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diretto da Romano Luperini

Nella polvere del crepuscolo, il rito di passaggio all’età adulta di Chick – Su “Non si fruga nella polvere” di William Faulkner

L’assioma sudista

Edito nel 1948, Non si fruga nella polvere è un romanzo modernista scritto sotto le mentite spoglie del murder mistery: a permettere di immergersi nella mente dei personaggi e nei loro arditi flussi di coscienza è la recente e pregevolissima trasposizione di Roberto Serrai per Adelphi (2022) che “succede” al precedente illustre di Fernanda Pivano che aveva tradotto il testo nel ’51 per Mondadori.

L’incipit del romanzo sembra mettere di fronte a un fatto compiuto e considerato inoppugnabile dalla comunità bianca del profondo Sud dove la vicenda è ambientata, l’immaginaria contea di Yoknapatawpha (in realtà corrispondente a quella di Lafayette, nello stato del Mississippi): l’arresto di Lucas Beauchamp consegna infatti alla giustizia, a poche ore dal misfatto, l’omicida (ovviamente di colore) di un rispettabile uomo (ovviamente bianco), Vinson Gowrie, rampollo di una delle famiglie più in vista della città. Per Lucas c’è ben poco da sperare dal momento che è stato trovato accanto al cadavere con un’arma addosso: a suo discapito il presunto omicida, sessantenne, ha alimentato per anni l’ostilità del villaggio con un temperamento altero, con il rifiuto a una sottomissione che i bianchi considerano dovuta e questo non fa altro che facilitare il tipico assioma sudista dell’individuo colpevole per il colore della sua pelle. Emblematico, per mettere a fuoco lo sgradito carattere dell’uomo, il lungo flashback con cui Charles Mallison Junior, detto Chick, nipote dell’avvocato dal quale Lucas chiede di essere tutelato, rievoca il suo primo incontro con l’uomo, avvenuto quattro anni prima in occasione di una battuta di caccia al coniglio con alcuni amici. In quel frangente Lucas aveva soccorso e salvato da morte certa il ragazzo, allora dodicenne, caduto in un fiume ghiacciato, e lo aveva accolto nella sua casa per farlo riprendere dallo spavento e dal freddo, mostrando poi la sua tempra fiera nel rifiutare con gesto sprezzante le monete con cui il giovane pensava di potersi sdebitare.

Una volta arrestato, Lucas, che si dichiara fermamente innocente, sa di rischiare il linciaggio – lo si respira nell’aria – motivo per cui la prigione viene piantonata da William Legate, “il tiratore più bravo e il miglior cacciatore di cervi della contea” (p. 54).

Per quanto Non si fruga nella polvere possa essere considerato un romanzo corale, certamente a livello narratologico il punto di vista determinante è quello di Chick. Il ragazzo, infatti, viene coinvolto dallo zio nella prima visita in cella a Lucas e sarà proprio al giovane che quest’ultimo chiederà di “scavare nella polvere” per riesumare il cadavere della vittima, così da poterlo scagionare: una sorta di tacita restituzione del suo precedente gesto. Chick si assume dunque il compito di dimostrare l’estraneità dell’uomo coinvolgendo il coetaneo di colore Alex: alla coppia si unisce ben presto una eccentrica settantenne, la signorina Habersham, da anni aperta alla fine della segregazione e consapevole della progressiva perdita di terreno della supremazia bianca. L’inconsueto e strambo terzetto si muove nella notte fiducioso nell’innocenza di Lucas: solamente i ragazzi e le donne – ripete Faulkner come una leit-motiv lungo tutta la narrazione –  possono dar vita a un simile, avventato slancio rispetto alle “probabilità” e alle “prove” invocate dagli “uomini”, ossia da adulti di razza bianca, come chiarisce in un passaggio esemplare la vecchia signora:

tutto quello che bisognava fare era solo fermarsi, solo fare una pausa, solo aspettare: «Lucas aveva capito che ci voleva un ragazzino…o una vecchia come me: qualcuno non interessato alle probabilità, alle prove. Uomini come tuo zio o il signor Hampton hanno dovuto essere uomini per troppo tempo, indaffarati per troppo tempo…Sì?» (p.89)

Pertanto i tre si attrezzano per una sortita notturna volta a dissotterrare, con esiti sorprendenti, il cadavere di Vinson Gowrie.

L’America di Faulkner

Come di consueto nei romanzi di Faulkner contano l’atmosfera e le immagini che tratteggiano il Sud nel quale l’autore stesso è cresciuto, più che la trama, che si dipana tra pagine di vertiginosi stream of consciousness. Le impressioni di Chick, mentre nella notte attraversa la campagna a cavallo verso il cimitero posto in cima alla collina, si fissano con vivida forza nella mente del lettore. L’assenza di persone lungo il tragitto è il sintomo della tensione che l’omicidio ha riacutizzato tra comunità bianca e nera. Quest’ultima, ritiratasi nelle case ai bordi del paese, esercita un’arma, la pazienza, che l’uomo bianco teme più delle minacce:

[…] erano ancora là, non erano scappati, solo che non li vedevi – la sensazione la percezione della loro presenza e vicinanza costanti: uomini e donne e bambini neri che respiravano e aspettavano dentro alle loro case sbarrate e dietro alle imposte chiuse, non acquattati contratti ritratti, non con rabbia e non proprio con paura: solo aspettando, temporeggiando visto che la loro era un’arma che l’uomo bianco non poteva eguagliare né – se mai l’avesse conosciuta – affrontare: la pazienza […] (pp. 95-96)

La popolazione di colore sa, infatti, di costituire il motore economico della regione e Faulkner, per usare le parole di Pivano, seppur “lontano dal poter diventare nordista, denuncia il letargo sociale in cui il suo Sud è immerso” (F. Pivano, Libero chi legge, Mondadori, 2010, p. 268).

Oltre alla rappresentazione delle contraddizioni sociali, Faulkner mette a fuoco la descrizione di una cittadina che, ripresa nella frenesia del giorno di mercato, diviene rappresentativa di un’America sulla via dello sviluppo consumistico di cui è figura l’ammasso di automobili che invadono la piazza della città:

[…] e le automobili, perché a dirla tutta la piazza non la vedeva affatto: solo la fitta impenetrabile massa di tetti e cofani che procedevano in doppia fila a passo di lumaca intorno alla piazza in un’acre invisibile nube di monossido di carbonio e clacson assordanti e un leggero episodico cozzar di paraurti, strisciando lentamente poi uno per uno nella piazza; così fitti e lenti inseriti in un singolo mosaico di movimenti così infinitesimali da essere a malapena degni del termine tanto che si poteva quasi attraversare la piazza camminandoci sopra […] (pp.225-226)

Lo scrittore costruisce la sua narrazione alternando gli audaci e spiraliformi percorsi del pensiero di Chick – si tratta di pagine in cui si perde l’ordine della costruzione sintattica per penetrare nei meandri della sua mente – a passi in cui, invece, la vicenda prende una piega realistica e, oltre a descrivere ambienti e personaggi con vivida accuratezza, ripropone i lunghi dialoghi di Chick e dello zio avvocato. Sono soprattutto questi momenti a offrire una chiave di lettura diversa del romanzo che è stato talvolta etichettato come un giallo (“In Italia si era creduto erroneamente che questo Non si fruga nella polvere del 1948 fosse il romanzo giallo di Faulkner”, dichiara Pivano.)

La molteplicità dei livelli di lettura

Seppur narrato in terza persona e costruito intorno a un giovane personaggio che sembra assumere il compito del detective, il romanzo rivela nel corso della narrazione molteplici livelli di lettura. Si è già accennato tanto alla dimensione realistica che permette di leggere con una lente di ingrandimento le contraddizioni socio-economiche della contea di Yoknapatawpha quanto alla declinazione modernista della narrazione.

Tuttavia a ben guardare Non si fruga nella polvere si presenta anche come un’opera nella quale sembra agire, seppur latamente, il modello dostoevskijano dello scavo etico sul tema della colpa e del giudizio (su questo aspetto si sofferma a più riprese la recensione di Davide Mosca). La focalizzazione interna fa di Chick il personaggio chiave per penetrare negli snodi morali del romanzo: grazie a lui, infatti, si ricostruisce la fiera personalità di Lucas che ne fa un facile bersaglio rispetto alla comunità egemone, poco disposta a accettare la sua tempra non subalterna; inoltre vengono messe messo a nudo le rivalità e i loschi traffici economici tra le famiglie più in vista; infine le riflessioni del ragazzo e i confronti verbali con lo zio danno ampio spazio alle spinose questioni dell’esercizio della giustizia da una parte e del valore della vita dall’altra, entrambi percepiti in modo decisamente diverso a seconda che si tratti dell’esistenza di un uomo di colore o di un bianco.

Da ultimo, è interessante rilevare come il romanzo di Faulkner possa essere letto anche come un Bildungsroman: il lasso di tempo necessario a scagionare Lucas, lo scorrere di una notte dal crepuscolo all’alba, segna in effetti per Chick il passaggio alla vita adulta. Lo attesta il comportamento della madre: dapprima ignara che il figlio abbia trascorso la notte fuori casa nel cimitero del paese, quando viene a conoscenza del fatto non esita a accogliere il ragazzo con una tazza di caffè fumante e in tal modo sancisce, al contrario del marito, il riconoscimento e l’approvazione per un gesto considerato degno di un adulto:

«Caffè? Che diavolo succede? Quando alla fine hai permesso a Gavin di comprare quel cavallo non era inteso che lui non avrebbe mai chiesto e nemmeno accettato un cucchiaio di caffè fino a diciotto anni?»: e la madre non ascoltava nemmeno, e con la stessa mano e allo stesso modo per metà spingeva e per metà cacciava avanti il bricco della panna e già faceva per tornare in cucina. Con la voce non veramente affrettata e impaziente: solo animata:
«Bevi adesso. Siamo già in ritardo» […] (p.124)
 

Mentre il titolo originale del romanzo –  Intruder in the dust, letteralmente “L’intruso nel crepuscolo”  – rimanda alla centralità dell’episodio in notturna con cui il terzetto smaschera l’accaduto (come sottolinea Fernanda Pivano, infatti, “nell’accento del Sud dust è l’espressione per dire crepuscolo”), il titolo italiano traduce “dust” con “polvere”: in tal modo, mentre allude alle resistenze dei bianchi adulti a far emergere la verità per restituire alla vita un innocente, sottolinea come un adolescente trovi il coraggio di ribaltare l’assioma sudista nella polvere del crepuscolo.

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