Andrea Canevaro sui bisogni educativi speciali / Il dibattito sui BES 5
Questo contributo è stato pubblicato il 17 giugno 2013.
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Parita’ di diritti
Credo non fosse utile una Cm relativa ai BES….NELLA SCUOLA ABBIAMO SEMPRE CERCATO DI SEGUIRE E FAVORIRE LO SVILUPPO ARMONICO DI OGNI ALUNNO, RISPETTANDO TEMPI, SITUAZIONI, MOMENTI DIVERSI. L’UNICA COSA CHE AUMENTERA’ SARA’ DATA DALLE SCARTOFFIE DA STILARE, DALLE RIUNIONI…E QUINDI DAL TEMPO E DALLE ENERGIE DELL’INSEGNANTE, CHE IN TAL MODO POTRA’ OFFRIRE SEMPRE MENO AGLI ALUNNI.
specialismo sì specialismo no
Gentile Canevaro, il suo modo di intendere lo specialismo è assai ambiguo.
Credo di aver inteso la sua preoccupazione e io userei piuttosto la definizione di “sindrome da scaricabarile”: dice l’insegnante, “se non ho una certificazione, io non faccio nulla; se il ragazzo è certificato ci pensano lo specialista e l’insegnante di sostegno”. Dunque io non ci penso mai. Ok, su questo siamo d’accordo, non va.
Mi creda, non sarà con una circolare e con norme che si insegnerà alla gente ad essere etica e a incontrare la differenza. L’ho già detto in altro commento e non mi ripeto.
Ma se gli insegnanti non sono specializzati in qualcosa, che razza di mestiere fanno? Gli “accoglienti” per vocazione e senza arte né parte? Scusi, per alfabetizzare uno straniero è meglio un insegnante che non sa cosa significhi insegnare L2 di uno che lo sa? Questa paura dello specialismo è ben paradossale. No, io voglio insegnanti sempre più professionali e sempre più specializzati e specialisti, anche. Troppo costoso? Allora si abbia il coraggio di dire che l’inclusività è solo proclamata a parole, e che dello stato sociale ce ne impipiamo altamente, perché è un costo.
Poi, perché è così difficile, oggi, dire che un insegnante deve avere tempo libero per leggere e studiare e approfondire la [i]sua materia[/i]? Pensiamo tutti che gli insegnanti imparino tutto quello che è necessario sapere solo in un 3 + 2 d’università?
Lei ha in mente dei badanti, non degli insegnanti, anche se in buona fede. Forse ha girato le scuole, ma non ha mai fatto l’insegnante di scuola secondaria, non ha mai vestito i nostri panni e non riesce a immaginare (dico proprio a visualizzare, minuto dopo minuto) in cosa consiste il nostro lavoro. Diversamente saprebbe declinare nella realtà questa suprema astrazione della paura dello specialismo, che, vede, anche un “umanista” come me ha (me la prendo anch’io con la tecnica, la medicalizzazione, ecc…: per una dimensione umana dell’insegnamento).
Le racconto un’esperienza personale: contesto, uno dei miei primi anni di insegnamento, quando la preparazione di ogni successiva mattinata assorbiva quasi tutto il pomeriggio precedente e i compiti in classe li correggevo la domenica (per la verità, dal momento che ho cambiato un sacco di materie e di ordini di scuola, e raramente ho potuto fare affidamento sul materiale dell’anno prima, dovrei farlo anche adesso, ma ho imparato a sopravvivere e a economizzare un bel po’ le energie: a proposito di carichi di lavoro che si può pensare di far aumentare con un giro di circolari e di parole…). Avevo due studentesse straniere che sapevano sì e no 10 parole di italiano. Ovviamente ogni pomeriggio preparavo DUE lezioni, una per tutti gli altri e una per loro. E ringrazio che fossero allo stesso livello linguistico, se no sarebbero state 3 lezioni. A volte non facevo in tempo a preparare la lezione per loro e il giorno dopo mi aggiustavo alla meno peggio. A volte mi sentivo in colpa, a volte mi ritrovavo a pensare che avrei preferito non ci fossero.
Traggo 5 morali:
1) con la circolare sui Bes chi come me già personalizzava lo farà comunque e chi fingeva di non vedere continuerà a fingere di non vedere (consegnando però un bel PDP, così la burocrazia si mette l’anima in pace: infatti quella circolare serve solo a “sanare” giuridicamente certe incongruenze e a rendere formalmente ineccepibile, per esempio, il fatto di dare una prova differenziata ad un esame finale. Ma per questo non c’era bisogno di una circolare come quella, che produce tanti altri danni, soprattutto perché: vedi punto 2);
2) ora che la definizione di Bes s’è dilatata a dismisura, forse, tornassi in quella classe, dovrei fare almeno altre due lezioni differenziate. Non ce la farei. Sarà brutto dirlo, ma non ce la farei.
3) Personalizzare la didattica per tutti è una pia illusione dei pedagogisti che scrivono libri dentro l’università. Noi insegnanti, quaggiù, non ce la facciamo. E manco il cooperative learning ci salverà, per tante ragioni che non sto a spiegare.
4) Quella è la prima volta che ho sentito il bisogno di una formazione [i]specialistica[/i] in italiano L2.
5) Quest’anno ho potuto lavorare bene con un ragazzo cui ho fatto il sostegno perché [i]non[/i] ho fatto [i]contemporaneamente[/i] l’insegnante curricolare.
i Bes non funzionano
Caro Andrea,
ci conoscemmo di persona qualche anno fa ad un convegno dell’MCE. Da ex insegnante di sostegno specializzata ora curricolare su Arte e immagine, ti rispondo che i BES non funzionano perché previsti per alunni con bisogni educatiti speciali transitori e quindi non estendibili fino agli esami finali. Infatti le presidi, pur di non inimicarsi i genitori, preferiscono andare morbidi presentando la possibilità di un BES al posto della certificazione vera e propria, anche magari a zero ore per la richiesta di sostegno. I risultati sono questi: gli alunni con bisogni educativi speciali in sede d’esame non ha diritto ne’ agli strumenti compensativi, ne’ a quelli dispensativi, ne’ al tempo aggiuntivo per le prove, INVALSI comprese. Il risultato è che è costretto ad uscire con un profilo finale bassissimo, oppure a ripetere l’anno. E le presidi ora vogliono BES dappertutto, con il distrofico progressivo, con il sordo ben riabilitato ecc. eccetera…che sono costretti a rinunciare ai loro diritti.
Ora, io sono convinta che tu sia in buona fede…ma purtroppo sei fuori dalla scuola pubblica di base da un bel po’…e io credo che tu debba dialogare con chi la scuola la fa in concreto. Sarebbe bello avere un mondo senza differenze… ma le differenze ci sono e solo attraverso una legislazione che tuteli i differenti fino in fondo si può fare qualche cosa. I Bes tutelano a metà.
Risposta a Lovetere
Gentilissimo collega, se non hai chiaro il concetto di di-vers- abilità credo che la tua prospettiva di docente non possa andare molto lontano; se vuoi fare il badante o il custode o perpetuare il consenso in una scuola non inclusiva ma esclusiva fai tu: ma se vuoi davvero accettare che la scuola educhi e non istruisca ; che la scuola sia un luogo dove si formano i futiri cittadini secondo i propri talenti allora devi metterti nella prospettiva della valorizzazione e della ccettazione delle diversità e delle pluralità degli stili e delle intelligenze-
Scusa la franchezza ma 40 anni di mestiere e d’impegno pèer i disabili, per gli stranieri e per il disagio mi hanno portato a queste conclusioni
Salvatpre Filotico
@Filotico
Gentile collega, le perdono la franchezza, un po’ meno di avermi, senza conoscermi e sulla base di un commento, accusato di (in ordine di gravità morale e professionale): voler fare il badante (perdoni, mi legga con più attenzione, perché io dicevo proprio il contrario), di voler perpetuare il consenso verso un certo tipo di scuola, cioè di essere un conservatore, di voler istruire e non educare, di non saper accettare la diversità (il che, per uno che ha fatto, felicemente, anche il sostegno e, altrettanto felicemente, si sta specializzando in italiano a stranieri, è quanto meno bizzarro, se non, pure, un po’ offensivo). La morale del mio racconto era che per fare scuola dell’inclusione ci vogliono mezzi, risorse, competenze, a me pare che lei l’abbia preso con tutt’altro spirito.
Se vuole valutare le mie opinioni, almeno legga i commenti che ho lasciato anche sugli altri post sui Bes e non faccia di un me un ritratto paradossale e schematico.
Sulla di-vers-abilità, che lei tiene a sottolineare. Io non amo queste ipocrisie linguistiche.
Piccola storia delle parole. Una volta si usava la parola handicappato, che aveva un valore meramente denotativo, tecnico. Poi è diventata un’offesa. Così si è passati a disabile, e il suo destino è stato lo stesso. Ora si usa quest’altra. Aspettiamo che anche questa vada incontro alla stessa sorte. Ciò accade perché lentamente parole “tecniche” prendono aure connotative negative, e cominciano ad essere usate come offesa.
Perché? Perché noi tutti continuiamo ad avere problemi con l’alterità e la diversità, cioè con la[i] cosa[/i]. E pensiamo, “democraticamente” e ingenuamente, di risolvere il problema cambiando l’etichetta, la [i]parola[/i]. Il problema è la cosa, il punto è educare concretamente le persone ad accettare l’alterità e la diversità degli altri (e la loro stessa, visto che anche io sono abile e disabile insieme, dipende dagli ambiti, come sono etero e omo, maschio e femmina, tollerante e intollerante, …: per questa ragione, trovo la parola “diversamente abile” un sommo paradosso dei nostri tempi), e questo a prescindere dai purismi linguistici politicamente corretti.
La pluralità delle intelligenze e degli stili è verissima e mi permetta di concludere dicendo che io vorrei insegnanti competenze e specializzati, per esempio in letteratura, perché continuo a credere che quel linguaggio eminentemente umano sia, ovviamente se insegnato con intelligenza, la via più immediata e profonda per far comprendere la complessità, la diversità e la pluralità. Molto meglio di tanti discorsi di educazione civica o alla cittadinanza, che pagano, troppo spesso, il pegno di un po’ troppa retorica e del politicamente corretto.
Saluti