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diretto da Romano Luperini

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La letteratura, il teatro, il carcere e la strada/1. Sogni di giustizia

  

La cultura – il lato ideale delle cose –  pretende di costituirsi come un mondo separato e sufficiente, in cui possiamo trasferire la nostra interiorità. È un’illusione, e solo considerata come illusione, come un miraggio in terra, la cultura è al posto che le compete.

J. Ortega y Gasset, Meditazioni del Chisciotte

Elmi, foto tratta dal laboratorio di scenografia a cura del prof. Badagliacca.

Ariosto e Cervantes: premessa

Nella storia della letteratura occidentale il folle don Chisciotte ha un precedente illustre,  l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Cervantes conosceva e ammirava il capolavoro di Ariosto e lo tenne presente nel comporre il Chisciotte (dall’Orlando furioso, tra l’altro,  riprese l’inserto narrativo dell’Indagatore Indiscreto). Nel Furioso la pazzia del protagonista è una follia d’amore, l’esito di una passione frustrata: Angelica, amata dal paladino Orlando, non lo ricambia e anzi gli preferisce il saraceno Medoro. Per la delusione, come tutti sanno, il cavaliere perde il senno. Ariosto indaga il furore irrazionale che travolge l’eroe, la cui pazzia richiama al senso del limite della ragione, in implicita polemica con la concezione cortese dell’amore totalizzante. 

chisciotte02 I cavalli dei cristiani e dei pagani, foto tratta dal laboratorio di scenografia a cura del prof. Quadrio.

Don Chisciotte, invece, impazzisce leggendo libri di cavalleria. Non è la realtà, una persona o un fatto a renderlo folle, ma un eccesso d’immaginazione: la sua follia ha quindi un’origine intellettuale. Con essa Cervantes non ci richiama ad un armonico senso del limite, ci mostra piuttosto che la follia riempie un vuoto, la vita monotona e antieroica di un idalgo di provincia. Attraverso la follia del cavaliere errante, Cervantes ci comunica perciò un senso di crisi tipico del Barocco: il mondo delude e l’io si perde in esso. 

chisciotte03Le corazze, foto tratta dal laboratorio di scenografia a cura dei proff. Badagliacca e Quadrio.

La differenza di prospettive dei due autori si coglie ancor meglio valutandone il diverso stile. Ariosto scrive un poema in ottave dalla forma armoniosa ed equilibrata. Attraverso l’adozione di uno stile medio esibisce un senso di distacco e di controllo verso i fatti raccontati. Cervantes, invece, scrive in prosa, assume un linguaggio realistico e adotta vari registri stilistici, da quello comico-parodico a quello lirico ed illustre.

Sia Ariosto che Cervantes, infine, ricorrono ai procedimenti dell’ironia, ma con esiti anche qui molto diversi. Ariosto ironizza sui limiti degli uomini, stigmatizzandone gli eccessi, oppure, fa dell’autoironia presentandosi ai lettori come un autore indaffarato alle prese con la propria opera. Cervantes ironizza su tutti gli aspetti della narrazione: l’autore, le fonti, i personaggi, lo stile, il genere sono sottoposti a corrosione ironica, con l’effetto di rendere il mondo raccontato precario e la verità romanzesca incerta. Possiamo perciò dire che se Ariosto irride le debolezze degli uomini, Cervantes si fa invece beffa delle loro certezze. Il disincanto di Ariosto verso la sorte mutevole degli esseri umani è divenuto in Cervantes smarrimento. 

chisciotte04 La luna di Astolfo, foto tratta dal laboratorio di scenografia a cura dei proff. Quadrio e Di Trapani.

L’Orlando Furioso e il Don Chisciotte sono stati i due classici al centro di un progetto (1) che ha coinvolto molte scuole di ogni ordine e grado e i detenuti del carcere Ucciardone (2). I testi sono stati riscritti dagli studenti e messi in scena per le strade di Palermo e nell’Istituto penitenziario. Il lavoro degli insegnanti (3) ha preso le mosse da due constatazioni: ci sono libri-prospettiva di cui abbiamo ancora bisogno, la nostra città ha bisogno della scuola. In questo articolo pubblichiamo un primo video che mostra l’esperienza in carcere e di seguito alcune riflessioni.

Don Chisciotte in carcere

Nel 1587 Cervantes si trasferisce a Siviglia. Per vivere fa l’esattore e il commissario per il vettovagliamento dell’Invincibile Armata, cioè confisca grano e cereali per la flotta del re. Subisce due scomuniche per avere requisito grano ad alcune parrocchie. Amareggiato e stanco, prova a cambiare a vita, ma gli viene seccamente rifiutato un posto di amministratore nelle Americhe. Continua pertanto a fare l’esattore in Andalusia, finché non viene ingiustamente imprigionato  nel 1592 con l’accusa della vendita illegale di grano e nel 1597, a Siviglia, per il fallimento della banca in cui aveva depositato il denaro riscosso. È nella durissima prigione di Siviglia che, a quanto sembra, inizia a scrivere il Don Chisciotte.

Prime riflessioni

Don Chisciotte della Mancia è un romanzo calato nel presente, in un momento di crisi epocale. La realtà storica è raccontata senza retorica,  nei suo aspetti quotidiani e contraddittori. L’apparenza ingannevole,  la sorte mutevole, la precarietà degli uomini, la dissonanza col mondo, la vita come finzione teatrale sono anche alcuni dei temi del romanzo che hanno guidato il laboratorio teatrale nell’Istituto penitenziario Ucciardone condotto da Preziosa Salatino del Teatro Atlante, in collaborazione con Gabriella D’Agostino dell’Università di Palermo e con il supporto dell’Asvope e dei docenti che hanno svolto le lezioni in carcere, tra questi Isabella Tondo che racconta:

la prima volta che si varcano i cancelli di un carcere non lo si dimentica più. Pochi luoghi sembrano così vicini allo spazio infernale descritto da Dante nella  Divina Commedia con i suoi passaggi sorvegliati da custodi, i blocchi di controllo e i percorsi tortuosi.  Il luogo impressiona il visitatore anche se non si trova lì per salutare parenti o amici reclusi, ma per tenere ad esempio un’occasionale lezione sulla follia di don Chisciotte, con le fotocopie dei testi rilegate e pronte al vaglio della polizia penitenziaria. Se in aula qualche volta la voce suona stonata e ci assalgono i dubbi sull’effettivo senso del nostro mestiere, qui le domande diventano ancora più brucianti: perché raccontare l’inutile grandezza della letteratura proprio dentro le mura di un carcere?

La risposta a domande del genere rischia di essere retorica finché non hai di fronte volti precisi e vite vissute. Non è possibile, forse, percepire fino in fondo la potenza della letteratura finché non hai provato a far conoscere le parole di Omero, le Favole di Esopo o l’avventura dei mulini a vento di Cervantes a uomini che versano in condizioni di disagio, di emarginazione o che non hanno completato il loro percorso scolastico, talora drammaticamente arrestato già alla fine della scuola primaria. Uomini che fino a quel momento avevano vissuto e agito senza sapere nulla di Ettore, di Achille, di Ulisse, di Chisciotte o Sancio noti, al massimo, come protagonisti di film hollywoodiani o di serial tv. Accade, infatti, che la letteratura faccia la sua miglior prova proprio in questi contesti di privazione della libertà, dove il tempo e lo spazio si condensano in un cronotopo completamente diverso da quello presente nel mondo fuori le sbarre. Qui, in un confronto libero da verifiche finali, il testo letterario ritorna ad essere un puro scambi di vissuti. Siamo tutti costretti ad un dialogo nudo, senza cellulari, notifiche, rinvii di conversazioni, siamo tutti preda di una ben diversa urgenza comunicativa che trova nei testi letterari una forma di scampo verso altri mondi possibili. Nella costrizione delle mura (ma forse anche fuori da esse) la scuola fa innanzitutto esperienza di un bisogno di ascolto.

 

NOTE

Fotografie a cura di Loredana D’Ippolito.

Video a cura di Vincenzo Patricolo e Fabrizio Bonadonna della Palumbo Editore.

1) I classici in strada, giunto alla 4 edizione, ha ricevuto il contributo dell’USR Sicilia-AT Palermo e il patrocinio del Comune di Palermo http://www.classicinstrada.eu.

2) Le scuole in rete per i Classici in strada del 2016-2017 sono state: Liceo Scientifico “B. Croce”, Liceo scientifico “S. Cannizzaro” – Liceo classico “Umberto I” – Liceo classico “V. Emanuele II”  – Liceo classico “Garibaldi”- Liceo classico “G. Meli” –  Liceo artistico “Ragusa Kiyohara” (che ha curato le scenografie) – Liceo arstico “Catalano”, IIS  “E. Medi” – Scuola elementare “N. Garzilli” – Istituto Comprensivo “G. Marconi”-Istituto Comprensivo “Nuccio/Verga”- Istituto Comprensivo “Politeama” – Istituto Comprensivo “Pino Puglisi”. Hanno partecipato ai laboratori anche L’Università degli Studi di Palermo, Dipartimento Culture e Società e i detenuti dell’Istituto penitenziario Ucciardone.

3) I docenti del comitato scientifico che hanno coordinato i lavori sono Isabella Tondo, Francesca Marchese, Loredana Gambino, Maurizio Civiletti, Mariella Rinaudo, Maria Motoleone, Emanuela Annaloro. I docenti referenti delle varie scuole sono stati: Marina Buttari, Patrizia Campagna, Daniela Conte, Lucia Corsaro, Croce Costanza, Giusi Norcia e, per l’Università,  Andrea Cozzo.

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