Equo canone. Ovvero del canone letterario a scuola/7 Tre domande a Elisabetta Menetti
A cura di Luisa Mirone
Rispetto all’insegnamento della letteratura italiana, le Linee guida nazionali per gli istituti tecnici e professionali e le Indicazioni nazionali per i Licei, pur nella diversificazione dei curricula, sono a tutt’oggi storicamente orientate. Dentro questo percorso storicoletterario, vengono privilegiati, talvolta in modo rigorosamente prescrittivo, alcuni autori, tradizionalmente presenti nel canone, rispetto ai quali, nei tempi contingentati dell’insegnamento scolastico, le aperture al Novecento o all’estremo contemporaneo assumono i connotati sfumati di suggerimenti o sollecitazioni. I docenti e le docenti di letteratura italiana si trovano pertanto oggi nelle stesse difficoltà di coloro che ebbero insegnanti quand’erano fra i banchi; né è bastata a risolverle (semmai le ha amplificate) la “riforma” che ha imposto l’anticipazione della trattazione della cosiddetta letteratura delle origini al secondo anno del biennio. Abbiamo chiesto pertanto a studiosi e studiose vicini e vicine al mondo della scuola di rispondere a tre domande-chiave per provare a ridefinire non tanto i confini, quanto i parametri del canone scolastico. Pubblicheremo periodicamente le loro risposte. Sono già uscite quelle di Silvia Tatti, Riccardo Castellana, Giancarlo Alfano, Massimiliano Tortora, Duccio Tongiorgi e Francesca Fedi.
D1: Ha scritto Cesare Segre (Critica e critici, Torino, 2012): «la filologia è proprio lo sforzo di capire; e la continuità geografica e storica ci fornisce strumenti abbastanza efficienti per seguire gli sviluppi del modo di significare ed esprimersi delle manifestazioni artistiche».
Ritiene che la storia della letteratura sia ancora oggi, a scuola, uno strumento valido per l’approccio ai testi, uno strumento ancora capace di coniugare insieme appartenenza e scarto, contiguità e distanza, identità e alterità?
R1: Negli ultimi decenni ci siamo interrogati a più riprese sulla tenuta del canone letterario italiano a scuola da Dante ad oggi, nel tentativo di superare schemi storicistici considerati ormai inattuali. Sono state proposte interessanti vie alternative (recentemente illustrate nel volume ADI: Didattica della letteratura italiana. Riflessioni e proposte applicative, 2020) e differenti approcci metodologici, che hanno avuto il pregio di aver fotografato in maniera esatta la situazione in cui siamo oggi. Tuttavia, questo naturale processo di verifica degli statuti di una disciplina ha subìto in questi due anni di pandemia Covid 19 una improvvisa accelerazione sotto la spinta della calamità sanitaria che ha radicalmente cambiato il nostro scenario di riferimento. Il trauma dell’isolamento collettivo ha innescato il massimo sviluppo di interazione con il mondo digitale e con il web nelle forme e nei modi che ancora oggi ci sorprendono. In questa emergenza pandemica globale i nostri classici hanno dimostrato di parlare alle giovani generazioni grazie alla sensibilità delle docenti e dei docenti che hanno saputo interrogarli in modo nuovo. Dante è stato l’assoluto influencer del 2020 con la sua incredibile forza creativa, sprigionata nel web: si è trasformato in un classico del nuovo Millennio, direbbe Calvino, tra social, graphic novel, meme, riscritture. Dante personaggio e Dante poeta della Commedia ha parlato direttamente a tutti noi (docenti e discenti ma anche al di fuori del contesto scolastico) rinchiusi in casa in difesa contro un nemico invisibile e spaventoso: il suo inferno e le sue visionarie aspirazioni sono apparse come una metafora del nostro presente. E così Boccaccio con le sue narratrici e i suoi narratori in lotta contro la distruzione della peste nera è riuscito a parlare alle giovani lettrici e ai giovani lettori in cerca di una motivazione interiore per resistere a questa drammatica terribile esperienza. L’ipermodernità dei classici asseconda le fasi storiche e il processo di rinnovamento è già sotto i nostri occhi: tutti noi, in modo consapevole o meno, abbiamo intrapreso o subìto un cambiamento che non sappiamo ancora dove ci condurrà. Sebbene Google abbia scardinato il nostro vecchio ordine mnemonico storico-letterario a favore di nuove forme di ricerca ‘a espansione’, sono convinta che una impostazione storica di base sia ancora didatticamente molto utile per introdurre e spiegare un testo letterario: è banale ribadirlo, ma inserire un testo nel contesto di appartenenza è necessario farlo rivivere nelle menti dei nostri studenti.
D2: Secondo Remo Ceserani «Il nostro compito critico e storiografico prioritario è proprio la ricognizione e la ricostruzione dei sistemi tematici e formali, nella consapevolezza che è proprio nella diversa costituzione di quei sistemi che l’immaginario rivela la sua capacità di raccordo con i movimenti profondi della società, le sue strutture economico-sociali, materiali, culturali, linguistici» (Guida breve allo studio della letteratura, Bari-Roma, 2003).
Esaurita da tempo la funzione delle narrazioni storicoletterarie sul modello desanctisiano, è possibile, a suo avviso, proporre agli studenti e alle studentesse delle scuole superiori di percorrere la letteratura attraverso itinerari tracciati dai grandi temi e dai generi? E, eventualmente, quali temi indicherebbe?
R2: Procedere per ampi campi cronologici (epoche e movimenti letterari), per generi letterari (l’unicità del poema sacro dantesco, la stagione dei poemi cavallereschi, la lunga durata del racconto nelle sue diverse forme, il romanzo in prosa, la lirica), per temi (chiavi di lettura contemporanee, anche emotive o personali come le ‘passioni’ amorose e politiche) e, soprattutto, per finalità sociali (in particolare l’inclusione multiculturale) credo che sia il modo più ragionevole ed elastico per tenere insieme le molteplici dimensioni della didattica della letteratura italiana nella nostra epoca. Non penso però che in questo nuovo contesto sia vantaggioso accantonare le narrazioni storico-letterarie sul modello di De Sanctis e Contini. Anzi, al contrario, credo che tale narrazione del nostro passato possa entrare in dialogo con i temi dell’inclusione e della multiculturalità del nostro presente: e cioè spiegare a scuola e all’università come i nostri classici siano stati al centro di un programma culturale fondativo della lingua e della cultura italiane nel pluralismo e nella differenza culturale tra nord e sud della penisola. Il fulcro identitario della letteratura italiana può essere insegnato, oggi, come la costante ricerca di una identità umanistica ma plurale, come l’esito intellettuale e creativo di un lungo, difficile e controverso percorso di formazione di una nazione, a partire dalla alfabetizzazione delle italiane e dagli italiani. Come sappiamo (e siamo tutti d’accordo, mi pare) questo processo è stato ancora più complesso o contraddittorio proprio perché l’invenzione di una tradizione nazionale è avvenuta prima della nascita storica effettiva dello stato unitario: tradizione culturale fortissima per una identità storica debole. Adesso che siamo approdati nell’epoca delle diversità oltre le vecchie dimensioni nazionali (come aveva intuito Raimondi, Letteratura e identità nazionale, 1998), dubito che ‘cancellare’ questa lunga ricerca identitaria inneschi automaticamente la modernizzazione del canone. Possiamo chiederci, invece, se è possibile sfruttare quella esperienza per una nuova finalità formativa che è sotto i nostri occhi: ridiscutere il ruolo che la letteratura italiana può giocare per l’inclusione sociale nell’attuale ecosistema culturale digitale globale, multietnico e multiculturale. Questa nostra storia, infatti, può essere raccontata oggi avendo l’Europa e il mondo mediterraneo come sfondo più ampio per interrogarci e confrontarci con le altre culture. Penso, in particolare, alle nuove generazioni di migranti che stanno costruendo con noi una comunità culturale più ampia ed eterogenea nella rappresentazione delle emozioni, dei movimenti storici-letterari e dei modelli estetici. Forse, in questa prospettiva, è possibile riattivare l’interesse su temi comuni e universali anche a partire dalla storia della rappresentazione delle donne nella nostra letteratura (da Beatrice a Silvia o a Lucia) magari in comparazione con altre figure enigmatiche della letteratura europea da Shakespeare ad oggi. Un canone letterario umanistico italiano entro un canone letterario mediterraneo ed europeo: è questo il messaggio che Calvino ci ha consegnato con le sue Lezioni americane che, ancora oggi, sono una lettura straordinaria per i nostri Millenials.
D3: Nel corso di un importante seminario nazionale di formazione (COMPITA, Tivoli, 2015) cui prendevano parte docenti di circa cinquanta scuole secondarie d’Italia, Romano Luperini, invitato, con altri notissimi studiosi, a esprimersi sul canone scolastico, lanciò ai gruppi di lavoro una sfida: individuare dieci autori (e dieci opere) imprescindibili della letteratura italiana che potessero costituire una sorta di canone essenziale ed esemplare. Non si trattava di salvare il salvabile, ma di individuare quali voci – tra quelle già consegnate alla tradizione nazionale – fossero ritenute capaci di dialogare con l’Europa, di rappresentare l’Italia entro una più ampia (e oggi più che mai necessaria) dimensione europea. Fu una prova molto difficile, e non se ne venne a capo.
Le proponiamo la stessa sfida, ampliando la rosa a quindici nomi e motivando le sue scelte.
R3: Sulla dimensione europea e globale del canone letterario italiano come mediazione tra identità e pluralità culturali mi sono soffermata prima. Attualmente abbiamo dieci irrinunciabili, certamente riconosciuti anche all’estero come tali: e sono, come li ha definiti Gino Ruozzi‘i magnifici dieci (sopravissuti) della letteratura italiana’ e cioè Dante, Petrarca, Boccaccio; Machiavelli, Ariosto, Tasso; Galileo; Foscolo, Manzoni e Leopardi. A questi irrinunciabili, bisognerebbe aggiungere Verga e Pirandello, ma siamo già a dodici e resterebbero fuori tutti gli altri! Goldoni, Parini, Alfieri e tutto il resto del Novecento (Svevo, Montale, Calvino; ma Grazia Deledda e Elsa Morante?). Insomma, il nostro ‘equo canone’ a scuola (diverso potrebbe essere il caso dell’università) è un rompicapo che dipende dalla necessità di riaffermare la biografia culturale di una nazione, le cui origini pesano sul presente: lo vediamo nella nostra manualistica editoriale. Potrebbe però essere interessante ridiscutere e rileggere quel canone a patire dal Settecento (così propone Gian Mario Anselmi con I passaggi e la cronologia ragionata della letteratura italiana, 2021) nelle sue contraddizioni e controverse generalizzazioni. Alla luce del cambiamento di prospettiva storica contemporanea, ecco, in breve, la mia scelta ‘paradigmatica’ per temi, generi e finalità che ho elencato prima:
- Dante, Boccaccio e Calvino: pluralismo e diversità culturale.
- Machiavelli, Parini e il pensiero politico.
- Petrarca, Ariosto, Tasso, Leopardi per il linguaggio poetico delle passioni.
- Manzoni, Foscolo, Pirandello, Deledda, Morante, Svevo per narrazioni (romanzo e forme del racconto), storia, identità e inclusione sociale.
Per lo scenario europeo-mediterraneo in dialogo con la nostra letteratura: Ovidio, Chrétien de Troyes, Shakespeare, Cervantes (punti 1 e 3); Voltaire e Rousseau (punto 2); Hugo, Woolf, Mann (punto 4).
Il problema vero, in realtà, è come integrare il Novecento, ormai da considerare come secolo a sé stante con una complessa periodizzazione interna tra modernismo, postmodernismo e ipermodernismo. La vera scommessa è gestire il passaggio dal Novecento al Duemila (l’estremo contemporaneo di Emanuele Zinato), l’ingresso nel canone delle autrici (secondo il percorso proposto dal gruppo ADI ‘Studi delle donne nella letteratura italiana’) da Grazia Deledda a Elsa Morante, Sibilla Aleramo, Anna Banti fino alla contemporaneità come si sta discutendo in tutte le sedi. Non perderei di vista, però, la riflessione sulla nostra identità culturale, che si sta formando intorno ai grandi classici di riferimento della cosiddetta letteratura per l’infanzia (Collodi e Rodari) ma anche De Amicis e Artusi, come alcuni nostri scrittori contemporanei hanno messo in evidenza in questi ultimi anni. E penso, in questo caso, alla proposta lanciata da Marcello Fois (L’invenzione degli italiani. Dove ci porta Cuore, 2021) con la sua rilettura ad ampio raggio del libro Cuore, come memoria di chi eravamo, per capire chi siamo oggi.
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