
E un giorno, un giorno o due dopo il 18 aprile,
lo vidi errare da una piazza all’altra
dall’uno all’altro caffè di Milano
inseguito dalla radio.
“Porca” – vociferando – “porca”. Lo guardava
stupefatta la gente.
Lo diceva all’Italia. Di schianto, come a una donna
che ignara o no a morte ci ha ferito,
Mi è tornata in mente questa poesia di Sereni che rappresenta Umberto Saba dopo la sconfitta delle sinistre del 18 aprile 1948. Oggi, settant’anni dopo, lo stesso sentimento, la stessa rabbia. La stessa tristezza di fronte a questa schiacciante vittoria della Lega, dopo il rosari e i vangeli sventolati nei comizi, dopo i provvedimenti volutamente crudeli verso gli emigrati, dopo le parole razziste e l’ostentata protezione delle forze fasciste, dopo l’esibita rinuncia a festeggiare il 25 aprile, dopo l’ignoranza, la grossolanità, l’impudenza esibite come vessilli e fomite di successo.
“Porca Italia”, diceva Saba. Democristiana e clerico-fascista dopo il 18 aprile, poi berlusconiana per un ventennio, ora salviniana. Fatte salve le forme della democrazia, la stessa sostanziale brutalità, la stessa esibizione di individualismi prepotenti e autoritari, la stessa sostanziale inciviltà.
Bisogna registrare una continuità che non si smentisce. Ricordo una sera a Milano all’inizio degli anni settanta, dalle finestre gridavano a un gruppo di poliziotti che si accaniva su due studenti caduti a terra, “ammazzateli, ammazzateli tutti!”, ricordo il sangue sui muri dopo il massacro alla caserma Diaz a Genova, e Serantini e Ceccanti sparati a Pisa.
Sempre questa Italia di destra, subdolamente fascista, che ora si riafferma e si rafforza. Nel nostro paese la parte intollerante, violenta, sopraffattrice ha la maggioranza da sempre, e a quanto pare la conserverà ancora a lungo. Nonostante la Chiesa di Francesco, nonostante un volontariato eroico, nonostante l’istruzione impartita dalla scuola pubblica (d’altronde sempre più scientificamente degradata dalle forze al potere), nonostante i mille episodi di solidarietà, alla fine a prevalere sono sempre loro: quelli che riescono a dare voce a un popolo privo di cultura (l’Italia ha in Europa il primato della non-lettura e il numero più basso di laureati), deluso da una sinistra ormai padronale, disperato, arrabbiato, invelenito dalle ingiustizie ma incapace di individuarne i responsabili.
Ora bisogna aspettarsi il peggio e attrezzarsi per fronteggiarlo. La scuola, che educa alla democrazia, continuerà, proprio per questo, a essere presa di mira, e sempre più difficile sarà ispirarsi ai principi costituzionali e insegnarli agli studenti, anzi temo che continuare a farlo ben presto finirà con l’essere ritenuta un’azione sovversiva.
Bisogna inventarsi delle strategie di resistenza culturale e politica. Non bisogna mollare. Certo occorre continuare a parlare di didattica, del rapporto fra democrazia e interpretazione, di comunità ermeneutica, perché rendere più efficace e democratico il nostro insegnamento è il modo migliore per educare i giovani alla libertà e alla tolleranza. Ma limitarsi a questo vorrebbe dire suonare un violino intorno a un abisso ignorando che ci si può cadere dentro da un momento all’altro. Credo che in ogni scuola gli insegnanti democratici dovrebbero organizzarsi e far nascere gruppi di studio e di autodifesa, capaci di tenere elevato il dibattito culturale del corpo docente ma anche di elaborare delle strategie di resistenza e di reagire con gli strumenti della democrazia alle ingiustizie e ai soprusi che ci aspettano.
{module Articoli correlati}
Articoli correlati
No related posts.
-
L’interpretazione e noi
-
Il Pirandello di Santo Mazzarino: un ‘greco di Sicilia’ interessato alle vicende della politica
-
Viviamo ormai dentro una logica di guerra? Su Antisemita. Una parola in ostaggio di Valentina Pisanty
-
Auerbach contro Bachtin
-
Le Labour narratives
-
-
La scrittura e noi
-
Perché leggere “I giorni veri. Diario della Resistenza” di Giovanna Zangrandi
-
Perché leggere Le mosche d’oro di Anna Banti
-
Perché leggere “La dismissione” di Ermanno Rea
-
Proposte per giovani lettori. “Piccoli Mondi” di Cale Azumah Nelson
-
-
La scuola e noi
-
Insegnare il limite: tre lezioni sul mito
-
L’ora di Dante: alcune idee
-
IN-SEGNARE, oggi
-
Invalsi fra Big data e Data Despota
-
-
Il presente e noi
-
I 50 anni di “Vermisat”: un cinema del reale, fuori mercato
-
Due film di luce e oscurità nella Germania nazista
-
Su Adolescence/2. Per una recensione di Adolescence
-
Su Adolescence/1. Sì ho visto Adolescence e ce l’ho ancora piantato nel cervello
-
Commenti recenti
- Laura su Perché leggere “I giorni veri. Diario della Resistenza” di Giovanna ZangrandiGiovanna Zangrandi scrive molto bene. Il fatto che le storie raccontate ne I giorni veri…
- MAURIZIO MURAGLIA su L’ora di Dante: alcune ideeBrava Stefania, spunti interessanti, fruibili e detti con chiarezza. Come vorrebbe Dante stesso: https://laletteraturaenoi.it/2025/02/10/dal-convivio-di-dante-suggestioni-di-attualita/
- 2023.12 Dicembre (16 – 20 dicembre) – Senti le rane che cantano su Intelligenza artificiale e storia artificiale[…] È appena uscito un e-book curato dalla rivista “Gli asini” intitolato Tecniche e miti. Le…
- Oigroig su Viviamo ormai dentro una logica di guerra? Su Antisemita. Una parola in ostaggio di Valentina PisantyLa storia si è rimessa in movimento, in movimento rapido e imprevedibile, e anche le…
- Alessandra Mancini su L’ora di Dante: alcune ideeInteressante, scritto con linguaggio eccellente, un vero arricchimento, grazie Stefania.
Colophon
Direttore
Romano Luperini
Redazione
Antonella Amato, Emanuela Bandini, Alberto Bertino, Linda Cavadini, Gabriele Cingolani, Roberto Contu, Daniele Lo Vetere, Morena Marsilio, Luisa Mirone, Stefano Rossetti, Katia Trombetta, Emanuele Zinato
Caporedattore
Roberto Contu
Editore
G.B. Palumbo Editore
Lascia un commento