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Insegnare la letteratura oggi/2. Intervista a Carla Sclarandis

A cura di Emanuela Annaloro

E. A. : il titolo della locandina dell’incontro che si terrà a Milano il prossimo 14 marzo recita Insegnare la letteratura oggi. Vorrei segmentare questo titolo in tre parti e chiederti:

E.A. L’insegnamento della letteratura nelle nostre scuole su cosa poggia? Su di un nucleo condiviso di contenuti e di valori negoziati dal canone della nostra tradizione? Sulle forme di un immaginario condiviso? Sulla ricerca di significati che lo studio letterario sa alimentare? O molto più prosaicamente su abitudini e rituali burocraticamente scanditi?

C.S. L’aggregazione delle materie affini presupposta dalla normativa vigente – di cui si percepisce un riflesso anche nell’assegnazione delle cattedre da parte dei dirigenti – è spia di una trasformazione profonda della scuola media superiore, compresi i licei classico e scientifico, verso una scuola di base, dove le singole discipline hanno una identità solo parzialmente contigua a quelle che si insegnano e si studiano nelle università. Raggruppate in un unico asse culturale, esse devono trovare uno spazio specifico in funzione di competenze trasferibili, in quanto capaci di incidere su processi psico-cognitivi durevoli. Il loro peso, piuttosto che dall’incontestabile valore culturale, sedimentato nel tempo lungo della storia, è definito in rapporto a obiettivi metadisciplinari.

E.A. Per precisare il senso della prima domanda, forse può essere utile introdurne una seconda. A cosa serve la letteratura? Quale può essere la sua funzione oggi?

C.S. Studiare letteratura serve non tanto per sapere chi sono stati Dante e Boccaccio, Petrarca e Leopardi, Machiavelli e Galilei e via elencando, ma per qualcosa d’altro. Questo qualcosa d’altro oggi nessuno sa dirlo in una forma più aggiornata della bruneriana distinzione fra il pensiero argomentativo e narrativo. Da insegnanti sappiamo che lo studio della letteratura è importante e interviene nella crescita dei nostri studenti, anche quando questi si dimenticano quasi tutto ciò che cerchiamo di insegnare loro sugli autori e le loro opere.

E.A. Oggi la scuola è sottoposta ad una egemonia culturale performativa, valutativa, economicista. In essa i valori umanistici mediati dalla letteratura appaiono sempre più marginali e residuali. Tale egemonia è talmente forte che anche dal basso, presso gli studenti, vengono a mancare i principi basilari di legittimazione dell’azione di un docente di lettere. L’insegnante di letteratura italiana non mostra come si fa un mestiere, non spiega nulla di utile, parla di un mondo che non c’è più (o non c’è ancora); che senso ha il suo lavoro oggi?

C.S. Anche per questa difficoltà a ridefinire la nostra letteratura al di fuori di una prospettiva identitaria in senso storico e culturale e – soprattutto – per la nostra incapacità di insegnanti a “processualizzarne” l’insegnamento, la letteratura fatica a trovare un nuovo riposizionamento nell’ultima parte del curricolo. Eppure se i docenti fossero meno umiliati da una retorica pubblica insistente sulla loro inadeguatezza e trovassero ancora la forza di mettersi in gioco, questo sarebbe un momento interessante per tentare strade davvero nuove per la letteratura quale agente di cittadinanza planetaria. Le nostre classi, in cui siedono ragazzi provenienti da tutto il mondo, dovrebbero diventare un laboratorio eccezionale per verificare la tenuta dell’umanesimo nello spazio quotidiano dell’incontro fra persone reciprocamente “illetterate”, senza l’aura che circonda le “repubbliche delle lettere” dei dotti.

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