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Ricadute psicologiche della Dad, confini mutati e nuove identità

 Pubblichiamo un intervento di Federico De Luca, psicologo responsabile dello sportello d’ascolto di un istituto tecnico di Roma sud-est, che durante la Dad è stato riconvertito in uno sportello d’ascolto a distanza. Le riflessioni riportate sono riferite a questa esperienza.

L’emergenza Covid ha coinvolto, e coinvolge, la società a tutti i livelli: individuale, sociale, economico, sanitario, lavorativo, formativo-educativo. Al di là delle implicazioni specifiche dei vari ambiti, l’emergenza ha omogeneamente reso necessaria una riorganizzazione, interna ed esterna, che fosse rapida ed efficace per evitare il diffondersi della pandemia e favorire un ritorno alla normalità.

Come fulcro del processo formativo-educativo, la Scuola ha dovuto affrontare una condizione nuova e in tempi brevi, dovendo rinunciare anche a uno dei suoi fondamenti, “si entra a scuola e si esce dalla scuola”. Questo dato di fatto definisce ciò che la Scuola rappresenta: il luogo della didattica e della formazione ma anche il luogo della relazione e della strutturazione. L’importanza di “entrare in classe” non risiede solo nell’entrare fisicamente (ci sono diversi casi positivi di formazione in contesti meno tradizionali)  quanto, piuttosto, nello stabilire uno spazio interiore ed esteriore definito e organizzato all’interno del quale insegnare/ apprendere e relazionarsi. Con l’emergenza Covid questo spazio è stato messo in discussione offrendo nuovi spunti di riflessione.

Confini e relazioni

L’assenza della struttura scolastica ha modellato un nuovo spazio e tempo della Scuola. Non essendoci più uno spazio fisico all’interno del quale interagire con gli insegnanti, molti alunni hanno esteso lo spazio e il tempo della scuola all’intera giornata arrivando, ad esempio, a inviare e-mail o messaggi ai docenti a qualsiasi ora per richiedere spiegazioni e chiarimenti. Alcuni insegnanti hanno irrigidito i propri confini creando — complice una interpretazione comprensibilmente parziale della nuova modalità didattica — distanze marcate fatte di compiti, mentre la maggior parte, per favorire il processo di apprendimento, ha accolto tali richieste a scapito del tempo personale. Per quanto un insegnante sappia che spesso il tempo dedicato al proprio lavoro va ben oltre quello definito dalle ore di incarico, un simile costante sconfinamento, se non considerato, può determinare un senso di perenne reperibilità e la sensazione di essere invaso dai propri impegni o un marcato irrigidimento. D’altra parte, sostenere tali richieste è risultato necessario per mantenere, in questa situazione di emergenza, la relazione con i ragazzi e il proprio ruolo. Con una modalità didattica ancora poco controllabile, con videocamere spente per “favorire l’audio” o compiti svolti presumibilmente dallo studente e non da parenti o amici, il docente però non ha più potuto formulare valutazioni sul ragazzo che “aveva davanti” con le sue risorse e le sue difficoltà, dovendosi confrontare con limiti inediti e ricavando spesso la sensazione di una vera e propria perdita di senso del proprio operato. Se a questo si aggiunge la previsione di una promozione su larga scala, è facile immaginare le conseguenze. I concetti di responsabilità personale e conseguenza, connaturati nella relazione studente-docente e in senso più ampio studente-scuola, si sono così smarriti nella rete della tecnologia, mettendo in crisi il ruolo educativo e formativo della scuola. Perché al di là dell’aspetto didattico, ma uniti ad esso, l’aspetto organizzativo e quello relazionale “reale” con il suo complesso tessuto di rapporti è il luogo dove si configura la crescita personale e didattica dello studente. Non è dunque un caso se lo smarrimento è stato inizialmente la sensazione più diffusa tra studenti e professori, oltre quello determinato dall’emergenza: ciò che fino al giorno prima definiva un aspetto importante della propria identità —“sono uno studente”, “sono un professore” — era stato intaccato.

Possibilità

L’emergenza Covid ha richiesto alla Scuola, senza troppi compromessi, l’adozione di interventi speciali. Uno di questi è la DAD. Anche coloro che fino al giorno prima si sarebbero opposti, sono stati costretti ad armarsi di pc e rivedere il proprio modo di fare didattica. Si può disquisire a lungo sui pro e i contro ma un aspetto è innegabile: copre le distanze. Soprattutto in quelle situazioni in cui “entrare a scuola” crea la distanza: basti pensare alle vittime di bullismo, ai ragazzi con difficoltà relazionali, agli hikikomori, ai ragazzi con disabilità. In tutte queste situazioni la DAD può favorire il mantenimento della relazione con il ragazzo ponendosi come fattore protettivo nei confronti dell’abbandono scolastico. Poter mantenere il legame con la proposta formativa della scuola (e implicitamente anche quello relazionale) senza doversi caricare di tutta l’angoscia associata, ha consentito a diversi ragazzi di poter partecipare con maggiore serenità alla vita di classe. Questo non vuol dire immaginare la risoluzione di tali situazioni esclusivamente attraverso la DAD quanto, piuttosto, considerarla un utile strumento (una volta definito un protocollo d’intervento) per facilitare l’inclusione, tenendo sempre in mente l’obiettivo finale che è quello di ri-portare il ragazzo in classe.

L’inclusione, comunque, va ben oltre le categorie sopra citate. Per questo è importante considerare le potenzialità che la DAD ha mostrato: creare e partecipare eventi formativi, extra-scolastici e non, senza i vincoli dello spazio e degli spostamenti. Metodologicamente contestualizzata la DAD può rappresentare un modo alternativo con il quale veicolare la proposta formativa della Scuola, favorendo l’incontro delle esigenze temporali e organizzative di tutti gli attori.

Ritorno sui banchi

A settembre è previsto il ritorno sui banchi. Nella fase acuta della pandemia la Scuola ha reagito riorganizzandosi in breve tempo e svolgendo le proprie attività tramite internet, favorendo un senso di normalità in un momento che non lo era affatto. Ciononostante, le difficoltà ci sono state e potrebbero farsi sentire. Se il termine regressione è eccessivo per indicare alcune conseguenze del fenomeno, è innegabile che molti studenti, puntando su una promozione quasi assicurata e sollecitati in questo atteggiamento da una modalità ancora poco nota, hanno allentato il ritmo nello studio e si sono adeguati al ribasso alla nuova situazione, sicuramente meno stressante sotto certi punti di vista. A settembre questa “perdita” potrebbe tradursi in una minore motivazione e comportare una maggiore fatica a impegnarsi come prima. Lo stimolo sociale — il tornare in classe con i pari — potrebbe essere un incentivo, mentre per altri questo potrebbe rappresentare un problema. La Scuola, in tal senso e non solo, dovrà tenere conto del salto in avanti “massivo” che la DAD ha comportato per studenti e professori, rappresentato dall’aver costretto tutti ad avvicinarsi a una modalità comunicativa ancora poco utilizzata nella didattica ma sempre più diffusa. Dopo aver stilato dei protocolli chiari sull’utilizzo di una simile proposta formativa, l’integrazione sarebbe più che auspicabile per rendere la Scuola sempre più flessibile e capace di rispondere a esigenze diverse. Basti pensare alla possibilità di assistere ad uno spettacolo, un evento o un seminario che si trova a centinaia di chilometri di distanza senza doversi muovere dalla classe né, economicamente parlando, spendere soldi ulteriori. Una Scuola preparata al mondo digitale è essenziale per fornire una proposta sempre più attuale e coerente e, soprattutto, mantenere il suo ruolo fondamentale nella lettura della realtà.

A settembre è previsto il rientro in classe ma con buona probabilità nel frattempo le cose cambieranno ancora. Ciò che conta sarà non farsi cogliere impreparati, prevedendo anche chiaramente le azioni da attuare nel caso di un ritorno dell’emergenza. Perché ciò che è emerso con la pandemia è che non è il semplice collegarsi ad un link che deve essere tutelato quanto, piuttosto, l’organizzazione e la strutturazione, interna ed esterna, didattica e relazionale che la Scuola fornisce e in assenza della quale l’intero processo formativo e di crescita del ragazzo/ studente viene messo in discussione.

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