Il generale e il Carnevale
In un manifesto della Lega Nord si vedono a sinistra l’immagine di un uomo con barba e lunghi capelli visibilmente gravido sormontata dalla scritta «Meno Europa», e a destra una sorridente famiglia tradizionale con la dicitura «Più Italia». Il messaggio è chiaro: votando Lega, si fermeranno le leggi del parlamento europeo che oggi tutelano i diritti le persone LGBTQ+ e sfidano le leggi di natura e parallelamente si favoriranno le famiglie “normali”, che quelle stesse leggi starebbero discriminando contro il volere degli italiani.
Impossibile non pensare, guardando il manifesto, al libro di Roberto Vannacci (Il mondo al contrario, 2023), candidato alle prossime elezioni europee proprio dalla Lega di Salvini. Il mondo al contrario, sostiene il generale, è quello in cui due persone del medesimo sesso pretendono di formare una famiglia come tutte le altre e di avere figli; in cui le donne realizzano se stesse lavorando e facendo carriera proprio come gli uomini; in cui una pallavolista di colore indossa la maglia della nazionale italiana; e in cui la legge mi impedisce di sparare al ladro che tenta di derubarmi. Viceversa, nel mondo normale, l’omosessualità è vista come una pratica innaturale («lo dimostra la Natura, che a tutti gli esseri sani “normali” concede di riprodursi»); le donne pensano prima di tutto a far figli; gli atleti azzurri possiedono i «tratti somatici» dell’«italianità»; e mi è consentito, se voglio, di «piantare la matita che ho nel taschino nella giugulare del ceffo che mi aggredisce, ammazzandolo». Il mondo alla rovescia sarebbe insomma quello che l’ideologia progressista (femminismo, gender, multiculturalismo, politicamente corretto, animalismo, politiche inclusive e persino le più ovvie forme di garantismo) sta cercando di farci apparire normale, mentre la maggioranza silenziosa (eterosessuale, dai tratti caucasici, tradizionalista e giustizialista) cade vittima del grande complotto mondiale ordito, tra gli altri, dal troppo progressista esecutivo UE.
Sebbene nel libro di Vannacci non vi sia mai una condanna morale esplicita dell’omosessualità o una professione manifesta di razzismo, il contenuto delle sue dichiarazioni è però, come è facile comprendere, quantomeno discriminatorio. Se infatti si accettasse, poniamo, che le unioni civili tra persone omosessuali, pur “tollerabili”, non sono “normali” né equiparabili alla famiglia “tradizionale”, se ne potrebbe dedurre che è giusto ritenere che le prime abbiano meno diritti delle seconde. Allo stesso modo, se queste idee dovessero essere rappresentate da parlamentari e uomini (e donne) di governo o delle istituzioni, allora un commissario tecnico della nazionale di pallavolo, potrebbe “convincersi”, un domani, del fatto che una giocatrice con la pelle bianca meno brava di Paola Egonu possa rappresentare l’Italia più degnamente di quest’ultima.
2.
In questa immagine si vede una stampa popolare italiana del 1780 intitolata Il mondo al rovescio ossia il costume moderno. È un esempio tra i tanti che si possono leggere, e soprattutto vedere, in un libro dell’antropologo Giuseppe Cocchiara (Il mondo alla rovescia, Einaudi 1963). Stampe del genere ebbero grande circolazione in Europa soprattutto tra Sette e Ottocento. Combinando vignette e didascalie, esse descrivevano un mondo in cui lo zoppo porta a cavalcioni il sano, il coniglio spara al cacciatore, l’asino cavalca il mulattiere, il bambino insegna alla madre e sculaccia il padre, il re va a piedi e lo scudiero a cavallo, la donna fa la corte all’uomo, il marito fila la lana mentre la moglie fuma la pipa, la padrona fa la serva, il bue squarta il macellaio, e così via. Il refrain che accompagnava queste vignette era: “il mondo sta andando alla rovescia”.
Tratto comune alle stampe popolari fiamminghe, tedesche e italiane che per secoli riproposero, in modo pressoché immutato, il topos del mondo alla rovescia è la mescolanza da un lato di veri e propri adynata (cioè di azioni impossibili e di nonsense, come il pesce che pesca il pescatore o la nave che naviga sulle montagne) e dall’altro di comportamenti considerati “innaturali” solo perché contrari alle norme di comportamento vigenti, ma non impossibili o inattuabili in senso assoluto. Alcuni di questi comportamenti (come la donna che corteggia l’uomo, il marito che svolge le faccende domestiche o la serva che dà ordini alla padrona) dovevano però apparire ben più preoccupanti degli adynata veri e propri, perché denunciavano o prefiguravano apocalitticamente un ordine sociale nel quale sono o sarebbero stati aboliti sia i privilegi di censo che la legittimità del dominio maschile.
La funzione ideologica di queste immagini del mondo alla rovescia è a questo punto chiara: attraverso di esse le élite volevano convincere il popolo, con argomenti tanto retoricamente persuasivi quanto logicamente fallaci, che tutte le condotte “devianti” descritte in quelle stampe, e soprattutto quelle socialmente più pericolose, fossero anormali e pertanto da respingere in nome della legge di natura.
Come può una simile “logica” essere accettata e condivisa da molti? La risposta è semplice e non sta tanto nell’ignoranza dei lettori di Vannacci o degli elettori della Lega, quanto nella forza plurisecolare di un topos: quello, appunto, del mondo alla rovescia.
3.
Ancora un’immagine, anzi due. E anche queste dotate di una grande forza persuasiva, ma in funzione di una visione del mondo molto diversa, anzi diametralmente opposta tanto a quella del manifesto leghista quanto a quella de Il mondo al rovescio ossia il costume moderno. Si tratta di due stampe francesi del 1789, che in molti libri di storia moderna si trovano spesso affiancate. In effetti, l’una è complementare all’altra. La prima è un’allegoria dell’ancien régime: un contadino porta a cavalcioni un nobile e un rappresentante del clero per significare che il terzo stato, da solo, è stato sinora costretto a sopportare il peso economico dell’intera società e a mantenere, con il suo lavoro e la sua fatica, i primi due.
Nella seconda stampa, invece, l’utopia del mondo alla rovescia si realizza con la Rivoluzione di luglio: è il nobile stavolta, appoggiandosi alle terga del chierico, a portare sulle spalle il contadino, che non dovendo più zappare la terra anche per loro può dedicarsi finalmente alla caccia e ad altre occupazioni.
La Rivoluzione francese, insomma, rovesciando la “normalità” dell’Antico regime, stava realizzando davvero un mondo alla rovescia nel quale il nobile contava meno del borghese, il popolo tagliava la testa ai re e tutto o quasi sembrava possibile.
Molto probabilmente Michail Bachtin, autore di uno dei libri fondamentali della critica letteraria del Novecento (L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, 1979) avrebbe riconosciuto in questa seconda immagine lo spirito più autentico del mondo alla rovescia quale nel Medioevo si realizzava nel Carnevale, ovvero della vera festa di popolo, dove per un periodo di tempo limitato era lecito rovesciare le gerarchie sociali, il mendicante veniva proclamato re per un giorno, il Potere poteva essere pubblicamente sbeffeggiato e il riso democratico prevaleva sulla seriosità della cultura ufficiale del clero e della nobiltà. Nel Carnevale, così come nella seconda delle stampe francesi del 1789, è la cosiddetta normalità ad essere messa alla berlina, mentre il mondo alla rovescia realizza l’utopia di una società migliore e più giusta.
Qualcosa dello spirito carnevalesco resta oggi nelle variopinte sfilate del Gay Pride, dove ci si fa beffe del Potere e dei benpensanti appropriandosi, in modo parodico, dei segni dell’autorità (divise, distintivi delle forze dell’ordine, berretti dell’esercito), dove ci si traveste come a Carnevale e dove i confini tra maschile e femminile sfumano. Questo mondo alla rovescia gaio e colorato ride di sé e ride del vecchio mondo, repressivo e bigotto che piace ai generali. Quelli veri, quelli normali.
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Editore
G.B. Palumbo Editore
Ritengo che, per un corretto inquadramento della questione omosessuale, sia opportuno prestare attenzione ad una voce, quale quella di Marguerite Yourcenar, che unisce un raffinato stile letterario ad una profonda sapienza della vita. Orbene, la grande scrittrice belga, nella sua opera intitolata “Il giro della prigione”, osserva quanto segue: « Per un gay che si dichiara, ce ne sono dieci che non lo fanno, e cento che non l’hanno mai confessato a se stessi ». Infine, per ciò che concerne sia il concetto di ‘orgoglio omosessuale’, posto al centro del “Gay Pride”, sia la variopinta partecipazione politica, di segno totalmente ‘americano’, che contrassegna tale manifestazione, è ancora una volta alla intelligenza della Yourcenar che dobbiamo (sempre nell’opera testé citata) spunti di riflessione particolarmente significativi:
«L’oscenità, in certi casi, può diventare una sfida, il che è nobile, o una brutale messa a fuoco, il che è utile; capita anche che essa sia il segno di uno spirito ancora poco formato, o di un individuo meno d’accordo con i propri atti di quanto creda».