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La cabina della funivia e la razionalità irrazionale del sistema

In una zona d’Italia quasi al confine fra Piemonte e Lombardia, terra di padroncini e della Lega, 14 persone sono morte e un bambino è in ospedale a rischio della vita. Sulla funivia Stresa-Mottarone la cabina è precipitata per la rottura di un cavo e per il mancato intervento automatico di frenaggio che sarebbe dovuto scattare impedendole di essere risucchiata a valle. Sulla linea da oltre un mese si erano registrati problemi tecnici per risolvere i quali sarebbe stato necessario fermare per qualche giorno l’impianto e avviare i necessari interventi di manutenzione. Ciò avrebbe comportato un mancato introito, ovviamente, e allora, come ha ammesso subito dopo l’arresto il caposervizio, è stato deciso di disattivare il sistema di frenaggio automatico. Il PM ha dichiarato che per ragioni economiche c’è stata una «deliberata volontà di bloccare i freni di emergenza», mentre il procuratore Bossi ha affermato che si è trattato di «una scelta consapevole e non di una omissione occasionale». D’altronde uno dei tre arrestati, il caposervizio (che ha operato però di intesa col proprietario e col direttore di esercizio, tutti e tre arrestati), ha ammesso di avere «deliberatamente e ripetutamente» inserito i dispositivi che impedivano il funzionamento dei freni. Per ragioni di profitto immediato, si è giocato per oltre un mese sulla vita dei passeggeri, finché puntualmente non si è verificata la tragedia. Intervistato alla TV, un abitante della zona ha osservato che i proprietari e i gestori avevano giocato alla roulette russa sulla pelle dei passeggeri. E un altro: «Chi l’avrebbe mai pensato? Sulla funivia salivano anche i figli del proprietario…».

Questi i fatti, che lasciano inquieti. Come è potuto succedere? Tutto è organizzato razionalmente. Se per caso il cavo si spezza, è pronto il sistema di frenaggio automatico che salva la vita ai passeggeri. Tutta la società sembra organizzata in modo così razionale… Lo stesso capitale non organizza razionalmente tutta la società? D’altronde è anche suo interesse che tutto si svolga in ordine senza mettere a rischio la via dei lavoratori e dei cittadini…

E in effetti il funzionamento del capitale, come d’altronde quello dei lager nazisti (osservava Adorno settanta anni fa), è organizzato razionalmente. È l’illuminismo strumentale di cui parla sempre Adorno: la ragione al servizio del profitto. Ma anche ammettendo che questa organizzazione sia davvero razionale, sono razionali poi la sua gestione e il suo fine? Si tratta di un fine accettabile, come, per esempio, il benessere della comunità? o è piuttosto la soddisfazione della avidità personale che, non conoscendo remore e limiti, è ovviamente irrazionale? Siamo davvero convinti che l’arricchimento illimitato dei singoli si traduca in maggiore ricchezza collettiva e in sviluppo positivo della società? Nell’epoca della pandemia alcune aziende hanno moltiplicato i profitti mentre la massa dei lavoratori e molte piccole aziende sono sprofondate verso la povertà e il fallimento. Il mezzo sarà forse razionale, ma la gestione e il fine sono irrazionali, imprevedibili, sottoposti alle spinte incontrollabili della cupidigia di individui o di gruppi. E allora in noi osservatori si verifica un momento di spaesamento e di riflessione. Quasi una sensazione improvvisa di vertigine, ci si guarda intorno e per un attimo siamo sfiorati dalla verità: la nostra vita, senza che neppure ce ne accorgiamo, è in mano ogni giorno a speculatori che mirano al loro profitto e per i quali la nostra vita (e a volte persino quella dei loro figli) vale assai meno dei loro profitti.

Marx, al suo tempo, aveva parlato della irrazionale razionalità del capitale. Già.

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