«Complessità del confine orientale, violenza politica, spostamenti di popolazione» – Comunicato del liceo Gioberti di Torino
Il 20 aprile 2023 al Liceo V. Gioberti di Torino si è tenuta una lezione di aggiornamento per docenti, promossa dal Dipartimento di storia e filosofia, aperta alla componente studenti, ai docenti, ai genitori e al pubblico interessato, sul tema del “confine orientale” (Complessità del confine orientale, violenza politica, spostamenti di popolazione) tenuta dallo storico torinese Eric Gobetti.
Il 27 aprile davanti alla scuola militanti di Azione studentesca hanno protestato contro “il negazionismo delle foibe” e alcuni giornali torinesi hanno riportato le affermazioni di esponenti politici di Fratelli d’Italia che hanno accusato il Liceo di ospitare iniziative volte a “mistificare la storia, indottrinare i giovani e denigrare le sofferenze del popolo italiano all’interno delle nostre scuole”.
Lo studioso, che si occupa di formazione su temi quali il fascismo, la seconda guerra mondiale, la storia dei Balcani e della Jugoslavia nel Novecento, è stato già in passato oggetto di pesanti e ingiustificabili attacchi personali sul contenuto dei suoi lavori. Di seguito il comunicato pubblicato dalla scuola.
Il personale del liceo V. Gioberti di Torino esprime rammarico e sconcerto rispetto agli articoli usciti su La Stampa on-line e sul Corriere delle Sera on-line in data 27 aprile. Sconcerto perché nessuno di noi è stato contattato per chiedere maggiori informazioni sull’iniziativa del 20 aprile oggetto di una così aspra denuncia.
Rammarico perché è stata prodotta una ricostruzione fattualmente erronea, lesiva dell’intelligenza degli organizzatori e dei partecipanti. Pertanto è opportuno sottolineare che:
1. l’iniziativa didattica, pomeridiana, rientra nelle attività di autoaggiornamento del Dipartimento di Filosofia e Storia. Non si tratta pertanto – come riportato – di un convegno organizzato dalla scuola. Piuttosto il Dipartimento ha deciso di allargare la partecipazione a studenti e studentesse degli ultimi anni, senza obbligare nessuno, su base volontaria, richiamandosi alle sollecitazioni ministeriali sulla necessità di approfondire le complesse vicende del confine orientale sul piano della comprensione storica, anche in virtù della ferma condanna morale della violenza politica che rientra tra gli obiettivi dell’insegnamento dell’educazione civica.
2. lo storico Eric Gobetti pubblica presso la casa editrice Laterza, è un ricercatore riconosciuto che collabora con istituti storici e si occupa di formazione da diversi anni su temi di interesse storico che riguardano la seconda guerra mondiale. Le conclusioni del suo testo sulla storia del confine orientale sono in linea, sul piano fattuale, con le conclusioni condivise dagli storici del settore e non sono dissimili dai materiali didattici presentati ai partecipanti all’incontro, quali la mostra Fascismo, foibe, esodo a cura dell’ANED e il Vademecum del giorno del ricordo a cura dell’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea del Friuli Venezia Giulia, documento riconosciuto dalla rete dell’Istituto Parri che da decenni collabora con il Miur e l’USR Piemonte per la formazione storica dei docenti.
Ribadiamo, inoltre, che in nessun modo si è “denigrata la sofferenza” di qualcuno, come riportato; Eric Gobetti non può essere considerato un “negazionista delle foibe”, come si evince dalla lettura dei suoi libri e come ha potuto constatare chiunque abbia preso parte all’intervento: tale etichetta gli è stata attribuita in base a uno spregiudicato uso pubblico della storia praticato a fini politici ormai da diversi anni.
Siamo sorpresi dall’infantilizzazione con cui vengono rappresentati studenti e studentesse, ritenuti incapaci di distinguere una lezione di storia da un’ora di propaganda; così come lascia attoniti la disistima nei confronti di colleghi e colleghe, di comprovata esperienza, i cui curricula annoverano dottorati di ricerca e pubblicazioni, considerati invece manipolatori di coscienze.
Vorremmo ricordare la costituzionalità della libertà d’insegnamento, opportunamente declinata, che si realizza nel liceo Gioberti in una serie di pratiche didattiche sempre orientate al pluralismo culturale, al rispetto della dignità altrui, alla faticosa ricerca di un’equità degli apprendimenti.
Sine ira ac studio, proviamo a rendere operativa per gli studenti e le studentesse del XXI secolo la lezione di metodo storico e di etica pubblica che abbiamo imparato, tra gli altri, da Arnaldo Momigliano, in base alla quale la conoscenza storica degli eventi e la loro interpretazione nascono innanzitutto dal rispetto dei documenti e dalla conoscenza dei contesti in cui si sono prodotti.
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Puntuali come la morte, i ‘mass media’ e le organizzazioni neofasciste (rappresentate in questo caso dalla “Stampa”, dal “Corriere della Sera” e da Azione studentesca) si sono ingegnati di svolgere la consueta opera di mistificazione, provocazione e financo criminalizzazione al fine di delegittimare, intimidire e financo criminalizzare le iniziative di approfondimento
storico-critico intraprese dalle forze più sensibili e attente del mondo della scuola (in questo caso rappresentate dai docenti del Dipartimento di Storia e Filosofia del Liceo “Vincenzo Gioberti” di Torino). Mi sia permesso quindi, a titolo di solidarietà con i suddetti docenti e di ricostruzione storico-didattica di un’iniziativa analoga, riproporre la lettera con cui, in qualità di coordinatore del Dipartimento di Storia e Filosofia dei Licei di Gallarate, risposi al fuoco concentrico della mobilitazione reazionaria scatenata dai ‘soliti noti’ (il quotidiano locale e i fascio-leghisti) sullo stesso tema.
“Il convegno di studio sul problema dei ‘confini orientali’, promosso dai Licei di Gallarate in collaborazione con l’ANPI e con l’Amministrazione Comunale di Gallarate, e svoltosi il 25 febbraio scorso [del 2009] al Teatro del Popolo, è stato oggetto, nel corso dei giorni successivi, oltre che dell’informazione fornita in un articolo specificamente dedicato all’evento, di valutazioni e interventi critici contenuti in alcune lettere pubblicate dal Suo giornale, a cui desidero rispondere nella mia duplice qualità di responsabile dei Licei per le iniziative sulla Educazione alla cittadinanza e di moderatore dei lavori di tale convegno.
Il primo punto da sottolineare è che il convegno non aveva scopi, per così dire liturgici, di celebrazione o di commemorazione, ma finalità di studio, dibattito e formazione. Probabilmente, se si considera il taglio sia dell’articolo del giornale in cui si è dato conto dell’iniziativa sia delle lettere inviate sull’argomento, questa peculiare impostazione del convegno non è stata còlta da chi pure ha ritenuto di esprimere un giudizio circa i contenuti e l’orientamento delle relazioni che sono state presentate, in base al criterio della loro maggiore o minore conformità ai parametri di una verità precostituita e garantita a livello istituzionale. L’intento non era quindi né quello di dissacrare né quello di avallare, bensì era quello di conoscere, approfondire e contestualizzare, mediante un’analisi a vasto raggio, le vicende drammatiche e complesse legate alla questione dei “confini orientali” del nostro Paese lungo un arco cronologico che parte dalla fine dell’’800, passa attraverso la prima guerra mondiale e il fascismo e giunge sino alla fase successiva alla seconda guerra mondiale. Va detto che, grazie ai contributi chiari e puntuali che sono stati offerti dai due studiosi, Sandi Volk e Gian Carlo Restelli, che hanno svolto le relazioni introduttive, tale intento è stato largamente raggiunto, come è stato riconosciuto da larga parte degli studenti e degli insegnanti che hanno seguito i lavori del convegno. Il secondo punto riguarda il significato e la funzione della conoscenza storica, poiché è vero che la storia a scuola è una materia di studio, ma è altrettanto vero che è necessario creare un coinvolgimento intellettuale ed emotivo per cui chi legge o ascolta deve pensare “questo mi riguarda”, deve essere, in altri termini, raggiunto da quell’effetto di disorientamento e di curiosità che Antonio Gramsci chiama “colpo di spillo” e che costituisce la premessa del pensiero critico. Componente vitale ed ineliminabile di questa funzione formativa della storia è il dibattito storiografico, il conflitto tra le diverse (e anche avverse) interpretazioni degli stessi fatti, in cui, fra gli studiosi in contrasto, prevale chi ha più filo da tessere, ovvero, come è accaduto anche nel corso del convegno gallaratese sui “confini orientali”, chi è in grado di far valere, da un lato, una maggiore ampiezza e consistenza della documentazione e, dall’altro, una maggiore capacità di analisi e di argomentazione. In questo senso, è stato un motivo di soddisfazione, e una garanzia di successo sul piano educativo, il fatto che gli studenti e i cittadini, che hanno partecipato al convegno, abbiano potuto valutare in modo autonomo non solo le ragioni favorevoli o le ragioni contrarie a una determinata ricostruzione storica del problema dei “confini orientali” e della stessa questione delle ‘foibe’, ma anche il metodo di ricerca, il livello di accessibilità degli archivi e le stesse possibilità di quantificazione dei dati in relazione alle fonti documentali concretamente disponibili. Questa, ne sono convinto, è la ‘via regia’ che va percorsa e praticata per consentire ai giovani di imparare a distinguere, su queste così come su altre questioni, la storia dalla memoria e dalla propaganda.
In conclusione, ritengo che, solo partendo da una visione e da un’impostazione che hanno i loro assi portanti nella conoscenza storica e nel dibattito storiografico, nonché nello sviluppo e nell’affinamento del senso critico, sia possibile ricostruire una memoria e un’identità collettive reali e non fittizie, cioè le premesse della libertà e della cittadinanza. Lo scopo di iniziative didattico-culturali ed etico-civili come la celebrazione della “Giornata della memoria” o il convegno sul problema dei “confini orientali” è quello di produrre stimoli e risultati in questa direzione. Naturalmente, non spetta solo a me stabilire se e in che misura tale scopo sia stato raggiunto. Sarebbe già una buona cosa il poter affermare che tali iniziative sono state, oltre che interessanti in se stesse, utili per la formazione intellettuale e morale degli studenti e per il confronto dialettico fra i cittadini.”