Antonio Saccone su Tramonto e resistenza della critica
Esiste ancora la critica letteraria? Non mi riferisco all’esercizio funzionale a superare, secondo recenti disposizioni ministeriali, le cosiddette “mediane” incaricate di santificare l’abilitazione all’insegnamento universitario delle discipline letterarie. Esercizio privo di un’udienza “reale” che non sia quella coatta (studenti, commissari, valutatori di ogni sorta) obbligata cioè per ufficio istituzionale, a percepirne, talora a pesarne, lo spessore culturale minimo o massimo che sia. Intendo piuttosto la saggistica che, attiva fino a qualche decennio fa, attraverso l’indagine su figure e vicende della grande letteratura sollecitava idee e dibattiti culturali e politici nella società civile.
Tali riflessioni scaturiscono, inevitabili, leggendo l’ultimo libro di un veterano dell’ermeneutica applicata ai testi letterari, Romano Luperini. Il titolo eloquentissimo, Tramonto e resistenza della critica (Quodlibet, Studio 22 euro), prende atto da un lato dall’irrevocabile eclissi del mandato sociale di quelli che oggi si definiscono “lavoratori della conoscenza”; dall’altro ribadisce con altrettanta lucida consapevolezza, l’imprescindibile urgenza di capire le ragioni di quel declino. E insieme di rintracciare dentro le rovine della condizione intellettuale, nella stagione del web, nuove identità che possano restituire senso all’operatività critica.
Insomma il deprofundis per quella, un tempo assai fervida e pugnace, forma di comunicazione ormai sostituita dall’istantaneità giornalistica, dall’intrattenimento televisivo, dalla effimera spettacolarità dell’evento, per stare all’ambito accademico, dell’arroccamento neotradizionalista su un’asfittica erudizione microfilologica. Che non può equivalere alla mesta deprecazione del presente, o a “nuotare nel fiume del tempo, tenendo continuamente rivolta indietro la testa, verso la lontana sorgente azzurra del passato”, secondo quanto proclamava cento anni fa l’inventore del futurismo, Filippo Tommaso Marinetti. Il congedo dal compito di mediazione culturale è opportuno declinarlo sulla tenace persistenza che la cultura sia un “bene comune” e dunque abbia una intrinseca, genetica, dimensione politica, riguardante l’esistenza e l’immaginario di tutti.
Luperini, protagonista per quasi dieci lustri, di tante energiche battaglie in difesa della letteratura e del suo insegnamento di fronte alla “dissoluzione della scuola e della università e della stessa civiltà italiana (ma, i una certa misura anche europea)” è cauto a farsi illusioni almeno sul “breve medio periodo”. Eppure, libero da schemi preconcetti, continua a mettere in gioco la sua carta, fiducioso che qualcosa di fruttuosamente nuovo si muova.
Il libro è diviso in due parti: la prima rilancia la lezione di grandi maestri come Adorno, Benjamin, Auerbach, Said. Di quest’ultimo in particolare Luperini sottolinea l’attenzione dedicata alla marginalità dell’intellettuale come figurazione rappresentativa di tutte le marginalità inscenate dalla globalizzazione in atto. Nella seconda parte, dedicata all’esame di temi, opere e quadri storici della letteratura mondiale fra Ottocento e Novecento, si propone l’impiego produttivo del temine “modernismo”, sinora in uso in are anglosasone, per definire la letteratura più innovativa dei primi decenni del ventesimo secolo. Le pagine conclusive interrogano una questione cruciale, “il ritorno alla realtà” dopo la fine del postmodernismo.
Luperini non ha smesso di credere alla realtà, alla dura materia del mondo, anche quando imperavano i teorici della derealizzazione, impegnati ad attribuire maggior valore del pensiero sulle cose che alle cose stesse. Un’operazione equivoca, tuttavia, avverte l’autore è quella di scambiare come forme di realismo gli stereotipati format di realtà che sono i reality show. La tendenza realistica riaffiora, invece, con inedita efficacia espressiva, in alcuni significativi romanzi americani come Underworld di DeLillo, transfuga del postmoderno, e in alcune agghiaccianti opere italiane, su cui spicca Gomorra di Saviano con la sua spuria, ipermoderna epicità.
________
NOTA
Questa recensione è stata pubblicata su Il Mattino, 17 gennaio 2014 col titolo: Modernismo: critico, dunque sono.
{module Articoli correlati}
Articoli correlati
-
L’interpretazione e noi
-
Legami di Eshkol Nevo: un viaggio tra cuori affamati
-
Un monito per il presente: l’antimilitarismo di Francesco Misiano
-
Su Il popolo è immortale di Vasilij Grossman
-
Breve storia dell’amnesia
-
-
La scrittura e noi
-
Su “Il sessantotto e noi” di Romano Luperini e Beppe Corlito
-
A proposito di L’Avversario di Emmanuel Carrère
-
“L’unico modo che abbiamo per non precipitare nel terrore”. Intervista a Edoardo Vitale
-
Antifascismo working class. Intorno all’ultimo libro di Alberto Prunetti
-
-
La scuola e noi
-
Dalle conoscenze, alle competenze, all’affettività: utopia o distopia di una professione?
-
Dante al Buonarroti. Fare esperienza del testo dantesco
-
Matteotti cento anni dopo, fra storia e didattica
-
Politica e cultura: i dilemmi che abbiamo creduto oltrepassare. Verso una nuova stagione di lotte nella scuola?
-
-
Il presente e noi
-
Il convegno di LN: i laboratori/3. Leggere la poesia d’amore medievale nella secondaria di primo e di secondo grado
-
Il convegno di LN: i laboratori/2. Tra narrazione e argomentazione
-
Il convegno di LN: i laboratori/1. Oltre le ideologie del digitale
-
Il convegno di LN: le relazioni/3. La formazione docenti (di letteratura) iniziale e in itinere
-
Commenti recenti
- Ennio Abate su Su Il popolo è immortale di Vasilij GrossmanUn tema come quello dell’esperienza di “costruzione del socialismo in Urss” o dell'”esperimento profano” (Di…
- Eros Barone su Su Il popolo è immortale di Vasilij GrossmanCaro Corlito, non è la tua recensione, straccamemte sospesa tra filisteismo e liquidazionismo, tutta interna…
- Manola Lattanzi su Dalle conoscenze, alle competenze, all’affettività: utopia o distopia di una professione?Da docente di lettere in un istituto professionale condivido tutto ciò che ha scritto. Sono…
- Giuseppe Corlito su Su Il popolo è immortale di Vasilij GrossmanMi fa piacere che la mia recensione del libro di Grossman susciti un dibattito così…
- Ennio Abate su Su “Il sessantotto e noi” di Romano Luperini e Beppe CorlitoPoesia lunga della crisi lunghissima che fare compagni / di speranze raggrinzite? nella città si…
Colophon
Direttore
Romano Luperini
Redazione
Antonella Amato, Emanuela Bandini, Alberto Bertino, Linda Cavadini, Gabriele Cingolani, Roberto Contu, Daniele Lo Vetere, Morena Marsilio, Luisa Mirone, Stefano Rossetti, Katia Trombetta, Emanuele Zinato
Caporedattore
Roberto Contu
Editore
G.B. Palumbo Editore
Lascia un commento