Dante al Buonarroti. Fare esperienza del testo dantesco
Il testo che segue è un estratto dal volume Sensate Esperienze. Fare scuola al Buonarroti, a cura di Leila Corsi, Annalisa Dorini e Mariangela Priarolo, edito da Pacini Editore in occasione del cinquantenario del Liceo Filippo Buonarroti di Pisa, nato nel 1974 come un’alternativa ai licei cittadini dall’impostazione più tradizionale. L’intento della pubblicazione non è celebrativo o tantomeno nostalgico, ma è stato piuttosto l’occasione per riflettere sull’attualità e sul futuro della scuola, prendendo spunto dall’esperienza ormai cinquantennale di un liceo dalla “vocazione sperimentale”. Si tratta di un libro costruito coralmente, con la partecipazione di numerosi docenti, ma anche di tanti allievi della scuola, che hanno condiviso alcune esperienze significative per la loro formazione di giovani cittadini oltre che di studenti. Il volume è stato presentato il 3 ottobre 2024 nell’auditorium del Liceo pisano nel corso di una intensa giornata di studi nella quale docenti e allievi del presente e del passato hanno ripercorso la storia e condiviso riflessioni sulle prospettive didattiche e formative di una scuola che fin dalla sua nascita ha abbracciato un’idea di innovazione concreta e propositiva, a partire dagli spazi e dalla struttura architettonica, aperta e per l’epoca decisamente avveniristica, ma anche e soprattutto nelle scelte didattiche improntate alla sperimentazione.
Il Liceo Buonarroti nasce infatti in quella fase di vivace fermento per la scuola italiana legato all’emanazione dei Decreti delegati proprio dell’anno 1974, uno dei quali, il DPR 419, prevedeva e regolava le sperimentazioni scolastiche, da un lato come atto di ricerca e innovazione metodologica affidato alla sensibilità dei docenti nell’ambito della loro libertà di insegnamento, ma anche a livello ordinamentale, con la possibilità di introdurre sperimentazioni di nuovi ordinamenti scolastici. Il Liceo Buonarroti di Pisa, nato dalla visione innovativa e coraggiosa di un gruppo di giovani docenti, è stato un esempio di realizzazione concreta di questa idea di cambiamento della scuola, che andava di pari passo con la crescita della partecipazione della componente studentesca alla vita scolastica, che si apriva a una dimensione di democrazia fino ad allora, se non inedita, certamente non considerata prioritaria. Le istanze didattiche della sperimentazione iniziale al Buonarroti comprendevano un’idea di insegnamento meno trasmissiva e più laboratoriale, sia nelle discipline scientifiche che in quelle umanistiche, la sostituzione dei classici libri di testo con dispense e materiali creati e costruiti a scuola, la possibilità di scegliere percorsi didattici personalizzati grazie a un certo numero di ore opzionali che si aggiungevano a quelle dell’area comune. Questa impostazione didattica innovativa ha in parte lasciato segni nella scuola attuale, per altri versi si è visto invece un ritorno a forme più tradizionali: oggi il panorama della riflessione pubblica sulla scuola vede contrapporsi spesso in modo sterile sedicenti innovazionisti e conservatori, alcune cosiddette innovazioni sono imposte dall’alto senza una vera visione dei bisogni degli studenti, talvolta rispondendo a interessi che hanno poco a che vedere con la crescita culturale e umana dei giovani negli anni della loro formazione. In questo scenario per certi versi schizofrenico può essere utile e istruttivo guardare indietro al lavoro di chi ha attuato le prime autentiche sperimentazioni sul campo, nella scuola reale vissuta tutti i giorni da studenti e docenti.
Ancora oggi, sebbene le riforme scolastiche che si sono succedute negli anni abbiano ridotto gli spazi per quelle sperimentazioni autonome che avevano caratterizzato la stagione che ha visto nascere il Buonarroti, questa scuola conserva e cerca di mantenere viva la sua iniziale vocazione: quella per cui accoglienza e inclusività non sono slogan, ma tentativi autentici di fare della scuola un laboratorio di democrazia, e in cui la centralità dello studente non è un arretramento rispetto a delle finalità culturali che consideriamo irrinunciabili, ma piuttosto uno sforzo quotidiano di coniugare il riconoscimento dei bisogni degli studenti, a partire dal loro stare bene a scuola e nel mondo, con un’istruzione di qualità. Nell’articolo che segue, uno dei tanti che in questo volume raccontano la nostra idea di “fare scuola”, il resoconto delle esperienze legate alle iniziative del Dantedì è stato per l’autrice il pretesto per una riflessione più generale sulla lettura di Dante nella scuola di oggi.
“Per lo cammino alto e silvestro”: leggere Dante nella scuola del presente
Insegnare letteratura e leggere i grandi classici nella scuola di oggi, pressata da urgenze e logiche che spesso ci sembrano andare in altra direzione, è quasi un atto di “resistenza culturale”. Il lavoro approfondito sul testo letterario richiede infatti lentezza, riflessione, uno sguardo paziente e aperto alla complessità, tempi distesi che vanno talvolta conquistati e difesi con tenacia in un’organizzazione scolastica che sembra volersi fare contenitore di tante, troppe esigenze.
Eppure ancora adesso, nonostante le spinte verso la frammentazione e la semplificazione, gli studenti liceali italiani hanno, e auspichiamo possano avere ancora a lungo, il privilegio di un’esperienza culturale e formativa straordinaria come la lettura –più o meno ampia e diffusa- della Commedia di Dante.
Il capolavoro dantesco è “opera mondo” per eccellenza, proprio perché pensa e costruisce un mondo a sé stante, con le sue leggi e suoi codici, il suo linguaggio simbolico. Per entrarci, in questo mondo immaginato, servono delle chiavi di accesso: queste sono certamente gli strumenti interpretativi che l’insegnante deve saper fornire, ma anche la curiosità e la voglia di mettersi metaforicamente “in viaggio” dello studente. Entrare nel mondo dantesco significa anche accogliere l’idea dell’alterità per poi ritrovare vicinanza e affinità in un processo di “riappropriazione”: niente è più “altro da noi” di un mondo medievale costellato di simboli e allegorie, spesso non decifrabili senza una mediazione, dove tutto è proiettato in verticale e tutto si misura e si definisce in relazione a Dio e al suo ordine; ma niente al tempo stesso è più vicino a noi per l’eredità che ci lascia, sul piano letterario, linguistico e dell’immaginario.
Tutto questo e molto altro fa della Commedia un’opera scolasticamente imprescindibile: giunti più o meno “nel mezzo del cammino” del loro percorso liceale, agli studenti viene chiesto quasi come un atto di fiducia di immergersi in quest’opera così unica, e di sostarci, spesso a lungo. E come avviene di fronte a tutto ciò che è “scolasticamente imprescindibile”, da docenti ci si pone il problema e si valuta la responsabilità del come proporlo per renderlo accessibile senza indulgere a semplificazioni depotenzianti e riduttive.
Nei Licei italiani è stata a lungo adottata la pratica di far coincidere lo studio delle tre cantiche con gli anni del triennio liceale, con l’Inferno al terzo anno, il Purgatorio al quarto e il Paradiso al quinto, secondo quanto prevedevano i “Programmi ministeriali” che indicavano anche il numero di canti da affrontare: almeno venti per l’Inferno e per il Purgatorio, almeno quindici per il Paradiso. Anche le Indicazioni Nazionali per i Licei che a partire dal 2010 hanno sostituito i “Programmi ministeriali”, collocano lo studio di Dante nel triennio, ma con minore rigidità: «la Commedia sarà letta nel corso degli ultimi tre anni, nella misura di almeno venticinque canti complessivi », con un ridimensionamento che pone comunque un traguardo ambizioso in relazione all’organizzazione del tempo scolastico. Certamente però il recente superamento di programmi strettamente vincolanti ha concesso ai docenti spazi di libertà maggiori che in passato. Considerando poi anche l’oggettiva difficoltà nell’inserire lo studio di Dante in un quinto anno già ricchissimo di contenuti, si è resa necessaria una rimodulazione personale che ogni docente ha gestito nel corso degli anni con libertà e creatività come nello spirito e nella tradizione del nostro Liceo.
La proposta didattica sulla Commedia può essere infatti declinata in diversi modi: concentrarne lo studio al solo terzo anno, in parallelo con la storia letteraria del Medioevo, oppure “diluirla” in due anni (terzo e quarto), rimanendo comunque possibile la scelta, per quanto poco praticata, di inserirlo anche all’ultimo anno. Al di là della scansione temporale, restano aperti e liberamente modulabili anche altri aspetti, per esempio la scelta di come proporre e “dosare” un’opera così ampia: prevedere un’ora settimanale (o più di una) da dedicare alla Commedia? O piuttosto predisporre un modulo dedicato che occupi una parte delimitata dell’anno scolastico? Ancora più rilevante la scelta di metodo su come trattare la struttura dell’opera e il testo; anche in questo caso le soluzioni sono diverse: c’è chi preferisce seguire l’ordine delle cantiche e dei canti al loro interno, con un approccio narrativo che segue il viaggio dantesco come un lungo racconto, oppure si può optare per un sovvertimento dell’ordine narrativo, selezionando singoli episodi anche svincolati dalla sequenza in cui compaiono nell’opera o proponendo percorsi tematici. E ancora: scegliere dei canti significativi e proporli integralmente oppure estrapolare brani di lunghezza variabile? Concentrarsi su una cantica in particolare o scegliere la via dell’equilibrio tra le tre cantiche per far apprezzare maggiormente la diversità dei registri stilistici? Dare molto spazio alla parafrasi come esercizio per lo sviluppo di competenze linguistiche o favorire piuttosto altre competenze di analisi del testo o di rielaborazione personale? Presentare il testo con un approccio “filologico” o prediligere uno sguardo più ampio sul contesto storico? Lavorare con la lettura ad alta voce, l’ascolto di letture interpretazioni d’autore, la rielaborazione in forma drammaturgica? Le possibilità sono numerose, da pensare in relazione a quanto si possa concretamente agire nella classe reale. Senza dubbio la varietà delle possibili scelte didattiche rende ancora più stimolante l’avventura dantesca da giocarsi in classe. Elemento comune a tutti i diversi approcci è però quello della centralità del testo che nel nostro Liceo è fondante, così come quella dello studente. Per l’adolescente tipo che frequenta la scuola superiore oggi l’accesso al testo della Commedia è una sfida difficile: l’innegabile impoverimento linguistico-lessicale e la scarsa abitudine o anche la riluttanza verso i processi di apprendimento che richiedono concentrazione, immersione profonda e tempi lunghi fanno la loro parte. Al tempo stesso però abbiamo oggi a che fare con una varietà di strumenti che permettono un coinvolgimento attivo ignoto alle precedenti generazioni. Tra le attività che chiamano gli studenti a mettersi in gioco in prima persona, si inseriscono anche le iniziative legate al Dantedì alle quali il nostro Liceo ha aderito con entusiasmo.
Il Dantedì a scuola, il Dantedì e la nostra scuola
Il Dantedì, ovvero la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, è stato istituito nel 2020 dal Consiglio dei Ministri su proposta dell’allora Ministro dei Beni e delle attività culturali Dario Franceschini; la scelta della data rimanda al 25 marzo del 1300, giorno in cui secondo una parte degli studiosi (per quanto la questione sia assai dibattuta) Dante avrebbe iniziato il suo viaggio ultraterreno. Per il mondo della scuola il Dantedì ha rappresentato un’occasione che ha fatto sì che molti studenti e classi di diverse età, provenienze e background incontrassero e vivessero il “loro” Dante, e così è stato anche per il nostro Liceo.
Il 25 marzo del 2020, il primo “embrionale” Dantedì, è caduto, imprevedibilmente, in un momento di inedita drammaticità: erano le prime settimane della pandemia di Covid19, che infuriava con particolare ferocia proprio nel nostro paese, stavamo vivendo il primo lockdown senza avere idea di quanto tempo sarebbe stato necessario per “riveder le stelle”; da docenti e da studenti eravamo poi al nostro primo confronto con gli schermi della didattica a distanza con la sua doppia faccia di strumento essenziale per continuare il dialogo didattico, ma anche tale da far provare a tutti noi un senso di acuta nostalgia, sentimento che il nostro Dante ha saputo in molti passi mirabilmente raccontare. E’ stato proprio in DAD, con una videoriunione a classi aperte, che abbiamo celebrato il nostro primo Dantedì al Buonarroti, condividendo letture ed esposizioni online di lavori curati dagli studenti: in quell’atmosfera dai tratti quasi surreali ogni terzina ci parlava con parole nuove ricordandoci allora più che mai come il testo dantesco sappia toccare tutte le corde emotive in cui possiamo riconoscerci: la paura, l’angoscia, ma anche il coraggio e la volontà di superare i limiti, l’importanza della relazione, il bisogno di avere una guida e una meta, e molto altro ancora.
L’edizione del settecentenario della morte del Poeta nel 2021 ha visto moltiplicarsi e proliferare l’interesse generale intorno a Dante e alla sua opera, l’impegno sia a livello accademico che divulgativo (in bibliografia alcuni titoli esemplificativi di pubblicazioni recenti), e anche le iniziative rivolte alle scuole che hanno portato ancora nuova linfa allo studio di Dante tra i banchi. Il Liceo Buonarroti ha aderito in questo caso alla bella iniziativa promossa da ADI-SD, con il coordinamento, tra gli altri, della Professoressa Annalisa Nacinovich del nostro Liceo: “Adotta un canto e portalo nella tua città…quando puoi”, una sorta di mosaico fatto di cento tessere, una per ogni canto della commedia, ognuna delle quali è costituita da un video prodotto da una diversa classe di tante scuole d’Italia. Alle classi partecipanti è stato infatti chiesto di produrre un breve video “adottando” un canto assegnato a sorte, da interpretare con libertà, ma anche con alcuni vincoli: la durata non superiore a tre minuti, l’individuazione di alcune parole chiave o di una terzina chiave, la lettura ad alta voce di un certo numero di versi, l’inserimento di immagini di un luogo significativo della propria città, la scelta di una musica. La pagina web nella quale i cento video sono stati caricati in sequenza appare effettivamente come un vero e proprio mosaico che è anche un viaggio non soltanto attraverso le tre cantiche della Commedia, ma che percorre anche l’Italia intera con la sua varietà di paesaggi urbani e naturali. Ben tre classi frequentanti il nostro Liceo nell’anno scolastico 2020/2021 rappresentano altrettante tessere del mosaico: la classe 3DS guidata dalla Professoressa Annamaria Roventini ha interpretato il canto XX dell’Inferno, la 2CS guidata dalla Professoressa Leila Corsi ha “adottato” il canto XI del Purgatorio, la 4DSA guidata dalla Professoressa Silvia Azzarà ha realizzato un video sul canto XVI del Purgatorio. Ognuno di questi lavori rispecchia il carattere peculiare della classe e mostra scelte creative e narrative diverse: ad accomunarli però è stato il grande impegno degli studenti protagonisti, un impegno che noi docenti abbiamo potuto osservare quasi con stupore e che ci è stato anche di conforto, considerando che ci trovavamo ancora nel mezzo della pandemia, in un anno scolastico reso difficilissimo dall’alternarsi di scuola in presenza e a distanza, con tutti gli ostacoli connessi. I nostri studenti, senza badare troppo a questi ostacoli, hanno saputo mettere in gioco competenze diverse, da quella testuale, imprescindibile per comprendere il testo nel senso letterale e nei suoi livelli ulteriori, a quelle di lettura ad alta voce, a quelle organizzative, definendo ruoli e tempi del lavoro, a quelle più creative, come la scelta del taglio narrativo delle “minisceneggiature”, delle location, delle immagini, delle musiche. Un lavoro impegnativo soprattutto per la sfida di “miniaturizzare” un oggetto complesso come un canto di Dante, nel rispetto dei vincoli dati. Il giorno del Dantedì del 2021, quando il mosaico “nazionale” era ormai stato completato, abbiamo predisposto delle aule virtuali per un momento di condivisione tra le classi della nostra scuola protagoniste dei video, alcune altre classi i cui studenti sono stati coinvolti in qualità di spettatori, e classi di altre scuole anch’esse partecipanti al progetto, il Liceo Scientifico “Ulisse Dini” e la classe 2A della scuola secondaria di primo grado “Mattioli” di Siena; le classi hanno presentato i loro lavori e hanno risposto a domande e interventi in una bella discussione nella quale si respirava la sensazione di un Dante vivo più che mai a settecento anni dalla sua morte.
Anche nel successivo anno scolastico 2021/2022, ancora sulla scia dell’anniversario, ci sono stati più momenti in cui i nostri studenti si sono misurati con Dante e la Commedia, prima nella Giornata della Letteratura promossa da ADI-SD nel novembre 2021, poi per l’edizione del 25 marzo 2022 del Dantedì, entrambe iniziative ospitate negli spazi di Palazzo Blu. In queste due occasioni alcune classi del Liceo hanno proposto lavori, letture, performance, esposizioni, presentazioni multimediali, dimostrando una notevole capacità di reinterpretare il testo di Dante con strumenti anche multimediali, alla luce di linguaggi diversi, dal fumetto, al disegno, alla musica, al cortometraggio, fino al linguaggio dei social media. Tra i numerosi lavori presentati vogliamo ricordare in particolare quello curato dalla classe 3CS sotto la guida della Professoressa Leila Corsi, il cortometraggio dal titolo “A la vendetta vanno come a l’ira”: nella sceneggiatura ideata dagli studenti i versi dell’Inferno accompagnano il viaggio di un Dante dei nostri giorni in un altro inferno, quello delle carceri in Italia e nel mondo, dove violazioni dei diritti della persona, violenza e degrado trasformano i detenuti in “dannati”; un viaggio nel quale trova spazio la rievocazione di storie di abusi carcerari dall’epilogo più atroce come quelle di Franco Serantini e Stefano Cucchi. Il lavoro della classe 3CS ha ottenuto due importanti riconoscimenti, vincendo il premio per la sezione video del Concorso per la 12esima edizione del Festival Dantesco il 4 aprile 2022 e, nel maggio dello stesso anno, il Concorso di arti grafiche e visive “Franco Serantini 1972-2022” indetto dalla Biblioteca Franco Serantini.
Tutte le esperienze citate mostrano che quando la sfida di Dante viene raccolta, la fatica è ampiamente ripagata: esistono strade per dare ancora spazio, senso e sostanza, anche nelle nostre aule popolate da studenti solo all’apparenza distratti e sfiduciati, a un’opera monumentale come la Commedia di Dante.
Riferimenti bibliografici e sitografia:
AA.VV., Se segui tua stella, non puoi fallire: i grandi narratori raccontano il loro Dante, a cura di Casadei A., Morace A., Ruozzi G., Milano, BUR, 2021
Battaglia Ricci L., Dante per immagini. Dalle miniature trecentesche ai giorni nostri, Torino, Einaudi, 2018
Casadei A., Dante. Storia avventurosa della Divina Commedia dalla selva oscura alla realtà aumentata, Milano, Il Saggiatore, 2020
Serianni L., Parola di Dante, Bologna, Il Mulino, 2021
https://www.beniculturali.it/articolo/dantedi-la-prima-edizione-con-letture-social-del-sommo-poeta
https://www.italianisti.it/adi-sd/centenario-dantesco
https://www.festivaldantesco.it/index.html
https://www.arcgis.com/apps/View/index.html?appid=45210d6ae3a34a8992b4efba164b852c
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Editore
G.B. Palumbo Editore
La lettura della “Commedia”, a mio avviso, implica una completa immersione per entrare nel mondo di Dante, quindi credo che la soluzione migliore sia quella di trattare con moduli unitari (2 mesi) tanto l’Inferno in terza quanto il Purgatorio e il Paradiso in quarta. Le attività che hai presentato, Silvia, sono sicuramente di valore e stimolanti per il corpo docente e per gli studenti coinvolti, ma, come avrete sicuramente constatato, dispendiose dal punto di vista orario. Va da sé che mettere in primo piano la “Commedia” implica una messa in secondo piano di autori altrettanti importanti e sfidanti come Petrarca, Boccaccio e Machiavelli, ma il discorso si prolunga ai Grandi della Letteratura di quarta. Credo però che la situazione attuale, dove la letteratura rischia di diventare marginale, implichi un potere decisionale del docente di lettere forte: deve rigettare uno sterile storicismo, nella direzione di un rapporto quanto più coinvolgente col testo e con l’Autore, facendone fare esperienza dell’attualità o della straordinaria inattualità/alterità.