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A scuola il tablet deve sostituire il libro?

 
La rivoluzione informatica

La scuola italiana è la meno finanziata d’Europa: il 4,7% del PIL contro la media UE del 5,4%. E si vede: nell’edilizia inadeguata e talvolta insicura, nelle classi sovraffollate e talora costrette ai doppi turni, come nel dopoguerra, nella riduzione degli insegnanti di sostegno e in molte altre cose. Si vede, più ancora, nell’amarezza dei nostri insegnanti, fra i meno pagati dell’Occidente (7.000 euro annui meno della media europea, con un numero più alto di ore lavorate), umiliati dalla precarizzazione e dal declassamento patito nel senso comune, terminali sempre meno coinvolti e partecipi di riforme passivamente subite.

In questa situazione, suscita preoccupazione la scelta di puntare sulla rivoluzione informatica, non solo introducendo il registro digitale e diffondendo l’uso della lavagna multimediale interattiva (LIM) ma soprattutto mirando alla sostituzione del libro di testo con il tablet. Al di là del merito, appare intanto comunque discutibile la scelta di investire risorse, o di farle investire alle famiglie, non per garantire innanzitutto la sicurezza delle classi, la decenza dei servizi, l’aggiornamento e la motivazione anche economica degli insegnanti, ma per promuovere dall’alto una rivoluzione tecnologica a tappe forzate. A parte il fatto che il limite della scuola attuale non sta tanto nell’abuso del cartaceo, quanto, semmai, nel suo impiego sempre più ristretto e ingessato, sempre meno libero di spaziare nel patrimonio culturale e testuale, sempre più imprigionato entro i confini della minutaglia nozionistica…

La rivoluzione passiva

Sia chiaro: il confronto della scuola con le nuove tecnologie digitali è un momento ineludibile del rinnovamento didattico in corso; e troppo poco si è fatto perché la grande tradizione gutenberghiana e la nuova galassia multimediale e informatica si incontrassero e si incrociassero. E sia chiaro anche che fra le scommesse che la scuola dovrà vincere nel prossimo decennio sta proprio il confronto con le nuove tecnologie e la messa a punto di strumenti didattici e di modalità di insegnamento che integrino intelligentemente la tradizione e l’innovazione. Imporre però questo processo a tambur battente, senza adeguate sperimentazioni e senza la valutazione attenta dei loro risultati, senza coinvolgere e senza formare gli attori del cambiamento, sarebbe un errore dalle conseguenze imprevedibili e certamente gravi. La scuola non ha bisogno di una ennesima rivoluzione passiva, ma di motivazione, di ascolto e di coinvolgimento, oltre che di investimenti. Credere che si possa farne a meno grazie al miracolo della rivoluzione informatica è una ingenuità preoccupante, quasi mancasse la consapevolezza di ciò che la scuola sia davvero e quasi si ignori la portata appunto rivoluzionaria che la sostituzione di un libro con un tablet comporta: un cambio epocale di paradigma didattico e culturale, e dunque la progettazione di un nuovo tipo di umanità.

I rischi del tablet

Gli studi sui ragazzi in età scolare ci dicono che rispetto a vent’anni fa questi hanno perso un’ora di sonno, studiano molto di meno e hanno smarrito la capacità di concentrarsi in modo durevole su qualsivoglia argomento. La loro intelligenza si è frammentata, acquisendo una scattante capacità di passare da un oggetto all’altro ma perdendo quella di fissarsi su argomenti complessi o astratti, di gestire la profondità del pensiero critico e di confrontarsi in modo personale e sicuro con il mondo reale: un cambiamento che travalica dal mondo intellettuale a quello affettivo e comportamentale. Diffusa è la consapevolezza che le cause di questa mutazione sono da ricondurre innanzitutto alla rivoluzione informatica e all’uso pervasivo dei suoi strumenti. Non lo sanno solo i docenti, lo sanno anche i genitori: i ragazzi possono stare, e spesso infatti stanno, per ore davanti al pc o alla tv (naturalmente girovagando di continuo con lo zapping o fra innumerevoli finestre), ma faticano a restare concentrati su un libro di studio, sia esso un manuale o un romanzo dell’Ottocento.

Vogliamo davvero, allora, togliere dalle mani degli studenti i libri scolastici e metterci un tablet? Siamo sicuri che la strada da seguire sia questa, per l’incontro proficuo e non rovinoso fra tradizione e innovazione? È prudente ignorare il grido d’allarme lanciato da psichiatri, pediatri, cognitivisti e pedagogisti riguardo ai danni, anche gravissimi, provocati dall’abuso digitale?

La dipendenza da cellulari, pc e tablet riguarda già un numero crescente di ragazzi in età scolare e i suoi danni vengono paragonati dagli esperti a quelli prodotti dall’alcol e dalle droghe pesanti. Questi ci dicono che la dipendenza produce una riduzione drastica della capacità di concentrazione e di apprendimento, un peggioramento della socialità e dell’umore, insonnia e irrequietezza, e perfino forme estreme di regressione psicotica e asociale. A giudizio largamente condiviso di chi si occupa, anche con denaro pubblico, di questa situazione, la dipendenza e l’abuso sono già evidenti in una percentuale alta (fra il 20 e il 50%) dei ragazzi.

La fretta e l’inadeguatezza

Nel decreto legge sulla Crescita si stabiliva che dal prossimo anno scolastico le scuole di ogni ordine e grado avrebbero dovuto adottare esclusivamente libri nella versione digitale o mista. Doveva un Ministro preposto alla formazione scolastica ignorare questo dato e spingere perché le ore passate a scuola e a casa su un libro venissero sostituite da altrettante ore passate di fronte a un tablet, magari in perenne connessione internet? 


A tal proposito l’argomento del risparmio – nel qual caso si avesse il coraggio di invocarlo anche su una materia così vitale, e mentre le famiglie italiane continuano a spendere più in videogiochi che in libri di testo – appare infondato, tenuto conto del rapido deperimento tecnologico e della connaturata fragilità fisica di questi strumenti.

Venendo ad oggi, un emendamento presentato i primi di dicembre ha stravolto quanto contenuto nel decreto legge sulla Crescita e  l’introduzione massiccia dei tablet sui banchi di scuola è stata rinviata. Dal prossimo anno si adotteranno “esclusivamente libri nella versione digitale o mista” nelle prime classi “degli istituti scolastici selezionati per partecipare al piano nazionale Scuola digitale-Classi 2.0”.

Tuttavia, anche in futuro imporre una rivoluzione così radicale senza adeguatamente valutarla né condividerla sarebbe un segno chiaro di precipitazione e di inadeguatezza: due cose che nessun governo a venire dovrebbe rischiare.

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