Le notti della distanza. La testimonianza inedita di Luigi Mezzanotte
Per gentile concessione dell’autrice Irene Gianeselli e dell’editore pubblichiamo un estratto dal volume di prossima uscita Atti diversi, incanti di corpi. Introduzione al teatro di Pier Paolo Pasolini, Les Flâneurs Edizioni, Bari 2022. Il volume è incentrato sull’analisi della drammaturgia pasoliniana, interpretata come il laboratorio di una rivoluzione mancata del teatro italiano. Il saggio mette in relazione il Manifesto per un nuovo teatro con i drammi in versi ribattezzati Tragedie del Çjalderón, proponendo una nuova ipotesi critica che si concentra sul ruolo di “terzo pedagogico” fra intellettuale e società che Pasolini attribuisce al Teatro. La ricerca (patrocinata dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa della Delizia) si avvale inoltre dello studio dei manoscritti conservati alla BNC di Roma e all’ACGV di Firenze e della testimonianza inedita dell’attore Luigi Mezzanotte (diretto con Laura Betti dallo stesso Pasolini in Orgia nel 1968 per il Teatro Stabile di Torino).
Luigi Mezzanotte e io avremmo dovuto incontrarci a Roma nell’aprile del 2020. Avremmo dovuto, perché di fatto l’emergenza Covid-19, la pandemia, ha fermato le nostre vite. Così l’intervista è passata attraverso il telefono, e ha scandito i mesi del confinamento: lui nel Lazio, a Roma, e io in Puglia, a Bari, e abbiamo immaginato i nostri volti mentre ascoltavamo le nostre voci. Anche questo, se volete, è stato un pezzo di Teatro e di ricerca sulla drammaturgia piuttosto sperimentale: come parlare di un atto di presenza e in presenza, attraverso un apparecchio che segnala la distanza tra due persone mentre le avvicina? Eppure, ecco qui la sua testimonianza inedita.
Luigi Mezzanotte nasce a Meldola, in provincia di Forlì, il 21 giugno del 1941, cresce a Sarsina. È attore di Carmelo Bene sin dal 1961, nel 1968 incontra Pasolini e insieme a Laura Betti è protagonista di Orgia e nel 1975 comincerà a lavorare con lui al progetto di mettere in scena Pilade. Pasolini, generosamente, come racconta Mezzanotte, cominciò a mettere mano al copione poco prima di morire spronandolo alla regia. Questo incontro con Pasolini è cruciale per la carriera di Mezzanotte, il suo percorso artistico lo vede ancora oggi in scena come interprete profondo e originale del nostro tempo. Quello con Mezzanotte è un incontro inedito: non ci sono tracce della sua testimonianza nei volumi dedicati al Teatro di Pasolini, è la prima volta che un ricercatore si rivolge a lui per conoscere quell’allestimento del 1968 dal punto di vista attorale e registico e sapere che Pasolini poco prima di morire stesse lavorando a Pilade è una scoperta che ribalta la critica che insiste a valuta episodico, poco rilevante e non programmatico il suo lavoro di drammaturgo.
R: Luigi, cominciamo dal principio. Come incontrasti Pasolini?
I: Nel 1967 Pasolini venne a vedere Amleto o le conseguenze della pietà filiale, da Shakespeare a Laforgue (la seconda edizione dello spettacolo di Carmelo Bene) a Roma, al Teatro Beat 72. In quell’edizione io interpretavo Laerte, Pasolini rimase colpito, considera che per me fu uno dei più riusciti quell’Amleto intimista da Shakespeare a Laforgue, entrambi visti da Carmelo Bene. Pasolini chiede di me, giovane attore, e Carmelo è davvero contento perché sa quanto ho lavorato su questo personaggio, così me lo presenta – i due, Pasolini e Bene, si conoscevano e stimavano reciprocamente –. Un anno dopo attraverso Laura Betti, che portava spesso Pasolini a Teatro, venni a sapere che lo Stabile di Torino stava per produrre l’allestimento di Orgia. Chiamai la Betti, lei era già stata scelta da Pasolini per interpretare la Donna. Una sera, a casa di Pasolini, si svolse il nostro provino insieme. Cominciammo con le prime battute del II Episodio. Pasolini mi disse che l’idea di avere in scena un marito più giovane della moglie diventava proprio una scelta registica, poiché non era importante l’età anagrafica, e questo poteva essere un dettaglio interessante dell’allestimento. Il ruolo della giovane Prostituta fu affidato a Nelide Giammarco che, però, non ha proseguito poi intensamente la carriera teatrale. Avevo venticinque anni quando cominciammo questa avventura: non immaginavo che quello dell’Uomo fosse un personaggio immane per un ragazzo di quell’età. Ho continuato a capire nel tempo quanto quella esperienza abbia inciso nella mia formazione di attore.
R: Torniamo a quel provino. Raccontami come lavorò con voi Pasolini quella sera.
I: Davvero, quel provino si svolse in poche battute. Pasolini ci disse: «Leggete questi versi». Senza dare indicazioni su quello che era il testo, voleva vederci all’opera. Tra l’altro, per un certo periodo, Pasolini ancora non aveva deciso se portare in scena proprio Orgia o Pilade, la scelta di Orgia avvenne in un secondo momento. Quella sera ci guidò su quelle battute, poi andammo tutti a cena e capii che mi aveva scelto. Non è stata una passeggiata per me, naturalmente, fu un impegno molto forte. Ti confesso che non so come ho fatto a resistere, è stato lui che mi ha incoraggiato: non avevo mai affrontato un ruolo così, ci sarebbe voluta più esperienza, adesso lo so.
R: Resistere. È interessante che tu usi questo verbo. In Orgia la forza del suono è evidente già alla lettura: come proseguirono le prove?
I: Dunque, cerco di essere schematico: il mio personaggio, l’Uomo è un sadico. La Donna è una masochista. Ma questo rapporto non è così banale. Ti racconto questo: i primi tempi abbiamo provato tra noi, io e Laura, la prima scena. Ma giusto dieci minuti, facendo io il sadico e lei la masochista, simulando una crudeltà e il fatto che lei la subisse. Ma qui è il nodo della questione: quando Pasolini vide la prova disse subito: «Voi fate cadere queste parole dall’alto, non va così, assolutamente no. Non è questo quello che dovete fare per fare emergere il rapporto tra i due». Devo ammetterlo: quella di essere fortemente didascalici fu una idea di Laura Betti. Pasolini ci ripeteva: «È il contrario quello che dovete fare: quando pensate di dovere urlare, quando pensate di dovere picchiare, fate il contrario». Allora piano, piano – piano, piano – lui è entrato nella mia emozione nell’affrontare questa cosa, anche se io non è che dimostrassi molto, ma lui mi capiva. La Parola contro la chiacchiera, questa è la struttura di questo testo, e non doveva esserci niente del sadico dei fumetti. Allora Pasolini escogitò un trucco che ho applicato in altre mie esperienze: tutto il lavoro partiva dai sottotesti, si era inventato dei sottotesti, avevo delle prove a parte. Dovevamo raggiungere una recitazione trasognata, lucida ma al tempo stesso delirante: ci sarebbe stato in scena, poi, un rapporto intenso con la musica. Pasolini volle da Morricone una tromba che avesse una voce lacerante, struggente. Lo ricordo perfettamente, disse a Morricone: «La voglio così, voglio un suono lacerante». Non ho più visto Orgia fatta come avrebbe voluto Pasolini, come chiese di recitarla a noi. Quando l’hanno messa in scena altri, ecco, cascavano nel declamato, nel tradizionale più bieco e non c’entrava niente con il Teatro di Pasolini. Anche la Betti, che l’ha rifatta, ecco io sento di poter dire che l’ha tradito: erano tentati dal mettere in scena il sadismo in modo didascalico, a tratti banale. Invece Pasolini cercava leggerezza, ripeteva sempre che bisognava essere mozartiani. Per la Betti nel 1968 è stata dura, forse per lei anche più che per me: non riuscì immediatamente a capire che la provocazione era in quella leggerezza che sosteneva parole tanto forti. Ricordo che a Torino il pubblico urlava: siccome io quelle cose atroci, sadiche, le dicevo con questo distacco, con la leggerezza e la dolcezza, il pubblico era sconvolto. Urlava proprio. Pasolini ha scelto la chiave soave per provocare il pubblico. È totalmente falso dire che il pubblico a Torino non reagì al Teatro di Pasolini: reagì eccome! Non c’era quasi niente di gestuale – a parte i due pugni alla Prostituta, naturalmente giocati – ma la gente urlava. Proprio perché noi non declamavamo, non eravamo aggressivi, ma delicati e questo contrasto atterriva, spaventava chi era seduto a guardarci. Pasolini è stato una settimana presente, teneva il dibattito dopo lo spettacolo.
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