I minotauri di Sir Roger Penrose
Il matematico, fisico e cosmologo britannico Roger Penrose, professore emerito dell’Università di Oxford, è stato insignito del Premio Nobel per la Fisica 2020, assegnatogli dall’Accademia svedese delle scienze «per la scoperta che la formazione dei buchi neri è una solida previsione della teoria generale della relatività». Il Nobel è stato condiviso da Penrose per metà con Reinhard Genzel e Andrea Ghez, ai quali congiuntamente è stato conferito «per la scoperta di un oggetto compatto supermassiccio al centro della nostra galassia». Torniamo a condividere questo contributo di Flavia Marcacci, che La Letteratura e noi aveva pubblicato in occasione del conferimento a Roger Penrose della Medaglia Commandiniana nel 2017 da parte dell’Università degli Studi di Urbino.
***
8 maggio 2017, Pontificia Università Lateranense, International Symposium “Celebrating twenty Years of the International Research Area on Foundation of Sciences”, l’area di ricerca voluta dai grandi matematici Ennio De Giorgi (1928-1996) e Edward Nelson (1932-2014). Il volto simpatico e gli occhi strizzati di Sir Roger Penrose incrociano un attimo i miei, mentre scendiamo le scale per andare a prendere un caffè. “Mi sai dire perché avrebbero dato questo titolo alla versione italiana del mio ultimo libro?”. “No, Professore. A dirle il vero me lo sono chiesta anch’io, se lo sono chiesti molti”. “Ma non viene spiegato in qualche pagina nel testo, il motivo di questo titolo?” “No, almeno fin dove ho letto io non viene spiegato!” “Lei non menziona minotauri nel suo libro?” “No! Affatto!”
12 maggio 2017, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Lectio Commandiniana Fashion, Faith, and Fantasy. “Sir Roger!”, saluto il prof. Penrose con sincero entusiasmo. È stato alla Specola Vaticana in questi giorni per un importante convegno sulla cosmologia e la gravità quantistica, ma non lo vedo poco propenso a chiacchierare. “Forse ho una ipotesi per interpretare il titolo del suo libro in italiano”, gli faccio. “Davvero? Dimmi!” “Eh, no. Ne parliamo dopo il conferimento della Medaglia Commandiniana” (cose importanti che accadono nella città di Federico Commandino, l’umanista urbinate che permise la diffusione della matematica greca nel cinquecento), uno dei tanti riconoscimenti che Sir Roger ha ricevuto. Posso dirgli così, perché da lì a poco avrò l’onore di commentare pubblicamente la sua lezione.
Non mi dilungo sui dettagli delle celebrazioni accademiche e vado al dubbio che mi è venuto ripensando ai titoli di due noti libri di Penrose. La strada che porta alla realtà (Rizzoli, Milano 2005; ed. or. The road to reality, 2004), anziché essere sicura e difesa dal ferro della matematica e dal fuoco della creatività scientifica, è solo piena di Fede, moda e fantasia (Fashion, Faith and Fantasy in the New Physics of the Universe, Princeton, Princeton Un. Press 2016)? Il sottotitolo al volume italiano suggerisce una risposta: Perché la nuova scienza non è affatto scientifica. Viene insinuato il dubbio che la scienza attuale si stia inabissando sotto il peso della non-scienza, enfatizzando la dicotomia scienza-non scienza che riecheggia nella prefazione. Eppure Sir Roger nella stessa prefazione dichiara che talvolta la fantasia è indispensabile, che la fede gioca un ruolo strategico nella mente degli scienziati e che le mode possono anche fornire vie esplorative che spingono al di là dei confini segnati dalle teorie.
Ma il problema resta il titolo. Numeri, teoremi e minotauri (Numeri, teoremi e minotauri. Perché la nuova scienza non è affatto scientifica, Rizzoli, Milano 2017). Cosa c’entrano i minotauri con le stringhe, la fisica quantistica e le teorie dei campi, la cosmologia inflazionaria e la dura matematica che pur si tenta di spiegare nel volume? Ho bisogno di farmene una ragione, perché so bene che gli scienziati sono stravaganti e che Descartes e Maxwell infilarono iperbolici genietti maligni e diavoletti mentre speculavano del dubbio metodico e di termodinamica. Trovare un minotauro nella cosmologia conforme di Penrose (nella quale non c’è esattamente il Big Bang come lo insegnano a scuola, ma vengono usate una geometria e una fisica che permettono di ipotizzare una successione di Big Bang) mi farebbe anche comodo. Un’idea esotica su cui inventare sopra un po’ di pensieri.
Mi metto di buona lena a cercare questo minotauro. Nelle tre sezioni del libro non lo trovo. Nella moda, con cui Penrose accusa gli stringhisti di seguire ipotesi troppo poco verificabili perché spingono il mondo a n inesplorabili dimensioni, non lo trovo. Non lo trovo nella fede, quella fede che occorre riversare nella meccanica quantistica, la teoria che ha sconvolto i fondamenti filosofici della scienza circa un secolo fa, sovvertendo i concetti di causalità e determinazione sui quali la scienza di Galileo e Newton si era sviluppata; se anche questa teoria funziona, ha aspetti troppo controversi per far dormir tranquilli. Non trovo neanche l’ombra di un minotauro nella terza parte del volume, dove la fantasia va al potere e l’universo esplode con una fase di rapida inflazione per poi rallentare e dar luogo a quel poco di universo che possiamo vedere noi – poco, perché purtroppo, sovrabbonda la materia e l’energia oscura.
Prendo fiato e mi fermo. Mi dico: ripartiamo dal minotauro. Chi era, il Minotauro? Figlio della regina Pasifae e di un toro bianchissimo, il Minotauro era la vendetta del dio Poseidone che aveva mandato quel toro al re Minosse. Minosse avrebbe dovuto sacrificarlo come segno di ringraziamento per il benvolere divino, ma Minosse se lo tenne. Infuriato Poseidone lasciò che la consorte di Minosse, Pasifae, se ne innamorasse e nacque il Minotauro, subito imprigionato all’interno di un labirinto. Lì dentro, l’uomo-toro attendeva il suo cibo, sette giovani e sette fanciulle ateniesi ogni anno. Il labirinto, una costruzione elaborata, venne progettato da Dedalo, l’architetto del re, e da suo figlio Icaro. Solo un genio come Dedalo avrebbe potuto concepire un oggetto tanto artigianale ed elaborato come il Labirinto.
Il Labirinto potrebbe essere una metafora della teoria scientifica, sviluppata da uomini intelligenti come Dedalo? E il Minotauro potrebbe essere la metafora di un segreto incredibile e orribile nascosto lì dentro, come un’allusione ragionevole ai minotauri chiusi nelle teorie scientifiche? O per lo meno, è il tentativo per dire che la meravigliosa costruzione della scienza contemporanea nasconde molte mostruosità. A cena Sir Roger ha commentato a quattr’occhi: “Nice, very nice. Yes, that’s fine!”.
Non gli ho svelato che, a mio parere, neanche questa speculazione rende il titolo troppo convincente. Durante le celebrazioni commandiniane il prof. Penrose ha espressamente dichiarato quanto a lui stesso serva la fantasia, di quanto la fantasia abbia un ruolo irrinunciabile nella scienza e che lui stesso è consapevole del fatto che la sua teoria è prima di tutto una fantasia. Di fatto è una speculazione che attende più fatti e verifiche.
Mi torna alla mente un famoso libro del 1975 di William Shea e Maria Luisa Righini Bonelli, intitolato Reason, Experiment and Mysticim in the Scientific Revolution, in cui si dimostrava la presenza di astrologia, alchimia e ermetismo all’origine della scienza moderna. Più tardi, Lorraine Daston e Katharine Park (Wonders and the Order of Nature 1150-1750, New York 1998) hanno fatto emergere meraviglie e fatti strani che hanno incoraggiato la scienza. E ancora, nel 2011, Robert S. Westman ha pubblicato un libro molto importante (The Copernican Question: Prognostication, Skepticism, and Celestial Order, Berkeley-LosAngeles-London 2011) in cui si sottolinea il ruolo dei prognostici e degli astrologi nella questione copernicana. La fantasia e l’immaginazione hanno sempre avuto un ruolo nella scienza. Così anche la moda, e si pensi al sapere di sfondo di Karl Popper, i paradigmi gestaltiani di Kuhn o la cintura protettiva di Imre Lakatos, strategie epistemologiche per dire quanto il vissuto concettuale della scienza si intrecci con quello extra-scientifico. Naturalmente, la cosmologia è la scienza che, più di tutte le altre, rischia oggi di superare i confini dell’ammissibilità. Il fisico George Ellis è tornato spesso su questo problema, ribadendo la necessità di individuare bene la reciprocità tra cosmologia e filosofia della cosmologia, per monitorare i rischi e chiarire bene i confini entro cui la scienza deve rimanere per non diventare altro da sé.
Sir Roger dichiara, in vari passaggi del libro, che anche l’inflazione ha le sue ragioni, e non è solo questione di fantasia. Ancor più, dà un esempio di fantasia quando commenta: “Non ci aspettiamo che nell’universo nel quale viviamo i buchi bianchi [una ipotetica controparte del buco nero, capace di emettere materia impedendo a qualsiasi cosa di entrare, n.d.a.] esistano di fatto, in quanto rappresenterebbero una pesante violazione della Seconda Legge [della Termodinamica, che afferma l’irreversibilità di fenomeni, n.d.a.]; ciononostante, è del tutto legittimo introdurli nelle considerazioni riportate sopra per calcolare il grado di “specificità” del Big Bang, dato che sono quegli Stati che violano la seconda legge devono entrare nelle nostre considerazioni”(p. 376).
Sir Roger sembra allora indicare l’esistenza di una buona e di una cattiva fantasia, sebbene non dia criteri per distinguerle. Forse, allora, più che i Minotauri, mi sarei aspettata un filo di Arianna intrecciato nel titolo, per entrare nel labirinto terribile e meraviglioso che Penrose ha eretto nel suo ultimo libro intorno alle teorie scientifiche. E magari – chissà – uccidere il Minotauro.
Fotografia: G.Biscardi, Luna, Palermo 2016
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