
La pagella del ragazzo africano
La dottoressa Cattaneo, che fa l’autopsia di chi affoga nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere dall’Africa l’Italia, ha scoperto che la salma di un ragazzo (avrà, dice, quattordici anni) proveniente dal Mali aveva nei vestiti qualcosa d’insolito. Guarda meglio e scopre, scritta in arabo e in francese, la pagella scolastica (il “Bulletin scolaire”) del ragazzo, cucita in una tasca in modo che non andasse perduta, come sino a non molti anni fa facevano le madri dei nostri emigrati con qualche banconota e immagine devota che dovevano aiutare il giovane a sopravvivere nel paese straniero dove era diretto. Guarda e vede che i voti sono ottimi. Quel ragazzo era certamente fra i più bravi della sua classe. Riteneva evidentemente quella pagella un bene prezioso da esibire in Europa al momento opportuno. Probabilmente, si illudeva, gli europei non avrebbero potuto respingere un ragazzo così bravo. Vista la pagella, lo avrebbero accolto e gli avrebbero dato un lavoro degno della sua preparazione.
Questo piccolo episodio mi ha turbato. Forse per qualche buona ragione che si presta ad alcune considerazioni.
- I risultati scolastici ottimi erano per il ragazzo e la sua famiglia motivo di orgoglio e di speranza.
- La istruzione scolastica per lui e la sua famiglia era evidentemente un valore da salvaguardare, e una garanzia di promozione sociale.
- In Africa, e comunque in quel paese del Mali, si ritiene che l’Italia come qualunque altro paese europeo sia un paese civile capace di valorizzare i giovani che hanno ottimi risultati scolastici.
Dunque in Africa si crede che l’Italia riconosca l’importanza della scuola e della formazione che essa impartisce. Evidentemente si ignora che da noi i giovani o abbandonano in massa la scuola prima del diploma o appena diplomati e laureati restano disoccupati e fuggono all’estero perché nel nostro paese nessuno riconosce il valore dei risultati raggiunti attraverso studi scolastici regolari.
Il mio turbamento insomma non è solo umanitario, è politico. Non nasce solo dalla pietà ma dal riconoscimento che quel povero ragazzo era vittima di una illusione che in fondo anche noi condividiamo. L’Italia non è un grande paese civile?
Ma lo è davvero? Mi chiedo: chi sarebbe da preferire in un confronto di valori? Chi, insomma, è più civile? Quella famiglia del Mali che ingenuamente crede in ciò in cui credevano sino a trent’anni fa i nostri padri oppure gli italiani che non accolgono il ragazzo, lo lasciano affogare nel Mediterraneo e, se fosse arrivato sano e salvo, ne avrebbero disprezzato la preparazione e la cultura, ritenendo le proprie “naturalmente” superiori?
Penso che la storia di questo adolescente andrebbe raccontata e discussa in ogni classe d’Italia. I nostri studenti, le loro famiglie e le stesse istituzioni scolastiche e governative avrebbero molto da imparare da questo ragazzo africano e dal suo “bulletin scolaire” inutilmente cucito in una tasca.
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Come se
Morire in mare dopo pochi anni di vita, approdare in Italia per essere probabilmente oggetto di disprezzo. C’è una terza, assai verosimile, possibilità: il ragazzo avrebbe potuto essere ricondotto in Libia, da cui forse si era imbarcato, per essere rinchiuso in uno dei centri di detenzione libici (li’ si’ che sarebbe servita la pagella…). E sinceramente non so se in questo caso la sua sorte avrebbe potuto dirsi migliore.
Credo che il sentimento prevalente davanti a questa storia sia di commozione. Per l’enorme fiducia riposta in un ideale (quello della bravura, del talento testimoniato da una istituzione scolastica), in un “valore”, appunto: moneta definitivamente fuori corso in un paese troppo corrotto e troppo cinico per riconoscerlo. Commozione, ma anche grande amarezza, per l’ipocrisia imperante: ‘come se’ davvero la Libia fosse un paese normale, con cui poter “stringere accordi”; ‘come se’ davvero l’intelligenza, la preparazione, l’impegno servissero a qualcosa. Però, condivido pienamente, di questa storia bisognerebbe parlare, soprattutto nelle scuole.
La pagella del ragazzo africano
Credo che l’articolo del prof. Luperini fotografi molto bene la situazione dell’Italia e soprattutto della scuola italiana. Sono una maestra e insegno in una scuola con una forte presenza di famiglie migranti. Nonostante la giovane eta’ dei miei alunni ne ho parlato con loro e lo faccio ogni volta che accade qualcosa, oggi purtroppo spesso, che vada contro ogni principio di umanita’. Pero’ anche io mi sono chiesto quale sarebbe stato il destino di questo ragazzo che racchiude a in quella pagella cosi’ tante aspettative, avrebbe trovato una scuola capace di rispondere e di includere? Troppo spesso ho visto bambini con una voglia di riscatto e con grandissime capacita’ disperdere le capacita’ man mano che il percorso scolastico progrediva.questa vicenda deve farci riflettere molto e si parliamone nelle scuole.
Illusione
La Conoscenza come valore. Il suo piccolo sapere come passaporto verso un paese apperentemente più progredito del proprio ma sicuramente più cinico e triste. La sua pagella come dimostrazione di buona fede. Ecco i voti sono lì, ottimi, a testimoniare la diligenza , l’abnegazione, la voglia di migliorarsi attraverso lo studio. Chi va bene a scuola non può essere cattivo, non può avere cattivi propositi. Gli italiani avrebbero capito, avrebbero capito la sua voglia di cercare di crescere, come individuo. No, povero piccolo. Il tuo tragico destino, almeno conserverà nel tuo spitito questa tenera e piccola illusione