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diretto da Romano Luperini

Dopo il convegno: le parole, le persone, le idee

Nota a margine del convegno di Palermo

Uno dei messaggi che ci sono pervenuti con maggiore chiarezza dalle numerose persone che hanno partecipato ai lavori del primo convegno del blog laletteraturaenoi è l’invito a utilizzare l’incontro per consolidare una comunità di ideali e progetti che si è mostrata in quest’occasione in tutta la sua bellezza.

Allora, sebbene non sia facile riflettere in modo lucido nell’immediato, può essere utile fissare alcuni concetti, che sono allo stesso tempo impressioni, riflessioni e prospettive: un patrimonio che abbiamo condiviso, qualunque fosse il nostro ruolo nelle attività che sono state svolte e la nostra posizione rispetto alle questioni trattate da relatrici, relatori e docenti che intervenivano nel dibattito.

Quattro concetti, quattro parole: gioia, collegialità, consapevolezza, dialettica.

In un tempo caratterizzato dall’eccesso e dalla strumentalizzazione del sentimentalismo, il convegno è stato animato da un sentimento vero: la gioia di ascoltarsi e stare insieme. La si respirava camminando nei corridoi, osservando gruppetti di persone discutere animatamente, attardandosi nei saluti per allungare il momento. Chi trascorre parte del suo tempo sui social, sa che questo sentimento si è diffuso anche nelle ore e nei giorni successivi, moltiplicando gli sguardi e le parole intorno alle idee e al tempo che abbiamo condiviso.

Una seconda idea è legata alla riappropriazione di un territorio che tante e tanti di noi hanno detto di sentire spesso perduto: la dimensione collettiva del nostro lavoro, il valore del confronto e della collaborazione che ne sono la base. In una parola, la collegialità. Questo abbiamo fatto, insieme: un grande Collegio docenti, dove alcune figure hanno provato a focalizzare temi e problemi a servizio del gruppo; e il gruppo li ha fatti propri, non recependoli passivamente, ma reagendo ad essi, con la discussione, l’integrazione, il dissenso. In un legame tanto stretto quanto necessario fra l’esperienza dei singoli e il tentativo di trarne una visione teorica comune.

Una terza componente di queste giornate è stata l’orgogliosa consapevolezza della propria professionalità. Non c’è stata una sola persona che non si sia mostrata all’altezza del confronto intellettuale necessario a un lavoro come quello che facciamo. In momenti e da prospettive differenti, è stato posto un uguale accento sul valore e sulla centralità dei saperi disciplinari, sullo sviluppo delle abilità fondamentali sottese al lavoro di comprensione dei testi e di argomentazione logica, sugli orizzonti critici, civili e politici necessariamente (direi ontologicamente) implicati dalle materie umanistiche. Dimensioni tutte – le conoscenze, l’argomentazione, le capacità critiche – che vediamo sotto attacco ogni giorno, nella scuola e fuori di essa. Voci  diverse hanno espresso la convinzione unanime che il sapere si difende quando se ne riconosce il valore in sé, e non lo si riduce a una credenziale strumentale per accedere a un ruolo o una posizione.

Infine, è stato bello abbattere gli steccati e ritrovare il piacere di una dialettica autentica, dove dissentire significa arricchire chi ci sta di fronte, senza il bisogno e la paura di essere percepito come nemico da sconfiggere. Una delle preoccupazioni principali, nelle parole di tanti, è stata infatti la rimozione di barriere tanto pervasive quanto pericolose, come lo stereotipo in base al quale c’è chi ricerca e crea modelli – l’Università – e chi li applica e li sperimenta – la scuola. L’incontro, e se necessario lo scontro dialettico onesto, si sono invece rivelati, una volta di più, moltiplicazione di luoghi e di opportunità di un sapere vero e vissuto. Invece, è stata bandita ogni polarizzazione ideologica fine a sé stessa, come quelle che tanto successo riscuotono nel dibattito pubblico (non solo sulla scuola), e che servono a rimuovere la realtà, sostituendola con una sua grottesca caricatura.

Di queste emozioni e di questi ideali esiste un’esperienza concreta, che ho osservato e vissuto più volte nei due giorni di convegno: il momento in cui persone che si conoscevano e coltivavano una “amicizia” virtuale sui social, soprattutto tramite le immagini e i post di Facebook, si sono felicemente inverate e riconosciute attraverso un abbraccio, un gesto di affetto, una presentazione ufficiale.

Da qui, infine, nasce la ferma intenzione di proseguire il lavoro, creando luoghi virtuali di condivisione dei progetti e delle attività avviate nei laboratori e costruendo nuove occasioni di incontro e condivisione.

Ѐ questo, intanto, l’impegno che ci assumiamo.

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