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diretto da Romano Luperini

Maria Borio, Dal deserto rosso

Ne I quaderni de la collana, curati da Maurizio Cucchi, è uscita la plaquette di Maria Borio Dal deserto rosso (2021), accompagnata da opere di Linda Carrara. Pubblichiamo la poesia conclusiva, Millennio di primavera, ringraziando l’autrice e l’editore.

MILLENNIO DI PRIMAVERA

Oggi vedo cos’è la primavera –

i segreti si sentono, leggeri e puliti:

li guardi nel cielo su zattere di pino,

all’argine il biancospino dice sono qui.

.

Vediamo, desideriamo – forse non è

una stagione, ma l’ultima antropologia –

paura non del futuro, dell’amore…

Per cogliere il biancospino bisogna pungersi.

.

…………………………………………

.

Si toglie il pigiama, è una mattina di aprile.

Dentro il corpo delle tortore può esserci

ogni ricordo, nella testa perfettamente tonda

negli aghi azzurri del pino perfettamente cuciti.

Nessuno vede chi eri, né i suoi desideri,

.

guardando le tortore nessuno può immaginare

una donna vestita da jogging e un uomo che porta

una sciarpa consumata – le tortore covano

e dimenticano quando le uova schiudono.

Come si dimentica? Cosa si desidera?

.

Nessuno può trovarti – ma quella cosa

crepita ancora come giocare al gioco di

non respirare e non parlare, che accade

sempre quando due iniziano a riconoscersi –

prima lei poi lui poi lui poi lei poi lei poi…

.

Tutti, prima o poi… nascondono una cosa –

nel vaso del basilico, uno dentro l’altro,

nell’uovo che cuoce, uno dentro l’altro –

e adesso, come la tortora prende l’erba,

adesso che la perde un po’ volando…

.

…………………………………………

.

È stato appoggiare un piede sull’acqua:

il freddo all’inizio, poi l’abitudine,

la caviglia sul bordo e il nuovo habitat,

la piscina in circonferenze più grandi,

anelli, cerchi magnetici. Onde.

.

Era primavera. Nuotavamo con la cuffia,

il costume aderente a x dietro le spalle.

La fine e l’inizio: un habitat alterato

in una zona, diffuso in un’altra zona,

un posto più grande… Altre onde.

.

Avevamo perso i piedi nell’acqua –

fuori aprile schiarisce un po’ il prato –

le bracciate facevano sempre un suono

profondo, senza memoria, oscillante

come l’IBM nuovo e Paint dove disegnavi

.

un’altra piscina senza bordo. Il ricordo

un habitat? Ferma il piede sull’acqua:

c’è sempre una vita dietro… – il piede,

la freccia per disegnare… – alle spalle

chi c’è stato? Prova, conta. Ascolta. Salta.

.

…………………………………………

.

Oggi è nato il fiore del rosmarino.

In questo millennio per la prima volta

vulnerabili ovunque, per la prima volta

non avresti creduto. I fiori non sono occhi.

L’umido della cornea fa trasparire i ricordi?

.

Allora lo sguardo più vero è solo quello

che raccontano dopo il bacio di Giuda:

la nostra specie, tutto il bene e il male,

forse solo nella primavera di un tempo

come questo, appare onesta. Silenzio.

.

La nostra specie crede alle macchine

e al destino, fermi, vuoti, per la prima volta,

come il Santo Sepolcro dalla peste del Trecento.

La nostra specie, la tentazione – “Ciò che è, è

– se non è, non sono stato, non sono, non sarò?”.

.

Ma come sono autentiche le persone

per un momento, più vere delle parole

di Elisabetta II, il pulito We’ll meet again.

Più della luna fresca e lucida al mattino…

e un uomo non sa se è la luna o il sole.

.

…………………………………………

.

Oggi vedo cos’è la primavera… –

“Ciò che è, è –

se non è, sono stato, sono,

sarò?”, a voce bassa Cesare e Napoleone

seduti insieme dall’altra parte della luna

.

– poi una donna, in controluce, arriva

alta dall’altra parte del sole, ripete

“verità” e “verità”, “eroismo spoglio…” –

e lei è solo una persona, e contempla, adesso.

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