in una scuola per poi contagiare il mondo fuori» e le ha definite«lievito di un nuovo senso politico coerente» che scende giù su «frantumi di speranze sincere, approssimazioni adolescenziali, contraddizioni consapevoli e inconsapevoli». Il sottosegretario che benedice i giovani ribelli come il re accettava lo scoronamento per un sol giorno è una figura archetipica del disordine soggiogato a forma d’ordine, del potere che seduce e riduce. Se non fosse che questa antica forma di potere, questo tentativo di presa del consenso dal basso e di traverso si salda ad una concezione della vita come attraversamento di discount in cui persino il potere diventa accessorio.
In una seconda intervista è stato chiesto a Faraone se si aspettasse tanto clamore a seguito delle sue dichiarazioni. Il sottosegretario ha risposto così:
«Mi aspettavo che raggiungesse l’obiettivo per il quale ho deciso di scriverlo: aprire un dibattito sul tema della scuola che il governo ha messo al centro della sua azione». Più che di strumentalizzazione politica si tratta quindi di reclame pubblicitaria.
Che vi sia un’incorporazione del discorso politico in quello che Lacan chiama e Recalcati riprende2 come il «discorso del capitalista» me lo ha mostrato infine la mia quinta, che nei giorni delle occupazioni si è divisa in gruppetti di neutrali, contrari (ma mai fino al punto di prendere la parola in pubblico), obbedienti ai consigli dei professori e dei genitori e tergiversanti (nel senso che pur essendo sfavorevoli erano attratti dal movimento a scuola, come uno stuolo di curiosi lo è di fronte a uno spettacolo per strada). In realtà i miei alunni non avevano voglia né di occupare, né di non occupare. Non avevano voglia. Ne hanno già viste almeno quattro di occupazioni e sanno come va a finire. Studiano in un professionale, hanno davanti il mondo del lavoro e si preparano a divenire adulti con pochi obiettivi a corto raggio e tutti personali. D’altronde troppe volte, sin da quando erano molto piccoli, si è suscitato in loro il desiderio per poi lasciarlo cadere. Molto gli è stato offerto in promessa e ogni promessa è stata disattesa per far largo a quella successiva. Il mondo abbagliante e desiderabile che abitano rende, per saturazione e sazietà, terribilmente inutili le loro scelte (un po’ come le nostre sulla Buona Scuola…) al punto che se proprio devono scegliere, i miei alunni preferiscono non desiderare. Dall’eccesso di desideri e dall’infinita possibilità di opzioni e posizioni loro offerte ormai si smarcano con atonia. Per questo il loro è un attraversamento della vita tendenzialmente solitario e girovagante. Che se ne fanno di un’ulteriore dose di concessioni e di altra libertà? Gli è già molesta quella che hanno. Il re scoronato è una figurina del reparto carnevale di un immenso discount.
Desiderio atono
In queste condizioni storiche, rabboniti da adulti per lo più amichevoli e sornioni che si rifiutano di far da bersaglio e che con mossa contraria al loro compito educativo si identificano con chi è più piccolo di loro (e non retoricamente come fa Lo Vetere nel suo articolo), per gli studenti di questi ultimi anni il problema non è più occupare o disoccupare o per quali ragioni fare l’una o l’altra cosa. Il problema è il desiderio atono che li accompagna nell’uno e nell’altro caso. Di questa atonia sono al medesimo tempo sintomi correlati: la forzatura della scuola ad un dibattito pubblico asfittico e preconfezionato sul suo futuro, la ricerca dell’effetto attraverso rovesciamenti anticonformistici e le boutade pubblicitarie del sottosegretario, la ritualità masturbatoria delle occupazioni. Rimane interessante il fatto che il desiderio atono degli adolescenti si sprigioni soprattutto a scuola, quasi che questa sia l’ultimo luogo ideale nel quale ancora evocarlo collettivamente seppure inutilmente.
Questa chiave di lettura è indirettamente reperibile nel bel libro di Recalcati, L’ora di lezione:
“il volto ipermoderno della scuola non assomiglia per nulla a quello del tribunale morale che deve sentenziare sui destini dei giovani, ma pare più simile a quello che Pasolini ha definito: “il nuovo fascismo della società dei consumi”; è un volto che perde i suoi contorni, impalpabile, assente, abitato non dallo sguardo sempre aperto del Grande Fratello, ma dagli occhi vuoti di un soggetto depresso.”
Ed ancora:
“Il problema della Scuola nel nostro tempo è che del suo compito educativo resta solo una carcassa svuotata di ogni linfa vitale, poiché la fabbricazione della vita avviene nel regime più esteso di un totalitarismo che si esprime attraverso il potere ipnotico-seduttivo dell’oggetto di godimento offerto illimitatamente dal mercato”3.
Al completo trionfo del «discorso del capitalista» i ragazzi rispondono allora con il silenzio, con lo spossamento, con la mancanza di slancio, di progettualità e con una perdita secca di vitalità che è tristemente anche una sottrazione di giovinezza. Un furto. Per questi motivi ho trovato in fondo eloquente e provocante il silenzio della mia quinta che non sente più buono per sé nessun discorso e che non ha parole da opporre. Il loro vuoto mi interroga. In modo diverso, ma per ragioni di fondo simili, sono stata risollevata anche dalla ridda preoccupata di ipotesi e ragionamenti di Daniele Lo Vetere che si fingeva adolescente con una sensibilità angosciata del tutto estranea agli adolescenti. Credo infatti che solo questo tipo di perplessità e di estraneità possano rispondere a quel tipo di silenzio. Sono sempre più convinta con Andrea Bajani che «servono insegnanti che si assumano la responsabilità politica di insegnare a immaginare un nuovo mondo»4. Qualcuno disposto ad imparare da qualcun altro disposto ad insegnare già c’è.
_______________________
NOTE
1 Il modello continua riassumendo in dodici entusiastici slogan la proposta del governo. Per esemplificare il tono del documento riporto solo i primi tre punti:
1. MAI PIÙ’ PRECARI NELLA SCUOLA
Un piano straordinario per assumere 150 mila docenti a settembre 2015 e chiudere le Graduatorie ad Esaurimento.
2. DAL 2016 SI ENTRA SOLO PER CONCORSO
40 mila giovani qualificati nella scuola fra il 2016 e il 2019. D’ora in avanti si diventerà docenti di ruolo solo per concorso, come previsto dalla Costituzione. Mai più ‘liste d’attesa’ che durano decenni.
3. BASTA SUPPLENZE
Garantire alle scuole, grazie al Piano di assunzioni, un team stabile di docenti per coprire cattedre vacanti, tempo pieno e supplenze, dando agli studenti la continuità didattica a cui hanno diritto.
2M. Recalcati, L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento, Einaudi 2014.
3 M. Recalcati, Ivi, pp. 11-12.
4 A. Bajani, La scuola non serve a niente, Laterza, Roma-Bari 2014.
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Caporedattore
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G.B. Palumbo Editore
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