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Normativa sui BES: meno chiacchiere e più applicazione/ Il dibattito sui BES 16

Di recente ho replicato ad un duro e dotto attacco dell’ispettore Iosa sui BES con un mio articolo dal titolo “ Basta coi bes. Pensiamo a una scuola inclusiva”. Questo titolo mi ha attirato molte critiche come se io volessi cancellare la normativa sui BES. Ci tengo allora a precisare che sono stato tra i primi a difendere tale normativa ed a condividerne le ragioni di completamento della visione della scuola inclusiva per la quale mi batto fin dagli anni Sessanta sull’integrazione generalizzata degli alunni con disabilità.

Cosa intendevo dire allora con quell’articolo? Semplicemente ciò che intendo dire con quello attuale: si sta facendo un gran chiacchiericcio su un tema pedagogico importante, che però rischia di offuscare il problema di fondo e cioè come garantire in concreto quotidianamente il diritto all’educazione ed all’istruzione di quegli alunni con BES particolarmente complessi come sono gli alunni con disabilità. Ho forte il timore che, mentre si discute sulla legittimità della recente normativa sui DSA e sugli altri casi di BES come il disagio e lo svantaggio, si stia trascurando il problema assai più difficile e complicato dell’inclusione degli alunni con disabilità. Infatti molti credono che, avendo ormai approvato in Italia una normativa ampia ed articolata, gli alunni con disabilità abbiano finalmente raggiunto pienamente ed in modo generalizzato la loro inclusione scolastica di qualità.

Le numerose lagnanze che le famiglie manifestano e le troppe cause legali da esse proposte stanno purtroppo a dimostrare il contrario. Non che l’inclusione degli alunni con disabilità sia un fallimento; ma si va notando negli ultimi anni un crescente divario tra ciò che la normativa afferma e la disapplicazione della stessa. Basti pensare al mancato rispetto del tetto massimo di 20 alunni nelle classi frequentate da alunni con disabilità; basti pensare alla mancata presa in carico del progetto inclusivo da parte di molti, troppi, docenti curricolari, specie di scuola secondaria, che lo delegano totalmente ai soli docenti per il sostegno; e ciò per la “ legale” mancata formazione iniziale ed obbligatoria in servizio dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive; si pensi alla mancata collaborazione delle AASSLL e degli Enti locali, prevista per legge, ma sempre più generalizzata a causa dei tagli alla spesa pubblica.

Per questo sono assai preoccupato del futuro dell’inclusione scolastica di qualità di quelli che sono stati i casi più gravi che l’Italia, sola al mondo, ha avuto il coraggio pedagogico e giuridico di affrontare con notevole successo. Si potrebbe obiettare che concentrando l’attenzione su casi meno gravi, quali il disagio e lo svantaggio, si ottiene una maggiore attenzione ai casi più gravi della disabilità. Io, avendo vissuto tutta la vicenda storica dell’inclusione scolastica a partire dagli anni Sessanta, ho un’impressione opposta e cioè che sia stata proprio l’attenzione alla qualità dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità che ha permesso alla scuola italiana di affrontare con maggiore attenzione e formazione quella degli alunni stranieri, degli alunni con DSA, disturbi specifici di apprendimento e degli alunni con altri BES, bisogni educativi speciali o specifici che dir si voglia. La mia impressione può essere confutata; però non mi pare possa essere confutato il mio giudizio sul calo di attenzione e tensione sulla qualità dell’inclusione degli alunni con disabilità.

Lo stesso ispettore Iosa, uno dei più accaniti critici della recente normativa sui BES, ha dovuto ammettere che, grazie alla circolare n. 8/13 ed alla Nota prot n. 2563 del 22 Novembre 2013, sono stati chiariti molti punti oscuri della Direttiva del 27 Dicembre 2012 e notevolmente ridimensionato il problema dell’individuazione dei nuovi BES e dei PDP, piani didattici personalizzati che, inizialmente, sembrava avrebbero dovuto sommergere la scuola italiana.

Ed allora, dal momento che è stato definitivamente chiarito con l’ultima Nota prot. n. 2563/13 che ormai l’individuazione e gestione dei nuovi casi è sostanzialmente rimessa a soli docenti indipendentemente da eventuali “diagnosi di BES”, occorre ridurre le polemiche su questa importante normativa e concentrarsi di più sulla sua attuazione in termini didattici e sulla ripresa dell’attuazione didattica della normativa sull’inclusione degli alunni con disabilità. Questo e solo questo era il senso di quel mio titolo, come può anche ricavarsi dalla lettura di tutto l’articolo.

Faciliterebbe questo nuovo slancio operativo l’approvazione della recente norma dell’art 16 della l.n. 128/13 sull’obbligo di formazione in servizio di tutti i docenti che hanno in classe alunni con disabilità o altri BES. Gioverebbe pure l’attuazione del decreto legislativo n. 80/13 sull’individuazione di indicatori di qualità del sistema di istruzione che comprenda anche indicatori che permettano l’autovalutazione delle scuole sul livello da loro realizzato di didattiche inclusive.

Nel medio periodo gioverebbe l’attuazione del decreto ministeriale n. 249/2010 sulla formazione iniziale dei futuri docenti che comprenda anche un certo numero di crediti universitari formativi sulle didattiche inclusive, che ancora non decolla e nel quale occorre aumentare il numero di crediti formativi per i futuri docenti delle scuole secondarie.

Occorrerebbe l’attuazione di un ruolo a sé stante dei docenti per il sostegno che attende nell’art 14 della l.n. 104/92, in modo da garantirne una scelta professionale definitiva, evitando l’attuale precarietà. Occorrerebbe infine la realizzazione dell’organico funzionale di reti di scuole, in modo da garantire una seria continuità docente, la cui mancanza oggi disorienta gli alunni, specie quelli più fragili. Si potranno finalmente vedere attuate queste importanti norme comprese quelle più recenti sui BES?

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