Blaise Pascal e l’umanità resiliente / Letteratura e bisogni speciali 5
Pascal e la malattia
Blaise Pascal (1623-1662) ha soltanto 39 anni quando si spegne a Port Royal; scienziato, filosofo, uomo di fede, giansenista, inventore della calcolatrice e anche del trasporto pubblico fu una personalità profondamente umana, travagliata da contraddizioni e logorato dalla malattia. A distanza di 350 anni sentiamo ancora il suo grido di dolore, la sua umanità ferita, la sua ricerca della verità nella lotta quotidiana contro la malattia e la morte. Senza togliere nulla al genio filosofico e scientifico di Cartesio non v’è dubbio che la figura di Pascal ci appare più prossima, per le sue debolezze e la ricerca permanente del senso della vita.
Durante le fasi acute della sua malattia Pascal scriverà su dei frammenti di carta quello che diventeranno dopo la sua morte I Pensieri; frammenti di un dialogo con se stesso e con Dio che c’interpella ancora oggi per la sua intensità. Pascal rimane nel panorama filosofico una figura unica e toccante, di fede e di scienza. Si sentiva prossimo all’umanità, incontrava poveri e sofferenti. Con la fede sfiorava l’infinito e intraprendeva una ricerca incessante e disperatamente irraggiungibile dell’assoluto. Nella figura di Cristo, letta attraverso la dottrina giansenista, vedeva la sintesi dell’infinito e del finito, s’identificava con le sofferenze di Gesù, con il suo corpo ferito e questo gli permetteva di lottare contro la malattia, anzi di accompagnarla e considerarla come una compagna di viaggio capace di fargli toccare la verità. All’età di 18 anni, durante una prima crisi che lo colpisce duramente (provocando una forma di paralisi) scrive una Preghiera per chiedere a Dio il buon uso delle malattie dove lo ringrazia per avere potuto tramite la sofferenza andare in fondo all’essenza stessa dell’infinito e avere in questo modo trovato una nuova forza in essa. La preghiera del giovane Blaise Pascal è insieme intensa e straziante, si sente l’uomo che prova dolore:
fate Signore che sappia come sono ridotto conformarmi alla vostra volontà: malato come sono, vi glorifico con le mie sofferenze. Senza di esse non potrei raggiungere la gloria; anche voi, mio Salvatore, ci siete arrivato così. E’ dai segni delle vostre sofferenze che siete stato riconosciuto dai vostri discepoli. Riconoscetemi come vostro discepolo attraverso i mali che devo sopportare sia nel corpo che nello spirito a causa delle mie offese.(…) Entrate nel mio cuore e nella mia anima, per condividere il mio dolore.
Pascal e l’educazione familiare
Blaise Pascal perde sua madre quando aveva tre anni; viene cresciuto da suo padre Etienne, magistrato locale, che appartiene alla borghesia di Clermont-Ferrand in Auvergne. Ha due sorelle, Gilberte la più grande e Jacqueline più giovane di lui. Negli affetti la mancanza della figura materna viene compensata dall’amore e dalla cura delle sue sorelle, ma anche dalla presenza di Louise Delfaut che rimane 20 anni con la famiglia Pascal; inoltre il padre Etienne si mostrerà insieme benevolo e rigoroso nei suoi confronti. Il padre interessato dallo studio della matematica e dalle scienze diventa il primo maestro e l’educatore del figlio. Scrive Emile Boutroux in una bella biografia dedicata a Pascal:
Gli insegnò il latino secondo un proprio metodo, dove la grammatica latina era collegata alla grammatica generale, come si deduce dall’osservazione delle lingue e delle leggi della mente. La storia e la geografia erano oggetto di dialoghi costanti, durante e dopo i pasti. Etienne aveva inventato anche dei giochi per aiutare Blaise ma anche le figlie nel loro percorso di studio. E’ a tavola che iniziava suo figlio alla filosofia.
In questo modo il bisogno del piccolo Blaise di comprendere e di ricercare si svegliò rapidamente; le scienze avevano in questa educazione un posto centrale; il piccolo Pascal si applicava con intensità alla matematica perché la considerava come ‘segno della verità’. Inoltre Etienne riunisce a casa sua scienziati e pensatori; in quelle riunioni si discute di questioni scientifiche, riunioni alle quali partecipano Blaise e le sorelle. Durante questi incontri impara in questo modo a riflettere e a dare il suo punto di vista sulle questioni dibattute. Etienne porta anche suo figlio alle famose conferenze organizzate da Padre Mersenne; che furono alle origini dell’Accademia delle scienze in Francia. Vi si discute di esperimenti e d’invenzioni, in questi circoli si apprezza di più la scienza matematica di Galileo e non si tollera l’ingerenza dell’inquisizione romana in questioni scientifiche che hanno a che fare con la ragione critica. E’ in quel periodo che all’età di 14 anni Blaise legge i Saggi filosofici di Cartesio; il padre lo porta anche alla conferenza di presentazione e ai dibattiti che ne seguiranno. E’ durante questo vero tirocinio che Blaise sviluppa la sua straordinaria intelligenza; dimostra di avere un pensiero rigoroso basato sulla dimostrazione e la sperimentazione. Gilberte scrive nella biografia dedicata al fratello:
Dal momento che mio fratello fu in età di parlare, dimostrò tutti i segnali di uno spirito straordinario per i discorsi che faceva, ma soprattutto per le domande che poneva sulla natura delle cose, domande che sorprendevano tutti.
Etienne insegna a suo figlio il latino e il greco nonché l’italiano; ma quello che caratterizza il giovane Pascal è la sua capacità di ragionamento rigoroso e di profonda meditazione. Nella famiglia Pascal il merito, il senso del dovere e dell’onestà intellettuale e morale hanno molta più importanza che l’arte di apparire e la reputazione esteriore. Si può dire che Pascal riceve da suo padre un modello d’integrità morale che si accentuerà nel suo incontro con la dottrina giansenista.
Pascal, la teologia, la scienza
Blaise si lancia nelle ricerche matematiche e meccaniche; a 16 anni scrive un Saggio sui coni che non fu mai pubblicato, ma di cui Leibniz, che ne ebbe dei frammenti tra le mani, affermò essere uno studio di grande importanza. Pascal è affascinato dal calcolo infinitesimale di cui può essere considerato l’inventore; vede nel calcolo la possibilità di trovare i principi dell’infinito. Per aiutare suo padre nel suo lavoro inventa una macchina a calcolo che riduce a movimenti regolari tutte le operazioni aritmetiche (1642); collega la matematica alla fisica e quando inventa il principio della calcolatrice ha solo 18 anni.
Ma il giovane Pascal comincia a mostrare i primi dolori; mal di testa terribili, paralisi parziali degli arti inferiori e problemi di alimentazione in seguito a forti dolori addominali. La sorella Gilberte che scriverà una biografia del fratello afferma che proprio a quell’età Blaise ha una ‘forte crisi nervosa’ con degli attacchi di paralisi parziale; deve spostarsi con delle stampelle, le sue gambe e i suoi piedi sembrano freddi come il ghiaccio. Il padre e le sorelle tentano di convincere Blaise di prendere i rimedi prescritti da alcuni medici, ma lui si rifiuta. Tentano di convincerlo a lasciare gli studi per un po’ ma anche qui non accetta, anzi afferma che lo studio, la matematica, le sue ricerche di fisica e le sue sperimentazioni gli permettono di sentire meno dolore. Nel 1646 Etienne è costretto a stare fermo a letto per una convalescenza in seguito ad una frattura al femore; viene curato da due medici di Rouen che sono anche giansenisti. Questi danno da leggere a Blaise Il discorso sulla riforma dell’uomo interiore di Cornelius Jansen detto Giansenio (1585-1638), teologo e vescovo fiammingo di Ypres che sostiene che l’uomo è corrotto e che solo la grazia di Dio può salvarlo dai peccati. Etienne e le sorelle di Blaise leggono assieme anche l’Augustinus diffuso da Antoine Arnauld, teologo e insegnante alla Sorbona. I gesuiti reagiscono contro Arnaud che vedono come un pericolo per il loro potere, la sorella di quest’ultimo fonda il monastero di Port Royal des Champs (vicino Parigi) che diventa con l’abate Saint Cyran il maggiore centro di diffusione della dottrina giansenista in Francia. La famiglia Pascal entra in contatto con la spiritualità dei giansenisti e la loro opposizione allo strapotere dei gesuiti.
E’ in quel medesimo periodo che Blaise svolge le sue ricerche sul vuoto, in seguito alla lettura dei lavori di Torricelli. Compie una serie di sperimentazioni (1647-1654) con diversi strumenti; una di queste gli permette di stabilire la realtà del vuoto e della pressione atmosferica nonché una teoria generale sui liquidi. Nel 1651 muore Etienne e Blaise si trova a gestire la domanda della sorella di entrare come monaca a Port Royal, pur condividendo le teorie gianseniste Pascal non è convinto. Ma non volendo opporsi al volere della sorella la lascia entrare in convento; Blaise vive la morte del padre e l’ingresso di Jacqueline in convento come uno strappo affettivo, entra in depressione e si ammala. Torna allora a Clermont-Ferrand dove mescola le sue ricerche sperimentali con la lettura dei mistici come San Giovanni della Croce. Ma Blaise oscilla tra la vita profana, la scienza e la fede mistica. Jacqueline gli rimprovera di condurre una ‘vita inutile’ e superficiale. Un altro trauma colpisce Pascal: nel 1654 il suo calesse rischia di scivolare dal Pont di Neuilly nella Senna; il cavallo annega ma il calesse si salva. Pascal sviene e rimane in coma per 15 giorni. Al suo risveglio Blaise afferma di avere avuto una illuminazione, si reca a Port Royal dalla sorella e vi soggiorna per 15 giorni condividendo la vita della monache. Pure immerso nei testi sacri e in quelli dei mistici non interrompe le sue esperienze scientifiche: considera che fede e ragione possano convivere, ritiene che la fede riguarda l’infinito e la scienza il mondo finito.
Pascal, politica, educazione
Tra il 1656 e il 1657 scrive Le provinciali, pubblicate sotto lo pseudonimo di Louis de Montalte. In queste lettere inventa un dialogo con un gesuita sulle tesi di Giansenio: si tratta di una opera di lotta politica e anche di grande rigore logico e morale. Pascal mette sotto accusa con il ragionamento la condanna del giansenismo fatta dalla Sorbona, dalla Chiesa cattolica e dai gesuiti. Blaise dimostra il suo coraggio nell’opporsi al potere politico e al tentativo di reprimere la voce dissidente dei giansenisti. Si può affermare che qui inizia (seguendo, anche se in modo diverso, le orme di Etienne de La Boétie e Montaigne) la linea dei grandi intellettuali francesi che difendono la verità e la libertà di pensiero contro il potere.
Scrive anche in quel periodo i suoi Elementi di geometria e sviluppa un metodo pedagogico per l’insegnamento della matematica ed anche un metodo (che condivide con la sorella Jacqueline) per l’insegnamento della lettura per i bambini che frequentano le ‘Piccole scuole di Port Royal’. Pascal si reca spesso a Port Royal per insegnare a leggere, scrivere e fare dei conti ai bambini, apre anche la sua casa a “’bambini cenciosi” poveri per insegnare loro i rudimenti della lettura e della scrittura. Inizia a studiare “un nuovo metodo per insegnare a leggere facilmente in tutte le lingue”. Pascal dimostra delle doti pedagogiche sorprendenti: osserva che il metodo naturale per insegnare la lingua compreso la lettura, parte sempre dalla pronuncia e dalla fonetica associata alle parole viste come dei segni del suono pronunciato. Fa leggere a voce alta dei piccoli testi anche se gli alunni non ne capiscono subito il senso, poi li collega con gli oggetti e le azioni. Qui Blaise anticipa Ovide Decroly, il pedagogista belga dei primi del 900′, e il suo metodo globale di apprendimento della letto-scrittura. Eppure le condizioni fisiche di Blaise stanno peggiorando di giorno in giorno, vi sono giorni in cui non riesce a camminare, è vittima di forti febbri e mal di testa. Ecco come Gilberte descrive lo stato fisico e di salute di Blaise:
Tuttavia mio fratello,(…), era divorato da malattie continue che andavano sempre aumentando. Ma siccome non conosceva altra scienza che la perfezione, trovava una grande differenza tra questa e quella che aveva preoccupato il suo spirito fino a quel momento, mentre le sue indisposizioni ritardavano il progresso degli altri, queste ultime al contrario lo perfezionavano per la pazienza ammirevole con la quale le sopportava.
Pascal e l’umanità resiliente
Tramite il suo stato di salute Pascal osserva che le “ragioni del cuore” non sono quelle della “scienza”; servono entrambe: le prime ci fanno toccare con le vibrazioni dell’anima l’infinito, mentre le seconde ci permettono di svelare i meccanismi del finito che contiene tuttavia anche l’infinito. Sarà una particolarità di Pascal: quella di unire scienze e fede, cioè le cose divine e le cose umane, quelle che cadono sotto i sensi o sotto la ragione (le verità scientifiche da scoprire) e quelle immutabili, a cui l’uomo non può accedere. L’uomo, secondo Blaise, è prodotto per l’infinito, anche se è finito: la sua intelligenza si può perfezionare continuamente. Quando nasce ignora tutto, ma l’esperienza che acquisisce lo spinge a ragionare: per cui la successione di tutti gli uomini, durante il corso dei secoli, deve essere vista come un uomo che sussiste sempre, e che apprende continuamente.
In realtà, quelli che noi chiamiamo antichi erano nuovi in ogni cosa, costituivano l’infanzia dell’umanità e noi siamo gli anziani. Pascal fa degli antichi i nostri maestri, il primo gradino che ha permesso alle generazioni successive di salire le scale della conoscenza e della scienza; ma il progresso scientifico non va confuso con quello morale e spirituale. Per Pascal lo ‘spirito geometrico’ della scienza è importante ma non sufficiente; ci vuole anche ‘lo spirito di finezza’ che ha a che fare con le ragioni del cuore che ci lega agli altri uomini, all’universo infinito e a Dio. Pascal sviluppa una concezione tragica della vita e fa del Dio nascosto (titolo di un libro lucido e profondo di Lucien Goldmann sui giansenisti e le figure di Pascal e Racine) una presenza, spesso velata, nel cuore dell’uomo.
Negli ultimi anni della sua vita, come mostra bene il bel film di Roberto Rossellini, Pascal soffre fisicamente il martirio, non cammina praticamente più, è preso periodicamente da convulsioni eppure continua a lavorare ai suoi studi e alle sue ricerche.
Nota la sorella:
È incredibile con quale rapidità fissò tutto ciò sulla carta; non faceva altro che scrivere finché la sua mano poteva andare, ed ebbe finito in pochissimi giorni. Non teneva nessuna copia ma dava i fogli a mano a mano che li componeva. Si stampava anche un’altra cosa sua che egli licenziava allo stesso modo a mano a mano che la componeva e in questo modo forniva agli stampatori due opere diverse. Non era troppo per il suo intelletto, ma il suo corpo non poté resistere, poiché fu questo l’ultimo sforzo che terminò di rovinare interamente la sua salute e che lo ridusse in quello stato di cosi grande afflizione di cui abbiamo detto, di non poter nulla inghiottire.
Blaise decide di lasciare la sua casa ad un povero ammalato e si trasferisce in una cella di Port Royal; la sorella ricorda il suo amore per i poveri; è in quel periodo che pensa ad un sistema di trasporti pubblici a basso costo per la gente povera di Parigi (è il sistema delle carrozze).
Pascal è assistito dalla sorella Gilberte, ma perde Jacqueline che muore alcuni mesi prima della sua scomparsa. La amava molto e attraversa un altro momento difficile. Gli ultimi due mesi di Blaise sono terribili ma sopporta la malattia con grande coraggio. Vale la pena leggere quello che scrive Gilberte sugli ultimi due mesi di vita del fratello:
Il suo medico gli consigliò di mangiare cibi solidi, e di purgarsi; mentre stava in questo stato, fece una notevole opera caritatevole. Aveva accolto a casa sua un buon uomo con sua moglie e i figli, gli aveva adibito una camera e lo riforniva di legna, tutto ciò per carità; l’unico vantaggio che ricavava da questa situazione era di essere meno solo a casa sua. Questo buon uomo aveva un figlio che si era ammalato, aveva il vaiolo, mio fratello era preoccupato per me, non voleva che fossi contagiata e così i miei figli di conseguenza. Doveva quindi pensare di separarsi da questo povero ammalato; ma poiché temeva che fosse in pericolo di vita se fosse stato trasportato fuori da casa sua, decise di andare via lui, anche se stava malissimo, dicendo: v’è meno rischio per me in questo cambiamento di dimora; ecco perché sono io che vado via. Uscì da casa sua il 29 giugno, e non vi tornò mai più; tre giorni dopo iniziò ad avere delle coliti violentissime, che gli impedivano di dormire. Ma siccome aveva una grande forza d’animo e un grande coraggio, sopportava i suoi dolori con una pazienza ammirevole. Fece in modo di lavarsi da solo ogni giorno e prese da sé i suoi rimedi, non sopportava di essere aiutato lì dove era ancora capace.
Negli ultimi giorni Pascal esprime il desiderio di essere trasferito presso l’ospedale degli incurabili in mezzo ai poverissimi, voleva lasciare la sua stanza ad un ammalato povero; disse a Gilberte:
“vi è una infinità di poveri che sono ammalati peggio di me, che mancano di tutte le cose le più necessarie, questo mi provoca una grande pena che non riesco a sopportare”. Nelle ultime ventiquattro ore di vita Blaise fu scosso da convulsioni continue, muore il 19 agosto 1662 all’una del mattino. Le sue ultime parole furono: “Dio non abbandonarmi mai!”
Nei suoi pensieri sparsi su frammenti di carta aveva scritto: “Ciò che mi sorprende di più è di vedere che la maggior parte della gente non si stupisce della propria debolezza”. “Scrivendo il mio pensiero, mi sfugge qualche volta; ma questo mi ricorda la mia debolezza , cosa che dimentico in ogni ora; ciò m’istruisce altrettanto del mio pensiero dimenticato, poiché tendo solo a conoscere il mio essere nulla”.
L’uomo, questa creatura contraddittoria e così travagliata, è per Pascal l’essere più debole della natura ma anche quello più grande. Scrive su un altro frammento di carta:
l’uomo è una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante. Non c’è bisogno che tutto l’universo si armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d’acqua, basta ad ucciderlo. Ma per quanto l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe comunque più nobile di chi lo uccide, poiché sa di morire, e sa il vantaggio che l’universo ha su di lui; l’universo non ne sa nulla. Tutta la nostra dignità consiste quindi nel pensiero. E’ qui che dobbiamo rialzarci e non nello spazio e nella durata, che non possiamo riempire. Lavoriamo quindi a pensare bene: ecco il principio della morale.
__________
NOTA
Come scriverà Emile Boutroux, filosofo e autore di una bella e intensa biografia di Pascal (1900), oggi dimenticata:“anche quelli che non condividono , sotto la sua forma precisa, la fede di Pascal, sono, anche loro, fortemente toccati dalla lettura delle sue opere. Le pitture che fa Pascal dell’uomo sono troppo veritiere e troppo vive, i sentimenti che hanno agitato la sua anima trovano troppa risonanza in ogni anima sensibile alle cose della morale, per limitare gli oggetti della sua fede ad un senso letterale e strettamente materiale”.
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