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Vittorio Sereni. Quei bambini che giocano

Per Fondazione Pietro Bembo / Ugo Guanda Editore è appena uscita l’edizione commentata de Gli strumenti umani di Vittorio Sereni, a cura di Michel Cattaneo (pp. 480). Pubblichiamo la poesia Quei bambini che giocano, corredata dal commento. Ringraziamo l’editore e il curatore.

La lirica esce con Un incubo e Di passaggio in «Nuova corrente», aprile-giugno 1960, 18, p. 8. Viene successivamente inclusa in SPF. Sia nell’indice del Piano sia in SUα reca il titolo Imperdonabile, corretto in un secondo momento in Quei bambini che giocano (ISELLA 1995, p. 554).

Il titolo definitivo si contraddistingue per adottare una delle innovazioni nella tecnica dei titoli caratteristiche della poesia italiana del Novecento, quella per cui titolo e testo «sono sintatticamente continui, costituendo il primo il segmento iniziale del secondo, incompiuto senza la prosecuzione nel testo come questa è acefala senza quell’attacco» (MENGALDO 1991, p. 20). Qui il titolo contiene infatti il soggetto del v. 1, i bambini inconsapevoli (per cui cfr. i «monelli» di Via Scarlatti 7, MANFRINA 2017, p. 129) ai quali spetterà in futuro il giudizio storico sulle mancanze commesse nei loro riguardi dai padri, da chi, come il poeta stesso, che nel componimento si inscrive tra gli imputati, avrebbe dovuto farsi promotore di un rinnovamento etico della società nel dopoguerra. La poesia continua dunque la riflessione di Scoperta dell’odio (e in un certo senso di Un incubo) sulle incoerenze del periodo postbellico, sempre ricorrendo a un!immagine di amo- re tradito (ora amore bugiardo 9 e poi anche peccati contro l’amore 15) che in Quei bambini che giocano è metafora del tradimento irredimibile della promessa di avvenire.

Precisamente questo additava il titolo originario, del quale resta l’eco nella «quadruplice ripetizione scalata di un enunciato», prima in forma positiva (un giorno perdoneranno 1; Perdoneranno. Un giorno 3), poi negativa (questo no, non lo perdoneranno 8; E questi no, non li perdoneranno 16), che scandisce la «severa ossatura gnomica» del componimento (MENGALDO 1972, p. 125). L’esordio del testo (vv. 1-3) concede una remota possibilità di assoluzione. Un’avversativa (vv. 4-7) subito adduce però un «elenco delle colpe degli uomini, di marca metaforica e accumulato a climax, con una serie di espressioni negative» (ISELLA-MARTIGNONI 1993, p. 132) che porta in conclusione a un definitivo verdetto di colpevolezza.

Il testo culmina nella citazione, ai vv. 13-15, di un motto orale di un poeta ai tardi anni da identificare (cfr. infra) con Umberto Saba (1883-1957). Quei bambini che giocano e la lirica successiva, che a Saba è intitolata esplicitamente, formano così, in una posizione rilevata al centro della sezione e nel cuore del libro, un «vero e proprio dittico in cui la prima prepara o innesca la seconda» (CARRAI 2015, p. 67). Saba sarà qui convocato non soltanto perché molte delle sue poesie «hanno per oggetto figure infantili» (LENZINI 1990, p. 224), ma soprattutto in quanto paladino di un amore libero e anticonformista, quale Sereni lo aveva conosciuto, frequentandolo assiduamente a Milano negli anni tra il 1946 e il 1948. Per CARRAI 2015, pp. 70-73, il discorso riportato sarebbe in effetti da legare alla vicenda, di cui Sereni era stato spettatore (cfr. Angeli musicanti, TP, ID, p. 24), che aveva visto Saba nutrire un amore platonico per il giovane Federico Almansi: un amore inammissibile per la morale borghese dell’epoca. L’aforisma di Saba, «D’amore non esistono peccati […] esistono soltanto peccati contro l’amore», viene di conseguenza a costituire il suggello ideale per la perentoria allocuzione di Sereni in difesa dell’amore.

Metrica. Testo monostrofico di sedici versi. In un dettato composto in prevalenza da endecasillabi (vv. 7, 10, 12, 13, 14, 16) e settenari (vv. 3, 6, 11 oltre al titolo, che è anch’esso un settenario) subentrano, a sostenere il distendersi dell’argomentazione, alcune misure lunghe, date comunque dalla somma di versi tradizionali (vv. 5, 9, 15). La poesia è disseminata di figure di suono (ad esempio le assonanze melma : nera 12 e tardi : anni 14 o i forti richiami fonici dei versi centrali, MANFRINA 2017, p. 128), ma uno dei suoi tratti più salienti sta nell’incrocio tra le figure della ripetizione e quella del chiasmo che (come nota GIRARDI 2010, pp. 207-208) interessa in particolare i vv. 1-3 (giorno, perdoneranno, perdoneranno, giorno) e 13-15 (amore, esistono, esistono, amore).

Bibliografia essenziale: LENZINI 1990, pp. 224-25; ISELLA-MARTIGNONI 1993, pp. 131-33; CARRAI 2015, pp. 67-79; MANFRINA 2017, pp. 127-30.

un giorno perdoneranno
se presto ci togliamo di mezzo.
Perdoneranno. Un giorno.
Ma la distorsione del tempo
il corso della vita deviato su false piste                     5
l’emorragia dei giorni
dal varco del corrotto intendimento:
questo no, non lo perdoneranno.
Non si perdona a una donna un amore bugiardo,
l’ameno paesaggio d’acque e foglie                          10
che si squarcia svelando
radici putrefatte, melma nera.
«D’amore non esistono peccati,
s’infuriava un poeta ai tardi anni,
esistono soltanto peccati contro l’amore».   15
E questi no, non li perdoneranno.

2. se … mezzo: da riferire alla generazione di Sereni. Condizione necessaria al perdono da parte degli adulti di domani è (con un’espressione del parlato) che questa si faccia da parte in fretta, lasciando il mondo alle nuove generazioni. Cfr. Comunicazione interrotta 10: «che via si tolgano almeno loro».

4-7. la distorsione … intendimento: le tre formule indicano una deviazione dalla via di un reale progresso, una perdita di tempo utile allo sviluppo causata da propositi moralmente guasti (che hanno preparato ai bambini un «futuro immancabilmente deludente e proditorio», CARRAI 2015, p. 69). Sarà un’allusione a tutto ciò che ha dolosamente impedito un’autentica ricostruzione civile nel dopoguerra. Da tale punto di vista, Quei bambini che giocano rappresenta un aggiornamento disilluso di Il tempo provvisorio 6-9: «Perché non vengono i saldatori | perché ritardano gli aggiustatori? | Ma non è disservizio cittadino, | è morto tempo da spalare al più presto».

9. Non … bugiardo: i torti di cui ai vv. 4-7 nei confronti dei bambini vengono sostanzialmente assimilati all’infedeltà amorosa, giacché in entrambi i casi si tratta di un «inganno perpetrato ai danni di chi ci ama e si affida a noi» (CARRAI 2015, p. 73). Cfr. Saba 16-17: «una donna | che ignara o no a morte ci ha ferito» e Sicilia ‘43, TP, ID, p. 13, dove si parla del tipo di sofferenza procurata da «una donna amata e passata ad altri» (MANFRINA 2017, p. 130).

10-12. l’ameno … nera: la metafora dell’«idillio scoperto per scenario di morte» (LENZINI 1990, p. 224) integra quella della donna fedifraga del verso precedente. CARRAI 2015, pp. 68-69, mette in luce come il passo riproponga la scena di Settembre, F, 2-5, in cui «il lago un poco | si ritira da noi, scopre una spiaggia | d’aride cose, | di remi infranti, di reti strappate», la quale dipenderebbe a sua volta da SABA, Il torrente, CA, TD, 4: «Dove ristagni scopri cose immonde». – si squarcia: cfr. MONTALE, Egloga, OS, 16-17: «un ragnatelo | si squarcia al passo».

13-15. D’amore … amore: cfr. MENGALDO 1972, p. 143n: «Come mi indica Sereni si tratta di un aforisma da lui più volte ascoltato dalla bocca di Saba (non saprei – e neppure l’autore sa – se deversato in qualche scritto; non in poesia comunque)». La battuta sta qui a significare, in antitesi ad amore bugiardo 9, che nell’agire in nome dell’amore non c’è mai illiceità, sono unicamente le azioni che lo ledono a configurarsi quali colpe gravi. Serve dunque a corroborare la riprovazione dei misfatti elencati ai vv. 4-7, qualificandoli indirettamente come peccati contro l’amore (alla stregua dei «fini giochi | di deturpato amore» di Scoperta dell’odio 11-12, MANFRINA 2017, p. 130). Significativo in questo senso che nella versione di SUα seguisse in clausola un verso isolato: «Se pure è amore questo di cui si parla». – ai tardi anni: quando, nella primavera del 1946, si consolida il rapporto con Sereni, Saba aveva sessantatré anni; nel componimento viene perciò «chiamato in causa nella funzione di vecchio saggio» (CARRAI 2015, p. 69).

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