Il convegno di LN: le relazioni/2. I docenti e la lettura
Proseguiamo con la pubblicazione settimanale, nel giorno di martedì, di tutte le relazioni e delle restituzioni dei laboratori presentate e discusse durante il primo convegno di LN, che si è svolto a Palermo il 3 e 4 ottobre 2024. In coda all’articolo è disponibile anche il testo pdf in dowload e il video dell’intervento.
1. Premessa (Emanuela Bandini)
In un passo celebre di Che cos’è la letteratura, Jean Paul-Sartre afferma:
L’oggetto letterario è infatti una strana trottola che esiste quando è in movimento. Per farla nascere occorre un atto concreto che si chiama lettura e dura quanto la lettura può durare. Al di fuori di questo, rimangono solamente i segni neri sulla carta
Secondo Sartre, dunque, leggere è l’atto essenziale, il nucleo fondante dell’esperienza letteraria: se non esiste la lettura, non esiste la letteratura.
Da circa due secoli, ovvero dall’istituzione dei sistemi scolastici statali, è alla scuola che viene affidato il compito esplicito di insegnare a decifrare quei «segni neri sulla carta» e quello, meno esplicito, di insegnare ad amare, o almeno a frequentare abitualmente, i libri e la lettura.
Ma non è un compito semplice.
1.1 Il contesto extrascolastico
Da diversi decenni, infatti, assistiamo ad una fortissima crisi del prestigio della lettura, che non è più considerata, come lo è stata a partire dalla fine del XVIII secolo, un’attività emancipatoria e socialmente produttiva dai ceti emergenti (Reinhardt Wittmann) – e lo dichiarano apertamente i dati annuali ISTAT, secondo cui meno della metà della popolazione, in Italia, legge almeno un libro all’anno.
Essa subisce certamente la concorrenza di altre fonti di informazione e di acculturazione (radio, tv, internet), ma anche la continua erosione del tempo libero (avevo erroneamente digitato “tempo libro”: un lapsus molto pertinente) che, in una società altamente performativa come la nostra, è spesso occupato non solo da ritmi di lavoro sempre più pervasivi, ma anche da attività in diverso grado professionalizzanti e potenzialmente utili all’arricchimento del proprio capitale umano (corsi, certificazioni, webinar, sport ad alti livelli…) che ormai impegnano anche i giovani e i giovanissimi. Diventa sempre più difficile, dunque trovare spazi per obbedire all’invito che Italo Calvino, all’inizio di Se una notte d’inverno un viaggiatore, rivolge al Lettore: «Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto».
Contestualmente, si assiste però ad una moltiplicazione esponenziale dell’offerta libraria (oltre centomila titoli in Italia, solo nel 2022), che può confondere e scoraggiare coloro che, sfidando i pregiudizi e il tempo tiranno, scelgono di dedicarsi alla lettura. A ciò si aggiunga che chi dovrebbe insegnare agli adolescenti l’amore per la lettura è spesso scarsamente fornito di strumenti per indirizzare i lettori e lettrici in erba; almeno in Italia, infatti, il settore della letteratura per ragazzi è privo di un vero e proprio statuto accademico: se almeno gli aspiranti maestri e maestre dei corsi di Scienze della Formazione primaria possono giovarsi di alcuni insegnamenti di questa disciplina, i laureati e laureate in Lettere o Lingue straniere arrivano spesso in cattedra senza avere la minima contezza di autori, generi e temi della letteratura giovanile.
Ma se la lettura fuori da scuola piange, a scuola, di certo, non ride.
1.2 Il contesto scolastico
Infatti, nei documenti istituzionali manca, almeno fin dai tempi della Riforma Gentile del 1922, uno spazio autonomo dedicato alla lettura e all’educazione alla lettura, in particolare a quella estensiva. Anche nelle più recenti Indicazioni nazionali, l’attenzione del legislatore è orientata verso le competenze strumentali di lettura: nel profilo in uscita dalla scuola secondaria di I grado non si prevede che lo studente abbia maturato l’abitudine alla lettura e sia fornito degli strumenti minimi necessari per diventare un lettore autonomo e per la vita. Per quanto riguarda il II grado, la lettura è completamente assente dalle Linee guida per gli Istituti tecnici e professionali; nelle Indicazioni per i Licei, nonostante delle buone premesse nelle Linee generali e competenze («al termine del percorso lo studente ha compreso il valore intrinseco della lettura, come risposta a un autonomo interesse e come fonte di paragone con altro da sé e di ampliamento dell’esperienza del mondo»), di fatto, quando si entra negli Obiettivi disciplinari, l’unica lettura integrale richiesta nell’arco del quinquennio è, ancora e sempre, I promessi sposi.
Lo spazio della lettura, poi, non è ridotto solo nelle indicazioni ministeriali, ma anche, concretamente, negli istituti scolastici: mancano arredi adeguati nelle aule (scaffali, divanetti…); mancano, molto più banalmente, le biblioteche scolastiche e il personale formato per gestirle (l’Italia è uno dei pochissimi paesi europei a non avere una legislazione in merito); mancano gli spazi per leggere, in un tempo-scuola non solo già frammentato all’interno delle ore di italiano (l’ora di grammatica, quella di epica, quella scrittura, quella di letteratura…), ma anche sempre più collassato sotto la pressione di innumerevoli attività curricolari ed extracurricolari, soprattutto nel II grado (Educazione civica, PCTO, CLIL, Orientamento, stage…).
Eppure, se come docenti di lettere riteniamo che sia indispensabile (anche against all odds, come cantava il poeta) non solo insegnare a leggere, ma anche adoperarsi affinché la lettura diventi un’attività abituale, significativa e portatrice di senso nelle vite dei nostri studenti e studentesse, è sempre più necessario che essa prenda posto in classe e fra i banchi.
2. Leggere in classe (Linda Cavadini)
Insegnare ha sempre a che fare con le domande; non tanto le domande degli studenti e delle studentesse, quelle forse sono la parte facile, intendo le domande che si pongono i docenti, sul perché entrare in classe, su cosa e come insegnare. Da una di queste domande, quindi, è il caso di partire: perché leggere a scuola? Dove per scuola si intenda la scuola tutta, dall’infanzia all’università, perché la lettura è un processo e un percorso dinamico che riguarda tutti e sempre.
La lettura è un modo di recepire storie per il quale sono necessari passione e pazienza, e in cui il lettore sperimenta l’immaginazione individuale, quella universale e il godimento estetico; affronta, in un certo qual modo, anche la connessione con tutti quelli che hanno avuto a che fare con quel testo. Un testo letterario, poi, è un oggetto didattico paradossale perché è anacronistico, ma è in grado di illuminare il presente; è fittizio e ma più vero del vero, perché permette rispecchiarsi in altre vite, di sperimentare realtà e vicende lontane e diverse da noi. La nostra azione di docenti deve necessariamente tener conto di questi elementi nel leggere in classe, cosa ben diversa dalla dimensione privata o dal gruppo di lettura autonomo: la classe, nel percorso di lettura, va intesa come un’officina, un laboratorio democratico di interpretazione.
2.1 Costruire una democrazia letteraria
Gli studenti e le studentesse sono un pubblico eterogeneo e ampio che, solitamente, a scuola non sceglie: si tratta, quindi, di una specie particolare di lettori. Se ai due poli ci sono da una parte il lettore professionista, che è in grado di comprendere l’opera e connetterla con il suo immaginario, e dall’altra il lettore comune, che premia gli autori in grado di identificarsi a vari livelli coi propri interlocutori, il lettore scolastico è una sorta di unicum cui spesso chiediamo di essere professionista senza prima essere diventato lettore, cui chiediamo di ripetere quello che si dice intorno all’opera senza che ne abbia fatto vera esperienza di lettura profonda, cui chiediamo di essere tecnico della letteratura senza preoccuparci se è diventato lettore. Se vogliamo creare e consolidare l’abitudine al leggere, e aiutare il lettore e la lettrice in formazione all’orientamento nel mondo testuale e alla scelta delle opere, prima di prendere posizioni in merito a cosa dobbiamo leggere in classe, vale la pena di interrogarsi su a chi porgiamo i testi, poi chiederci come e perché costruire lettori, solo allora potremmo domandarci cosa leggere. Compito dell’insegnante è anche quello di coltivare l’ottimismo della pratica e l’utopia reale: fare di tutto perché a scuola si legga, lavorare per crescere lettori per la vita e, soprattutto, credere che leggeranno. Essere docente e quindi lettore professionista nella scuola non significa solo comprendere, interpretare i testi e ricostruirne il contesto e l’immaginario; vuol dire formarsi sulla letteratura giovanile di qualità per poterla consigliare ai ragazzi e alle ragazze, studiare e comprendere come educare alla lettura, mettere al centro dello studio e dell’azione culturale l’interazione tra testo e lettore, intendendoli come elementi di un reticolo di soggetti e di pratiche attraverso cui l’attività e l’esperienza della letteratura si dispiega e vive socialmente.
2.2 Leggere è comprendere
La collaborazione tra chi legge e ciò che viene letto è attiva: quando si legge un testo in classe, esso diventa alleato in tutta la sua difficoltà e alterità, è una risorsa da tradurre, da raggiungere cui fare spazio. Portare il testo letterario è sempre innestare una relazione in cui il docente non è semplicemente quello che sa, l’unico depositario della verità, ma si fa “la bussola” per l’interpretazione, colui che conosce, media, propone, attiva. La letteratura esplora, ricrea, ricerca i significati dell’esperienza umana, ne mette in luce la diversità, la singolarità, la complessità, la polisemicità.
La lettura permette, quindi, di:
- conoscere e riconoscere se stessi: il libro diventa estensione della memoria e dell’immaginazione, ma allo stesso tempo permette di decentrarsi;
- conoscere e riconoscere l’altro da sé: la lettura non è mai un monologo è incontro con l’altro. Leggere è sempre mettere in relazione;
- avere strumenti per navigare la complessità e sperimentare vite alternative “con il paracadute”: il testo letterario è per sua natura polisemico, più è polisemico più spinge alla discussione;
- allenare il pensiero controfattuale: immaginare realtà diverse e modificare l’esistente.
Inutile dire che per fare questo sia necessario avere i libri a disposizione: le biblioteche scolastiche sono e restano un presidio da potenziare e curare affinché diventino luoghi vivi e frequentati dagli studenti e dalle studentesse.
2.3 Tra esperienza estetica ed ermeneutica
Si tratta di costruire competenze di lettura con un procedimento a spirale: dal semplice al complesso, dalla superficie alla profondità, dal vicino al lontano, da testi brevi a testi più lunghi. Esattamente come in un’officina si fa con le auto, in classe si scompone e ricompone, si riassembla e si interpreta attraverso strategie che permettono di ricostruire il testo. L’attività di comprensione non è solitaria ma si arricchisce dell’apporto di tutti: anche in questo modo si realizza l’impresa di democratizzazione che agevoli l’accesso al mondo delle lettere a tutti. Comprendere un testo è un processo circolare e ciclico, basato sull’interattività tra lettore e testo e segue questa scansione: ricostruzione del testo, interpretazione, reazione al testo. Durante tutto il processo di comprensione il lettore fa continuamente riferimento alle proprie preconoscenze sul contenuto, sulla struttura formale, linguistica o culturale del testo.
Per lavorare sulla lettura è bene costruire l’abitudine a un sistema di letture, da calibrare in base all’età e all’ordine di scuola:
- lettura di romanzi anche di letteratura giovanile classica e contemporanea per creare una comunità fondata sulle storie, avvicinare alla lettura, modellare le abitudini dei lettori e le strategie di comprensione;
- lettura autonoma senza fretta, in spazi e tempi, anche piccoli ma regolari, routinari. La scelta è libera e autonoma da parte dei ragazzi e delle ragazze: nella biblioteca di classe ci sono tutti i tipi di testo, anche quelli paraletterari o la non fiction;
- Lettura per imparare i dispositivi testuali: solitamente racconti conchiusi attraverso i quali esplorare le caratteristiche di genere, ragionare sulle tecniche di scrittura e sulla letteratura d’intrattenimento;
- lettura d’autore del testo difficile: la letteratura classica propriamente detta, testi cioè che appartengono alla tradizione, ma scelti per le loro caratteristiche: narratività, prevalere della mimesi sulla riflessione, polisemicità.
Resta importante sottolineare che queste azioni non devono restare nel dialogo tra docente e studente, ma devono arricchirsi attraverso la discussione in classe, la condivisione dell’esperienza, l’interpretazione e l’analisi al servizio di tutta la comunità di lettori e lettrici.
3. La sfida del testo difficile (Emanuela Bandini)
Hanno questo di proprio le opere di genio, che, quando anche rappresentino al vivo la nullità delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le piú terribili disperazioni, tuttavia ad un’anima grande, che si trovi anche in uno stato di estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggimento della vita o nelle piú acerbe e mortifere disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti passioni, sia a qualunque altra cosa), servono sempre di consolazione, raccendono l’entusiasmo; e non trattando né rappresentando altro che la morte, le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta.
Giacomo Leopardi, Zibaldone, §259
Esiste qualcosa d’altro che ha il potere di riportarci alla verità. Sono le opere degli scrittori geniali, di quelli almeno il cui genio, di primissimo ordine, è giunto alla pienezza della maturità. Questi sono estranei alla finzione e da essa ci aiutano ad uscire. Ci offrono in forma di finzione l’equivalente dello spessore stesso della realtà, quello spessore che la vita ci presenta tutti i giorni, ma che non sappiamo cogliere perché scegliamo di vivere nella menzogna.
Simone Weil, Morale e letteratura (1941), in Poesie e altri scritti
In un contesto mediatico e culturale in cui prevalgono stimoli che puntano ampiamente ad una immediata risposta emotiva alla parola scritta (“mi piace/non mi piace”, “non sopporto/adoro”), le affermazioni di Giacomo Leopardi e di Simone Weil sono una sorta di monito per chi ha il compito di formare lettori che siano davvero liberi e dotati di spirito critico. Infatti, se il primo approccio ai libri e la graduale costruzione di abitudini di lettura solide non possono prescindere dal contributo che l’appagamento e il rispecchiamento possono avere sulla motivazione alla lettura (anche considerata l’età dei giovani lettori e lettrici a cui ci rivolgiamo), non dobbiamo dimenticare che è compito dell’insegnante guidare le proprie classi verso la fruizione di testi più ardui e complessi, che resistono ai facili entusiasmi, che suscitano dubbi, che mettono in questione la nostra visione del mondo: testi ”indocili”, li definirebbe Emanuele Zinato.
Questo passo in avanti, questo salto di qualità, ovviamente, non può fare a meno di ciò che è stato costruito prima, ma senza di esso l’esperienza della lettura rischia di rimanere monca, infantile, ingenua, narcisistica, poiché non sperimenta mai lo scontro e il conflitto con l’altro da sé, con ciò che costringe ad uscire dai limiti rassicuranti della propria comfort zone.
3.1 La lettura come esperienza relazionale e finzionale
Leggere, infatti è un’esperienza relazionale, in cui lettore e testo sono strettamente interconnessi:
Il lettore si avvicina al testo con un determinato scopo, determinate aspettative o ipotesi che guidano le sue scelte. Il significato emerge mentre il lettore porta avanti un dare-e-avere con i segni sulla pagina. Mentre il testo si dispiega davanti agli occhi del lettore, il significato che si è costruito attraverso le parole precedenti influenza quello che nasce nella mente ed è selezionato per i segni successivi. […]
Il lettore, estrapolando sulla base della sua passata esperienza linguistica e di vita, collega i segni sulla pagina a determinate parole, concetti, esperienze sensibili, a certe immagini delle cose, persone, azioni, scene. I particolari significati e, specialmente, le associazioni nascoste che quelle parole e immagini hanno per quello specifico lettore determineranno in gran parte che cosa l’opera comunica a lui.
Louise M. Rosenblatt, Literature as exploration, 1995 (traduzione di chi scrive)
Dunque, la relazione tra lettore e testo procede in modo spiraliforme, ed è transazionale, perché il significato del testo viene continuamente rinegoziato alla luce di ciò che è stato appena letto.
Ma l’esperienza della lettura è anche un’esperienza prettamente finzionale, poiché la letteratura è in grado di creare mondi «che sono meramente fittizi, […] ma dal di dentro sembrano reali […]; è questa esperienza che costituisce il fondamento di gran parte del potere e del richiamo che esercitano su di noi» (Kendall L. Walton, Mimesi come far finta, 2011). Oggi, anche le neuroscienze confermano ciò che ogni lettore intuisce spontaneamente, ovvero che il nostro cervello risponde agli stimoli della lettura nello stesso modo in cui risponde a stimoli reali: ergo, l’esperienza vicaria della lettura consente di «fronteggiare fittiziamente determinate situazioni, dedicarsi a determinate attività, avere o esprimere determinati sentimenti», ed è questo il medium attraverso cui «otteniamo una conoscenza più profonda della nostra situazione, o dell’empatia verso gli altri, o ci rendiamo conto di che effetto faccia passare attraverso determinate esperienze, e così via» (K.L. Walton).
Qualunque lettore o lettrice sa bene che la scintilla più potente capace di accendere questa forma di conoscenza è quella della partecipazione emotiva, dell’immedesimazione con un personaggio, grazie alla quale «non ci limitiamo ad osservare i mondi di finzione dal di fuori, ci viviamo dentro, assieme a Anna Karenina e Emma Bovary e Robinson Crusoe, e altri, condividendone gioie e dolori, rallegrandoci e condolendoci con loro, ammirandoli e detestandoli» (K.L. Walton).
Ma ci sono testi che disincentivano ed addirittura ostacolano la partecipazione emotiva alla storia, quella per cui solitamente “veniamo presi dalla storia”, ma spesso sono proprio queste opere che possono ulteriormente arricchire la nostra conoscenza, intellettuale ed emotiva, proprio perché ci respingono e ci mettono in discussione.
3.2 Che cos’è un testo difficile?
Spesso, quando docenti e studenti pensano ad un testo difficile, pensano immediatamente alla sua complessità linguistica, o perché scritto in tempi lontani (Le ultime lettere di Jacopo Orti o I promessi sposi, per limitarci a due classici delle letture scolastiche) o perché ha uno stile fortemente sperimentale (un racconto di Gadda o di Tondelli, ad esempio). Eppure, quella linguistica è solo una delle tante (e forse la meno saliente) delle sfide che un testo letterario può lanciare ai suoi lettori e lettrici. Spesso, la difficoltà sta altrove, e sta proprio nell’impossibilità di attivare quel meccanismo di coinvolgimento ed immedesimazione (la willing suspension of disbelief, il “reading for the plot”) che è parte integrante della modalità di fruizione della narrativa romanzesca fin dalla nascita del genere, e che ci portiamo dentro almeno dalla rivoluzione estetica del Romanticismo.
Allora, se puntiamo la nostra attenzione su ciò che, nei testi, oppone resistenza ad una lettura ingenuamente immersiva, possiamo dire che i testi difficili sono:
- quelli che dichiarano esplicitamente la propria finzionalità (Se una notte d’inverno un viaggiatore);
- quelli del cui narratore non possiamo fidarci (Il fu Mattia Pascal; La coscienza di Zeno);
- quelli che assumono un punto di vista che non coincide con quello del lettore implicito (I Malavoglia);
- quelli in cui la voce narrante e/o il punto di vista si sdoppia o si moltiplica (Uomini e no; Artemisia);
- quelli che danno voce al negativo/al dilemma etico/all’indicibile (Dissipatio H.G.);
- quelli che mettono in crisi le nostre certezze (La giornata d’uno scrutatore);
- quelli in cui il ritmo della narrazione si incrina di continuo/che hanno una dimensione saggistica;
- quelli culturalmente distanti (nel tempo e/o nello spazio) da noi;
- quelli linguisticamente ardui.
3.3 Essere pronti per testo difficile: il ruolo dell’insegnante
Non è semplice proporre ad una classe la lettura di un testo difficile, perché
l’adolescente ha il bisogno di incontrare letteratura per cui possieda l’equipaggiamento intellettuale, emozionale, ed esperienziale: […] deve possedere non solo le potenzialità intellettuali [intellectual potentialities], ma deve anche essere pronto emotivamente [emotional readiness] per partecipare a questa esperienza vicaria.
Louise M. Rosenblatt
Se studenti e studentesse non sono ancora pronti per un certo tipo di lettura, si rischia di esporli – ed esporre magari un capolavoro della letteratura – al rischio del fallimento, il che non significa soltanto una mancata comprensione o uno scarso apprezzamento del testo, ma una possibile diffidenza o rifiuto verso letture future.
Cosa può fare, allora, l’insegnante – ben consapevole che, quando si lavora con persone in continua mutazione come preadolescenti ed adolescenti e con testi ardui, non si ha mai la certezza del risultato?
Innanzitutto – come ha già scritto Linda Cavadini, e come insegna Aidan Chambers – scegliere in situazione, ovvero valutare con attenzione quale libro proporre a quella specifica classe, in quale momento dell’anno, e con quale scopo, prima e dopo quali altre letture. In secondo luogo, accompagnare la lettura con strategie facilitanti:
- esplicitare e segnalare le difficoltà del testo prima di assegnare o iniziare la lettura;
- adattare i tempi di lettura, concedendo spazi più ampi e distesi;
- leggere per gradi: iniziare da testi brevi; leggere in classe ad alta voce; lavorare in classe sull’incipit (luogo in cui si stabilisce il patto narrativo e in cui si possono già individuare insieme molte caratteristiche del testo); assegnare in lettura autonoma porzioni di testo su cui discutere, di volta in volta, in classe, ecc…
Al termine della lettura di un testo difficile è poi particolarmente importante dialogare con il gruppo classe per capire come è andata l’esperienza collettiva e dei singoli; per accettare e comprendere l’eventuale fallimento, indagandone ed esplicitandone insieme le ragioni; per riprogettare le successive proposte di lettura alla luce di quanto emerso. Se infatti la classe può essere tentata di non leggere più, o di leggere di meno, dopo l’incontro-scontro con un testo che non siè lasciato facilmente addomesticare, sta all’insegnante trovare in sé, nella sua passione per la letteratura e nella fiducia che essa continua ad avere qualcosa da dire anche alle nuove generazioni, le risorse e l’ottimismo della volontà per riproporre, ancora e ancora, una nuova sfida «intellettuale, emozionale, ed esperienziale» come quella di leggere un testo difficile.
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